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CASSAZIONE/2 Focus sui termini prescrittivi
Il semplice deposito
non dà interruzione
DI
I
ADELAIDE CARAVAGLIOS
nterruzione dei termini di prescrizione: il semplice deposito
dell’atto presso la cancelleria
del giudice adito non produce
alcun effetto interruttivo. È necessario, al contrario, che il medesimo
atto venga portato a conoscenza del
destinatario: sono queste le conclusioni cui è giunta la VI sezione civile della Cassazione nell’ordinanza
n. 4034/2017.
Intervenuta sul ricorso di un medico avverso la sentenza di secondo grado, la Corte, facendo applicazione di un orientamento ormai
«costante» sul punto, ha ricordato
come «in ipotesi di domanda giudiziale proposta con ricorso, l’effetto
interruttivo della prescrizione non
si produce con il deposito del ricorso
giurisdizionale presso la cancelleria del giudice adito, ma solamente con la notificazione dell’atto al
convenuto».
Nel caso di specie, spiegano i giudici di legittimità, non poteva trovare applicazione il principio della
c.d. «scissione degli effetti» relativamente alla fase intercorrente tra il
deposito del ricorso giurisdizionale
e la sua notifica, dal momento che
ci si trovava in presenza di un’ipo-
tesi nella quale bisognava applicare il principio generale desumibile
dall’art. 2943 c.c., secondo il quale
la prescrizione è interrotta soltanto
dalla notificazione al destinatario
dell’atto con il quale si inizia un
giudizio, sia che si tratti di giudizio
di cognizione; sia conservativo sia
esecutivo.
Il suddetto principio, hanno continuato, non poteva ritenersi «in alcun modo contraddetto» nemmeno
da quelle decisioni nelle quali viene
applicata la regola opposta, secondo la quale il deposito del ricorso
sarebbe sufficiente a determinare
l’effetto interruttivo relativamente alla prescrizione prevista per
l’esercizio dell’azione giudiziaria
diretta a conseguire le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria
gestita dall’Inail: questa ipotesi,
infatti, costituirebbe un caso del
tutto peculiare «non solo in ragione
della sua appartenenza allo speciale sistema dell’assicurazione Inail,
ma soprattutto per l’intervento di
un’espressa pronunzia di illegittimità costituzionale». Così argomentando, hanno quindi rigettato il
ricorso e condannato la parte ricorrente al pagamento del contributo
unificato.
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