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MILANO FINANZA
4
25 Febbraio 2017
L’ULTIMA SETTIMANA
segue da pagina 3
to Weidmann. «Come responsabili della politica monetaria,
dobbiamo fare in modo che la
nostra politica non sia più accomodante del necessario per
raggiungere i nostri obiettivi.
Nel frattempo non dobbiamo
rimanere intrappolati in un
gioco di politica fiscale che sia
più espansivo di quanto davvero necessario». Insomma il
presidente della Bundesbank
critica sia gli altri Paesi europei
che la politica che si appresta
a sviluppare il nuovo presidente americano Donald Trump.
Del resto quando Class Cnbc
gli ha chiesto che cosa farebbe se fosse alla guida della
Bce, dopo un’affermazione di
principio non ha esitato a criticare ancora Mario Draghi:
«Nessuno guida da solo la Bce,
è il consiglio direttivo che decide. Quindi bisogna trovare il
compromesso e il consenso sui
provvedimenti. Tuttavia, com’è
noto, non ero molto favorevole
all’ultimo stimolo varato dal
consiglio direttivo, in quanto
comporta ulteriori acquisti di
obbligazioni sovrane. Cosa su
cui sono abbastanza critico.
Pertanto, se fossi io il presidente, l’orientamento di politica
monetaria risulterebbe meno
accomodante di quanto non lo
sia al momento». Quindi toni
misurati ma immutata critica
a Draghi e al consiglio direttivo, dove per fortuna dei Paesi
europei è in larghissima minoranza. Nessuna considerazione
sul fatto che, essendo del resto
ex collaboratore della Merkel,
negli altri Paesi la situazione
economica è ancora difficile proprio perché la Germania, che
si era ristrutturata al momento dell’unificazione, ha imposto
comunque un rigore assurdo.
Basti pensare in che condizione
è stata fatta atterrare la Grecia,
certo non poco scellerata, ma
comunque salvabile se l’intervento fosse stato immediato.
Invece la Merkel attese che le
banche tedesche ritirassero il
più possibile i prestiti fatti alla
stessa Grecia (il che ha portato
il paese al disastro) e solo dopo
la famosa telefonata notturna
di Barack Obama si decise a
far fare prestiti modesti alla patria della democrazia.
Ma il meglio di sé, con soddisfazione, Weidmann lo dà
quando gli viene chiesto se la
Bundesbank, che è il più grande
istituto di credito dell’eurosistema, avesse mai preso in
considerazione la ripartizione
delle perdite dell’Ue. Il roccioso presidente, che partecipa
anche all’attività congressuale
del partito della Merkel, essendone da sempre un esponente,
ha risposto secco, sottolineando
che di fatto per evitare la ripartizione delle perdite è stato in
un certo senso fatto saltare lo
storico divorzio fra Bankitalia
e Tesoro attuato dall’allora ministro Nino Andreatta: «Non
siamo esposti ai rischi perché siamo la più grande banca
centrale d’Europa, ma perché
compriamo debito tedesco.
Questa è la caratteristica del
più recente programma, Qe, di
acquisto del debito sovrano: la
banca centrale nazionale compra il debito del proprio Stato.
E com’è noto i tassi di interesse
tedeschi sono piuttosto bassi rispetto a quelli degli altri Paesi
della zona...».
Insomma l’egoismo regna ancora sovrano a Francoforte.
Per questo l’affermazione
principale di Weidmann, per
cui nonostante tutto la zona euro non corre rischi di
sopravvivenza, non può che
sottintendere che ogni Stato
deve cavarsela da solo. È l’ammonimento più forte, più forte
di quello dei commissari di
Bruxelles nel recente incontro con il ministro Pier Carlo
Padoan. Per l’intervento del
presidente della Commissione,
Jean-Claude Juncker, non
è stata ancora avviata la procedura di infrazione e quindi
di sanzione dell’Italia che non
ha rispettato l’impegno di far
scendere il rapporto debito/
pil, ma se entro aprile non sarà fatto un intervento, i falchi
del Reno sono pronti a colpire. Se non ci fosse un governo
Telesia. Debutta sull’Aim la
GoTv del gruppo
Class e chiude la
prima seduta in
rialzo del 9% a 10,9 euro.
LUNEDÌ
ORSI & TORI
in piena attività e pienamente
legittimato a negoziare, non è
difficile immaginare che cosa
succederebbe.
P.S. Con saggezza e coraggio,
anche quello di fare un passo indietro, il ceo di Intesa
Sanpaolo, Carlo Messina,
ha fatto sapere che per l’operazione Generali non ci sono le
condizioni. Per esempio non c’è
più ai vertici, come direttore generale per la finanza, Alberto
Minali, che avrebbe potuto fornire i dati finanziari in piena
fiducia per Intesa Sanpaolo. È
stato questo feeling fra Trieste
e Milano attraverso Minali, che
ha determinato il suo repentino
allontanamento dai vertici del
Leone di Trieste? Può essere la
risoluzione del piccolo mistero
di quel licenziamento quasi in
tronco. Chissà se ci sarà un’altra
occasione di garantire il controllo in Italia delle Generali.
PP.S. Non certo per autopromozione, ma per mantenere
quanto avevamo promesso ai
milioni di pmi italiane, diamo
conto che esse, sia pure con
un percorso che deve essere
semplificato e reso meno costoso, possono presentarsi con
successo sul mercato dei capitali rappresentato dall’Aim. La
quotazione di Telesia, la società posseduta da Class Editori
leader della Go Tv, cioè la televisione negli aeroporti, nelle
metropolitane, negli autobus e
nelle vetture dei treni e negli
autogrill, è avvenuta con successo. Da lunedì 20, grazie a
consulenti finanziari e legali di
alta professionalità, Telesia è
quotata, con andamento superiore al prezzo di collocamento
per tutta la prima settimana.
Il fatto più importante è che a
investire su Telesia e sull’Aim,
come ha sottolineato Raffaele
Jerusalmi, ad di Borsa
Italiana, alla cerimonia della
campanella, sono stati alcuni
degli investitori istituzionali
più importanti d’Italia. (riproduzione riservata)
Paolo Panerai
20
Unicredit. I
top manager
dell’istituto
parteciperanno
alla ricapitalizzazione da 13 miliardi. Il
presidente Vita ha esercitato diritti di opzione per 1,1 milioni.
MARTEDÌ
21
Banche. Nel rapporto sulle
banche l’Unione
Europea «dimentica» derivati,
titoli tossici e attività navali degli istituti tedeschi.
è quanto è emerso dall’incontro
tra la sindaca Raggi (n Campidoglio dopo nove ore trascorse
in ospedale per un malore), il
costruttore Luca Parnasi e il
direttore sportivo del club giallorosso Mauro Baldissoni (in
rappresentanza del presidente James Pallotta). Prima della
riunione Raggi aveva visto i consiglieri del Movimento 5 Stelle
della maggioranza per confrontarsi. L’accordo che è emerso
prevede il taglio del 50% delle
cubature previste dal progetto
originario dello stadio.
MERCOLEDÌ
22
Volkswagen. Il gruppo tedesco
ha registrato un utile di 5,14 miliardi nel 2016 dopo la perdita
nel 2015 post-Dieselgate. Il fatturato del gruppo ha raggiunto i
217,3 miliardi. Il cda proporrà un
dividendo di 2 euro per ogni titolo ordinario e di 2,06 euro per le
azioni privilegiate.
Unicredit. Tutto esaurito per
l’operazione di
rafforzamento Fca. La controllata americana
patrimoniale or- Fca Us ha interamente rimborganizzata dall’ad
Jean-Pierre MuIL ROMPISPREAD
stier. L’aumento di
La linea degli scissionisti
capitale da 13 miè semplice: fare il contrario
liardi di euro è
di quello che fa Renzi.
stato sottoscritto
Il nuovo partito si chiamerà Dp
al 99,8% dell’offerta. Esercitati
661,6 milioni di
sato in via anticipata il term
diritti d’opzione.
loan con scadenza 24 maggio
Ftse Mib. Piazza 2017 per un importo complessiVENERDÌ
Affari ha chiuso vo di 1,8 miliardi di dollari (1,7
l’ultima seduta miliardi di euro).
della settimana
c o n u n c a l o Juventus. Il club ha chiuso il
dell’1,18% a 18.596 punti. Il ros- primo semestre dell’esercizio
so è stato comune a tutte le 2016-17 con utili per 72 milioprincipali piazze europee: Parigi ni, in crescita del 137,6% grazie
ha perso lo 0,94% e Francoforte a una gestione-calciatori positil’1,20%. Più resistenti Londra va per 84,6 milioni. Il patrimonio
(-0,38%) e Madrid (-0,27%). Sul netto è salito a 125,4 milioni dal
mercato continua a pesare il ri- saldo di 53,4 milioni del trimeschio politico, con lo spread Btp/ stre precedente.
Bund che ha chiuso a 198 punti
base, elemento che ha penaliz- Time Warner. Ha siglato un
zato soprattutto i bancari: accordo per cedere la stazioBanco Bpm -6,65%, Medioban- ne televisiva di Atlanta Wpch
ca -2,81%, Ubi -2,48%, Intesa a Meredith Corp. per 70 milio-2,26% e Bper -1,43%. Giù an- ni di dollari.
che gli industriali, con Fiat
Chrysler che ha ceduto il 3,15%. Hp Enterprise. La società ha
In controtendenza si sono mos- subito nel primo trimestre un
se Leonardo (+3,81%) e Salini calo dei ricavi del 10% a 11,4
Impregilo (+4,96%), premiate miliardi di dollari a causa delle
dai risultati preliminari 2016.
performance negative della divisione hardware. La flessione si è
Stadio Roma. Accordo rag- però annullata a livello di utile:
giunto per la realizzazione dello i profitti si sono infatti mantestadio della Roma a Tor di Valle: nuti stabili a 267 milioni.
GIOVEDÌ
23
24
Previsto
MILANO FINANZA
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VENERDÌ 24 FEBBRAIO
Per la banca non ci sono combinazioni idonee a creare e distribuire valore per i
propri soci. L’ad Messina punta sulla crescita interna nelle polizze e nel wealth management
DIETROFRONT
Intesa rinuncia alle Generali
di Anna Messia
N
iente da fare. Intesa
Sanpaolo ferma
le macchine su
Generali perché non
ci sono opportunità
rispondenti ai criteri di creazione e distribuzione di valore per i
propri azionisti. «Il management
di Intesa Sanpaolo», si legge in
una nota diffusa da Ca’ de Sass
nella prima serata di venerdì 24
febbraio «non ha individuato opportunità rispondenti ai criteri
di creazione e distribuzione di
valore per i propri azionisti, in
coerenza con l’obiettivo di mantenimento della leadership di
adeguatezza patrimoniale». A
un mese esatto dal quel comunicato stampa del 24 gennaio con il
quale la banca aveva confermato
le indiscrezioni di stampa circa lo
studio di una possibile aggregazione con Generali arriva quindi
il definitivo passo indietro. Del
resto i paletti che aveva fissato l’ad, Carlo Messina, per dare
il via libera all’operazione erano
sembrati subito difficili da superare. Messina aveva rassicurato
gli azionisti che l’operazione con
Generali avrebbe dovuto comunque preservare il capitale della
banca ma anche conservare le
capacità di creare e distribuire
valore per gli azionisti, tenendo
quindi fermi, anche in un gruppo
aggregato, i ricchi dividendi pagati finora da Ca’ de Sass. Una
situazione difficile da far quadrare e resa ancora più complicata
dalle mosse immediate di difesa
di Generali che per sterilizzare il
voto di Intesa in caso di acquisti
di azioni a gennaio aveva prontamente rilevato il 3% del capitale
di Intesa con un’operazione di
prestito titoli (ristrutturata nei
giorni scorsi). E pure l’opposizione
degli agenti di assicurazione del
gruppo Generali che hanno subito
sollevato i rischi di un eventuale
spezzatino del gruppo a causa dei
probabili vincoli Antitrust aveva
messo altri bastoni tra le ruote
di Intesa. Infine c’ è stata la reazione della borsa, con il titolo
Q
Morte di un matrimonio mai nato
uando una storia come quella dell’integrazione tra la prima banca e la
prima compagnia assicurativa del
Paese si spegne, quasi per consunzione,
occorre fare un bilancio e guardare al futuro. Dopo i periodi di presidenza di Alfonso
Desiata e Antoine Bernheim, le Generali
hanno perso le ultime chance di leadership globale. Con Desiata, le Generali
erano arrivate a possedere il 40% di Axa,
la stessa Axa che oggi era stata agitata come uno dei possibili scalatori di Generali.
E lo stesso Desiata aveva quasi concluso
l’ingresso dell’americana Aig nel capitale
della compagnia, con un peso non inferiore a Mediobanca. Bernheim, a sua volta,
aveva più volte reiterato che le Generali
avessero bisogno di almeno 20 miliardi in
più di capitale per competere per la leadership continentale; ma Mediobanca non
aveva tutti questi soldi per sottoscrivere e
al contempo non ha mai voluto invitare altri
soci di pari importanza al desco. Da allora è
iniziato un lento scivolamento della posizione della compagnia, accompagnato da una
ricomposizione del suo consiglio con persone sempre più lontane dal business e più
interessate alla sorte del proprio investimento. Poi la controversa gestione Giovanni
Perissinotto, la nomina alla presidenza di
Cesare Geronzi, che aveva suggerito un passaggio di testimone con Raffaele Agrusti, i
contrasti nel cda sia sul ruolo del presidente
sia su quello dell’amministrazione generale
e del direttore finanziario. Il tutto sfociato con tre uscite a distanza di poco tempo,
con la soluzione Mario Greco, che, va ricordato, arrivò nel 2012 alle Generali in un
Intesa che dal 24 gennaio ha lasciato sul campo poco meno di 10
punti e report di analisti dubbiosi
sulle sinergie possibili derivanti
dall’operazione.
Ostacoli che hanno evidentemente convinto la banca a fare
un passo indietro sull’acquisizione e a preferire una crescita per
via interna che prevede l’impegno
alla distribuzione di 10 miliardi di dividendi cash complessivi
per il quadriennio 2014-2017.
Resta anche il focus su un’ulteriore crescita nel settore del
wealth management dell’istitu-
di Gabriele Capolino
momento in cui la sua capitalizzazione di
borsa era non lontana da quella di Allianz,
che però aveva nell’azionariato gente con le
spalle più larghe e in pochi anni ha ricapitalizzato pesantemente, tanto che oggi vale
tre volte in più delle Generali. In più, con
il suo arrivo, sostengono i suoi detrattori,
in poco più di tre anni di lavoro le Generali
sono state de-Generalizzate: cancellati 200
anni di storia, messa in un angolo la scuola
di management dell’azienda, indebolito lo
spirito di squadra con l’arrivo di una serie
di manager di prima fila indiani o danesi, che poco avevano a che fare con il dna
dei Trieste. Il brusco saltacavallo di Greco
nel 2016 ha poi portato al vertice Philippe
Donnet, che sta operando per porre rimedio a tutto ciò. Ma l’uscita improvvisa di
Alberto Minali, alla vigilia della preparazione del bilancio 2016, dalla direzione della
compagnia ha finito per ricomplicare le cose. In Intesa tutto ciò non poteva passare
inosservato, anche perché (vedere numero
scorso di Milano Finanza), le porte girevoli
dell’azionariato della banca e della compagnia hanno più volte funzionato in passato.
Carlo Messina, Paolo Grandi e il top management hanno visto che poteva essere
l’occasione per costituire un vero colosso
italiano del settore bancassicurativo e del
risparmio gestito, ma i modi e i tempi non
sono stati dalla loro parte. Mediobanca, vistasi attaccata, nel dubbio ha reagito come
si faceva ai tempi di Vincenzo Maranghi,
con un blitz di acquisto di un bel 3% di
to; in ballo ci sono del resto circa
30 miliardi di titoli obbligazionari retail in scadenza nel triennio
2017-2019, oltre 30 miliardi di
depositi affluiti nelle Divisioni
Banca dei Territori e Private
Banking dall’ultimo trimestre del
2015 e oltre 150 miliardi di raccolta amministrata. Ma si punta
anche allo sviluppo del ramo assicurativo Danni, innalzandone
il grado di penetrazione ai livelli raggiunti dal ramo Vita (dove
il gruppo è leader di mercato
con Intesa Sanpalo Vita) con interventi in sinergia con le reti
Banca Intesa pagato con i soldi dei sottoscrittori di polizze Generali (e per fortuna
il rendimento del dividendo Intesa è da beniamino delle riserve tecniche). Un cazzotto,
che avrebbe imposto a Intesa un’operazione
ostile, qualunque essa fosse, con il rischio
di rovinare i prossimi bilanci del gruppo e i
dividendi promessi agli azionisti. Alla fine
ha prevalso il realismo. Anche perché i pretendenti internazionali di Generali nel giro
di pochi giorni hanno escluso un loro interesse: a parole, Axa e Zurich (che ha Greco
al timone, e quindi la conosce bene), con i
fatti Allianz, che ha destinato 2,5 mld al riacquisto di azioni proprie. Venuto meno il
pericolo di trovarsi un forte nemico in casa, anche a Intesa hanno fatto sapere che
la cosa non interessava più.
Una reazione da Nondum matura est?
Oppureil Leone dovrebbe preoccuparsi, se
nel giro di un mese due concorrenti mondiali e la prima banca italiana hanno passato
la mano? Quella delle Generali è stata una
bellissima storia, l’unica vera multinazionale finanziaria italiana, multietnica e
multiculturale in Europa, un incredibile
ministero degli Esteri (si narrano storie di
italiani in Cina, o persi nel mondo, che sono
entrati negli uffici di Generali per chiedere quell’aiuto che altri stati offrivano con
la propria rete di ambasciate). Riuscirà a
tornare, da sola, a quei livelli? O, come si
mormorava ai tempi di Greco, che a continuare così tra pochi anni le Generali
sarebbero diventate quello che oggi è la
Comit per un giovane: nessuno sa più cosa
è stata. Sarebbe una grande perdita per il
paese. (riproduzione riservata)
bancarie; oltre al forte impulso
al cross-selling, conseguente alla creazione della prima banca
di prossimità in Italia, costituita da Banca Itb recentemente
acquisita, focalizzata sull’instant
banking tramite una rete distributiva di circa 20 mila punti
operativi leggeri, con un bacino
potenziale di circa 25 milioni di
clienti, di cui circa 12 milioni già
clienti di Banca Itb.
Il tutto senza Generali, che perde
un’occasione per crescere, specie
ora che si sono abbassati i rischi
di una scalata straniera, con
Allianz e Axa che hanno detto di
non essere interessati alla compagnia. (riproduzione riservata)
IL SONDAGGIO
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Banca Intesa rinuncia all’integrazione con Generali. Secondo voi chi ci guadagna?
1 Intesa
2 Generali
3 Entrambe