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mercoledì 01 febbraio 2017, 16:30
Politica Usa
Kissinger-Trump: ritorno alla realpolitik?
L'anziano stratega è tenuto in grande considerazione dal presidente
di Giacomo Gabellini
A 93 anni suonati, Henry Kissinger è ancora uno degli strateghi più ascoltati del mondo. Nessuno come l'ex
segretario di Stato può infatti vantare di aver costruito buoni rapporti non solo con tutti i presidenti Usa che si sono
succeduti da quarant'anni a questa parte, ma anche con i manovratori delle grandi potenze che gli Stati Uniti considerano
come proprie principali avversarie geopolitiche. I rapporti tra Kissinger e Vladimir Putin sono vecchi di oltre 20 anni,
durante i quali l'anziano esperto di politica internazionale è stato più volte ricevuto al Cremlino con gli onori
che si tributano ai grandi leader. Lo ha confermato Dmitrij Peskov, che in qualità di portavoce Putin ha ricordato che i
due sono legati da «un rapporto di amicizia di lunga data». Nella Repubblica Popolare Cinese, Kissinger beneficia
tuttora del prestigio assicuratogli dal suo oscuro lavorio che nel 1972 preparò il terreno per la storica visita a
Pechino di Richard Nixon e all'adozione della politica di 'una sola Cina' che per decenni ha rappresentato una
pietra angolare della politica estera statunitense. Non a caso, il grande teorico del realismo politico è stato ricevuto lo
scorso dicembre nella Grande Sala del Popolo che si affaccia su Piazza Tienanmen – si tratta dell'ottantesima visita in Cina
da quel fatidico 1972 – dal presidente Xi Jinping in persona, il quale necessitava di chiarimenti circa le reali intenzioni di
Donald Trump in materia di commercio estero. «Questo presidente eletto – ha confidato Kissinger a Xi – è unico nella mia
esperienza, perché non ha assolutamente un bagaglio di obblighi verso alcun gruppo particolare, è diventato presidente
sulla base della sua strategia […]. Occorre evitare di insistere a inchiodare Trump a posizioni che ha tenuto in campagna
elettorale sulle quali non insisterà da presidente». Le ragioni che hanno indotto i dirigenti cinesi a prestare tanta attenzione
alle parole dell'anziano realpolitiker sono state eloquentemente riassunte dal quotidiano cinese 'Global Times', il quale, da
megafono semi-ufficiale del Partito Comunista di Pechino, ha ricordato che «si ritiene che il novantatreenne Kissinger
stia giocando un ruolo chiave nel tracciare la politica estera di Trump». Convinzione piuttosto diffusa anche
all'interno dello stesso schieramento occidentale, come si evince da un'inchiesta pubblicata dal giornale tedesco 'Bild
Zeitung' in cui si faceva riferimento a un'analisi redatta da uno stretto collaboratore di Trump piena di rimandi al rapporti di
'cooperazione costruttiva' che il nuovo presidente intende istituire con Mosca. Una traiettoria strategica orientata a
favorire una riconciliazione bilaterale attraverso la revoca delle sanzioni applicate dall'amministrazione Obama
sulla scia della crisi ucraina e, soprattutto, il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea. Le indiscrezioni
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/kissinger-trump-ritorno-alla-realpolitik/
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suggeriscono che Kissinger va annoverato tra i principali artefici di questo disegno geopolitico che introduce fattori di netta
discontinuità rispetto alla politica estera portata avanti dagli Usa sotto la guida di Barack Obama, ritenuta responsabile di
aver sospinto la Russia tra le braccia della Repubblica Popolare Cinese. Secondo Kissinger, in cima all'elenco delle
priorità strategiche degli Stati Uniti si situa proprio l'obiettivo di indebolire l'alleanza di ferro tra Mosca e
Pechino che, attraverso le ambiziosissime iniziative cinesi (Via della Seta e Asian Infrastructure Investiments
Bank in primis), rischia di fungere da polo d'attrazione per il Giappone, per la Germania e, a ricasco, per tutti i
Paesi europei. Inclusa la Gran Bretagna, che nonostante le affinità culturali e il rapporto politico di semi-fratellanza con
gli Stati Uniti – che Trump ha cercato di cementare durante il suo incontro con Theresa May – non ha esitato a trasformare
la City di Londra come piazza attraverso la quale la Cina ha modo di irradiare la propria proiezione finanziaria su scala
globale. L'istituzione di una catena di Paesi costieri legati alla grande potenza continentale, vale a dire la
Russia, da un rapporto di alleanza votata alla reciproca collaborazione in ambito politico, economico e militare
è infatti suscettibile di originare un polo geopolitico di forza tale da 'accerchiare' gli Stati Uniti, relegarli a un
ruolo di subalternità, respingere la loro penetrazione economica e sfidare la loro supremazia marittima
rovesciando gli equilibri mondiali. Nella visione di Kissinger, la supremazia degli Usa risiede quindi non tanto nel
loro potenziale economico e bellico, quanto sull'assenza di unità tra Europa ed Asia, specialmente ora che lo
sviluppo tecnologico applicato all'ambito militare ha ridotto le distanze e alimentato una certa diffidenza nei confronti della
capacità di protezione assicurata agli Stati Uniti dalla loro posizione insulare. Fattori che fanno dello stratega di origini
tedesche uno dei più abili discepoli del geografo e politologo Nicholas J. Spykman, l'artefice della teoria del
rimland che ispirò a George Kennan la politica del containment, materializzatasi mediante la costruzione di un argine
che dall'Europa occidentale si allungasse fino al Giappone, attraverso Paesi arabi sunniti, Iran, Israele e Stati del sud-est
asiatico. L'obiettivo era quello di arginare l'Unione Sovietica e rinchiuderla nel suo isolamento. La ricostruzione post-bellica di
Giappone e Germania, attuata a costo di marginalizzare personalità del calibro di Hans Morgenthau e Douglas
MacArthur, e il loro inquadramento nell'architettura di difesa centrata sugli Stati Uniti risulta del tutto funzionale allo scopo,
così come la rottura del sodalizio sino-sovietico predisposta da Kissinger anni dopo. A differenza da allora, la Cina viene
individuata attualmente come la principale minaccia alla supremazia geopolitica Usa, e secondo alcuni esperti come
William Engdahl è per questo che Trump avrebbe deciso di puntare sull'appeasement con la Russia, ritenuta –
anche in virtù del periodo di caos prodottosi sotto la guida di Boris Eltsin – l'avversario più debole tra i due.
Conformemente ai 'consigli' di Kissinger, Trump si sarebbe quindi preparato a concedere sostanziosi vantaggi a Mosca in
cambio di un raffreddamento della relazione sempre più stretta che va instaurandosi tra Russia e Cina, così da mantenere
una certo livello di separazione strategica tra i due Paesi e garantire l'equilibrio di potere favorevole agli Usa. È tuttavia
improbabile che Putin abbocchi all'amo gettato da Washington. I benefici che il Cremlino ha da trarre
dall'intensificazione del rapporto con Pechino rendono difficilmente attuabile la politica del divide et impera
predisposta da Trump, e tutti gli attori in campo conoscono ormai troppo bene la raffinatezza e l'abilità diplomatica di
Kissinger per prestarsi alle sue complesse manipolazioni.
di Giacomo Gabellini
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/kissinger-trump-ritorno-alla-realpolitik/
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