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I COMMENTI
Giovedì 9 Febbraio 2017
L’ANALISI
IMPROVE YOUR ENGLISH
Per ricordare in quali
prove siamo passati
To remember what
trials we went through
Q
Museo nazionale, si
uarant’anni
fa, il 10 feb- DI DOMENICO CACOPARDO cosparse di benzina
e si dette fuoco. Ai
braio 1977,
dopo l’annuncio ufficiale suoi funerali, parteciparono oltre
della visita a Parigi (presidente 600 mila persone.
Andai a Praga nel 1971, inseValéry Giscard d’Estaing) di
Leonid Breznev, il capo del Pcus rendomi in un viaggio organizzato
sovietico, un giovane militante di da parte di una delle tante agenzie
destra, coniugato con un’attivista del Pci. Portavo una lettera della dianticomunista fuggita dalla Germa- rezione del Psi per Dubcek (in quel
nia dell’Est, Alain Escoffier, compì momento manovale in un’azienda founa protesta clamorosa contro il co- restale). In albergo, dono dei russi, fui
munismo. Scelse quel giorno, per- contattato, tra mille cautele, da una
ché era l’anniversario del Trattato signora alla quale consegnai la missidi Parigi, conclusivo della seconda va in una panetteria delle vicinanze,
Guerra mondiale (oggi Giorno della nascondendola in una busta di «krapMemoria per le vittime dell’Esodo fen». Le chiesi della tomba di Palach:
mi indicò il cimitero
e delle Foibe), per
in cui era sepolto e mi
cospargersi di benzimise sull’avviso: c’era
na e darsi fuoco neNel momento della
tanta polizia che fergli Champs Elysees,
crisi pensiamo
mava i visitatori o li
di fronte alla sede
a quelle superate
filmava.
dell’Aeroflot, la comConvinsi qualche
pagnia di bandiera
sovietica. Il suo ultimo grido, stroz- altro italiano ad accompagnarmi
zato dalle fiamme fu «Communistes e, così, il giorno stesso, entrammo
nel cimitero, presidiato all’esterno
assassins».
Seguiva l’esempio di Jan Pa- da autoblindo e militari e, all’interlach, un giovane studente di filo- no dalla polizia. Fu facile trovare il
sofia, sostenitore della stagione sacello: una colonna di praghesi vi
riformista chiamata Primavera si dirigeva. I fiori che lo adornavadi Praga, diretta dal leader euro- no, bianchi, rossi e blu (la bandiera
comunista Dubcek, soffocata nel ceca) erano tanti quanti non ne avesangue il 20 agosto 1968 dai carri vo mai visti.
Due episodi, solo per ricorarmati dei paesi del Patto di Varsavia. Nel pomeriggio del 19 gennaio dare attraverso quali prove siamo
1969, il giovane si recò nella piazza passati.
www.cacopardo.it
San Venceslao, si fermò di fronte al
DI
IL PUNTO
LA NOTA POLITICA
Un Papa a portata di mano
finisce poi a tiro di tutti
È meglio il logorio
oppure il rosolamento?
GOFFREDO PISTELLI
H
F
orty years ago, on Febru- set himself on fire. His funeral
ary 10, 1977, after the of- was attended by over 600,000
ficial announcement of the people.
visit in Paris (President
I went to Prague in 1971,
Valéry Giscard d’Estaing) of So- participating in a trip orgaviet Communist Party’s leader Le- nized by one of the Pci’s many
onid Brezhnev, Alain Escoffier, agencies. I carried a letter from
a young right-wing militant mar- the Psi leadership for Dubcek
ried to an anti-communist activist (at that time a manual laborer
fled from East Germany, made a in a forestry company). In the
sensational protest against com- hotel, a gift from the Russians,
munism. He chose that day be- I was cautiously approached by
cause it was the anniversary of the a woman to whom I handed the
Treaty of Paris, which put an end letter at a nearby bakery, hiding
to the Second World War (Memo- it in a «krapfen» bag. I asked her
rial Day for the victims of Exiles about Palach’s grave: she pointed
and Foibe today), to douse himself to the cemetery where he was burwith gasoline and set
ied and warned me:
himself on fire in the
there were many poWe should think to
Champs Elysees, oplice officers stopping
those overcome
posite the Soviet airvisitors or filming
in
the
moment
of
line Aeroflot. His last
them.
crisis
cry, strangled by the
I convinced othflames, was «Comer Italians to acmunistes assassins».
company me, so, on the same day,
He followed the example of we entered the cemetery, guarded
Jan Palach, a young student outside by armoured cars and
of philosophy, a supporter of the soldiers, and inside by the police.
reformist season called Prague It was easy to find the chapel: a
Spring, led by euro-communist column of Prague’s citizens were
leader Dubcek, drowned in blood heading to it. The flowers that
on August 20, 1968, by the tanks decorated it, white, red and blue
of the countries of the Warsaw (the Czech flag), were as many as
Pact. On the afternoon of Janu- I had never seen.
ary 19, 1969, the young man went
Two episodes, just to rememto the Wenceslas Square, stopped ber the trials we went through.
in front of the National Museum,
© Riproduzione riservata
doused himself with petrol and
Traduzione di Silvia De Prisco
a suscitato dure reazioni, la massiccia
affissione di manifesti critici verso
Papa Bergoglio, lo scorso
fine settimana a Roma. Il fatto è noto: nelle plance riservate alle affissioni comunali,
sono comparsi appunto manifesti, anonimi, con una scritta in romanesco («A France’»,
l’incipit) che giudicava il
pontefice poco misericordioso, per una certa durezza nel
trattare alcune questioni, curiali e non, fra cui la decisione
di non rispondere ai dubbi di
quattro cardinali sull’esortazione Amoris Laetitia. A
corredo, la foto del Papa col
volto corrucciato. L’iniziativa
degli anonimi attacchini ha
suscitato toni scandalizzati,
a volte minacciosi, di religiosi,
intellettuali e vaticanisti vicini a Jorge Mario Bergoglio.
Gli ideatori dell’affissione
sono stati definiti a più riprese «corrotti» e, addirittura,
«squadristi».
Pier Luigi Consorti, che
insegna diritto canonico,
ha invece scritto sul suo blog
sul sito dell’ateneo di Pisa,
che «qualcuno dovrebbe indagare, perché questo gesto
integra una specifica ipotesi
di reato». Prospetta l’applicazione di una legge del 1929,
quella dei Patti lateranensi
che, all’articolo 8, punisce «le
È stato lui
a desacralizzare
la sua figura
offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio
italiano contro la persona
del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti,
sono punite come le offese e
le ingiurie alla persona del
Re». Situazione singolare per
il fatto che l’invocazione di
una legge fascista provenga
da un professore che insegna
nel Centro interdisciplinare
di Scienze della pace, di un
ateneo di prestigiosa tradizione laica, ma tant’è.
Il fatto è che i molti indignati per questa manifestazione di dissenso, travestita da «pasquinata», non
tengono in conto che fra le
molte novità portate dall’ex
cardinale di Buenos Aires c’è,
senza dubbio, la disintermediazione estrema. Il Papa ha
cambiato, stravolto, il paradigma comunicativo del capo
della cristianità, come sono
gli stessi suoi laudatori a
ricordarlo continuamente.
Questo pontefice dice «buona sera» fin da quando si
affacciò da San Pietro la
prima volta, ha proseguito
con «buon pranzo», mangia a mensa col vassoio, va
a comprarsi le scarpe e gli
occhiali in Borgo Pio, telefona a centinaia di persone.
Non solo, nella comunicazione verbale in senso stretto,
Francesco ha scelto forme
e toni decisamente lontani
dall’etichetta pontificia: dal
fare «figli come conigli» al
famoso «a chi mi offende la
madre gli do un pugno», utilizzato per chiosare la strage
di Charlie Hebdo.
«Francesco, uno di noi»,
insomma. Già, ma quando i
suoi critici usano la stessa
libertà e lo stesso registro, è
logico scandalizzarsi tanto?
© Riproduzione riservata
DI
MARCO BERTONCINI
Il timore di Matteo Renzi si chiama logorio o rosolamento. Il logorio, qualora si
andasse a elezioni alla scadenza naturale, gli ricorda
quanto patì il Pd, retto da
Pier Luigi Bersani, sotto
il governo Monti: la vittoria
(coglibile nel novembre 2011,
se dopo le dimissioni del governo Berlusconi si fossero
svolte le elezioni) si tramutò
nel 2013 in una sconfitta al
Senato e in una prevalenza
di soli 120 mila voti alla Camera. Gli elettori gradirono
molto poco il governo tecnico, sostenuto anche dal Pd,
preferendo l’astensione e il
grillismo.
Renzi prevede che in
autunno si renderanno
necessari interventi impopolari: nessun bonus, nessuna
elargizione, semmai strizzate all’Iva e agevolazioni
soppresse. L’avversione alle
tasse, sempre da lui proclamata, potrebbe dover essere smentita, come del resto
già si annuncia in questi
giorni.
A logorarsi non è solo,
a media distanza, il partito: a breve, è lui stesso. Le
minoranze non gli accordano nulla, rigettando ogni sua
proposta o profferta. È chiaro
che preme loro l’abbandono
dei capilista bloccati, mentre, meno contingentemente,
vorrebbero il suo abbandono
della segreteria. In questi
giorni ci sono sommovimenti
interni in misura per i gusti
di Renzi eccessiva, anche
perché a rivelarsi insoddisfatte sono altresì capoccia
di maggioranza che pur continuano a sostenerlo.
È ovvio che egli punti
sul frenare le contestazioni
mediante un appoggio della
direzione, che in effetti gli
verrà dato lunedì prossimo. Però è altrettanto vero
che domina il caos, specie
in tema di legge elettorale,
mentre si restringono ogni
giorno le possibilità di votare a giugno. Infatti, circola
già la sua disponibilità per
il voto autunnale: significherebbe pur sempre un essere
rosolato.
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