Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo Stato è intelligente ma non si

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Transcript Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo Stato è intelligente ma non si

Rapporto Eurispes Italia 2017 : lo
Stato è intelligente ma non si
applica.
di Paolo Campanelli
Il rapporto è ampio e
complicato, con molti punti di analisi estremamente importanti, ma il
senso chiaro: l’Italia è intelligente, ma non si applica. Moltissimi
sono i punti che andrebbero letti, compresi, e analizzati, per questo
procediamo in pillole, più leggere e semplici da leggere. La voce più
strana salta subito all’occhio: il settore tecnologico ha fatto i più
grandi avanzamenti rispetto alle analisi precedenti, ma rimane
comunque uno dei più arretrati in Europa, chiuso in una dualità di
ignoranza o disinformazione da un lato, e idee, concetti e desideri di
avanzamento dall’altro.
Per la maggior parte degli italiani nel 2017 si assisterà ad una
ripresa debole ma stabilizzata, mentre soltanto una persona su dieci
si aspetta un miglioramento della situazione economica dal nuovo anno
appena entrato. Di fatto quasi la metà degli italiani non riesce a far
quadrare i conti ed una persona su quattro dichiara ai ricercatori
dell’ Eurispes di sentirsi abbastanza o molto povero.
Per oltre il 38% dei cittadini fra le uscite che si è costretti a
ridurre, vi sono sono quelle per la salute.
Oltre la metà degli
italiani giudica insufficiente e scadente il sistema sanitario
nazionale, e si constata una notevole forbice in termini di
efficienza e qualità del servizio tra il Nord e Sud. Sono questi
alcuni degli aspetti più significativi rilevati nel Rapporto Italia
2017 e diffuso ieri dall’ Eurispes, in cui si confermano i dati dello
scorso anno sulla situazione economica del Paese e delle famiglie.
Oltre la metà degli italiani (il 54,3%) non è soddisfatto della
sanità, percentuale che nel Sud supera il 70%. Il dato complessivo
in definitiva però
non ha subito mutamenti particolari negli ultimi
anni. Prevale la soddisfazione (70,3%), nel Nord-Ovest che ottiene la
maggioranza anche al Nord-Est (56,3%). La situazione al Centro-Sud è
del tutto diversa: al Centro si raccolgono giudizi negativi dal
65,9% degli intervistati , nelle Isole, dal 72,4% mentre il 73,6% dei
cittadini al Sud boccia il sistema .
Il disagio più frequente riguarda le lunghe liste di attesa per visite
ed esami medici (75,5%): il 53,2% ha dovuto attendere troppo per
interventi chirurgici e il 48,9% indica una scarsa disponibilità del
personale medico e infermieristico. Il 42,2% degli italiani denuncia
strutture mediche fatiscenti, il 41,8% condizioni igieniche
insoddisfacenti. Il 34,1% di quanti si sono rivolti alla sanità
pubblica ha poi sperimentato a proprie spese errori medici. E se è
vero che il 50,5% del campione preferisce rivolgersi agli ospedali
pubblici per cure specialistiche e interventi chirurgici (mentre il
25,7% sceglie le strutture private) lo è altrettanto che il 23,8%
dichiara di non potersi permettere le cure private. Quanto alle spese,
infatti, nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle
cure dentistiche a causa dei costi eccessivi, il 23,2% a fisioterapiariabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato
persino medicine e terapie.
L’indagine è stata analizzata in base ai risultati di un questionario
al quale ha risposto un campione di 1.084 cittadini stratificato per
genere, età e area territoriale. Il rapporto evidenzia la convivenza
tra “più Italie distanti l’una dall’altra che a volte stentano ad
andare d’accordo” come ha illustrato Gian Maria Fara il presidente
di Eurispes , secondo il quale la situazione è frutto “della mancanza
di un progetto per il futuro che possa vedere tutti collaborare
nell’interesse generale del Paese”.
Sul punto di vista sociale sorge un nuovo, inquietante aspetto: quello
che un tempo era la classe operaia è stata soppiantata in maniera
pressoché totale da un nuovo ceto, quello dei lavoratori precari,
ormai talmente tanti da essere ben più di una condizione temporanea.
Nonostante il calo del reddito medio, tristemente costante dagli anni
passati, la maggior parte degli italiani non si sente “povero” in
senso lato, ma le spese troppo spesso superano gli introiti, e molta
gente si vede a dover attingere alle proprie riserve per cui ha dovuto
duramente lavorare negli anni passati, . Il 48,3% delle famiglie non
riesce ad arrivare alla fine del mese (nel 2016 era il 47,2%). Il
44,9% è costretto a utilizzare i propri risparmi.
Nello stesso tempo i nuclei familiari tendono a rimanere più compatti,
e più di un italiano su dieci è costretto a tornare a vivere con i
genitori (o in certi casi con i suoceri) per ridurre i costi, gli
animali domestici si sono ridotti, e quando ci sono, sono quasi sempre
ex randagi o adottati da un rifugio.
“I giovani cercano di andare all’estero” la frase fatta continua ad
essere attuale, ma ormai è dimostrato che non si tratta solo dei più
giovani: tutti quegli ambienti in cui servono risorse materiali di un
certo peso, prima fra tutti il campo della ricerca scientifica, vedono
una continua fuga di risorse umane per mancanza di fondi, e totale
opposizione al riformare condizioni attuali per poter ricavare quelle
risorse; una vera e propria crisi nella vocazione della conoscenza
scientifica.
Nel corso degli ultimi 2 anni, la paura di subire reati è aumentata
rispetto al passato per un terzo degli italiani (33,9%), per oltre la
metà (58,2%) è rimasta invariata e solo per il 7,8% è diminuita. Gli
italiani si sentono minacciati dal furto in abitazione (34,8%), a
seguire dall’aggressione fisica (15,1%). Il 41,3% dei cittadini
dichiara che probabilmente ricorrerebbe alle armi se messo in una
situazione di pericolo, mentre il 22% è sicuro che lo farebbe. Poco
più di un terzo si pronuncia diversamente: il 25,8% probabilmente non
utilizzerebbe le armi sotto minaccia e il 10,9% esclude nettamente
tale possibilità.
Sicurezza
Il 48,5% dei cittadini è d’accordo con l’incriminazione di chi
reagisce durante un furto in casa/nel proprio negozio sparando e
ferendo o uccidendo gli aggressori, nei casi però in cui la reazione
non sia commisurata al pericolo; il 42,7% è contrario
all’incriminazione, mentre l’8,8% sostiene che debbano essere
incriminati in ogni caso.
Unica eccezione, è nelle forze dell’ordine, soprattutto quelle ai
livelli superiori, ossia esercito e servizi segreti, con i primi
riconosciuti in campo internazionale per i loro piccoli ma continui
successi, e i secondi per lasciare poche tracce ma risultati evidenti
a chi intuisce dove e cosa guardare. In puro stile “segreto di
Pulcinella”, infatti, un buon 80% degli italiani sa che i servizi
segreti stanno facendo “qualcosa”, ma nessuno conosce gente che
effettivamente faccia l’agente segreto come mestiere.
Una delle cause scatenanti, secondo i ricercatori, è la netta
divisione “noi contro di loro” che si è andata a definire nei recenti
anni in una moltitudine di campi, una spettacolarizzazione dello
scontro ideologico che non lascia spazio ad altro e brucia energie e
risorse, non lasciandone per poter progredire e dividendo, appunto,
l’Italia in pezzi.
Malagiustizia.
Il 37,1% dei cittadini individua come causa degli errori giudiziari il
cattivo funzionamento della macchina giudiziaria nel suo complesso; a
seguire il lavoro dei magistrati nel 27,4% dei casi; mentre il 13,7%
indica come causa i pubblici ministeri delle procure che non fanno
bene il lavoro di indagine. Il 63,7% dei cittadini si pronuncia a
favore dell’introduzione di una legge sulla responsabilità civile dei
magistrati.
Il 47,8% dei cittadini ritiene le intercettazioni uno strumento
fondamentale per prevenire e reprimere i reati; mentre il 40,9%, pur
condividendo questa posizione, si preoccupa che sia tutelata comunque
la privacy delle persone; l’11,3% si dichiara invece contrario poiché
le intercettazioni rappresentano una limitazione della libertà
personale.
Europa: metà degli italiani non vuole uscire dalla Ue
Nel 48,8% dei casi gli italiani si dicono contrari all’ipotesi di
uscire dall’Europa, mentre i favorevoli sono pari al 21,5%. Elevato il
dato (29,7% dei casi) di coloro che non sanno esprimersi in merito o
preferiscono non farlo. L’ipotesi di un referendum per uscire
dell’Unione vede prevalere il “no” con il 39,1% contro il 29,5% di
“sì” e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Un risultato molto
diverso rispetto al 2015 quando alla domanda “l’Italia dovrebbe uscire
dall’Euro?” il 40% dei cittadini rispondeva “sì”.
Gli italiani rimproverano all’Europa il problema dei migranti,
rispetto al quale si sentono lasciati soli da Bruxelles (71,5%), le
politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i
sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami
europei (70,2%). Ma essere europei ha anche dei vantaggi: la facilità
di viaggiare e spostarsi all’interno dell’Unione (86,7%), gli scambi
commerciali agevolati (79,5%) e la possibilità di avere una moneta
unica e stabile (75,6%). Il 40,4% dei cittadini sostiene che l’Italia
deve affermare con decisione la tutela degli interessi del Paese,
troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune”.
Maggiore qualità dei servizi privati rispetto ai servizi
pubblici
La netta maggioranza dei cittadini esprime insoddisfazione (61,4%) per
la qualità dei servizi in Italia, con un picco di giudizi negati nelle
Isole (80,3%). Dovendo scegliere, il 40% degli italiani si dice
convinto della maggiore qualità dei servizi privati, il 24% premia
invece i servizi pubblici. Tra i servizi pubblici, solo la Scuola
ottiene oltre la metà dei giudizi positivi (56,8%), seguono gli
ospedali e la Difesa (entrambi al 47,7%), i servizi di sicurezza ed
ordine pubblico (44,7%), degli enti previdenziali (43,5%). La quota
più consistente di bocciature riguarda le Amministrazioni centrali
(72,4% di giudizi negativi), seguite dalle Amministrazioni locali
(61%) e dall’Amministrazione della giustizia (56,9%).
Tra le aziende un tempo pubbliche e poi privatizzate, l’Enel raccoglie
la quota più elevata di giudizi favorevoli (46,1%), a seguire Italgas
(38,6%), mentre Poste Italiane ottiene un 40,1% di giudizi positivi ed
un 41,6% di negativi. Anche Autostrade riceve una quota di valutazioni
positive (37,3%) di poco inferiore a quelle negative (38,6%). Per
quanto riguarda Alitalia, soddisfatti ed insoddisfatti si equivalgono
(rispettivamente 34,6% e 34,8%), così pure per Ferrovie dello Stato
(39,2% e 38,6%) Tra i gestori telefonici, Telecom raccoglie giudizi
positivi fino al 58,8%. A seguire, Vodafone (46,5%), Wind/Infostrada,
(36%), Fastweb (29,8%), Tre (22%) e Tiscali (15,5%); le quote più
elevate di mancato giudizio chiaramente vanno a quelle compagnie che
hanno minore diffusione e delle quali non tutti i consumatori hanno
provato il servizio.
“L’Italia ha registrato un continuo declino – sottolinea Fara – sul
fronte dell’istruzione, della ricerca e innovazione raffrontati alle
posizioni degli altri Paesi dell’ Eurozona , mentre il fronte delle
imprese è caratterizzato da un alto livello di indebitamento con il
sistema bancario”