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PRIMO PIANO
Giovedì 2 Marzo 2017
Le donne non possono guidare l’auto ma, in compenso, le universitarie sono il 60 per cento
Arabia, qualcosa si sta muovendo
Aumenta anche il numero delle imprenditrici: la crisi facilita il cambiamento
DI
CARLO VALENTINI
«P
iccoli passi ma
ci sono. Ho incontrato una
giovane, appena
lasciata dal marito il quale
aveva voluto il divorzio. In
quel caso le donne, in Arabia
Saudita, devono tornare nella
casa paterna. Lei si è rifiutata, è intervenuto il giudice
che le ha fatto scegliere: o il
ritorno dal padre o sette mesi
di prigione. Ha scelto il carcere. Poi ho conosciuto un’imprenditrice che viaggia in taxi
perché non le è consentito di
guidare l’auto, neppure se è
da sola. Il taxi sì, anche se è
guidato da un uomo lei lo può
utilizzare. E si trova in auto
sola con lui. Che logica c’è in
tutto ciò?». A raccontarmi
questi episodi è Liisa Liimatainen, corrispondente
della tv finlandese per il Medio Oriente per quasi 25 anni.
Aggiunge: «L’Arabia Saudita
è il Paese del Medio Oriente più conservatore e più
chiuso, quello che vieta alle
donne di guidare o di uscire
da sole. Però ho fatto amicizia con imprenditrici molto
brave, ho visitato università
senza barriere tra maschi e
femmine dove queste ultime
sono il 60% degli iscritti, sono
entrata in negozi gestiti da
donne, negli ospedali ci sono
medici donne e sono spesso le
più brave, insomma anche in
quella società qualcosa si sta
muovendo e le contraddizioni
prima o poi esploderanno».
Domanda. Quali contraddizioni, per esempio?
Risposta. A causa del basso prezzo del petrolio ci sono
meno risorse da elargire alla
popolazione e quindi il consenso verso chi sta al potere
si affievolisce ma soprattutto c’è tanta disoccupazione e
questo mette in crisi la famiglia patriarcale perché l’uomo, se si ritrova disoccupato,
non riesce più a sostenere,
da solo, i genitori anziani, la
moglie che non lavora, i figli.
Anche per questo c’è qualche
tolleranza in più verso il lavoro femminile. L’indice della disuguaglianza di genere
(Gender Inequality Index)
compilato dalle Nazioni Unite colloca l’Arabia Saudita al
145esimo posto su 148 Paesi
nella possibilità di inserimento nel mondo del lavoro delle
donne. La crisi economica può
aiutare a superare questo primato negativo.
Liisa Liimatainen ha
vissuto anche in Francia e
ora abita in Italia. Ma continua ad analizzare e studiare
il mondo arabo. Ha appena
pubblicato il libro «L’Arabia
Saudita: uno Stato contro le
donne e i diritti» (Castelvecchi). Sostiene che se l’Occidente vuole, anche nel suo
interesse, che il mondo arabo
si evolva verso forme di democrazia dovrebbe sostenere
questa lunga marcia delle
donne perché è da loro che
possono ripartire quelle primavere arabe che non sono riuscite, nella prima ondata, a
raggiungere i loro obiettivi.
D. Non c’è però il pericolo che pressioni e interventi esterni da parte
dell’Occidente finiscano
per rafforzare l’autoritarismo in questi Paesi?
R. Il leti motiv di molti dei
miei incontri in Arabia è stato: «se non siamo pronti a pagare un prezzo non cambierà
niente». C’è consapevolezza
che solo dall’interno può scaturire la scintilla del mutamento. Però all’Occidente si
chiede di finirla con la complicità, chiudendo gli occhi sulle
esecuzioni, sulla repressione,
sulla mancanza dei diritti anche più elementari. L’ambasciatore dell’Arabia presso le
Nazioni Unite è stato eletto
presidente del comitato dei
diritti umani che ha tra l’altro il compito di indicare gli
esperti Onu sui diritti umani.
È ovvio che simili decisioni
siano vissute come un tradimento da parte di chi cerca
tra mille difficoltà di creare
qualche spazio di libertà. Poi
non si può sottacere l’errore
dell’appoggio dato dall’Occidente ai gruppi islamici più
ortodossi e radicali nell’illusione di potere così meglio
controllare il Medio Oriente
e il suo petrolio. Al Qaeda e
l’Isis sono figli di questa politica sbagliata che ha finito
per imbrigliare il dinamismo
di quelle società ma anche
per finanziare indirettamente il terrorismo delle cellule
più violente verso l’Occidente.
Mi parte che ancora manchi
una riflessione seria su tutto
questo.
D. È la paura della
repressione che frena
la spinta delle donne
all’emancipazione?
R. Il controllo del potere
è severissimo. Con circospezione si guardano, attraverso
la parabola, le tv straniere,
si usa Twitter e si postano
blog. Ma basta una delazione o una parola fuori luogo e
sono guai. Però, in verità, c’è
da aggiungere che uomini e
donne hanno introiettato nella propria cultura il principio
dell’obbedienza a qualcuno, al
re, al capo religioso, al capo
villaggio, al padre, al marito.
Le donne sono particolarmente sottomesse ma anche
l’uomo deve giurare fedeltà a
chi rappresenta il potere. E
questo sentimento radicato e
diffuso per cui si deve obbedienza è spesso una remora
alla ribellione.
D. Però l’uomo sembra
non volere cedere un centimetro del suo potere sulla donna.
R. Infatti occorre sensibilizzare gli uomini perché
comprendano le conseguen-
ze sulla società del reiterato
mancato rispetto dei diritti
femminili. Questa situazione alla fine penalizza tutta
la società, anche gli uomini.
Ma una cultura atavica non
è facile da superare.
D. Per la prima volta,
nel 2015, le donne hanno
avuto la possibilità di votare….
R. Se n’è parlato molto
sui giornali ma in realtà, e
senza sottovalutare il valore
simbolico della decisione, la
partecipazione delle donne
al voto è stata irrisoria. Sia
perché per votare occorreva
un documento di identità e
la maggior parte delle donne
ne sono prive perché il marito
glielo impedisce, sia perché si
trattava di elezioni regionali
e quindi poco significative.
Del resto in Arabia non ci
sono elezioni nazionali, non
c’è un parlamento né una
costituzione né leggi che non
siano la Shari’a, quindi quel
voto era ininfluente e poche
hanno sfidato il maschilismo
e si sono recate a votare.
D. Spesso si dibatte se
l’Islam può essere riformato dall’interno.
R. L’Islam è variegato, non
si può generalizzare. Laddove
è meno compenetrato col potere politico è una religione che
si evolve come le altre. Invece
in Arabia Saudita la paranoia religiosa supera spesso il
confine del buon senso. L’interpretazione saudita preva-
lente dell’Islam ha generato
una confusione culturale nella
quale è emerso solo l’Islam più
tribale, che ha prevalso sul testo coranico. Però non dobbiamo rinunciare alla speranza.
Ci sono studiose dell’Islam che
stanno riuscendo a dare un’
interpretazione dei testi religiosi in una prospettiva più
femminile, verso il rispetto dei
diritti delle donne. Non è facile perché tutto il sistema giudiziario, basato sulla Shari’a,
è gestito da uomini con una
formazione religiosa ultraconservatrice, ma è un processo
che va incoraggiato.
D. Smuovere l’Arabia
Saudita significherebbe
incidere su tutto il Medio
Oriente islamico?
R. Sì. Per decenni l’Arabia
Saudita ha utilizzato i suoi
petrodollari per esercitare, in
vari modi, la propria influenza sulle comunità musulmane e sulle interpretazioni
dell’Islam di altri Paesi, combattendo coloro che vogliono
interpretare l’Islam affinché
esso possa vivere all’interno
della storia e dei cambiamenti. Proprio per questo motivo,
se le forze sociali che ribollono nell’Arabia Saudita di
oggi cominceranno realmente
a cambiare il proprio Paese,
è indubbio che questo avrà
delle forti ripercussioni anche
sulla vita del restante miliardo e mezzo di musulmani del
mondo.
Twitter: @cavalent
E NEL 2017-2018 IL PIL POTREBBE SALIRE DEL 7,3% GRAZIE ALLE OPERE PUBBLICHE
L’India cresce ancora del 7 per cento
DI
L’
ETTORE MAZZOTTI
India si avvia a chiudere, il 31
marzo prossimo, il terzo anno
fiscale consecutivo con un tasso
di crescita dell’economia superiore al 7%, in questo momento il ritmo
di sviluppo più importante al mondo. I
dati diffusi ieri dell’ufficio centrale di
statistica sulla crescita del terzo trimestre, ottobre-dicembre, hanno infatti
smentito le previsioni pessimistiche di
una caduta del tasso di crescita dell’economia sotto la soglia del 7%, come conseguenza della manovra del governo di
demonetizzare l’economia. L’8 novembre scorso, il premier Modi aveva messo fuori corso all’improvviso i tagli da
500 e 1.000 rupie, l’86% della liquidità
in circolazione, garantendo il loro progressivo riampiazzamento con nuove
banconote, con l’obiettivo di assestare
un colpo grosso all’economia in nero. I
disagi hanno provocato un’immediata
caduta dei consumi, dal momento che
gli indiani sono abituati a utilizzare il
contante anche per acquisti importanti
(auto, elettrodomestici, prodotti di elettronica e così via).
Piaggio, leader delle due ruote in India, ha risentito molto di una
caduta delle vendite della motocicletta
low cost appena lanciata sul mercato e
dei veicoli a tre ruote. In compenso c’è
stata un’esplosione degli acquisti in e- 6,25%, le entrate fiscali in sostanziosa
commerce, di cui hanno beneficiato i big crescita (+12,7%) nelle previsioni del
del settore come Flipkart e Amazon, e governo anche grazie alla riforma delun maggiore utilizzo di carte di credito la Good&Service tax, l’Iva indiana, che
e di pagamento.
dovrebbe entrare in vigore nella seconda
Alla fine del trimestre, il termome- metà dell’anno, i maggiori indicatori matro della crescita si è
cro dell’economia, impefermato quindi a +7% su
gnata in un gigantesco
base annua, dato che ha
piano di upgrading tecconsentito al ministro
nologico, si mantengono
CONVEGNO
federale per gli Affari
sul bello. Tanto più che i
economici di chiarire che
prezzi del petrolio, di cui
«l’India crescerà di oltre
l’India è grande imporil 7% anche quest’anno,»
tatore, restano sui livelsmentendo gli analisti
li bassi degli ultimi 18
del Fondo Monetario che
mesi, mentre la bilancia
ipotizzavano una caduta
commerciale è in deciso
MILANO, 8 MARZO 2017
al 6,6%. Per il 2017-2018
surplus. Attratti anche
gli analisti concordano
da questi indicatori e
che la crescita dovrebbe
dal piano di liberalizwww.mfconference.it
accelerare, portandosi
zazione dell’economia,
vicino al 7,3%. La realnuovi gruppi internaziotà è che gli investimenti pubblici danno nali stanno guardando al subcontinente
fiato allo sviluppo, secondo la ben nota come base operativa per i loro piani di
ricetta keynesiana, marciando a pieno sviluppo in Asia. Tra gli ultimi nomi ilritmo. Quest’anno il governo dovrebbe lustri c’è Saks Fifth Avenue che sta despendere ben 44 miliardi di euro in inve- finendo con Aditya Birla Fashion Retail
stimenti, il 10% in più dell’anno scorso, di il suo ingresso nel mercato dei grandi
cui 34 per fare autostrade, nuove ferrovie mall. Boeing ha comunicato che costru(sono previsti altri 3.500 chilometri), mi- irà un nuovo stabilimento per produrre
gliorare il sistema dei trasporti urbano velivoli per la difesa e Abb produrrà in
ed extraurbano con metropolitane.
India sistemi di trasmissione dell’eletCon un’inflazione di poco superio- tricità e micro-grid.
re al 4%, i tassi di riferimento fermi al
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