In Francia sta venendo giù tutto

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Giovedì 2 Marzo 2017
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Il candidato neo-gollista François Fillon è stato convocato dai giudici: è quindi fritto
In Francia sta venendo giù tutto
Trump amico di Putin? Ma se gli vota sempre contro?
DI
L
MARIO SECHI
iberté! Egalité! Cabaret!
Dall’Italia alla Francia,
dove la soap opera giudiziaria di François
Fillon sta finendo come avevamo facilmente previsto: nel
caos. L’inchiesta sulla moglie e
i figli di Fillon assunti fittiziamente (questa è l’ipotesi della
magistratura) e retribuiti con
fondi pubblici, sta accelerando
in maniera drammatica, Fillon è stato convocato dai giudici. Il candidato neo-gollista
stamattina ha annullato tutti
gli impegni della campagna
presidenziale, le pressioni per
un suo ritiro si intensificano,
lui parlerà tra poco. Si ritira?
E cosa succede nello scenario
della campagna presidenziale? Verrà favorito Macron o
si tratta di un colpo di scena
che apre la strada dell’Eliseo
a Marine Le Pen? È ancora
presto per dare una risposta
compiuta, ma è difficile immaginare l’elettorato di Fillon
correre in massa in aiuto di
Macron.
La situazione della Francia è delicatissima, le vendite di bond si sono intensificate,
il tasso di copertura del rischio
sovrano sui mercati è in rialzo,
ieri mattina il tasso del bond
a 10 anni ha fatto un balzo.
I sondaggi dei giorni scorsi
davano Macron vincente sicuro al secondo turno, una simulazione di Deutsche Bank
(corretta secondo i risultati di
Brexit e Trump) rassicurava
ulteriormente i mercati, stamattina la vicenda di Fillon
innesca di nuovo l’incertezza
sul risultato delle presidenziali.
Dalla Russia con amore?
Avevano detto che Trump è
un complice di Putin. Come
complice però è parecchio
strano. Riepilogo delle ultime
48 ore:
1. Trump ha annunciato
un taglio dei fondi al dipartimento di stato e un aumento
della spesa per la difesa di
54 miliardi di dollari e l’ammodernamento dell’arsenale
nucleare.
2. alle Nazioni Unite i
due paesi sono entrati in
rotta di collisione sulle sanzioni da comminare a Assad
per l’uso di armi chimiche,
Russia e Cina hanno votato
contro gli Stati Uniti. Trump
eletto da Putin?
Manette. Si dirà che è
giustizia a orologeria, che
le procure sono diventate
grilline, che bisogna essere
garantisti, che quel pm non ne
azzecca mai una, che è giunta
la resa dei conti, che cambia
tutto, che non cambia niente,
che è tutto un magna magna,
che non ci sono prove, che le
prove sono schiaccianti, che
le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, che i figli
sono disinvolti, che i padri lo
sono di più, che siamo alle comiche finali, all’Armageddon
e al vaffanculo. Film già visto, andiamo oltre, proviamo
a mettere tutti i pezzi sulla
scacchiera.
Renzi. Una sola cosa
appare chiara, in un clima
da resa dei conti: l’arresto
dell’imprenditore Alfredo
Romeo per corruzione nella
vicenda degli appalti Consip
avrà un impatto sempre più
serio sul congresso del Pd e
su Renzi. Sono disseminati
per strada tanti sassolini luminosi, basta aprire gli occhi
per vederli e capire che cosa
c’è nell’orizzonte di Renzi e dei
suoi avversari.
Qualche giorno fa Roberto Speranza, scissionista di
Dp, ha parlato così a Sky: «Il
familismo è stato un errore di
questa stagione, lasciamo ad
altri fare cose familistiche, noi
costruiamo una rete larga». Il
ministro della Giustizia Andrea Orlando ha invitato
l’altro giorno a andare oltre «il
renzismo e l’anti-renzismo».
Il terzo candidato, Michele
Emiliano, è in una posizione singolare: ha ricevuto gli
sms di Lotti che fanno parte
del filone di inchiesta Consip
che ha condotto all’arresto di
Romeo.
Non occorre un analista
con gli allori del Mit di Boston per capire che cosa sta accadendo: una stagione è finita.
È chiaro che una fase del renzismo è evaporata il 4 dicembre con il No al referendum.
È altrettanto palese che Renzi resta il candidato favorito
per la segreteria, ma da quel
giorno è in corso una trasformazione del suo potere reale
(e soprattutto percepito).
Il rottamatore rischia la rottamazione? Per ora no, ma si
vede nettamente un problema
di coalizione futura a sinistra,
un debole potere di aggregazione del partito, una sponda
necessaria con D’Alema e gli
scissionisti difficile da trovare
oggi e per il domani bisognerebbe attrezzarsi di realismo
e un pizzico di umiltà.
Quello è il futuro postvoto, ma ora? Chi fa analisi
politica senza confondere i
desideri con i fatti reali non
può prescindere da questi elementi di valutazione:
1. L’accelerazione dell’inchiesta su Consip potrebbe
scagionare del tutto o coinvolgere pienamente anche il
padre di Renzi e Luca Lotti;
2. L’impatto sull’opinione pubblica e sull’elettorato
democratico che andrà a votare alle primarie è ancora tutto
da esplorare, ma il rischio che
può materializzarsi è quello di
un Renzi che non conquista la
maggioranza assoluta, va al
ballottaggio con l’altro candidato (Orlando? Emiliano?) e
affronta l’incognita della conta dei delegati in assemblea
dove i suoi avversari potrebbero coalizzarsi e raccogliere
anche uno smottamento della
corrente di Franceschini.
A quel punto, Renzi perderebbe la segreteria del Pd. Non
siamo ancora in questa fase e
non è detto che ci si arrivi, ma
questi punti non possono essere né taciuti né sottovalutati.
Basta seguire le tracce.
Il titolare di List aveva più
volte nei giorni scorsi lasciato
un paio di note sul taccuino, è
bene aprire il moleskine e tornare indietro, aiuta a capire
l’evoluzione di questa storia,
ecco gli appunti:
17 febbraio. Il traffico di
influenze è un reato allo stato gassoso. Tra gli indagati
nell’inchiesta sugli appalti
Consip c’è anche il padre di
Renzi, Tiziano. Quel che è
emerso finora è tangibile come
un banco di nebbia. Il problema non è giudiziario, ma politico-familiare. Un padre non
può essere lapidato perché il
figlio è il segretario del Pd,
ma una leadership in difficoltà, alla vigilia di un passaggio traumatico per il partito,
può essere danneggiata da un
padre che orbita nello spazio
del figlio che è segretario del
Pd. L’inchiesta è iper-gassosa,
ma il tema politico rischia di
diventare solido.
24 febbraio. Gong, pugili
sul ring. Titolo del Fatto Quotidiano: «Lotti raccomandò a
Emiliano l’amico d’affari di
papà Renzi». È così? Emiliano conferma. È un colpo al neo
candidato alla segreteria? O fa
più male al giro renziano? Lo
sapremo presto, la storia ha
tutta l’aria di essere pronta
per andare in onda a puntate.
Non è finita. Il rodeo è appena
cominciato e la data ravvicinata delle elezioni è solida come
un banco di nebbia.
Il Foglio. it - List
UNO DEI TRE CANDIDATI ALLA SEGRETERIA DEM POTREBBE RITIRARSI DALLE PRIMARIE E ADERIRE A DP
In Sardegna la scissione favorisce i renziani
A giocarsi la leadership del Pd potrebbero essere due uomini vicini a Renzi
DI
I
GAETANO COSTA
l Pd è una questione tra renziani. La scissione, in Sardegna, potrebbe favorire i fedelissimi dell’ex presidente del
Consiglio, Matteo Renzi. Alle primarie per la segreteria del partito
sono due su tre: l’altro candidato,
bersaniano, potrebbe aderire a Democratici e progressisti e ritirarsi
dalla corsa alla leadership, lasciando campo libero ai renziani.
Le consultazioni dei dem
sardi si sarebbero dovute tenere
il 19 marzo. Con tutta probabilità,
però, si svolgeranno il 30 aprile,
in concomitanza con quelle nazionali, in cui a sfidarsi saranno l’ex
segretario Renzi, il governatore
della Puglia, Michele Emiliano,
e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
In Sardegna, invece, i candidati sono Giuseppe Luigi
Cucca, Francesco Sanna e
Yuri Marcialis. Cucca, 60 anni,
senatore dal 2013, è considerato
vicino al ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Sanna,
52 anni, deputato, s’è convertito costruire un Pd sardo autonomo
al renzismo dopo lo scioglimento e federato con quello nazionale»,
della componente legata a Enri- ha spiegato Marcialis a Sardiniaco Letta. Marcialis, 44 anni, è al Post.
«Abbiamo puntasecondo mandato
to su un congresso
da assessore allo
d’idee e non di
Sport di Cagliari,
nomi e, per queed è un bersaniasto, ci siamo uniti
no di ferro.
su di me per riporCucca e Santare il baricentro a
na appartengosinistra. Il quadro
no a correnti
generale, però,
interne diverse,
è cambiato nel
ma sono a tutti
giro di un mese:
gli effetti renziala base del parni. Marcialis, intito, alla quale ci
vece, ha guidato
rivolgiamo, si sta
il fronte del No
spostando verso
al referendum
il movimento dei
c o s t i t u z i o n a l e.
Democratici e proProprio la sua
gressisti. Stiamo
vicinanza alla
discutendo sul da
minoranza dem
farsi. Non è stata
potrebbe portarGiuseppe Luigi Cucca
presa alcuna decilo ad aderire a
sione definitiva».
Democratici e proAnche gli iscritti al Pd della
gressisti, il nuovo soggetto politico
fondato, tra gli altri, da Roberto Sardegna guardano con attenSperanza. «La mia candidatu- zione alle vicende romane. Alcuni,
ra è nata con una precondizione: però, hanno già deciso da che par-
te stare: il consigliere regionale,
Rossella Pinna, e il sindaco di
Sassari, Nicola Sanna, sostengono Orlando. Le deputate Romina
Mura e Caterina Pes, invece,
hanno confermato il loro appoggio
a Renzi.
Nei mesi scorsi, il Nazareno aveva inviato un garante, Gianni Dal
Moro, per guidare il Pd sardo dopo
le dimissioni dell’ex segretario regionale, Renato Soru. Il principale compito di Dal Moro era quello
di promuovere il Sì al referendum
dello scorso 4 dicembre. Dopo il
mancato passaggio della riforma
costituzionale, è tempo di primarie.
All’inizio, i dem della Sardegna volevano convergere su un
unico candidato. Le divisioni tra
le varie correnti, però, hanno portato a una sfida a tre. Che, dopo la
nascita di Democratici e progressisti e l’eventuale ritiro di Marcialis,
potrebbe ridursi a due, entrambi
renziani. La scissione, almeno in
Sardegna, potrebbe davvero favorire Renzi e i suoi uomini.
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