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I COMMENTI
Venerdì 17 Febbraio 2017
L’ANALISI
IMPROVE YOUR ENGLISH
Germania dopo l’Italia
nella rivoluzione 4.0
Germany behind Italy
in the 4.0 revolution
C’
motori ibridi, elettrici,
è una cerDI CARLO VALENTINI
la guida senza pilota,
ta soggenon parlano tedesco.
zione, in
parte giustificata, da parte Così come i macchinari con forte indel sistema economico italiano rispetto tegrazione digitale faticano a vedere
a quello tedesco, meglio organizzato, la luce nei centri di ricerca made in
con meno lacci e lacciuoli e quindi con Germany.
Non a caso qualche settimana
costi di produzione decisamente inferiori. Ma l’economia italiana, pur di- fa il Financial Times ha intitolato una
battendosi tra i marosi di una politica sua inchiesta: Perché la Germania ha
defatigante, potrebbe aspirare a una bisogno di accelerare sul digitale. Sotrivincita perché l’ingegno dell’inno- tolineando che negli ultimi due secoli
vazione è assai più brillante in Italia essa era nel gruppo che guidava l’inche in Germania. Abituati a pianger- novazione tecnologica mentre ora non
ci addosso, fatichiamo a crederci. Ma riesce a tenere il passo di Cina, India,
l’economia tedesca è matura e la rivo- Stati Uniti e insegue affannosamente
luzione 4.0, cioè il massiccio ricorso a distanza.
Il cuore di quell’ina robotizzazione, digichiesta sta nella dotalizzazione, softwamanda: dove sono le
rizzazione sofisticata
Investe poco
Silicon Valley europee?
la stanno trovando in
nell’innovazione
A cui si può aggiungeparte impreparata,
del digitale
re: dov’è l’Europa? Inpiù incagliata nel vecfatti la Germania deve
chio modo di produrre
comprendere che, da sola, non avrà
di quella italiana.
Per una volta, si può peccare quell’attraente futuro industriale a
di ottimismo e lanciare una sfida. Il cui era abituata. La sua è un’econofatto è che la Germania fonda il pro- mia oggi troppo matura e poco innovaprio assetto industriale su due pilastri: tiva. L’Italia, pur essendo più gracile,
auto e macchinari (oltre alla chimica). può fare meglio. Ma da soli i Paesi euIl loro successo ha consentito lo scor- ropei sono destinati a essere ributtati
so anno un aumento del prodotto in- indietro. Se invece l’Europa riuscisse
terno lordo dell’1,9%, da fare invidia a interconnettersi e a dare slancio a
all’Italia (nello stesso anno però sono proprie Silicon Valley potrebbe tornadiminuiti in Germania gli investimen- re in gara. Ecco uno dei motivi, non
ti privati, il che significa, appunto, secondario, per salvare l’agonizzante
poca innovazione). Le tecnologie più Unione europea non sulla base di prinavanzate delle auto del futuro, cioè i cìpi e ideologie ma delle cose da fare.
T
he Italian economic system is man. Similarly, machines with strong
somehow, rightly on one side, digital integration are struggling to
intimidated by the German see the light in the research centers
one, which is better organized, ‘made in Germany’.
with fewer constraints and therefore
It is no coincidence that a few
with much lower production costs. weeks ago, the Financial Times
Nevertheless, the Italian economy, headlined its investigation «Why Gerdespite struggling with the difficul- many needs to accelerate into the digities of a wearing politics, could aspire tal fast lane», pointing out that in the
to a rematch because the innovation last two centuries it was in the group
talent is much brighter in Italy than in that was driving technological innovaGermany. As we are used to feel sorry tion while now it is unable to keep up
for ourselves, we struggle to believe with China, India, the United States
it. However, the German economy is and brings up the rear frantically.
mature and the 4.0 Revolution, that
The heart of that investigation
is, the widespread use of robotics, digi- is the question: where are the Eurotalization, and sophisticated comput- pean Silicon Valley’s companies? And
erization, are finding it
we can add: where is
partially unprepared,
Europe? Indeed, GerIt invests little
many has to undermore stuck in the old
stand that it won’t
mode of production
in digital
have by itself the atthan the Italian one.
innovation
tractive industrial fuFor once, we can
ture it was accustomed
be overly optimistic
and a throw down the gauntlet. The to. Its economy is now too mature and
fact is that Germany has based its in- not very innovative. Italy, despite bedustrial structure on two pillars: cars ing frailer, can do better. However,
and machinery (in addition to chemi- European countries alone are doomed
cal industry). Their success has al- to move back. If Europe manages to
lowed them to increase gross domestic interconnect and give momentum to
product by 1.9% last year, a result that its own Silicon Valley, it could come
makes Italy envious (in the same year, back in the race. This is one reason,
however, private investment declined not secondary, to avoid saving the dyin Germany, which means, indeed, ing European Union on the basis of
little innovation). The most advanced principles and ideologies but based on
technology of the cars of the future, the things to do.
namely hybrid and electric engines,
© Riproduzione riservata
unmanned driving, don’t speak GerTraduzione di Silvia De Prisco
IL PUNTO
LA NOTA POLITICA
Gli imprenditori italiani in Usa
non temono il protezionismo
Scissione Pd, adesso
è diventata possibile
DI
SERGIO LUCIANO
A
Yale (uno dei campus
più autorevoli della
East Coast, dove tra
l’altro hanno studiato
i Clinton) c’è un gruppo d’opinione che propone di cambiare
nome alla celebre «Columbus
Circle» di New York, la piazza
su Central Park, perché sarebbe sbagliato evocare, col
nome di Colombo, l’epopea
dei pionieri che ha portato
al genocidio dei pellerossa.
Ecco, è a questo genere di
intellettuali psico-formalisti
che non potrà mai piacere
Donald Trump: aggressivo, arrogante, un po’ (tanto)
cafone, in odore di xenofobia,
se non di razzismo. Invece ai
400 businessmen che l’altro
giorno su Columbus Circle si
affacciavano dal decimo piano del Time Warner Center,
quel Trump lì non dispiace
affatto. Erano stati riuniti
per analizzare le nuove prospettive dell’interscambio
Italia-Usa dall’imprenditore
Fernando Napolitano (che
da sei anni s’inventa formule
ad hoc con la sua società Ibii)
e dai suoi partner istituzio-
nali Ey (Ernst Young) e American Chamber of commerce
in Italy (Amcham), benedetti
dall’ambasciatore italiano a
Washington Armando Varricchio. Ebbene, discutendo
sei ore tra loro hanno condiviso che, almeno per ora, il
Anche con Trump
si possono fare
dei buoni affari
protezionismo di Trump non
ridurrà gli spazi commerciali
per l’Italia: anzi, il Belpaese
piace al nuovo «commander
in chief».
E allora? E allora (è il
messaggio echeggiato tra
Ambasciata italiana a Washington, Amcham e pezzi
grossi come Farinetti di Eataly o Ibarra di Wind o Pontremoli di Dallara) tutto ciò
che bisogna fare è… fare. Per
recuperare terreno. L’Italia,
dieci anni, fa pesava molto di
più per gli Usa: nel 2005 gli
investimenti americani in Italia valevano 24,5 miliardi di
dollari contro i 7,7 italiani in
Usa, mentre nel 2015 i nostri
da loro sono stati 28,6 e i loro
da noi 22,5. E che il nostro
export è cresciuto del 2,4%
nel 2015 a quota 44 miliardi, ma sono la metà di quelle
tedesche.
Se è vero che Trump resta un’incognita economica
(riuscirà davvero a tagliare
le tasse? E a far aumentare
l’occupazione?) per ora non c’è
che da rimboccarsi le maniche
e fidarsi. Il presidente vuol
solo fare più business. Sotto a
chi tocca. Non che la Merkel,
contraria alla vendita ai francesi di Psa della tedesca Opel
da parte della General Motors
non sia protezionista. Non che
non lo sia Strasburgo, critico
sull’accordo commerciale col
Canada. Non a caso, la pur
anti-trumpiana Yellen, presidente della Federal Reserve,
ha tracciato un quadro ottimo
dell’economia americana; Wall
Street è stabilmente su nuovi
record dal 20 gennaio (insediamento di Trump) in qua;
e il sottosegretario di Stato
all’economia Steven Mnuchin
è un ex banchiere di Goldman
Sachs. Tutto sarà, fuorché un
pericoloso sfascista…
DI
MARCO BERTONCINI
Allora, scissione o no? A
giudicare dalle reazioni nei
palazzi romani, una buona
maggioranza degli interpellati si dimostra prudente
e preferisce o non pronunciarsi affatto o tentare sì un
pronostico, ma inserendovi
una così lunga serie di riserve da renderlo inconsistente.
È senz’altro vero che la scissione, se fino alla direzione
del Pd, era giudicata una
mera ipotesi usata da anti
renziani come minaccia per
ottenere solide concessioni,
negli ultimi giorni si è resa
più solida.
La scissione è talmente
entrata nella concretezza
che gli stessi parlamentari
del Pd ne discutono ora timorosi ora speranzosi, favorevoli e contrari, ma insomma
reputando che l’assemblea
di domenica potrebbe veramente causare una serie
di abbandoni. La natura di
questi addii sarebbe ben più
consistente rispetto alle fughe di piccoli gruppi segnalate dopo l’arrivo di Matteo
Renzi a largo del Nazareno.
L’opinione prevalente
è che l’attività, intensa, che
i pontieri stanno conducendo potrebbe sfociare in una
mediazione, su tempi e contenuti, tale da andare a un
congresso nel quale si faccia
sì la conta (pochi ritengono
che Renzi possa essere sconfitto) ma, alla fine, gli sconfitti rimangano nel partito.
Naturalmente le previsioni
sul piglio volitivo di Renzi si
scontrano con la sua necessità di non ridurre il Pd alle
dimensioni elettorali più
basse mai toccate. Considerazioni sulle difficoltà di finanziamento per un partito
scissionista s’intrecciano con
l’insofferenza sempre più visibile nei maggiori esponenti
anti renziani.
Un indubbio ruolo è
esercitato dai titolari dei
maggiori pacchetti di voti
nell’attuale maggioranza
del Pd, ossia la coppia (non
unita) Franceschini-Orlando. Fin dove appoggeranno
il segretario?
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