La Trump-mania vista dai musulmani d`Italia

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mercoledì 01 febbraio 2017, 18:30
Immigrazione e integrazione
La Trump-mania vista dai musulmani d’Italia
Per Foad Aodi cooperazione internazionale e dialogo tra istituzioni e comunità islamiche sono la soluzione
di Cesare Germogli
Il bando anti-immigrazione attuato da Donald Trump, primo atto roboante della sua già contestatissima presidenza, ha
rimesso l’accento sul rapporto tra Islam e terrorismo, sicurezza pubblica e libertà individuali, e in definitiva tra
apertura e chiusura. Le reazioni compatte dei maggiori leader europei e non solo si è prontamente fatta sentire, così come
quella di esponenti del mondo arabo. Ma aldilà delle risposte istituzionali, qual è la percezione che i musulmani d’Italia,
quelli facenti parte della società civile, hanno di quello che sta succedendo oltreoceano? E quali ripercussioni temono che
possa avere sulle loro vite il clima che anche azioni come quella del presidente americano tende a creare? Ne abbiamo
discusso con il Dott. Foad Aodi, presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (CO-MAI), nonché fondatore della
Confederazione Internazionale Laica interreligiosa (CILI-ITALIA) e presidente dell’Associazione Medici di origine
Straniera in Italia (AMSI). Il Ministro degli Esteri iraniano ha definito le tanto di discusse misure prese da
Donald Trump sull’immigrazione come un più grande regalo fatto agli estremisti islamici. È d’accordo? Da una
parte può essere vero nel senso che in questo modo si dà un alibi agli estremisti che vogliono mandare il loro messaggio
anti-occidentale a quei lupi solitari operanti in una zona grigia, spesso situata nel mondo del web. Di certo non ci
aspettavamo questo schiaffo antidemocratico, con anche un sapore di razzismo religioso, da parte degli Stati Uniti. Ci sono
state molte reazioni in Italia e non solo come quella del Premier Gentiloni, nonchè quella dell’ONU che ha
definito illegale il bando messo in atto da Trump. Pensa che questo tipo di risposte possa bastare? Sicuramente
andrebbe fatto di più. Ci sono due binari di azione: da un lato quello popolare sul quale vedo anche qui in Italia molte
manifestazioni; dall’altro c’è l’azione governativa e politica. Ho ringraziato il governo italiano nelle figure di Gentiloni e del
ministro dell’Interno Minniti, per le loro dichiarazioni responsabili in tema di immigrazione, Islam e rischio terrorismo. C’è
però anche l’azione politica, e qui purtroppo noto attualmente una Trump mania in particolare nell’area di destra, e qui
penso ovviamente alla Lega Nord. Ci sono frange politiche che parlano alla pancia della popolazione seguendo i venti
populisti del momento, ed esaltano la figura di Trump così come le sue azioni politiche, e questo è un segnale molto
pericoloso. L’Italia per fortuna sta dando una lezione molto importante all’Europa per quanto riguarda la politica
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/la-trump-mania-vista-dai-musulmani-ditalia/
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dell’integrazione. Va quindi fatta una distinzione per quanto riguarda le reazioni tra risposta popolare, azione governativa ed
azione politica. Lei, e più in generale la comunità islamica italiana, teme la possibilità concreta di un effetto
emulazione delle politiche che Trump sta adottando nei confronti dell’immigrazione da Paesi a maggioranza
musulmana? Di certo non abbiamo mai visto un momento così delicato per quanto riguarda lo scontro interreligioso, inteso
sia come avversione all’immigrazione che come tendenze islamofobe. Ci sono movimenti che sia in Italia sia in Europa
stanno nascendo sul solco dell’azione di Trump. Questa cosa di certo fa paura, perché credo che un partito o un movimento
non dovrebbe nascere come semplice risposta ad una tendenza del momento, andando ad imitare ciò che avviene all’estero.
Nell’ultimo periodo agli sportelli CO–MAI e AMSI abbiamo rilevato un aumento delle segnalazioni di discriminazione nei
confronti dei musulmani in Italia, soprattutto dopo gli attentati che hanno colpito la Francia, ed ora ancora di più con le
prime azioni della presidenza Trump. L’adozione, puramente ipotetica nonché improbabile, di misure di restrizione
all’immigrazione da determinati Paesi a maggioranza musulmana similmente a quanto fatto negli Stati Uniti,
che tipo di reazione comporterebbe da parte della comunità islamica italiana? L’Italia è molto ben vista dalle
comunità musulmane sia qui che nei nostri Paesi d’origine, differentemente da quanto avviene per Francia, Germania e Stati
Uniti. Questo anche per la memoria storica dei buoni rapporti tra i governi italiani e i Paesi arabi da cui sono partiti e partono
molti migranti. Per questo i rapporti saranno sempre costruttivi, ma dovrebbero esserlo ancora di più. Il nostro è un appello
affinchè tra istituzioni italiane e cittadini musulmani i rapporti siano sempre più inclusivi, per far sì che le minoranze in
questione non si sentano solo come monitorate. Il bando adottato da Trump riguarda solo alcuni Paesi a
maggioranza a musulmana, tralasciandone invece altri. Aldilà delle reali motivazioni dietro alla scelta del
presidente americano, ci sono Paesi dai quali, per la loro storia politica e religiosa o anche per elementi
culturali, è effettivamente più rischioso ricevere migranti? Certe mosse diplomatiche a livello internazionale tendono
a fare sempre a fare una distinzione tra musulmani buoni e cattivi, a seconda del Paese di provenienza. Secondo me alla
base di tutte queste problematiche bisogna ricordare che laddove c’è più povertà, disoccupazione e conflitti, lì è più facile
per gli estremisti trovare nuovi adepti. Se andiamo a vedere gli attentati che hanno colpito l’Europa negli ultimi anni, frutto
di un terrorismo che io definisco fai-da-te, sono stati commessi da ragazzi tunisini o algerini, ragazzi che poco però
spartivano con la vita tipica di un credente musulmano come ho potuto constatare incontrando le comunità arabe di Nizza.
Un movimento estremista come questo non può trovare campo fertile nei confronti di soggetti che non sono in condizione
economiche precarie. Per me non c’è un Paese più a rischio di un altro in questo senso. Crede che in Italia ci sia troppo
lassismo sulla gestione dei fenomeni migratori? Come andrebbero gestiti? Già dal 2001 l’AMSI, attraverso il
progetto Buona Immigrazione, proponeva una politica di accoglienza programmata. Purtroppo in Italia c’è una grande lacuna
per quanto riguarda la programmazione della gestione dei fenomeni migratori, affrontati sempre con metodo emergenziale.
Immigrazione programmata per noi significa cooperazione internazionale per aiutare i nostri connazionali nei Paesi di
origine, così come significa forme di collaborazione tra autorità musulmane e governo italiano in modo da arginare quelle
forme di Islam fai-da-te all’interno di strutture non controllate. La nostra ricetta consiste nel vedere a priori le esigenze del
mondo del lavoro italiano, in modo da non creare quella guerra tra poveri tra stranieri e italiani nel mercato del lavoro. Penso
inoltre che sia ormai necessaria una legge sull’immigrazione europea. Il mantra che spesso sentiamo è quello dell’
'aiutiamoli a casa loro'. Come si può attuare quello che spesso sembra solo un buon proposito? La cooperazione
internazionale come dicevo sarebbe fondamentale, e dovrebbe agire su quattro campi: creazione di posti di lavoro, maggiori
servizi sanitari, lotta all’analfabetismo e protezione dei diritti umani. Alla base di questi fenomeni sta sempre un tasso di
disoccupazione altissimo nei Paesi di provenienza. Allo stesso tempo quei Paesi di partenza dei migranti hanno bisogno di
quelle persone ad alto tasso d’istruzione che sono migrate in Europa, e si dovrebbe quindi porre le condizioni per un loro
ritorno ai Paesi di origine.
di Cesare Germogli
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