Chi fa storytelling è un artista scienziato

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giovedì 02 febbraio 2017, 15:30
Marketing e Tecnologia
‘Chi fa storytelling è un artista scienziato’
Lorenzo Vazzana, storyteller professionista, si racconta. "I clienti sono "eroi", ma la mia penna costa caro"
di Sara Corrieri
Per chi gestisce un’impresa (e non solo) è impossibile non aver sentito parlare di storytelling negli ultimi anni. «Ogni
Business Racconta la storia di una Scelta!» scrive Lorenzo Vazzana sul suo blog Professione Storyteller. Il valore di
un’organizzazione risiede nella storia che ha da raccontare e i principi del buon vecchio marketing non sono più sufficienti.
Una impresa che vuole comunicare sé stessa in modo efficace non può evitare di costruire un buon storytelling. Una nuova
trovata nell’era digitale per spillare soldi alle imprese in crisi? O una ricetta magica per il successo in pochi step? In
realtà lo storytelling non ha nulla di così innovativo o miracoloso, niente di più della preziosa 'arte del raccontare'. Arte,
appunto, che si apprende e si esercita e può rivelarsi miracolosa. Perché a volte la soluzione ai nostri problemi potrebbe
già trovarsi nelle nostre mani e nelle nostre menti, potremmo essere noi stessi o, in questo caso, la nostra storia. Abbiamo
chiesto a Lorenzo Vazzana, storyteller di professione e docente nell’arte del raccontare, di parlarci dell’esperienza che
l’ha portato a fare dello storytelling il suo mestiere e del potenziale potere che si cela dietro le storie di ognuno di noi.
Lorenzo, quando qualcuno le chiede chiede che lavoro fa, come spiega di essere uno storyteller? La mia
risposta? Non lo spiego! Moltissime persone mi chiedono, anche nella mia vita privata, cosa faccia per permettermi quello
che ho. Generalmente rispondo dicendo che lavoro con il computer. Arrivare a spiegare alle persone il mio lavoro non è
semplice, ci vorrebbe effettivamente il bisogno di fare uno storytelling, educare chi non conosce alle peculiarità del mio
lavoro e alle mie differenze rispetto agli altri consulenti di marketing. Ha studiato per diventare storyteller? C'è
bisogno di avere determinati titoli? Studiavo Lettere e Filosofia all’ Università La Sapienza di Roma ma per problemi
economici (la mia famiglia aveva una piccola azienda locale che colpita dalla crisi non riusciva più ad andare avanti) ho
dovuto lasciare l’università e aiutare i miei. Così ho mollato tutto per occuparmi della gestione della mia attività. Mi sono
reso subito conto che per 'salvare il salvabile' o addirittura far crescere l’azienda era necessario acquisire clienti. Il problema
nasceva dal fatto che l’azienda si trovava in un vicoletto praticamente invisibile al pubblico, per cui l’unica vetrina rimaneva
l’online e tutto ciò che riguardasse il marketing in rete. Da li ho studiato, ho iniziato dei percorsi, sbagliando, seguendo
grandi guru del marketing americano, eppure notavo che le cose rimanevano in stallo, senza nessuna evoluzione. Fino a
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/storytelling-un-artista-scienziato/
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quando non mi sono reso conto che il sistema vincente, il marketing miracoloso era già dentro casa, ed erano i libri di
letteratura. Nessuno mi prese seriamente quando affermavo che il marketing era dentro la letteratura. Cambiai
completamente il modo di scrivere e comunicare online, eliminando quelle landing page dallo stile americaneggiante e
concentrandomi per lo più sulla creazione di un rapporto di intimità con il potenziale cliente. In questo ho capito che 'la
storia' faceva da padrona: esisteva uno schema ben preciso dell’arte del narrare un brand che attraeva il potenziale cliente e
successivamente, con un percorso specifico, riusciva a convertirlo in cliente pagante e affezionato e poi addirittura a
sostenitore, fan del tuo brand. Era la costruzione della storia del brand che faceva la differenza perché riusciva a trasformare
uno sconosciuto in ammiratore di quella storia, soprattutto perché in quella storia ci si immedesimava, andando a creare un
rapporto con quel particolare brand o più ancora con un personal brand. In tale maniera è cambiato completamente il mio
modo di fare marketing. Cosa aggiunge lo storytelling che le strategie di marketing non possono assicurare? Il
raccontare storie che coinvolgono il pubblico, lo motivano ad acquistare e poi soprattutto li spiegano perché sostenere quel
brand, quindi la sua differenziazione. Da questa convinzione ho ipotizzato e poi strutturato il mio schema operativo, niente in
più dello schema che è presente nella mente umana: conoscerlo nel profondo mi ha permesso di anticipare le
argomentazioni che il pensiero produce per non compiere un’azione e le persone a non acquistare. Secondo lei lo
storytelling è per tutti o per pochi? Se per pochi, cosa non può davvero mancare a uno storyteller di successo?
Un bravo storyteller è uno scienziato-artista, con la sensibilità di un creativo ed una mentalità razionale. Lo scienziato deve
saper ragionare e provare ciò che dice attraverso numeri e statistiche. L’artista deve avere la creatività di realizzare quelle
metafore, quelle strutture retoriche che possono permettergli di creare il processo di identificazione tra un potenziale cliente
e la storia del brand. Non le chiederò di svelare i segreti da storyteller (anche se ne parla molto sul blog) ma
potrebbe descriverci gli step che segue subito dopo che un cliente le chiede aiuto per il suo business? Chi sono
i suoi potenziali clienti? La prima cosa che faccio è comprendere quali sono i buchi di sfiducia che il brand ha nei confronti
di potenziali clienti. Chiariti questi, è necessario avvalorare l’autorità, o meglio, l’autorevolezza del mio cliente, ovvero chi
offre il prodotto o servizio. Non si tratta di creare un 'eroe', piuttosto di identificarlo. L’eroe è colui che deve compiere una
missione, in questo caso una persona (nel gergo tecnico del marketing sarebbe il target ma nel gergo tecnico dello
storytelling professionale, derivante dalla letteratura, è l’eroe) che rappresenta il potenziale cliente. Molto spesso in passato
i brand erano 'prodottocentrici', ovvero mettevano il prodotto al centro della loro storia. In realtà un bravo storyteller sa che
ogni brand, ogni business, debba essere 'eroecentrico', quindi 'clientecentrico'. Raccontare la storia del cliente, non la storia
del prodotto. Non a caso la grande dote di uno storyteller è di natura empatica, il 'mettersi nei panni' del proprio potenziale
cliente. Lo storyteller si immette nel dialogo interiore del suo potenziale eroe e ne anticipa tutte le obiezioni. Come lo fa?
Scrivendoci una storia! È tutta qui la sensibilità artistica dello storyteller. La maniera migliore per abbattere le obiezioni è la
creazione di metafore, perché è molto più facile ragionare per immagini che per concetti. Il gioco sta proprio qui, far
immaginare al cliente potenziale cosa succederà dopo aver risolto il suo problema, costruire un film su misura prospettando
un bellissimo finale. Lo storytelling funziona sempre o prima ci vuole una storia davvero buona da raccontare?
Bhè, qui il discorso potrebbe sfociare nell’etica. Grazie allo storytelling e alla costruzione di una storia su misura del tuo
potenziale cliente, grazie alla sua potentissima forza persuasiva, garantita da una serie di principi da rispettare, puoi far
credere a qualsiasi persona qualsiasi cosa. Ed è questo un potere tanto enorme quanto pericoloso. Molti affiliate marketer,
anche molto capaci, nel processo di costruzione dell’autorità, utilizzano lo strumento dello storytelling per vendere schifezza
a gente ignara. D’altronde, la qualità del prodotto o del servizio si percepisce solo dopo l’acquisto. Sono dell’opinione che
tutto è vendibile, basta crearne la storia adatta. Il problema è che oltre un certo confine morale stai truffando a tutti gli
effetti. Quanto guadagna uno storyteller in Italia? Considerando la ancora troppo scarsa considerazione i
creativi hanno in Italia le sono capitati casi in cui il cliente si rifiutava di corrispondere adeguatamente al suo
lavoro? In realtà succede l’esatto contrario, ovvero sono io a scegliere i miei clienti. Si, è una cosa un po’ folle da dire, ma è
così. Nel tempo, con l’esperienza, ho capito che la mia penna costa cara: o vengo pagato tanti soldi o non scrivo. Per questo
ho preferito ed apprezzato maggiormente impegnarmi come docente nei confronti dei miei allievi. Quando faccio consulenze
in prima persona richiedo una parcella onerosa, semplicemente perché i risultati per l’azienda sono senza dubbio rapidi e
consistenti. Ho letto un post dove parli del successo di Facebook: tutta questione (e bisogno) di storytelling
quindi? Sacrosanta verità. In realtà quello che succede è molto semplice e naturale: le persone si relazionano attraverso le
storie. Se io dovessi invitare una ragazza ad uscire, il nostro discorso si articolerebbe inizialmente con una presentazione,
sentiremmo il bisogno di 'raccontarci'. È nella natura dell’uomo raccontare di sé stesso per differenziarsi dai suoi simili. Per
potere uscire dall’omologazione l’essere umano deve raccontare la propria individualità. Zuckerberg ha ricreato, senza alcun
dubbio con altro intento, quello che succede nella vita di tutti i giorni. Non dimentichiamo che il nostro profilo Facebook
nasce come sostituto del 'diario' personale. Zuckerberg ha messo paradossalmente l’individuo come centro di sé stesso, ha
valorizzato il racconto del suo ego, e le persone non ne hanno potuto più fare a meno. A proposito di social, cosa ne
pensa delle "stories" di Instagram e Snapchat? Oserei dire si tratti di storytelling allo stato puro. Assolutamente
sì. Più crescerà la velocità della nostra era, più ci sentiremo robotizzati ed omologati, più sentiremo il bisogno di raccontarci
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per distinguerci. Di raccontare le nostre storie. E lo storytelling diventerà il fulcro portante della comunicazione mondiale.
Tra dieci anni dove e come vedi la tua attività? Come si evolverà il mondo degli storytellers? Dal mio punto di
vista, lo storytelling si adatterà ai tempi. Purtroppo per me che sono un amante del testo, la comunicazione diventerà
sempre più 'cinematografica'. Già siamo nell’era del video, ma nel futuro si farà tutto più interattivo. Pensiamo ad esempio al
VR, la realtà virtuale. Partendo da questo assisteremo ad evoluzioni importanti. Posso affermare che saremo sempre più
immersi in processi identificativi che, grazie alle storie, ci porteranno a compiere degli acquisti sempre più mirati alla nostra
persona.
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