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Guerra in Siria: dov’è la Francia? | 1 venerdì 03 febbraio 2017, 17:00

Interessi e non solo

Guerra in Siria: dov’è la Francia?

Parla Nicolas Dhuicq, deputato francese e segretario del gruppo d'amicizia Francia-Russia-Francia-Bielorussia di Lea Vettorato

Quali sono i reali interessi della Francia in Siria? Come dovrebbe muoversi la Francia in futuro nelle sue relazioni con la Siria? Nicolas Dhuicq, deputato francese e segretario del gruppo d'amicizia Francia-Russia-Francia-Bielorussia si è molto interessato al conflitto siriano ed evoca gli interessi che potrebbe avere la Francia in questo contesto e le origini di una guerra i cui motivi sfuggono a molti. Lo scorso novembre, la ONG Sherpa ha denunciato a Parigi la società francese di cemento Lafarge di finanziare il terrorismo, dopo le rivelazioni su possibili accordi con l’ISIS. Nonostante le scarse informazioni che filtrano sul caso, Nicolas Dhuicq spera in un'indagine trasparente: "Penso che sia molto probabile che

esistesse. Non ho motivo di mettere in discussione queste informazioni, ma non ho prove. Non so da dove esattamente provengono queste informazioni: se si tratta di accuse false, o se si tratta di un regolamento di conti, se sono concorrenti

che fanno filtrare malelingue, non si sa mai". E continua: "Sulla questione specifica di Lafarge ho avuto le informazioni che ci

potrebbero essere negoziazioni per prevenire morti ed evitare la distruzione delle imprese, ma non ho attualmente alcuna

conferma". Lafarge si è ritrovato sotto il fuoco della critica per il mantenimento dell'attività del suo sito in Siria, nonostante le sanzioni riguardino due aree principali:il petrolio e il sistema bancario. Dal maggio 2011, Bruxelles ha serrato i bulloni per contrastare le azioni di Bashar Assad. I risultati di queste sanzioni si sono fatti sentire rapidamente: nel 2012 sono peggiorate le condizioni di vita di 10 milioni di siriani bisognosi, richiedendo quindi assistenza sul posto. Tuttavia, dobbiamo ricordare che sulla Siria l'Onu non ha imposto sanzioni economiche, che principalmente provengono dall'Unione europea e dagli Stati Uniti. Ed è proprio il fallimento delle sanzioni UE di cui è accusato Lafarge: "Spero che la Francia sia un

po’ più intelligente e troverà una posizione di sovranità in materia di politica estera, e aiuterà i suoi operai, ingegneri ed

imprese", insiste Dhuicq. "È, sempre utile conoscere la verità ma, purtroppo, la Francia è assente dalla Siria diplomaticamente e purtroppo anche economicamente". Per lui, la Francia dovrebbe cogliere l'opportunità offertagli dalle prime speranze di pace che emergono in Siria: "Sulla presenza francese in Siria, penso che la Francia farebbe bene a fare

piccoli gesti molto semplici come il finanziamento di una nuova scuola francese a Damasco, assistere l'ospedale francese a Damasco, riaprire i contatti diplomatici. Il futuro della Siria rispetto alla Francia è certo, almeno, ce lo auguriamo tutti, che un giorno la Siria sarà liberata degli islamisti e potrà cominciare ad essere ricostruita e in questo momento i siriani

ricordano bene coloro che li hanno aiutati e coloro che li hanno abbandonati". La feroce guerra in corso da cinque anni ha causato distruzioni in diversi settori, sia che si tratti di trasporti, comunicazioni, servizi igienico-sanitari o di produzione di energia elettrica. Oltre alle migliaia di vittime. La questione ora all'ordine del giorno è la seguente: come promuovere un ritorno alla normalità in Siria senza scatenare una guerra economica? "È difficile rimanere

neutrale in questo contesto con l'ex ministro degli Esteri, Laurent Fabius, che alla Camera ci ha detto che Al Nusra (ramo siriano di Al Qaeda) 'fa un buon lavoro'. E poi nel mese di novembre 2015 i cristiani del villaggio di Maloula furono

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massacrati da al Nusra. La Politica francese in Medio Oriente è completamente avvelenata, dal momento dell'assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafiq Hariri da parte delle monarchie del Golfo. Fu irresponsabile a chiudere l'ambasciata senza mantenere almeno una rappresentazione perché ci mancano informazioni ed è intollerabile aver tagliato gli stanziamenti della scuola francese Charles de Gaulle a Damasco. Con l'aiuto e l'intervento 'salvifico' dei russi, il presidente Vladimir Putin ha assunto il ruolo dello Zar, François Hollande avrebbe potuto assumere quello di Santo Louis, ma ha

preferito abbandonare i cristiani di Siria". E allora come si spiega l'atteggiamento della diplomazia francese nel caso siriano?

Come ad esempio i crediti tagliati al ospedale francese Saint Louis? questo il pensiero di Nicolas Dhuicq: "In primo luogo, il

livello storico e la conoscenza culturale dei leader si sta indebolendo. Chi ricorda la presenza francese nel Levante agli inizi del XX secolo? E ben pochi conoscono le differenze tra l'Islam sunnita e sciita... La mancanza di conoscenza porta a un discorso unico nei media sul caso siriano moltiplicato per il numero di canali televisivi. Chiunque pertanto è padrone delle

informazioni, come gli Stati Uniti, e influenza la lettura degli eventi. C'è sul conflitto siriano una guerra di informazioni". Ma non solo: "La lettura dominante distorce la complessità del conflitto siriano, che è sia una guerra civile sia una guerra

globale con più di 40 000 combattenti stranieri in Siria. Poi la lettura dominante oscura che nel teatro siriano, come su quello ucraino, gli Stati Uniti adottano la dottrina Brzezinski. Questa dottrina è quella di stabilizzare nel Medio Oriente i regimi islamisti, come la Turchia di Erdogan, che da una combinazione di capitalismo e islamismo che conviene agli americani. Dopo la destabilizzazione della regione, gli Stati Uniti possono applicare il loro perno verso l’Asia con il ritiro dall'Europa e dal Medio Oriente. In Mesopotamia, i neoconservatori vogliono ridisegnare la mappa geopolitica della regione facendo esplodere gli stati laici baathisti come la Siria e l'Iraq e creare stati per motivi etnici o religiosi. Si tratta di una lettura del divide et impera, ed è all’opera in questo momento in Siria. Poi le potenze regionali svolgono il loro gioco. La Turchia di Erdogan, complice dello Stato Islamico, insegue un sogno ottomano con lo spostamento dei turcomanni dall'Asia centrale al sud della Turchia per creare una zona cuscinetto. L’Iran cerca di ripristinare il suo ruolo di potenza, ed è la futura

potenza regionale con cui la Francia deve essere partner". E conclude: "Il Qatar e l'Arabia Saudita, a volte alleati, a volte

avversari. Paese senza una costituzione, motivo per cui l'Arabia Saudita non è uno stato-nazione, ma un conglomerato costituto da manodopera straniera, fonte di destabilizzazione a lungo termine, e il re istituito dal colonialismo britannico.

Sotto il re, i principi hanno autonomia, per cui alcuni possono diffondere il wahabismo e finanziare il terrorismo". Insomma ci sono diverse guerre dentro la guerra, ma qual’è secondo quindi la soluzione in Siria? La Siria dovrebbe diventare una Federazione? Secondo Dhuicq, "per capire il futuro di questo stato dobbiamo ricordare che Hafez al-Assad ha applicato un

sistema economico socialista. Da allora in poi, il figlio, Bashar, che ha studiato in Inghilterra, ha liberalizzato il Paese economicamente. Liberalizzando l'economia siriana, ha iniziato a sostenere i quadri del regime, e di conseguenza precarizzare le periferie e le zone rurali della Siria. Sono queste persone che si sono sollevate nel marzo 2011 e vogliono ispirarsi ai Paesi del Golfo, che uniscono il capitalismo e l'islamismo. In realtà l'atteggiamento occidentale ha solo rotto le rivendicazioni democratiche dei siriani, come i ribelli sostenuti dagli occidentali che non sono moderati ma islamisti e l'Esercito siriano libero che sta diventando sempre di più una finzione. Ultimamente ai colloqui di Ginevra volevano cambiare la costituzione siriana con un articolo che obbliga il presidente siriano ad essere musulmano, ma Bashar Assad rifiuta. Sulla federalizzazione, ho fatto questa stessa domanda al presidente siriano che mi ha fatto notare che nel Kurdistan siriano i curdi rappresentano solo il 40% della popolazione. In Siria, le comunità sono ben annidate quindi il federalismo porterà a più operazioni di guerra, alla violenza e alla pulizia etnica e infine sono i siriani e nessun altro che devono costruire la Siria di domani".

di Lea Vettorato

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