Pubblicato a pagina 71 della rivista SIM - home

Download Report

Transcript Pubblicato a pagina 71 della rivista SIM - home

Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia
Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno 124 - ISSN 0036-9888
SCUOLA
ITALIANA
MODERNA
Rivista per
la scuola
primaria
dic
e m b re 2 016
4
Oltre l’aula. Classi virtuali: spazi e logiche didattiche
Editoriale
di Pier Cesare Rivoltella
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Attraversati dai media
Lo scorso 7 settembre sono stato invitato all’Università di Modena a moderare una tavola rotonda
nell’ambito dell’annuale appuntamento di EMEM Italia, un evento-contenitore che ospita seminari,
convegni, meeting di lavoro di un folto gruppo di associazioni, società scientifiche, produttori
che operano nel campo dei media digitali e dell’Information Technology. Il tema era la Media
Education, ovvero il rapporto tra i media – tutti i media, da quelli classici come il cinema, a quelli
più recenti come le app per il mobile e i social – e i processi di educazione e formazione. Ci si è
riflettuto da due punti di vista: quello delle trasformazioni che l’ecosistema mediale ha subito nel
corso degli anni fino a configurare la mediasfera attuale; e quello dei bisogni di formazione degli
operatori, delle competenze di cui educatori, formatori e insegnanti devono essere dotati. Provo a
fare sintesi di quanto è emerso.
La terza età dei media
In altre occasioni ho già espresso, con una battuta, la mia idea che i media siano oggi entrati nella
loro “terza età”.
La prima età è quella che ce li ha visti considerare come degli strumenti: “mezzi” di comunicazione,
supporti, veicoli, canali attraverso i quali far passare i messaggi per poterli trasmettere oltre i limiti
della compresenza fisica di chi parla e di chi ascolta (Meyrowitz 1985). Amplificatori dei nostri organi
di senso – secondo la celebre immagine di McLuhan (1964) – i media rappresentano in questa fase
della loro esistenza sociale un’opzione, non una necessità: è proprio dello strumento di essere a
portata di mano; ma sta a noi decidere se utilizzarlo oppure no. C’è l’illusione del controllo: dal punto
di vista pedagogico che i media siano strumenti è tranquillizzante.
A partire dagli anni ’80 del secolo scorso i media “crescono”. La loro seconda età è quella che ce li fa
concettualizzare come ambienti. La loro trasformazione in ambienti i media la vivono in due sensi.
Anzitutto perché escono dai loro luoghi deputati (come la sala cinematografica, o il salotto di casa)
e invadono gli spazi urbani. Gli schermi si moltiplicano: popolano le stazioni, le fermate dei mezzi
pubblici, le facciate dei palazzi. Più passa il tempo e meno la magalopoli fantascientifica di Blade
Runner sembra immaginaria: il nostro ecosistema, il paesaggio urbano in cui ci muoviamo, è
sempre più fatto di media. Ma i media diventano un ambiente anche perché proprio a partire dagli
anni ’80 del secolo scorso fanno la loro comparsa e si diffondono i LMS, le “piattaforme elearning”:
ambienti di apprendimento, appunto, “luoghi” in cui condividere contenuti, ottenere servizi,
incontrare persone. Vale la stessa cosa per i portali Web, le Web communities, le intranet delle
aziende, Facebook. Pedagogicamente, l’ambiente è più pervasivo, ma si può comunque decidere di
non entrarvi, o di uscirvi.
Oggi siamo nella terza età, quella in cui i media divengono un tessuto connettivo. I media sono
oggi per noi e per le nostre società come una pelle (de Kerckhove 1995), sono una specie di sistema
nervoso, o meglio sono le sinapsi che ci consentono di formare insieme agli altri questo sistema
nervoso. Certo, si può sempre spegnere tutto, isolarsi, rinunciare luddisticamente alla tecnologia,
ma si tratta di un’opzione sempre più difficile. I media “ci attraversano”, come suggeriva Luciano
Galliani – per anni professore all’Università di Padova e grande esperto di media – nel dibattito
avviato dalla tavola rotonda. Nel bene e nel male. E i sistemi e i servizi educativi non possono far
finta di non saperlo.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
1
Editoriale
Crescere tra i linguaggi
Il compito principale della scuola oggi, insieme a quello di costruire cittadinanza, è di educare
i bambini ai linguaggi. Linguaggi al plurale, perché l’alfabeto, il linguaggio della parola e della
scrittura, è importante ma non l’unico. Vi sono i linguaggi del corpo, della musica, i linguaggi
materici, quelli iconici, i linguaggi delle culture, i linguaggi mediali. Educare all’uso di questi
linguaggi significa porsi il problema di come insegnare ai bambini a servirsene sia nel senso
della lettura sia in quello della produzione e soprattutto di usarli tutti, senza lasciare che alcuni
divengano preponderanti.
Saper leggere i linguaggi diversi con cui le forme culturali sono costruite intorno a noi è
fondamentale per la socializzazione, ma anche per mantenere libero il proprio punto di vista: da
sempre una lettura attenta e consapevole è strumento per l’esercizio del pensiero critico e questo è
alla base della cittadinanza.
Tuttavia i linguaggi, oltre che di essere letti, necessitano anche di essere prodotti, o meglio
impiegati per produrre messaggi. Qui entrano in gioco diverse dimensioni che la scuola
deve considerare. La dimensione semiotica: per produrre messaggi occorre conoscere il
funzionamento dei linguaggi, la loro grammatica e la loro sintassi. La dimensione espressiva:
non basta conoscere i linguaggi, occorre saperli utilizzare in modo creativo, con fantasia, in
modo da produrre contenuti che siano belli oltre che significativi. La dimensione etica, infine. La
rappresentazione ha i suoi limiti (Maragliano 2012): ci sono cose che non si possono rappresentare
e che non si possono pubblicare. Questo chiama in gioco la responsabilità di chi produce un
messaggio ed essa va sviluppata precocemente, senza aspettare che “diventino più grandi”.
In maniera sintetica potremmo dire che se i media ci attraversano, il nostro compito di insegnanti
è di fare in modo che i nostri bambini li possano attraversare con consapevolezza, creatività e
senso di responsabilità. Un bell’obiettivo per la scuola, che non può non coinvolgere in questo
lavoro i genitori.
Quale insegnante?
Ma quali competenze occorre avere per poter essere all’altezza di questo compito? Di fronte a
questo interrogativo, spesso l’insegnante si sente a disagio. Infatti pensa di non essere all’altezza,
ritiene che i suoi bambini ne sappiano di più. Su questo punto occorre tranquillizzare. La ricerca
dimostra che il problema vero nell’uso dei media in classe non è tanto il ritardo dell’insegnante,
il suo gap di “immigrante digitale” rispetto ai suoi allievi “nativi”. Il problema è un altro, ovvero la
difficoltà dell’insegnante a portare in classe quello che con i media spesso fa fuori della classe: non
è che l’insegnante non conosca WhatsApp, ma che non riesca a immaginarne un uso didattico.
La soglia della classe funziona come un confine tra mondi: si fa fatica a pensare che quello che sta
fuori possa essere portato dentro.
Ecco allora che più che di formazione tecnica sugli strumenti, gli insegnanti hanno bisogno di
maturare una cultura mediale, o meglio, una nuova cultura didattica all’interno della quale i media
trovino spazio in maniera naturale. Per farlo occorre che capiscano che c’è continuità tra le loro
pratiche dentro e fuori la scuola, che accettino di portare in classe quello che fanno fuori. Anche in
questo caso, come si capisce, è un problema di attraversamenti.
Risorse
∞ D. de Kerckhove, La pelle della cultura, tr. it., Costa & Nolan, Genova 1996
∞ R. Maragliano, Pedagogia della morte, Doppiozero, Milano 2012
∞ J. Meyrowitz (1985), Oltre il senso del luogo, tr. it., Baskerville, Bologna 1993
∞ M. McLuhan (1964), Gli strumenti del comunicare, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1967
2
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
con
Italiano
e
Matem
atica
in ogni
volume
!
Gli Eserciziari
sopra
sotto
I SottosopraVRQRFLQTXHTXDGHUQLSUDWLFLHRSHUDWLYLFKHRŇURQRLQ
ciascun volume esercizi di rinforzo sia di italiano che di matematica
da un lato italian
o
atica
da un lato matem
Sono utili come ripasso generale e supporto durante l’anno
VFRODVWLFRDLXWDQRDSRWHQ]LDUHHYHULňFDUHOŁDSSUHQGLPHQWR
Classi 1a, 2a e 3a
SSń
Classi 4aHa
SSń
Per maggiori informazioni, rivolgiti al tuo Agente di zona
(elenco in www.lascuola.it alla voce CONTATTI - RETE COMMERCIALE)
oppure contatta il Servizio Clienti: [email protected]
Sommario
Direttore
Pier Cesare Rivoltella
Redazione
Gloria Sinini
[email protected]
Comitato scientifico
Renza Cerri (Università di Genova)
Floriana Falcinelli
(Università di Perugia)
Luigi Guerra (Università di Bologna)
Alessandra La Marca
(Università di Palermo)
Daniela Maccario (Università di Torino)
Marinella Muscarà
(Università di Enna Kore)
Elisabetta Nigris
(Università di Milano Bicocca)
Loredana Perla (Università di Bari)
Pier Giuseppe Rossi
(Università di Macerata)
Maurizio Sibilio (Università di Salerno)
Comitato di Redazione
SIM-a/r: Enrica Ena (insegnante)
Progettare: Rosaria Pace
(Università di Foggia)
Comunicare: Alessandra Carenzio
(Università Cattolica di Milano)
Valutare: Silvia Biondi
(Università di Macerata)
Studi di caso: Elena Mosa
(INDIRE di Firenze)
Professione insegnante: Valentina
Pennazio (Università di Genova)
Angolo del Dirigente: Alessandra Grassi
(Istituto Comprensivo di Arluno, MI)
Bookmark: Serena Triacca
(Università Cattolica di Milano)
SIM-Kit: Paola Amarelli
(Dirigente scolastico, Adro, BS),
Alessandro Sacchella
(supervisore di tirocinio a Scienze
della formazione primaria,
Università Cattolica di Brescia)
Curatore notiziario normativo:
Mario Falanga (Università di Bolzano)
Autori in redazione
Stefano Bertora, Enrica Brichetto,
Laura Comaschi, Cristina Cuppi,
Fabia Dell’Antonia, Laura Fiorini,
Chiara Friso, Paolo Gallese,
Lorella Giannandrea, Mariolina Goduto,
Rita Marchignoli, Antonella Mazzoni,
Francesca Musetti, Francesca Panzica,
Eva Pigliapoco, Fabiola Scagnetti,
Ivan Sciapeconi, Anna Soldavini,
Isa Sozzi, Elena Valdameri, Elena Valgolio
4
Editoriale
SIM-a/r
Attraversati dai media
di Pier Cesare Rivoltella, pag. 1
Le iscrizioni come
opportunità
di Enrica Ena, pag. 6
C’era una volta Il sabato
del linguaggio
di Simona Banci, pag. 8
Bookmark
, pag. 22
nrica Ena
di E
Edmodo
ldameri,
i Elena Va
d
s
li
o
p
o
r
Zoot
pag. 36
segnò a
ane che in
ino
un bamb
g. 47
un c
azzoni, pa
M
Storia di
a
ll
e
n
di Anto
la fedeltà
ni
del doma
la
o
u
c
s
la
ocali per
Gli Enti L
pag. 95
Giovanni,
i
rd
a
il
G
i
d
A Christmas Carol e altri racconti di Natale
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Elaborazione grafica e impaginazione
Elena Laura Bresciani
Focus
Progettare
Studi di caso
Mi presento, con Scratch
Ambientarte.
A piacer scuola
di Martina Sabatini, pag. 11
Stimolare la consapevolezza di Ornella Castellano, pag. 50
fonologica emergente
di Adele Maria Spena, pag. 16
Comunicare
Aule virtuali: una rassegna
di spazi ambienti
di Irene Mauro, pag. 25
L’esperienza di Fidenia
nella scuola primaria
di Elena Valgolio, pag. 30
Valutare
Sei cappelli per ripensarsi
di Sara Tittarelli, pag. 39
Professione
insegnante
Gestire la classe virtuale
nella pratica didattica
di Maria Rosa Villa, pag. 58
Il pensiero computazionale
nell’agire didattico
di Sara Samolo, pag. 64
Angolo
del Dirigente
Ambienti digitali:
laboratorio in classe
di Carmela Rosaria Tavernise e
Isabella Todaro, pag. 71
I tablet sui banchi della
primaria per una didattica
attiva
Zoom
di Luciano Giorgi, pag. 74
Leggere
al tempo
dei table
t e della
Le storie
rete
“ben form
di Alessan
dra La Ma
ate”
p
er bambin
rca, pag.
Libro o n
i:
il
m
7
7
o
d
ew media
ello
di Stein e
? Letture
Glenn al
integrate
video
di Giusep
e living b
pa C
ooks
di Katia F
iandaca, p
C’era una appuccio, pag. 88
a
g
. 83
volta... u
Perché le
n oggett
gg
di Esmera
o
lda Cernig
tempo de ere anche al
li
a
ro, pag. 9
i tablet e
Bibliogra
0
della rete
fia ragion
di France
? di Zoo
sca Giam
ata
m
mona, pa
,
p
a
g. 91
g
. 86
SIM-Kit
Episodi di Apprendimento Situato (EAS)
di Paola Amarelli, Alessandro Sacchella e Serena Triacca, pag. 92
Segreteria di Redazione
Annalisa Ballini
[email protected]
Illustrazioni di copertina
Monica Frassine
“Scuola Italiana Moderna”,
mensile per la scuola primaria
Autorizzazione del Tribunale di Brescia
n. 12 del 4 marzo 1949
ISSN 0036-9888
Quote di abbonamento
Abbonamento annuo 2016-2017
Italia: € 60,00
Europa e bacino del Mediterraneo:
€ 105,00
Paesi extraeuropei: € 129,00
Il presente fascicolo: € 8,00
Abbonamento digitale: € 39,00 (iva incl.)
(istruzioni dettagliate sul sito
dell’Editrice La Scuola o presso
l’Ufficio Abbonamenti)
Conto corrente postale n° 11353257
(riportare nella causale il riferimento
cliente)
Attenzione: informiamo che l’Editore
si riserva di rendere disponibili
i fascicoli arretrati della rivista
in formato digitale (PDF).
I fascicoli respinti non costituiscono
disdetta.
Ufficio Abbonamenti
(con operatore dal lunedì al venerdì
negli orari 8.30-12.30 e 13.30-17.30;
con segreteria telefonica in altri giorni
e orari)
Tel. 030 2993 286
Fax 030 2993 299
e-mail [email protected]
Ufficio Marketing
Tel. 030 2993 290
e-mail [email protected]
Direzione, Redazione,
Amministrazione, Uffici
EDITRICE LA SCUOLA S.p.A.
via A. Gramsci 26, 25121 Brescia
Stampa
Vincenzo Bona S.p.A., 1777 Torino
Contiene I.P.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
5
SIM-a/r
di Enrica Ena
insegnante di scuola primaria,
I.C. “Pietro Allori”, Iglesias
[email protected]
Verso le iscrizioni
Le iscrizioni come opportunità
In vista delle iscrizioni che prenderanno avvio nel mese di gennaio 2017, la rubrica sarà articolata su
due numeri, così da portare, questa volta insieme, più sguardi su questo importante momento che
coinvolge tutti gli operatori della scuola e che vede le famiglie impegnate in una scelta sempre più
consapevole. In questo numero, ascolteremo la voce dell’insegnante (la mia) e di una madre, Simona
Banci, portando nel box dedicato a L’altro sguardo (vedi alla pagina 8) un suo post consegnato al blog
di classe in cui rilegge l’esperienza vissuta con la sua bambina a partire da Il sabato del linguaggio, un
percorso nato per sostenere la proposta della scuola in vista delle iscrizioni in prima elementare. Nel
secondo numero, a gennaio, ascolteremo invece la voce del dirigente scolastico, Giuseppe Scarpa, e di
un gruppo di genitori che Isabella Ongarelli ha intervistato per noi. Le interviste raccolgono aspirazioni
e attese proprio di chi si accinge a iscrivere i propri figli alla scuola primaria (Che cosa cerco nella scuola
alla quale affiderò mio figlio?), ma anche le riflessioni di chi, conclusi i cinque anni, rilegge la scelta fatta
a suo tempo con nuova consapevolezza.
Seguiteci e, se avete piacere, scriveteci le vostre impressioni e condividete le vostre esperienze.
Le aspettiamo!
Eccoci a dicembre, un mese
molto impegnativo in classe perché si chiude la prima parte di
intenso lavoro prima della pausa
natalizia. Un mese in cui, alle normali attività, si sommano l’allestimento dell’aula e della scuola, la
preparazione di canti o di spettacoli teatrali, il confezionamento,
laddove la pratica sopravvive, di
qualche piccolo manufatto che
i bambini offriranno come dono
alle loro famiglie.
Ma dicembre non è solo questo,
non è solo ciò che si vive in classe. È un mese in cui la scuola,
tutta, dal dirigente, allo staff, agli
insegnanti, in particolare quelli
delle classi terminali, si preparano al momento delle iscrizioni
che impegnerà la scuola subito
6
dopo il rientro dalla sospensione
per le festività natalizie. Ma, tutti
gli operatori lo sanno, non si può
attendere.
E se il dirigente e lo staff hanno
il compito di occuparsi soprattutto degli aspetti organizzativi:
mettere a punto le informazioni
che, nell’ora ics, le famiglie dovranno trovare immediatamente
reperibili cliccando su un apposito tasto del sito della scuola e
su Scuola in Chiaro (http://www.
istruzione.it/iscrizionionline/index_new.shtml), programmare
gli incontri con i genitori, predisporre un estratto del PTOF per
presentare la scuola in modo
semplice ma efficace, il lavoro
degli insegnanti non è da meno.
Chi vive la scuola sa bene che, al
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
di là delle questioni organizzative, sedi, tempo scuola, équipe
o prevalenza, spazi e offerta formativa, i genitori puntano dritti verso quelli che riconoscono
come i loro interlocutori diretti:
gli insegnanti. Vogliono sapere
chi sono, come lavorano, qual
è il clima educativo in classe.
E, in questo, ad avere la meglio
sono le comunicazioni informali da genitore a genitore. Già da
qualche mese, quelli più ricercati
sono i genitori degli alunni delle
quinte: Chi sono gli insegnanti
che prendono le prime? Come
hanno lavorato? Come si è trovato tuo figlio? Sono insegnanti
che lavorano? Sei soddisfatto
della sua preparazione?
Questo è il momento in cui la
valutazione delle famiglie, seppure espressa in modo informale, diventa più forte e più incisiva
di qualunque altra e, specie nei
piccoli centri, in cui la posizione
territoriale della scuola è meno
condizionante, si assiste a veri
e propri spostamenti di massa a
seconda delle valutazioni liberamente offerte.
Così il tempo delle iscrizioni diventa occasione perché gli insegnanti, proprio loro in prima
persona, trovino la forma per riprendere la parola e spostino l’attenzione sull’intenzionalità che sta
dietro alle tante scelte, non sempre conosciute e riconosciute.
Un’opportunità per farsi conoscere, condividere l’idea di scuola per
la quale si sta lavorando, illustrare
le proprie metodologie didattiche,
le strategie e gli strumenti che si
decide di privilegiare, le proprie
convinzioni pedagogiche.
Ci sono esperienze molto interessanti in questo senso, che
varrebbe davvero la pena di trovare il modo di raccogliere e
condividere. Eppure, non possiamo nasconderci che, spesso, ad
avere la meglio, sono ancora le
visite guidate orientate a far conoscere perlopiù gli spazi e gli
strumenti di cui si è dotati, e gli
incontri assembleari che illustrano l’offerta formativa, condita
da numerosi e allettanti progetti
che, in molti casi, trovano poca
corrispondenza nel contesto nel
quale si esprime l’esperienza didattica viva: la classe.
Ciò che serve, invece, è scoperchiarsi. Mostrare chi siamo
e le nostre scelte con coraggio,
anche correndo il rischio, io lo
dico, che non siano accolte.
Deve essere chiaro che la corsa ai numeri non può sacrifica-
re il Progetto scuola per il quale
stiamo lavorando. Per questo, il
momento delle iscrizioni deve
essere visto come la fase in cui
si apre a un’alleanza educativa
importante, quella che consentirà alle famiglie di conoscere e
condividere questo progetto (il
vero senso del contratto formativo), per poi camminare fianco
a fianco ricercando un dialogo
continuo e aperto.
È il momento delle iscrizioni, ne
sono convinta, quello in cui ci
giochiamo una buona parte della
fiducia dei genitori, e quindi della
società, nei confronti della scuola, partendo proprio dalla professionalità che mettiamo in campo
per presentare e sostenere le nostre scelte.
Le strade per farlo sono tante.
Nel mio caso, l’ultima volta in cui
mi sono trovata a gestire questo
passaggio da docente in uscita,
proprio mossa da queste convinzioni, mi sono occupata di organizzare un gruppo di lavoro e
curare la progettazione de Il sabato del linguaggio, un’esperienza significativa che ha richiesto
tante energie ma che oggi pos-
siamo riconoscere come quella
che ha creato i presupposti per
dare risposte alle domande che
ci stavamo facendo, inaugurando una nuova fase della nostra
esperienza professionale.
Superando la logica dell’incontro
informativo, abbiamo proposto
un vero e proprio percorso, articolato in quattro momenti, coinvolgendo insegnanti delle scuole
primaria e dell’infanzia, bambini
e genitori. In particolare, abbiamo previsto due incontri con le
famiglie (uno iniziale e uno finale) e due intere mattinate con i
bambini, co-gestite con le colleghe della scuola dell’infanzia,
durante le quali abbiamo proposto una serie di micro-laboratori.
Le attività sono state occasione
perché i bambini, ripartiti in piccoli gruppi, potessero conoscere
gli insegnanti e i locali scolastici,
respirare il clima educativo e incontrare i metodi che avrebbero
caratterizzato la nostra didattica.
Con i genitori, è stata l’occasione
per presentarsi, condividere l’idea
di scuola e le scelte educativodidattiche privilegiate e per chiedere loro fiducia e disponibilità a
camminare insieme. Oggi, siamo
in quarta elementare, e possiamo
affermare che i risultati ci sono
tutti. Abbiamo fatto scelte coraggiose e non semplici e i genitori
sono ancora al nostro fianco.
Risorse web
Il sabato del linguaggio,
materiali:
∞ Locandina informativa:
http://goo.gl/tkZRZa
∞ Slide di presentazione:
http://goo.gl/HocG2W
∞ L’esperienza in video:
http://goo.gl/N6C97H
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
7
SIM-a/r
L’altro sguardo
C’era una volta Il sabato del linguaggio
di Simona Banci, genitore
[email protected]
Dicembre 2012
Una mamma è alla ricerca. Deve
scegliere la scuola dove la figlia
trascorrerà gli anni della sua fanciullezza. Una locandina pubblicizza: Il sabato del linguaggio; l’Istituto Comprensivo “Pietro Allori” di
Iglesias propone un’attività rivolta ai
bambini di 5 anni, in età di iscrizione alla scuola primaria.
La mamma curiosa iscrive la bambina e partecipa all’iniziativa. Ma,
invece di trovare la risposta che
pensava di cercare, ha cambiato
prospettiva e si è posta nuove domande, stimolata dalla particolare
proposta formativa e dalla interessante strategia di insegnamento,
illustrate da una docente determinata e competente.
Laddove tutte le istituzioni, oggi,
puntano su risultati immediati, su
numeri e percentuali di successo,
e la scuola rincorre il mito della
velocità, dell’accelerazione e della competizione (quasi a rincorrere, anch’essa, un mondo che
non aspetta...), la scuola primaria
“Pietro Allori” (nelle parole della
docente) proponeva una strategia didattica di rallentamento, lo
sviluppo di un ambiente sereno
dove favorire la cooperazione tra
i bambini e perseguire gli obiettivi rispettando i ritmi di crescita di
ciascuno. Annullando, in questo
modo, la competizione tra i bambini, veniva scelto un cammino
educativo incentrato sui diversi
tempi di risposta degli alunni.
L’iniziativa, che in prima analisi
8
sembrava rivolta ai bambini, in effetti puntava al dialogo con i genitori, in quanto una scelta educativa
di questo tenore implica una profonda convinzione, accettazione
e condivisione del metodo anche
da parte della famiglia. La mamma
si interroga... sarò io, per prima, in
grado di saper attendere i risultati?
Giugno 2014
La mamma ha scommesso su se
stessa e su quella scuola. Ha accettato il confronto con una maestra che, rompendo gli schemi, ha
avuto il coraggio di superare la frenesia della corsa per arrivare primi,
sostenendo un metodo basato sul
rispetto reciproco e sulla valorizzazione di ogni singolo bambino.
Senza, peraltro, tralasciare la tecnologia a sua disposizione, ma
facendone un uso consapevole
e innovativo: accanto alle letture sommesse, alla cura del gesto
grafico, all’attenzione alla realtà e
ai temi sociali, a un approccio delicato e mirato alla storia, la maestra
propone, infatti, l’uso della LIM,
la classe capovolta, il progetto
eTwinning, e chissà quanto altro
dovrà ancora venire...
Novembre 2014
Oggi la mamma è consapevole:
nella scuola primaria è necessario
bandire la fretta e i bambini devono avere la possibilità di crescere
nel rispetto dei loro ritmi, modi e
tempi di apprendimento.
È vero, viviamo il cosiddetto tem-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
po senza attesa, vogliamo tutto e
subito, in tempo reale, e questo
clima di accelerazione storica del
mondo contemporaneo, caratterizzato da ritmi sempre più frenetici e vorticosi ha coinvolto anche
la scuola, che spesso costringe i
bambini a una spasmodica corsa
verso il raggiungimento di obiettivi
sempre più incalzanti. Ma noi genitori possiamo ancora scegliere!
E puntare su una scuola di qualità,
che non giudica il lavoro svolto dai
bambini sulla base del quantitativo
di carta scritta e prodotta.
Una scuola educativa e non solo
nozionistica e istruttiva.
D’altronde, in dieci anni di vita
scout col gioco e con l’avventura ho imparato la fiducia, il rispetto per gli altri, la collaborazione,
la competenza, la complicità, la
semplicità, l’umiltà, il senso profondo di Dio. E quando tornavo a
casa dopo un campo scout, non
avevo molto da mostrare a mia
mamma, ma portavo sulle spalle
uno zaino ricco di scoperte!!!
Grazie a tutte le maestre che credono e si battono per una scuola
di qualità.
Risorse
∞ Alcune riflessioni sono
liberamente tratte da
La pedagogia della lumaca,
di Gianfranco Zavalloni.
∞ Post pubblicato su
http://enricaena.blogspot.it
in data 24 novembre 2014:
http://goo.gl/WwkUFL
Lettere
al direttore
Gentile direttore,
in questo periodo di nuove iscrizioni, nella mia scuola si sta ragionando su quale modello organizzativo sia più funzionale al
nostro progetto di fare didattica
per competenze con gli EAS. Riteniamo, infatti, che i due aspetti,
quello didattico e quello organizzativo siano inscindibili e debbano
corrispondersi come in un puzzle.
Secondo lei, su quali aspetti organizzativi dovrebbe focalizzarsi
maggiormente la scuola? Ci piacerebbe avere sue indicazioni in
merito.
Patrizia Locci
I.C. “Don Milani”, Carbonia
Se desideri scrivere al direttore,
o dire la tua sulle questioni
affrontate nella rubrica
questo è lo spazio di dialogo tra
lettore e rivista!
Scrivi a [email protected]
Il Direttore risponde...
Cara Patrizia,
grazie della sua lettera che
coglie un punto-chiave
dell’innovazione didattica.
Non sta da sola. Ovvero: non
coinvolge soltanto le pratiche
dell’insegnante. Voglio dire
che inevitabilmente gli aspetti
organizzativi finiscono
per dover essere presi in
considerazione. Almeno in
due sensi.
In primo luogo l’innovazione
didattica impatta sull’aula.
Come già il maestro Freinet
suggeriva: “Se vuoi cambiare
la didattica, cambia l’aula”.
Lavorare per EAS chiede
che l’insegnante disponga
in alcuni momenti di una
configurazione frontale della
classe, in altri ha bisogno
di far lavorare i bambini
in piccoli gruppi, in altri
ancora deve poter favorire le
attività pratiche. L’esigenza
è di un ambiente flessibile,
modulabile, dotato di arredi su
rotelle che si possano spostare
con facilità (e senza rumore).
Seconda indicazione. Lavorare
per EAS chiede di intervenire
anche sull’organizzazione
dell’orario scolastico. L’ideale
quando si lavora per EAS è
di disporre di unità di lavoro
di almeno due ore e in molti
casi la compresenza di più
insegnanti potrebbe essere
preziosa. Questo mette
alla prova la creatività e la
flessibilità del dirigente e degli
insegnanti: non è detto che
l’unità insegnante-disciplinaclasse non si possa ogni tanto
smontare…
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
9
Focus
Progettare
di Rosaria Pace
Università degli Studi di Foggia
rosaria.pace@[email protected]
Inclusione come atto creativo
Tra continuità educativa e linguaggio digitale
Il nostro viaggio nei territori dell’inclusione
ci condurrà in questo numero tra i sentieri
del linguaggio della programmazione e della
multimodalità. Due sfere apparentemente
lontane dai percorsi inclusivi, che al contrario
possono supportare processi di accoglienza e
personalizzazione. La multimodalità, elemento
centrale nell’orizzonte mediale contemporaneo,
ha la sua centralità nell’orchestrazione di
diversi modi – scelti per i singoli potenziali
comunicativi – nella produzione di elaborati
complessi; i modi sono risorse semiotiche di
differente tipologia: dallo scritto, all’immagine,
alla gestualità, alla musica, al parlato. Si veda
a tal proposito il magistrale lavoro del 2010 di
Gunther Kress, Multimodality. A social semiotic
approach to contemporary communication,
tradotto da Elisabetta Adami nell’edizione
italiana del 2015, Multimodalità. Un approccio
socio-semiotico alla comunicazione
contemporanea.
Elemento chiave di tale scenario è il linguaggio
digitale, che supera età e vissuti per costituire
una risorsa di dialogo e di espressione
personale. L’inclusione digitale, in questo caso,
si manifesta nella possibilità di accesso e di
uso delle tecnologie, nonché come risorsa in
grado di assicurare un racconto autonomo
e divergente, perché modulabile in base alle
necessità dei singoli.
A partire dalle esperienze descritte nelle pagine
seguenti avremo modo di riflettere su due
elementi centrali per la progettazione didattica.
Il primo riguarda la necessità di una continuità
tra cicli di istruzione, che si traduca in una
progettazione estesa e lungimirante, in grado
di esprimere il senso pieno dell’inclusione
nella transizione tra scuola dell’infanzia e
scuola primaria e nella trasversalità delle
10
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
azioni didattiche. Il secondo elemento, più
volte sottolineato nei contributi della rivista,
evidenzia il ruolo guida dell’insegnante nell’uso
delle tecnologie in classe come strumento
di racconto del sé. Una progettazione ricca,
dunque, sceglie percorsi e strumenti in grado
di lasciare margine di espressione agli studenti,
secondo un’attenzione “post-disciplinare”, per
utilizzare un’espressione presa in prestito dal
manifesto dell’Umanistica Digitale.
Continuità educativa e guida esperta del
docente si leggeranno nel contributo
di Adele Maria Spena, che ci condurrà
verso la progettazione di un intervento di
potenziamento fonologico con la lavagna
interattiva multimediale. Il percorso didattico
descritto abbraccia l’ultimo anno della scuola
dell’infanzia e la scuola primaria.
Martina Sabatini, invece, descriverà
la costruzione di narrazioni digitali
autobiografiche attraverso il linguaggio di
programmazione Scratch, coinvolgendo gli
alunni nella creazione di una breve storia
animata attraverso immagini, suoni e testo.
Operazione, quest’ultima, che presuppone
un lavoro di progettazione a doppio livello:
didattico nella definizione di finalità, azioni
e risultati dell’esperienza; narrativo nella
stessa costruzione del racconto, a partire dalla
selezione, combinazione e assegnazione di
senso a risorse semplici. Proprio in questo
passaggio l’esperienza si lega a doppio filo
con la consapevolezza d’uso delle opzioni
multimodali.
Anche in questo numero, dunque, leggeremo
spunti, esperienze, risorse. Perché la
progettazione didattica possa diventare un
lavoro collettivo, nutrito dai contributi di una
comunità sempre più ampia.
Focus
Progettare
Un esempio di digital storytelling
nella scuola primaria
Mi presento, con Scratch
Raccontarsi attraverso il linguaggio visuale ideato dal MIT di Boston
di Martina Sabatini
insegnante di sostegno di scuola primaria e dottoranda
di ricerca presso l’Università degli Studi di Perugia
[email protected]
Il presente contributo presenta un’attività di narrazione digitale autobiografica attraverso il
linguaggio di programmazione Scratch ideato dal gruppo di ricerca “Lifelong Kindergarten” del
Media Laboratory del MIT. Dando sfogo alla propria creatività, i bambini sono chiamati a costruire
una breve storia animata che dovranno progettare passo dopo passo e in cui potranno scegliere di
esprimersi attraverso immagini, suoni e testo.
Per moltissimi studenti raccontare e raccontarsi non è affatto
semplice, si tratta infatti di un
processo che sottende numerose operazioni di mediazione, scelta e valutazione. Queste
operazioni non sono sempre
“visibili” per gli studenti, nel senso che spesso, e questo anche a
causa di un lavoro troppo spesso
superficiale in classe, percepiscono uno smarrimento che si
traduce nell’affermazione “non
so da dove partire”. Se a queste
difficoltà generali aggiungiamo,
magari, anche difficoltà specifiche di apprendimento, il momento del racconto può diventare un incubo. Altro aspetto da
non sottovalutare è il fatto che a
scuola molto spesso raccontare equivale a farlo in modo verbale o scritto, precludendo così
agli studenti di esprimersi anche
con il linguaggio delle immagini
e della musica, che renderebbe
molto più ricca la narrazione dal
punto di vista cognitivo ed emotivo e che è più congeniale a differenti stili cognitivi.
Le tecnologie si configurano
come un ottimo strumento per
superare queste difficoltà. Come
è noto, infatti, quando utilizzate
in una cornice di significato attenta sia ai molteplici stili di apprendimento e insegnamento
che a promuovere una tipologia
di apprendimento significativo
basato sulla risoluzione di problemi, possono fungere da volano per l’inclusione (Zambotti
2016).
Una tecnologia che potrebbe
rivelarsi molto utile nella pratica narrativa in classe è Scratch.
Scratch è un linguaggio di programmazione elaborato dal
gruppo di ricerca “Lifelong Kindergarten” del Media Laboratory
del MIT, un vero e proprio linguaggio informatico ideato nello
specifico per essere comprensibile e utilizzabile anche dai bambini (Resnick et al. 2009; Resnick
2013). La grammatica di questo
linguaggio si basa su blocchi
colorati, che ricordano molto le
tessere di un puzzle, che è possibile connettere al fine di creare
programmi di complessità variabile. L’oggetto attraverso cui
pensare su LOGO, predecessore di Scratch, era una tartaruga;
su Scratch è uno sprite, oggetto
digitale cui attribuire comportamenti e compiti diversi (Colombi
2010). L’idea del gruppo del MIT
è che con Scratch sia possibile
espandere il campo di cose che
possono essere create e i modi
in cui possono essere create; sia
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
11
Progettare
possibile suddividere la complessità in sotto-problemi più semplici e apprendere per scoperta e
per errori; inoltre, coinvolgendo
la creazione di rappresentazioni
esterne dei propri processi di risoluzione dei problemi, permetta anche di riflettere sul proprio
modo di pensare (Sabatini 2016).
La cornice teorica che fa da
sfondo alla creazione di questo
strumento è quella del costruzionismo.
In ottica inclusiva, i punti di forza
del linguaggio Scratch sono:
∞ possibilità di utilizzare immagini significative che possano
arricchire il testo scritto o sostituirlo;
∞ possibilità di registrare la propria voce e di inserire suoni. In
questo modo, per esempio, lo
studente può narrare oralmente
la storia e rappresentarla con le
immagini o combinare audio e
testo in modo che vadano di pari
passo;
∞ fare dell’errore un elemento
chiave dell’apprendimento. Nella
logica della programmazione con
Scratch la costruzione del prodotto è frutto di continui tentativi ed errori e il programma finale
viene continuamente montato
12
e smontato blocco per blocco,
perciò l’errore si configura come
momento di scoperta e di scelta di una strategia differente da
quella adottata, piuttosto che
come elemento negativo;
∞ possibilità di condivisione con
i compagni. Questo momento
risulta di fondamentale importanza sia per chi espone, perché
nel momento di condivisione
del proprio lavoro lo studente
si trova a dover spiegare il proprio modo di operare, sia per chi
ascolta, in quanto può apprendere modi diversi di operare.
L’attività: “Mi
presento, con Scratch”
L’esperienza descritta di seguito è relativa all’uso di Scratch
per fare una presentazione di se
stessi nella forma di una breve
storia animata. L’idea è che con
questo strumento i bambini possano raccontarsi nel modo a loro
più congeniale (attraverso delle
immagini, dei suoni, con dei dialoghi scritti) e dando ampio spazio alla propria creatività.
Per condurre questa attività non
è necessario che i bambini abbiano avuto precedente esperienza con il linguaggio. In effetti
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
è una delle primissime operazioni usualmente chiamata About
me e condotta nei Dojo: club
locali per la programmazione
libera, indipendenti e gestiti da
volontari – i mentor – che costituiscono parte della comunità
globale dei CoderDojo. L’attività
è stata inserita anche nella Creative Computing Guide (Brennan,
Balch, Chung 2014).
L’insegnante dovrebbe avere,
invece, un minimo di familiarità con il linguaggio Scratch, in
modo da poter presentare alla
classe i blocchi basilari. In rete è
possibile trovare numerose guide e tutorial (cfr. Risorse), sia in
inglese che in italiano. All’interno stesso del programma è presente un utilissimo pulsante che
mostra, una volta cliccato, una
guida Step-by-Step in inglese.
L’ideale è che ogni bambino possa costruire il proprio personale
prodotto e perciò si dovrebbe
avere un computer per ogni
alunno.
Un’esperienza simile a quella che
verrà presentata è stata progettata durante il corso di Laboratorio di Tecnologie Didattiche di
Scienze della Formazione Primaria dalle studentesse iscritte al V
Progettare
Charles Dickens, A Christmas Carol, 1843, copertina e frontespizio della prima edizione
anno (A.A. 2015/2016) ed è stata
realizzata in occasione della Europe Code Week 2015, invitando
presso il Laboratorio Informatico dei Dipartimenti Umanistici (L.I.D.U.) dell’Università degli
Studi di Perugia una classe IV di
scuola primaria della provincia
di Perugia. I bambini che hanno partecipato all’incontro non
avevano precedente esperienza
con il linguaggio, ma sono comunque riusciti tutti a costruire
il loro progetto e a condividerlo con i compagni. L’insegnante
della classe IV, presente durante l’incontro, ha messo in luce
come il livello generale di partecipazione sia stato elevato e
come il linguaggio si sia rivelato
significativo per quegli alunni
che usualmente fanno fatica a
dare ordine alla narrazione. L’insegnante, inoltre, ha evidenziato
l’importanza del prodotto finale,
che è stato prima di tutto soddisfacente e gratificante per l’alunno che lo aveva creato, dando
l’opportunità a tutti di sperimentare un successo.
L’attività può essere condotta
con bambini delle classi III, IV e
V di scuola primaria.
Di seguito lo schema dell’attività:
Tempi: 2 ore
Strumenti:
∞ Computer con casse (uno per alunno, preferibilmente)
∞ LIM o proiettore (per iniziare insieme l’attività e per condividere alla
fine i diversi progetti)
Risorse:
∞ Scratch 2 offline Editor, preinstallato su ogni computer, scaricabile
qui: https://scratch.mit.edu/scratch2download/
∞ Breve guida in inglese: https://cdn.scratch.mit.edu/scratchr2/sta
tic/__038df32711f6dad9a2b40bbd5714e01c__/pdfs/help/GettingStarted-Guide-Scratch2.pdf
∞ Tutorial in italiano (nel video e nella pagina viene mostrato come
scegliere personaggi e costruire semplici animazioni):
https://www.youtube.com/watch?v=qVxaOMHXLTQ;
http://coderdojotrento.it/risorse/scratch-tutorial-1/
Blocchi da presentare:
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
13
Progettare
Fasi dell’attività:
1. Introduzione e comandi di base
Nella fase introduttiva l’insegnante mostra ai bambini come lanciare
il programma, precedentemente preinstallato, e le varie sezioni della
schermata iniziale.
In seguito l’insegnante mostra come operare con i blocchi presenti,
suddivisi in diverse categorie, ciascuna contraddistinta da un colore
specifico.
Lo schema che l’insegnante può seguire è il seguente:
∞ scegliere lo sfondo;
∞ scegliere uno sprite;
∞ aggiungere un’interattività allo sprite scelto (dialogo, suono,
movimento...);
∞ mostrare ai bambini come far partire il programma e come salvarlo.
In questa prima fase i bambini non sono semplici spettatori. Anzi,
è bene incoraggiarli a provare, passo dopo passo, le azioni che
l’insegnante effettua e che vengono mostrate alla LIM o al proiettore.
2. Esplorazione autonoma dei bambini
Una volta mostrati i comandi di base, l’insegnante può mostrare
ai bambini come scegliere nuovi sprite o eventualmente come
continuare ad aggiungere comandi a quello scelto inizialmente.
In questa fase l’insegnante lascia che siano i bambini a esplorare il
programma e a costruire con la propria creatività la presentazione di
se stessi, attraverso domande che prendono spunto da quelle indicate
nell’attività “About me” all’interno della guida Creative Computing
(Brennan, Balch, Chung 2014). Per incoraggiare i bambini a esplorare
il programma si può, per esempio, chiedere loro: c’è un personaggio,
tra quelli presenti con cui ti identifichi? Perché? C’è un oggetto tra
questi che usi spesso? Che cosa rappresenta? Quale tra questi sfondi ti
è più familiare? È un luogo che vorresti visitare?
3. Condivisione del proprio elaborato
Terminata la presentazione, ogni bambino è chiamato alla LIM o al
proiettore per condividere con la classe il suo elaborato. L’insegnante
può guidare l’esposizione con domande chiave inerenti sia aspetti
di coerenza rispetto al contenuto della presentazione sia alle scelte
effettuate nella stesura del programma, per esempio: quale tra questi
aspetti messi in luce ti rende più fiero? Ci sono stati momenti in cui
ti sei bloccato nella costruzione? Quali? Ti piacerebbe rifare un lavoro
simile? Relativamente a che cosa? Al termine di tutte le presentazioni
individuali, l’insegnante può anche condurre una discussione
collettiva con il gruppo classe relativa ai vari elaborati, chiedendo, per
esempio: che cosa hai scoperto dalle presentazioni dei compagni?
Alcuni punti cardine
dell’attività
L’esperienza, così come descritta, prevede che ogni bambino usufruisca di un computer
ed elabori il proprio progetto. A
fronte di una minore disponibi-
14
lità di computer, senza a nostro
avviso inficiare la significatività
dell’attività, è comunque possibile condurre l’attività organizzando la classe in piccoli
gruppi. Chiaramente l’attività
individuale è diversa da quella
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
in gruppo e dovrà essere l’insegnante a decidere caso per
caso, anche in base agli obiettivi specifici, con quale metodologia operare.
Indipendentemente
dall’organizzazione individuale o in
gruppo, prendendo spunto
dalla metodologia adottata nei
Dojo, è utile tener presente alcune “linee guida”:
∞ “Conta fino a tre, poi chiedi a
me”: si tratta del motto del CoderDojo e sta a significare che
i bambini sono incoraggiati a
prendere spunto dai compagni
e a chiedere loro dritte e informazioni prima di rivolgersi all’adulto. Non esiste il divieto di
copiare, anzi il prendere spunto
dagli elaborati dei compagni è
incoraggiato al fine di remixare quanto fatto dall’altro per
costruire, magari a partire da
quello, qualcosa di nuovo e originale. Lo stesso termine remix
è utilizzato nella comunità online di Scratch, dove è possibile
visionare i progetti creati da altri e modificarli, citando il lavoro da cui si prende ispirazione.
∞ Insegnante/tutor: in una attività di questo tipo, l’insegnante
assume il ruolo di tutor e dovrebbe lasciare i bambini liberi
di esplorare sia la tecnologia sia
la modalità preferita di strutturare una propria presentazione,
mettendo così in luce la propria
creatività. Di fronte ai dubbi
degli alunni, l’insegnante dovrebbe poi incoraggiarli a confrontarsi tra di loro e a prendere
spunto dal lavoro dell’altro. Più
che fornire soluzioni, inoltre, il
docente dovrebbe porre domande in grado di attivare riflessioni utili all’elaborazione di
strategie diverse.
Progettare
∞ Lasciare sempre un opportuno
spazio per condividere il proprio
lavoro. Le domande guida possono essere relative non solo
alla scelta dei contenuti, ma anche alle modalità di rappresentazione degli stessi. Questo permette all’insegnante e all’alunno
stesso di cogliere le scelte messe in atto durante la costruzione
dell’elaborato. La pratica permette, inoltre, agli altri studenti
di prendere spunto da quanto
realizzato dai compagni.
All’interno della guida Creative Computing (Brennan, Balch,
Chung 2014), della comunità
online di Scratch (raggiungibile
al sito: https://scratch.mit.edu/
starter_projects/), che vanta più
di 16 milioni di progetti condivisi,
nei vari siti dei CoderDojo italiani
e internazionali e in generale in
rete, è possibile trovare un’ampia gamma di attività da cui poter
prendere spunto, adatte e adattabili alle diverse discipline. Tutte le tipologie di attività, seppur
differenti – si va dalla creazione di una storia, come nel caso
dell’attività presentata, a un gioco; da un’attività di arte a una di
matematica – si caratterizzano
sia per l’elevato grado di multimedialità, certamente favorito
dalle possibilità del linguaggio
Scratch, che per una speciale attenzione all’unicità di ogni alunno, che è chiamato a costruire
secondo il proprio modus operandi un elaborato che metta in
causa i propri interessi, la propria immaginazione e creatività.
Nel riconoscere come elemento
significativo proprio le sfaccettature di ogni singolo alunno,
l’attività proposta e quelle a essa
simili possono essere considerate inclusive.
Risorse
∞ K. Brennan, C. Balch, M. Chung, Creative Computing, 2014,
tratto il giorno 23 agosto 2016 da Creative Computing, in
Internet URL, http://scratched.gse.harvard.edu/guide/files/
CreativeComputing20141015.pdf
∞ A.E. Colombi, Immagina, programma e condividi con Scratch, con
CD-ROM, Erickson, Trento 2010
∞ M. Resnick, Learn to Code, Code to Learn, 2013, tratto da Mit Media
Lab, in Internet URL, http://web.media.mit.edu/~mres/papers/
L2CC2L-handout.pdf
∞ M. Resnick, J. Maloney, A. Monroy-Hernández, N. Rusk, E.
Eastmond, K. Brennan, A. Millner, E. Rosenbaum, J. Silver, B.
Silverman, Y. Kafai, “Scratch: Programming for All”, 2009, tratto da
Mit Media Lab, in Internet, URL, http://web.media.mit.edu/~mres/
papers/Scratch-CACM-final.pdf
∞ M. Sabatini, “Learning geometry and visuo-spatial abilities through
coding”, in Form@Re – Open Journal per la formazione in rete, 16 (1),
2016, aprile, pp. 201-212, http://dx.doi.org/10.13128/formare-17909
∞ F. Zambotti, “Tecnologie per la didattica”, in S. Cramerotti, D. Ianes
(a cura di), Insegnare domani – Sostegno, Erickson, Trento 2016, pp.
343-353
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
15
Focus
Progettare
Costruire ambienti di apprendimento in continuità
Stimolare la consapevolezza
fonologica emergente
Esperienza di potenziamento fonologico con la lavagna interattiva
multimediale durante un incontro di continuità tra Infanzia e Primaria
di Adele Maria Spena
insegnante di scuola primaria “L. Zecchetto”, I.C. Vicenza 9
[email protected]
Il processo di apprendimento della letto-scrittura inizia prima dell’ingresso alla scuola primaria e
l’acquisizione dei fondamentali elementi del linguaggio avviene per la maggior parte dei bambini
intorno ai 5 anni e una eventuale loro immaturità o deficienza si può ripercuotere sulle abilità
di lettura e scrittura. È opportuno, quindi, porre una maggiore attenzione al linguaggio, al suo
sviluppo fonetico-fonologico e potenziare le abilità e la consapevolezza fonologica “fin dalla scuola
dell’infanzia e nei primi anni della scuola primaria” (Stella, Grandi 2011, p. 81).
La consapevolezza
fonologica
Con l’espressione consapevolezza fonologica o metafonologica ci si riferisce alla “capacità di
riflettere in modo esplicito sulla
struttura sonora della parola e di
manipolarla consapevolmente”
(Marchiori et al. 2005, p. 227).
Crescendo il bambino deve imparare a trattare le parole come
un oggetto formato da unità più
piccole e isolabili che possono
essere manipolate, per esempio
separandole quando sono incluse in una parola, oppure sintetizzandole quando vengono
presentate singolarmente per
costituire la parola.
Gli alunni che faticano a percepire, distinguere e manipolare i
singoli fonemi hanno una scarsa
consapevolezza fonemica che,
se si protrae a lungo, può costituire un forte indicatore di ri-
16
schio per lo sviluppo di un disturbo specifico di apprendimento
(DSA). Occorre quindi intervenire
per il recupero dell’espressione
orale e della consapevolezza fonemica in modo che gli alunni,
migliorando la loro competenza
di linguaggio orale, possano migliorare anche quella scritta.
Oggi si assiste a un maggior interessamento delle scuole dell’infanzia al potenziamento dei
prerequisiti degli apprendimenti,
anche in accordo con le Linee
guida sui DSA che assegnano alla
scuola dell’infanzia “un ruolo di
assoluta importanza” nel riconoscimento precoce delle difficoltà
e nell’attività di sollecitazione di
tali prerequisiti.
I laboratori di
potenziamento
All’inizio dell’ultimo anno della
scuola dell’infanzia i bambini mo-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
strano di avere una buona competenza fonologica globale, nota
anche come sensibilità fonologica, ossia la capacità di riflettere su
alcuni aspetti fonologici del linguaggio senza esserne consapevoli. Questa capacità spontanea
del bambino si evidenzia quando
mostra di cogliere somiglianze e
differenze tra i suoni delle parole,
di riconoscere i suoni iniziali o finali di una parola, di differenziare
parole lunghe e corte e di riconoscere e produrre rime (Savelli
2008, p. 289). Per assecondare
questo processo spontaneo, fin
dalla scuola dell’infanzia possono essere avviati laboratori con
giochi e attività più strutturate per
“sostenere e stimolare la consapevolezza fonologica emergente
nei bambini dell’ultimo anno della
scuola dell’infanzia” (Zanchi et al.
2012, p. 170). L’utilità di proporre
esercizi linguistici finalizzati alla
Progettare
costruzione della lingua scritta
non deve essere vista come una
anticipazione dell’obbligo scolastico, ma come l’occasione per
gli alunni di utilizzare il linguaggio scritto all’interno di un ambiente educativo e di rifletterci
per facilitare, successivamente,
l’apprendimento del linguaggio
convenzionale scritto (Berton et
al. 2006, p. XII). Si tratta di incuriosire i bambini al codice, senza
anticipare i contenuti della scuola
primaria o modellare la didattica
sulle pratiche tradizionali della scuola primaria. D’altra parte,
troviamo anche alcune pratiche
scolastiche che, per la paura di
favorire precocismi, hanno provocato “una scrupolosa pulizia
volta a far scomparire ogni traccia della lingua scritta” (Cravana
2012, p. 54). In contrapposizione
a questo convincimento ricordiamo che le Indicazioni Nazionali
2012 per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, nei traguardi per lo sviluppo della competenza, recitano
che il bambino: “si avvicina alla
lingua scritta, esplora e sperimenta prime forme di comunicazione
attraverso la scrittura, incontrando anche le tecnologie digitali e i
nuovi media” (Indicazioni Nazionali 2012, p. 28).
Questo ci fa comprendere come
la scuola dell’infanzia debba essere coinvolta in tale processo
e come non possa sottrarsi alla
presenza della lingua scritta.
Alla luce di quanto emerso, appare evidente che lavorare nella
scuola dell’infanzia sulla competenza fonologica non significa insegnare a leggere e scrivere ma può costituire, invece, un
forte punto di raccordo fra scuola dell’infanzia e scuola primaria.
Da una parte, quindi, la scuola
dell’infanzia può organizzare
percorsi didattici centrati sulle
competenze basilari dell’educazione linguistica privilegiando gli
usi orali della lingua. Dall’altra, la
scuola primaria potrà avvantaggiarsi delle conoscenze e abilità
sul sistema alfabetico maturate
nella scuola dell’infanzia oltre
che della motivazione stimolata
dalle attività della scuola precedente, sempre che queste non
siano state condotte in una forma sterile di esercizi (Cisotto et
al. 2010, pp. 14-15).
Quanto enunciato pone ulteriori motivi di riflessione sulle modalità con cui condurre
questi interventi per potenziare
o recuperare le abilità carenti. Bisognerà rispettare i tempi
di apprendimento di ciascuno e
realizzare attività coinvolgenti e
significative per gli alunni, non
esercizi ripetitivi e improduttivi.
Per questa ragione si ritiene che
l’uso di mezzi tecnologici come
la lavagna interattiva multimediale (LIM) con le sue tecniche
espositive, i suoi materiali multimediali, le varie possibilità di
utilizzo e di interazione diretta
con i contenuti possa contribuire
a migliorare le azioni didattiche
del docente e a coinvolgere le
componenti socio-affettive ed
emozionali degli alunni.
Il potenziamento
fonologico nell’ambito
del “Progetto
Continuità”
Il passaggio dei bambini della
scuola dell’infanzia alla scuola
primaria è comunemente definito continuità educativa. Questo
momento delicato di incontro
con il nuovo contesto scolastico
impegna le scuole che elaborano
progetti di accoglienza e adattamento per i bambini più piccoli.
In questi momenti di “transizione”
è necessario sostenere un confronto continuo tra gli insegnanti dei diversi ordini scolastici con
attività comuni. Questi scambi
tra i docenti “affermano la cultura
della continuità” (Baldacci, Fioretti
2000, p. 38) e la predisposizione
a considerare la propria azione di
docente all’interno di un processo evolutivo in cui, in ogni fase
educativa, non vengano azzerate le competenze già acquisite e
si tenga conto anche della storia
personale dell’alunno “proponendo nuovi elementi curricolari
e organizzativi che valorizzino
quelle competenze e quella storia” (Ivi, p. 39).
Il percorso di
potenziamento
fonologico con la LIM
L’esperienza didattica che si intende descrivere è stata condotta in occasione di un incontro di
continuità tra i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e gli alunni di una classe
prima della scuola primaria di un
Istituto Comprensivo di Vicenza.
Questo lavoro ha preso spunto
dalle attività di laboratorio sulle
competenze metafonologiche
svolte nelle due distinte scuole
durante l’anno scolastico. Si è
pensato di costruire un laboratorio metafonologico simile a quello cui i bambini erano abituati,
ma con una modalità operativa
differente, con l’impiego di uno
strumento tecnologico innovativo come la LIM per supportare
il coinvolgimento e l’interesse,
potenziando il raggiungimento
delle abilità fonologiche.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
17
Progettare
Figura 1: home page “La fattoria felice” con gif animate degli animali della fattoria e tracce sonore dei loro versi
Descrizione del
contenuto digitale
Il contenuto digitale utilizzato
durante l’incontro è stato realizzato con il software “Notebook”
di cui è dotata la LIM della classe
della scuola primaria accogliente. Il tema che fa da cornice si riferisce agli animali della fattoria,
poiché durante l’anno scolastico
i due gruppi classe/sezione interessati nel progetto di continuità
hanno approfondito l’argomento
con racconti e visite alla fattoria.
Il materiale didattico prodotto
presenta una home page in cui
appare la vista di una “fattoria fe-
18
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Figura 2: foto dell’animale
Progettare
lice” con gli animali in movimento (fig. 1). Per realizzare questa
videata iniziale sono stati coinvolti gli alunni di una classe quarta che hanno disegnato e colorato in gruppo con il programma
Paint il paesaggio e ricercato in
internet gif animate degli animali
e tracce sonore dei loro versi.
Durante l’incontro i bambini
dell’infanzia sono accompagnati dagli alunni della classe prima
in piccoli gruppi. Sono invitati a
osservare attentamente la prima
videata e a esprimere le loro impressioni su ciò che li meraviglia.
Un bambino alla volta può scegliere un animale, ascoltare il suo
verso, denominarlo e toccarlo.
Quest’ultima azione comporta
lo spostamento a una successiva slide (fig. 2) contenente la foto
realistica dell’animale. Premendo
l’icona a forma di stellina blu posta alla base della foto, il bambino ritorna alla home page dalla
quale, allo stesso modo, procederanno gli altri bambini del
gruppo.
Proseguendo con l’attività, l’insegnante clicca l’icona a forma di
stellina rossa posta sopra l’albero
raffigurato nella home page per
accedere a una nuova slide che
propone la prima attività fonologica sul riconoscimento della
sillaba iniziale (fig. 3). Il bambino
è invitato a osservare attentamente l’immagine dell’animale e
a produrre verbalmente il suono
del suo verso, per esempio il verso della pecora: “BE”.
In seguito si chiede di denominare tre immagini poste sotto
l’animale, di scegliere quella il
cui nome inizia con la sillaba
“BE” e di toccarla. Se la risposta
è corretta l’immagine toccata si
ingrandisce. Il percorso continua
Figura 3: riconoscimento della sillaba iniziale (tocco dell’immagine che
inizia con il suono sillabico BE e ingrandimento dell’immagine corretta)
facendo scorrere le slide attraverso le frecce laterali poste alla
base, fino ad arrivare a quella che
contiene il filmato della canzone
“Nella vecchia fattoria” che può
essere azionato per cantare insieme. Dalla stessa slide si ritorna
alla home page tramite la stellina, questa volta verde, colloca-
ta in alto a destra del titolo della
canzone.
Proseguendo con l’attività, l’insegnante clicca l’icona della stellina gialla sopra la casa e
immediatamente appare la slide
con una nuova attività fonologica sul riconoscimento della sillaba finale. Il bambino è invitato
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
19
Progettare
cantando un’altra volta la canzone “Nella vecchia fattoria” raggiungibile dopo aver cliccato la
stellina verde vicino al sole.
Considerazioni finali
Figura 4: “Casetta delle parole che terminano con...” (trascinamento
dell’immagine che termina con il suono uguale a quello della figura posta
sul tetto – “Stella” – all’interno dei riquadri della casetta)
a osservare e a ripetere il nome
dell’immagine che si trova sul
tetto della “Casetta delle parole che terminano con...” e gli si
chiede di provare a pronunciare
la parte finale della parola, che
nell’esempio riportato nella fig.
4, cioè “stella”, è “-LA”. Successivamente l’alunno denomina uno
alla volta gli oggetti delle sei immagini accanto alla casa.
Ogni qualvolta pronuncia un
nome, il bambino deve stabilire
se esso termina come l’esempio
e per controllare può trascinare
con le dita l’immagine dentro
una delle quattro caselle della
casetta. Se la scelta non è quella
giusta l’immagine non può essere trascinata perché bloccata
preventivamente durante la costruzione del materiale didattico. Si procede allo stesso modo
con le immagini rimanenti finché
non si inseriscono in tutte le caselle le figure corrispondenti alla
consegna data. Si continua con
lo stesso tipo di attività nelle sli-
20
de successive spostandosi con
le frecce laterali poste alla base
delle videate. Terminata questa
attività si ritorna sulla home page
grazie al link a forma di stellina
gialla posta ai piedi della casetta.
L’esperienza si può concludere
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Il lavoro condotto con la LIM ha
suscitato grande interesse e curiosità nei bambini, soprattutto della
scuola dell’infanzia, i quali hanno
vissuto momenti intensi dovuti
principalmente al “primo approccio” con la nuova realtà scolastica
che di lì a poco si troveranno a
sperimentare giornalmente.
I più piccoli, dopo un iniziale imbarazzo, hanno partecipato con
vivo interesse lasciandosi guidare alla scoperta di questo nuovo
mezzo, quasi increduli e affascinati dalle immagini in movimento
e dagli spostamenti degli oggetti
al semplice tocco o trascinamento delle dita. I bambini più
grandi hanno aiutato i più piccoli
intervenendo quando non riuscivano a stabilire la giusta corrispondenza tra suono – iniziale
Progettare
o finale – e immagine, oppure
quando erano in difficoltà con la
motricità della mano durante gli
spostamenti degli oggetti.
L’intento di questa esperienza è
stato anche quello di portare a
conoscenza dei colleghi dell’infanzia e della primaria le possibilità che uno strumento come la
LIM può offrire nel processo di
insegnamento/apprendimento.
Molti insegnanti vivono con ansia
e preoccupazione l’introduzione
della LIM nella scuola vedendola
solo come un complicato dispositivo tecnologico, senza tenere
conto che essa può essere utilizzata usando il sistema operativo
e i software comunemente installati sul computer.
Certamente gli stimoli offerti
dalla multimedialità della lavagna vanno ben oltre la semplice
lezione frontale: per esempio,
nell’esecuzione della canzone
“Nella vecchia fattoria”, attraverso il video animato rispetto
all’ascolto della traccia musicale
con un lettore CD. Altri elementi
significativi a testimonianza del
coinvolgimento attivo e del vivo
interesse dei bambini alle attività
didattiche proposte con la LIM
possono essere ricondotti agli
effetti visivi e sonori dei feedback
o alla manipolazione diretta degli
oggetti con la funzione di “Trascina e rilascia”, che consente lo
spostamento di immagini verso spazi definiti o a piacere. Un
coinvolgimento attivo che non
è soltanto individuale, ossia del
bambino che sta interagendo
con la LIM, ma anche di tutti gli
altri che osservano e attendono con curiosità quello che può
accadere su quella “grande lavagna” che si lascia toccare e modificare in maniera creativa.
Risorse
∞ M. Baldacci, S. Fioretti, Continuità educativa e scuola di base,
Quattro Venti, Urbino 2000
∞ Berton et alii, Dislessia. Lavoro fonologico tra scuola dell’infanzia e
scuola primaria, Libri Liberi, Firenze 2006
∞ G. Bonaiuti, Didattica attiva con la LIM, Erickson, Trento 2009
∞ L. Cisotto et alii, Prime competenze di letto-scrittura, Erickson,
Trento 2010
∞ E.A. Cravana, “Dimensioni della literacy e prospettive didattiche
dell’insegnare a leggere. Pratiche di facilitazione e significatività
dell’apprendimento iniziale”, in Giornale Italiano della Ricerca
Educativa, dicembre 2012, Pensa Multimedia Editore, Lecce
∞ Marchiori et alii, “Un’esperienza pluriennale di screening della
dislessia nella classe prima scuola primaria”, in Dislessia, maggio
2005, n. 2. Erickson, Trento
∞ M. Perrotta, M. Brignola, Giocare con le parole. Training fonologico
per parlare meglio e prepararsi a scrivere, Erickson, Trento 2000
∞ E. Savelli, “Apprendimento della scrittura e consapevolezza
fonologica”, in Dislessia, ottobre 2008, n. 3, Erickson, Trento
∞ G. Stella, L. Grandi, Come leggere la Dislessia e i DSA, Giunti,
Firenze 2011
∞ F. Zambotti, Didattica inclusiva con la LIM, Erickson, Trento 2009
∞ P. Zanchi et alii, “Consapevolezza fonologica e competenza
narrativa nella scuola dell’infanzia”, in Dislessia, maggio 2012, n. 2.
Erickson, Trento
Risorse web
“La Fattoria felice”, risorsa didattica a supporto delle attività per il
recupero e il potenziamento delle carenze fonologiche scaricabile da
Internet, URL: http://goo.gl/BFYzkm
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
21
Bookmark
App
Edmodo
di Enrica Ena
insegnante di scuola primaria, I.C. “Pietro Allori“,
Iglesias” e ambasciatrice di Edmodo
[email protected]
https://www.edmodo.com/
Descrizione
Edmodo è un ambiente di social learning, fondato nel 2008 a
Chicago, Illinois, da due dipendenti di un distretto scolastico,
Nicolas Borg e Jeff O’Hara, con
l’obiettivo di creare un contatto
tra la vita dei ragazzi e i luoghi
formali dedicati all’istruzione.
Oggi Edmodo ha sede a San Mateo, in California, ed è la rete educativa pre-universitaria più grande al mondo. Attualmente conta
68 milioni di utenti in 190 Stati.
È un ambiente sicuro e semplice,
contraddistinto da un’interfaccia
simile a Facebook, che estende
la collaborazione oltre l’aula attraverso la creazione di gruppi
e sottogruppi che abitano uno
spazio virtuale in cui regnano il
dialogo, la condivisione di risorse
e di strumenti.
Ciò che contraddistingue Edmodo è proprio il suo essere una
rete internazionale diffusissima,
così da rendere possibile, con
pochissimi e semplici passaggi
e in assoluta sicurezza, la collaborazione tra docenti e classi di
tutto il mondo.
Edmodo è disponibile per Android, iOS e Windows.
Specifiche tecniche
Registrazione
La registrazione è gratuita. È possibile registrarsi come docente,
come studente e come genitore.
22
Perché un docente possa creare
un gruppo (che può coincidere o
no con una classe) o associarsi a
un gruppo esistente, deve prima di
tutto creare un account, inserendo
tutte le informazioni necessarie.
A garanzia della sicurezza, nel
caso di studenti e genitori, la
creazione di un account su Edmodo è possibile solo se si è in
possesso del codice del gruppo,
che può essere fornito esclusivamente dal proprietario dello
stesso o da altro docente abilitato (co-docente). Il codice genitore è univoco e può essere
reperito autonomamente anche
dalla pagina del proprio figlio.
Senza il codice è impossibile
completare la procedura.
Per iscriversi a Edmodo, gli studenti non hanno bisogno di essere dotati di un indirizzo di posta
elettronica; se ne potrà comunque fornire uno se si desidera ricevere le notifiche via mail.
L’accesso a Edmodo è possibile
anche con le credenziali Office
365 o Google, evitando la molti-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
plicazione delle password e facilitando l’integrazione con i servizi
didattici delle diverse piattaforme.
Il docente ha il pieno controllo
degli utenti iscritti alla classe: in
qualunque momento può modificare il loro status, abilitandoli alla sola lettura, o scegliere di
moderare tutti gli interventi.
Lingua dell’interfaccia
Edmodo è un ambiente americano, pertanto nasce in lingua inglese; oggi, tuttavia, è possibile scegliere tra ben diciassette lingue,
aspetto di cui ci si può avvantaggiare anche a livello didattico.
Per modificare la lingua, è sufficiente cliccare in basso a destra,
in qualunque pagina dell’ambiente, e scegliere la voce Languages,
accanto all’icona del planisfero.
La lingua italiana è arrivata solo
nell’estate del 2015, per questo, ci sono sezioni che devono essere ancora migliorate e
completate. In questi mesi si sta
concludendo anche la trasformazione in italiano dei principali
articoli del Centro di assistenza.
App
Costo
Edmodo è totalmente gratuito.
Il pagamento è previsto esclusivamente per l’attivazione di servizi amministrativi avanzati legati
all’uso di un sottodominio di Istituto o di una rete di scuole.
Presenza di pubblicità
Non è presente pubblicità.
Tutorial
Edmodo mette a disposizione degli utenti i tutoriali in lingua inglese.
Sul web è comunque molto semplice reperire diverse risorse in
italiano, realizzate dagli stessi docenti. Al momento, tuttavia, visti
i numerosi e continui interventi
migliorativi che hanno interessato Edmodo nell’ultimo anno,
è possibile imbattersi in materiali non aggiornati. Questi restano comunque fondamentali per
orientarsi nella comprensione
delle potenzialità dell’ambiente e
del suo funzionamento generale
(vedi in Risorse).
Specifiche didattiche
Funzione
Edmodo, grazie alla sicurezza che
è in grado di garantire, consente
di creare gruppi sin dalla prima
classe, offrendosi come spazio
per dialogare, condividere materiali multimediali (con upload,
link o embed), assegnare consegne, programmare quiz, proporre
sondaggi, garantendo una puntuale registrazione dei progressi
individuali e di classe.
La presenza di una biblioteca
virtuale (lo zainetto per l’alunno), senza limiti di archiviazione,
consente inoltre un’efficace organizzazione dei materiali e ne
rende possibile la condivisione.
Le sue funzioni risultano ulteriormente potenziate collegando il proprio account Google. In
questo modo, è possibile gestire le proprie risorse archiviate in
Drive direttamente su Edmodo,
rendendo più semplici le attività
su cartelle o file condivisi.
Usi didattici
Le opportunità offerte da Edmodo ne fanno uno strumento
fondamentale a vantaggio di una
formazione più vicina ai bisogni degli alunni. L’ambiente è lo
spazio adatto sia per valorizzare
l’abitudine al dialogo, alla collaborazione e alla condivisione,
consentendo di sviluppare una
buona cittadinanza digitale, sia
per lo sviluppo di una didattica per EAS. Permette, infatti, in
modo molto agevole, di mettere a disposizione, in un unico
spazio ben organizzato, tutti i
materiali necessari per gestire le
consegne per la fase preparato-
ria e condividere i lavori realizzati
dagli alunni nella fase operatoria.
Inoltre, viste le sue grandi potenzialità che continuano a stupire
anche i docenti più esperti, è un
ambiente nel quale è possibile trovare risposte alla creatività
di quegli insegnanti che amano
avere a disposizione una cassetta
degli attrezzi ricca e varia.
Non vanno trascurate le potenzialità di Edmodo come ambiente a supporto della professionalità
docente. Questo consente infatti
la creazione di gruppi di soli insegnanti senza limite di numero
degli iscritti, favorendo così la nascita di Gruppi-Consiglio di classe
e Gruppi-Dipartimento, ma anche
di Gruppi-Obiettivo, aperti per
sostenere percorsi formativi, sperimentazioni didattiche o per promuovere nuove forme di collaborazione nazionali e internazionali.
Risorse
∞ Edmodo: video di presentazione con sottotitoli in italiano: http://
goo.gl/qe1TQP
∞ Modello di informativa per le famiglie: http://goo.gl/ZjMJEQ
∞ Video tutorial disponibili su Edmodo (in inglese): https://support.
edmodo.com/hc/en-us/sections/200910884-Video-Tutorials
∞ Canale youtube di Lucia Bartolotti, ambasciatrice di Edmodo (in
italiano): http://goo.gl/h6PhYr
∞ Slide share di Michele Maffucci (in italiano): http://goo.gl/KVAr0T
Comunità di docenti italiani: https://edmo.do/j/y3va4x
Nota: per questioni di sicurezza, la disponibilità dell’URL del gruppo
non comporta l’accesso immediato; questo dovrà infatti essere
autorizzato dal fondatore dello stesso o da un docente autorizzato.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
23
Focus
Comunicare
di Alessandra Carenzio
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Conoscere i propri alunni
Tra gli aspetti che di frequente vengono
associati all’uso dei dispositivi digitali in classe,
quello relativo alla conoscenza dei propri
alunni è uno dei più sentiti, pur non avendo
direttamente a che fare con l’apprendimento.
Entrare in contatto con il vissuto emotivo dei
bambini, imparare a conoscere le preferenze
degli alunni, i loro passatempi e le esperienze
che li toccano nello spazio informale e non
formale – fuori dalla scuola – consente agli
insegnanti un guadagno su tre livelli.
Il primo riguarda la possibilità di disporre di una
cornice nella quale inserire comportamenti,
osservazioni e risultati del bambino in classe
che, spesso, non vengono esplicitati. In un
articolo pubblicato su Mindshift (http://www.
cultofpedagogy.com/relationship-building/)
un’insegnante racconta con estrema lucidità
la propria esperienza: un alunno manifestava
negli ultimi tempi livelli di comportamento
non costanti e altrettanto altalenanti risultati in
termini di apprendimento, rendendo difficile
la regolazione della classe e la valutazione
stessa delle prove dell’alunno. Un colloquio
con il consulente della scuola ha consentito
di spiegare il problema e, soprattutto, di
modificare la valutazione (e le strategie): lo
studente, infatti, da pochi mesi viveva in un
centro di accoglienza familiare perché senza
casa, passando il proprio tempo in strutture
che sono solo parzialmente compatibili con
la serenità e la costanza familiare funzionale
al benessere del bambino in classe. Ciò che
mi ha colpito dell’articolo è stata la riflessione
sul cambio di prospettiva, potremmo dire: la
cornice ha dato senso ai dati (comportamento
ingestibile e risultati non costanti) e ha
trasformato questi stessi dati in un “miracolo” o
un piccolo traguardo (essere presente a scuola,
fare i compiti ogni tanto, essere puliti e in
ordine, ricordarsi il materiale didattico).
24
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Il secondo riguarda, invece, la possibilità di
instaurare complicità, che spesso trasformano
la classe in un luogo di apprendimento felice,
dove è piacevole trascorrere il proprio tempo
in veste di studenti e dove crescere insieme ai
compagni.
Il terzo, infine, tocca l’apprendimento in
maniera significativa: conoscere gusti, abilità
e competenze dei propri alunni consente di
individuare “leve” per l’apprendimento e la
motivazione in diverse situazioni.
E i dispositivi digitali? Oltre a consulenti e
colloqui familiari, necessari e insostituibili, i
media sociali e le piattaforme che usiamo in
classe – e fuori da essa – ci consentono di
conoscere qualcosa di più dei nostri alunni,
perché hanno la capacità di raccontare, di
documentare e di condividere (stati d’animo
che non entrano in classe, ma che agiscono
sulla classe). Le strategie di conoscenza
suggerite nell’articolo citato sono interessanti:
ice-breakers, ovvero esercizi per rompere il
ghiaccio e conoscersi meglio; la raccolta di
informazioni sugli alunni all’inizio dell’anno
tramite survey; la documentazione che deriva
dalla precedente azione (l’insegnante propone
uno strumento molto utile per collezionare i
dati); ma soprattutto, check up periodici, veri e
propri controlli che consentono di non perdere
di vista i cambiamenti che si verificano durante
l’anno. Senza dubbio, le piattaforme digitali sono
un quinto alleato per conoscere i nostri alunni.
Gli articoli di questa Sezione descrivono questo
avvicinamento attraverso due prospettive:
la prima è esterna e di inquadramento,
definendo gli ambienti di apprendimento
social e fornendo alcuni esempi in una mappa
ragionata; la seconda è interna, mediante il
racconto di un’esperienza didattica che, proprio
su questi ambienti, ha voluto riflettere in chiave
didattica.
Focus
Comunicare
Aule virtuali: dentro e fuori
Aule virtuali:
una rassegna di spazi ambienti
Le possibilità offerte dagli ambienti di comunicazione didattica
di Irene Mauro
ricerca e formazione presso CREMIT (UCSC)
[email protected]
Solo negli ultimi anni sono nate e si sono affermate nell’ambito scuola decine e decine
di piattaforme che possono essere integrate dagli insegnanti nella propria didattica e nel
proprio progetto di classe. L’articolo vuole focalizzarsi sulle caratteristiche delle piattaforme
e degli ambienti 2.0 per la didattica, raccontando nello specifico cinque ambienti dei quali si
evidenzieranno plus e caratteristiche.
Gli ambienti 2.0 per
la didattica: aspetti e
funzionalità
La prima caratteristica degli ambienti 2.0 è sicuramente quella di
poter ampliare gli spazi e i tempi
della normale attività didattica: lo
spazio si amplia nel senso che va
oltre le mura dell’aula e il tempo
non si ferma con la fine della lezione, come vedremo nel contributo di Elena Valgolio.
Adottare piattaforme 2.0 per
l’apprendimento consente prima di tutto di creare classi virtuali che ospitano gli studenti e
in questo caso il docente agisce
come admin: si occupa quindi
della configurazione generale
dell’aula, della creazione di corsi
e della loro organizzazione, oltre
che della gestione delle iscrizioni degli utenti ai corsi (in molte
piattaforme, per esempio, viene
generato in automatico un codice alfanumerico da fornire agli
studenti, che rappresenta la sola
chiave grazie alla quale poter accedere al corso). È ciò che avviene in Schoology o Fidenia (cfr.
Schede a fine contributo).
Nonostante le molte differenze
esistenti tra piattaforme, le funzioni di base sono simili; tra le
principali:
∞ gestione della classe in termini di organizzazione dei contenuti, quindi sia upload di risorse
create dal docente e messe a disposizione degli studenti come
materiale di approfondimento,
sia embed di risorse già presenti
in rete, quindi incorporamento
di link, video da Youtube, presentazioni di TedEd o SlideShare
(vedi Glossario);
∞ creazione di sondaggi, quiz,
test per gli studenti: si prenda
d’esempio la piattaforma Fidenia,
nella quale il tool per la creazione di questionari è QuestBase,
grazie al quale gli studenti possono svolgere test o rispondere
a questionari, senza uscire dalla
piattaforma. I risultati sono visibili
sia agli studenti in tempo reale sia
all’insegnante che li vedrà corredati da grafici e statistiche che
descrivono i progressi e gli sviluppi della classe;
∞ monitoraggio dei progressi degli studenti: in Wikispaces
l’insegnante può vedere in tempo reale quanto gli studenti siano attivi partecipanti della lezione e quanti stiano effettivamente
contribuendo durante l’attività
grazie a grafici sulla percentuale
di presenza online;
∞ possibilità di assegnare compiti: in Edmodo il docente assegna compiti decidendo le date
di consegna finale. Le consegne
possono essere integrate con risorse aggiunte dal proprio pc,
con link, o scegliendo il file dalla propria libreria (si può anche
scegliere di inserirli da OneDrive
o GoogleDrive). Può essere utile,
a questo proposito, avere a disposizione uno spazio in cui agn. 4 • dicembre 2016 • anno 124
25
Comunicare
gregare contenuti da poter poi
“impacchettare” e inviare agli studenti. Si fa pertanto l’esempio di
Versal, una piattaforma aggregatrice che permette al docente di
creare contenuti partendo da una
pagina bianca (in Internet, URL:
https://versal.com/, in inglese):
il sistema drag&drop permette di
riempire la pagina semplicemente selezionando e trasportando
l’icona dello strumento da utilizzare per creare testi, immagini,
video, quiz, timeline che formano un unico contenuto didattico.
Quando si ritiene che la pagina
sia completa, si pubblica, si incorpora pertanto il link nel corso della propria piattaforma edu.
26
Quali tool per gli
studenti?
Lo studente che accede in piattaforma non ha nessuna possibilità di amministrare l’ambiente
nel quale è sostanzialmente invitato ma mantiene in realtà alcuni
spazi da poter gestire in autonomia, a partire dal suo profilo,
personalizzabile con foto e informazioni di base.
La prima pagina che lo studente incontra è la dashboard, che
come la propria scrivania in camera ospita tutto il materiale che
serve nello studio: in centro i
contenuti da studiare, i compiti,
le pagine; di fianco gli strumenti
che possono aiutare e supporta-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
re lo studente come, calendario,
post-it per le “cose da fare”. La
dashboard della piattaforma NEO
(nata nel 2007 come EDU 2.0
LMS, cambia nome in NEO nel
2014. In Internet, URL: https://
www.neolms.com/, in inglese),
per esempio, permette allo studente di avere una visione completa della sua esperienza di aula
virtuale: sulla parte destra si trova il calendario (che tiene traccia
dei principali impegni settimanali), appena sotto la sezione to-do
(“che cosa mi manca ancora da
fare?”) e una piccola bacheca
degli annunci (del corso, del docente, dei compagni).
Ciò che fa parte del profilo dello
studente sono le sue risorse personali, la cui disposizione cambia da piattaforma a piattaforma;
in generale esse sono disposte
in uno spazio a parte del corso,
nel quale lo studente organizza i
propri materiali. Questo è fondamentale per la documentazione
del proprio lavoro: lo studente
può aggiungere file dal proprio
pc o raccogliere le risorse che
il docente ha postato, pagine di
testo, compiti in scadenza, ipertesti, link, artefatti... e organizzarli
in cartelle (per materia o per cronologia). Una di queste cartelle
potrebbe, per esempio, raccogliere i lavori migliori scelti proprio dallo studente e che decide
di rendere pubblici, costruendosi
pertanto una sorta di Showcase
portfolio (Rivoltella 2013), ovvero uno strumento di esposizione
grazie al quale lo studente seleziona, tra tutte le sue produzioni, quelle che intende sottoporre
alla valutazione dell’insegnante.
Utilizzando gli ambienti 2.0 che
lo consentono, gli studenti svolgono l’attività completamente
Comunicare
sulla piattaforma per mezzo degli strumenti da essa offerti: in
Impari Digitale per esempio, gli
studenti creano booklet e libri
digitali. Alcune piattaforme, per
esempio Wikispace Classroom
(vedi Glossario), consentono di
lavorare in gruppo sul materiale
caricato in piattaforma: in piena
logica wiki il prodotto è completamente editabile da chiunque
faccia parte del gruppo classe
creato dal docente. Rimane comunque al docente la possibilità
di scegliere quali materiali rendere editabili e quali invece non
rendere disponibili a una modificazione da parte della classe.
Gli spazi di
comunicazione in
piattaforma
Le piattaforme per l’apprendimento riprendono in sostanza la logica
social, sia in termini di layout (si
pensi per esempio alla bacheca
iniziale che ospita news comuni
a tutti i partecipanti al corso o alla
barra superiore di ricerca di utenti
e/o contenuti) sia di condivisione
e quindi di comunicazione.
La funzione commenti e like
online è di fatto ciò che avviene
normalmente in classe quando si
discute e, quindi, si studia un argomento: per alzata di mano si
esprime il proprio parere, si aggiunge qualcosa rispetto a ciò
che è stato detto, si apprezza
l’intervento precedente. Nell’aula
virtuale, il docente interviene per
chiarire dubbi, per approfondire
a sua volta; può inoltre porre domande, può chiedere agli studenti di partecipare a una discussione
su un tema trattato la mattina in
aula o che sarà invece argomento
del giorno successivo.
Ai contenuti condivisi dai com-
pagni sulla bacheca del proprio
corso si può rispondere con
commenti e like, ma si può anche decidere, in risposta, di fare
embed di link che possono “far
uscire” dall’ambiente e rimandare a video o pagine con l’obiettivo di approfondire l’argomento
trattato. Quasi tutte le piattaforme offrono la funzione di messaggistica interna, così come
avviene per i Social Network: si
mette in comunicazione, si creano connessioni tra utenti.
In altri casi invece, la comunicazione tra pari non è consentita: questo è ciò che avviene in
Edmodo, nel quale non esiste la
messaggistica privata tra studenti.
La comunicazione da parte del
docente può essere singola,
one-to-one, per un avviso che
riguarda un singolo studente, per
una correzione, per un consiglio
o un suggerimento sullo svolgimento di un compito. Può, in
altri casi, essere comunicazione
one-to-many: il docente posta
un avviso sulla bacheca del corso, comunica le scadenze di un
test, lancia una discussione utilizzando come stimolo un sondaggio o un breve quiz.
Il valore aggiunto di queste piattaforme in termini di comunicazione è che essa può avvenire in
molti modi, in molti linguaggi:
posso comunicare con un testo
scritto, posso apprezzare con un
like, posso farlo con un’emoticon,
posso fare collegamenti con video, con mappe trovate (o create)
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
27
Comunicare
in rete. Si può anche scegliere di
non commentare, di non condividere, esattamente come quando
in classe non si alza la mano.
La comunicazione può essere
anche esterna all’aula virtuale
come nel caso del coinvolgimento dei genitori. La piattaforma Otus per esempio (In Internet, URL: http://otus.com/),
permette al docente di rimanere
sempre in connessione con le
famiglie di ogni singolo studente: si accede alle Family Info passando dal profilo dello studente;
si comunicano avvisi, scadenze,
esiti di valutazioni.
EDMODO
Link al sito
https://www.edmodo.com/, in italiano
Descrizione
Edmodo è un Social Network gratuito che
permette agli insegnanti di gestire classi
virtuali, creare e condividere materiali didattici,
organizzarli in cartelle personali.
Che cos’ha in più?
Edmodo Spotlight: uno spazio nel quale gli
insegnanti possono condividere le migliori idee
educative e mettere in luce i propri contenuti
didattici.
Punti di forza
Interfaccia semplice e intuitivo, che richiama
quello dei principali Social Network.
Una rassegna
Chiudiamo il contributo con una
rassegna di risorse che possono
rappresentare una scelta reale
per la nostra classe, pensando
alla scuola primaria. Si tratta di
cinque ambienti accessibili: Edmodo, Schoology, Otus, Impari
Digitale, Fidenia.
28
SCHOOLOGY
Link al sito
https://www.schoology.com/, in inglese
Descrizione
Schoology è una piattaforma per
l’apprendimento che permette di creare
contenuti, costruire lezioni, rilevare presenze,
assegnare voti.
Uscire dall’aula
per documentare e
progettare
Che cos’ha in più?
Integrazioni con numerosi sistemi; fra gli altri
Google Drive, Dropbox, Evernote.
Adottare una di queste piattaforme 2.0 per l’apprendimento vuol
dire avere, sia per l’insegnante sia
per gli studenti, un ambiente che
va oltre la classe “offline”, nel quale
però si ricreano le stesse situazioni educative, anche se in modalità differenti ma non per questo
meno importanti e interessanti
dal punto di vista dell’apprendimento: l’ambiente online amplia
l’esperienza di apprendimento e
lo fa attraverso canali differenti tra
loro come quello visivo, sonoro,
testuale (Bonaiuti 2006).
Si potrebbe dire che lo spazio
della classe online completa lo
spazio delle relazioni fisiche e di-
Punti di forza
App per mobile (Ios, Androis, Kindle Apps).
OTUS
Link al sito
http://otus.com , in inglese
Descrizione
Otus permette di creare un’aula virtuale per
permettere a insegnanti, studenti, genitori di
massimizzare l’apprendimento.
Che cos’ha in più?
Sistemi avanzati di tracking della partecipazione
degli studenti all’attività e dei loro progressi.
Punti di forza
Piattaforma creata esclusivamente per la scuola
primaria.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Comunicare
IMPARI DIGITALE
Link al sito
https://www.impari-scuola.it/
Descrizione
Impari è un ambiente di apprendimento social
che consente di produrre oggetti didattici (come
mappe concettuali, libri scolastici, e-portfolio)
in collaborazione e condivisione fra studenti e
docenti.
Che cos’ha in più?
Possibilità di creare web-slide e booklet.
Punti di forza
∞ è in italiano;
∞ funziona con il browser, senza alcun bisogno
di installare plug-in e componenti aggiuntive.
FIDENIA
Link al sito
https://www.fidenia.com/
Descrizione
Fidenia è un ambiente di social learning che
offre un’ampia gamma di strumenti didattici
e organizzativi ai docenti che possono creare
classi virtuali all’interno delle quali organizzare
corsi, creare questionari e compiti da assegnare
agli studenti, aggiornare il registro.
Che cos’ha in più?
Integrazione con e-pub Editor (per redigere
ebook multimediali) e QuestBase (per creare
questionari e test).
Punti di forza
∞ è in italiano;
∞ ha una digital repository funzionale alla
documentazione dello studente;
∞ le comunicazioni tra i vari attori della scuola
sono supportate da una logica social.
venti pertanto uno spazio di progettazione e documentazione, di
condivisione e interazione. Uno
spazio nel quale il docente ha
un ruolo differente con conseguenze anche sulla sua didattica
in aula: di fatto i progressi delle
tecnologie educative, pongono
l’insegnante di fronte a nuove
scommesse sia da un punto di
vista strumentale che, soprattutto, didattico (Rivoltella 2012).
Glossario
Drag&drop: dai verbi inglesi
to drag e to drop, trascinare
e rilasciare; esprime l’azione
grazie alla quale è possibile
spostare icone e file dal luogo di
origine a quello di destinazione
semplicemente trascinando e
rilasciando.
LMS: acronimo di Learning
Management System. Per
Learning Management System
si intende una piattaforma
applicativa che permette
l’erogazione di corsi e-learning
in linea con il progetto
educativo scolastico e la
creazione di aule virtuali.
Embed: dal verbo inglese to
embed, inserire/integrare
e si riferisce a un codice
(normalmente tra i simboli <
>) che permette di inserire un
video all’interno di un sito web.
TedEd e SlideShare: sono
piattaforme di raccolta in
categorie (in entrambe è
presente la sezione Education)
e di delivery di contenuti creati
dagli utenti. In Internet, URL:
http://ed.ted.com/,
http://www.slideshare.net/
Risorse
∞ G. Bonaiuti, E-Learning 2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete, tra
formale e informale, Edizioni Erickson, Trento 2006
∞ P.C. Rivoltella, Fare didattica con gli EAS, La Scuola, Brescia 2013
∞ P.C. Rivoltella, P.G. Rossi, L’agire didattico. Manuale per gli
insegnanti, La Scuola, Brescia 2012
Wikispace Classroom: è un
ambiente per l’apprendimento
nel quale il valore aggiunto
consiste nel rendere i lavori
editabili da ogni utente della
classe. In Internet, URL:
https://www.wikispaces.com/
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
29
Focus
Comunicare
Costruire la comunicazione didattica
L’esperienza di Fidenia
nella scuola primaria
Un percorso di condivisione, comunicazione, stimolo, documentazione e
riflessione in Rete
di Elena Valgolio
insegnante di scuola primaria interessata al tema dell’introduzione didattica delle tecnologie e delle app in classe
[email protected]
L’articolo racconta l’esperienza vissuta insieme ai bambini di una classe terza in Fidenia, ambiente
di social learning italiano, attorno a cinque verbi chiave: condividere, comunicare, stimolare,
documentare e riflettere. Ogni bambino è autore di produzioni significative, digitali e analogiche,
rappresentative di un percorso individuale e di gruppo. La condivisione di un progetto pensato e
costruito per essere svolto tra rete e presenza regala una seconda vita a un qualunque elaborato e
consente di creare un ponte tra formale e informale.
Ho sempre pensato che accompagnare un percorso di classe
potesse e dovesse espandersi
oltre i momenti d’aula, sfociare nella sfera del tu e io, del noi
come gruppo e come squadra.
Come insegnante dedico molto
spazio agli artefatti dei bambini: da un testo, una poesia, una
presentazione, una timeline, una
mappa, alle fasi di costruzione
del proprio fossile (magari proprio quello creato con la lisca di
pesce pulita dalla mamma la sera
prima). I protagonisti dell’azione
sono i bambini che smontano
e rimontano informazioni nella
forma che più si adatta al loro
corpo e al proprio stile di apprendimento.
Pensando di ricostruire il significato ampio dell’esperienza in
30
Fidenia, ambiente di social learning che consente di fare scuola
anche in rete e costruire la propria comunicazione didattica oltre l’aula (per approfondimenti si
veda l’articolo di Irene Mauro in
questo numero), mi sono venute
in mente cinque parole chiave:
condivisione,
comunicazione,
stimolo, documentazione e riflessione.
Ero alla ricerca di un ambiente
digitale che potesse coniugare lo
spirito positivo del gruppo classe
e i momenti d’aula con le idee,
i dubbi e i vissuti al di fuori del
tempo canonico e dello spazio
di scuola. Queste cinque tagword non vogliono sminuire l’insieme di alchimie di classe che
anno dopo anno si sono create, vogliono anzi sottolinearne
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
il contributo positivo in termini
di arricchimento. Si tratta di un
incontro studiato tra Rete e presenza. Vediamole insieme.
Condivisione
Condivisione è confronto, possibilità di far vedere agli altri come
io imparo, mostrare una diversa
prospettiva, un modo di fare e di
risolvere, pensiero critico e discussione se non condivido ciò
che tu dici; è apprezzare l’altro
e essere gioioso degli apprezzamenti, è rispetto del mio, del
tuo e del nostro lavoro, è riunire i
pezzi del puzzle quando qualcosa non torna, è ascolto, lettura; è
conoscere e approfondire qualcosa grazie all’altro, è scambio.
Questo è l’ambiente che desidero per gli alunni, un luogo che
Comunicare
l’upload del file. Si tratta di procedure che possono imparare a
padroneggiare in poco tempo.
Consiglio l’integrazione a Drive,
in quanto può succedere che il
file si salvi sul pc del bambino in
un modo diverso rispetto a quello pensato dall’insegnante.
Comunicazione
vada oltre e che possa arrivare a
portare, positivamente, criticità e
discussione, che stimoli a parlare anche altrove: in famiglia, tra
gli amici, con i nonni. Il “plus” di
questo aspetto potrà rimbalzare in aula aumentato del valore
apportato dalle riflessioni che
ognuno ha fatto e ha sentito con
le persone della propria vita e
della propria ricerca personale,
creando un ponte immaginario
tra scuola e famiglia, tra aula e
il mondo di vita personale che i
bambini percorrono tutti i giorni.
È facile e immediata l’associazione
tra il rimbalzo e la palla, ma come
lanciare un qualcosa che arrivi direttamente, senza troppi ostacoli e
che sia accessibile da tutti? Come
far continuare il gioco?
Ci serve un ambiente così per
condividere, uno strumento che
possa arrivare a tutti.
Gli strumenti didattici integrati in
Fidenia sono Questbase e Epub
editor: questi applicativi consentono di creare splendidi ebook e
questionari. L’ebook può essere
creato dai bambini come realizzazione di artefatto oppure consegnato dall’insegnante come
raccolta di materiale. È inoltre
prevista una piena integrazione con Drive. L’insegnante può
assegnare un compito: i bambini potranno scaricare l’allegato, completare l’esercizio e fare
Comunicazione è ricerca dell’altro, sono io che ho bisogno di te,
è una dritta per proseguire, un
messaggio da inviare, risoluzione
di un problema, organizzazione;
è ascoltare “il passo dopo passo”
per imparare qualcosa di nuovo,
è chiedere come si fa, avvisare di un cambiamento, fare una
proposta, sondare l’opinione del
gruppo.
A casa, nel momento in cui il
bambino sta svolgendo un compito o una ricerca ha bisogno di
un confronto con il compagno
di gruppo insieme al quale gli è
stata affidata l’attività. Come può
chiedere un consiglio alla classe o all’insegnante? Allo stesso
tempo l’insegnante ha spesso
bisogno di chiedere qualcosa ai
ragazzi, di monitorare il percorso dei propri studenti, di essere
guida invisibile che orienta osservando e commentando qua e
là, anche a distanza.
Ogni tanto può capitare di essere
assenti. Come rimediare e tenersi aggiornato su quanto svolto in
quella giornata?
E, visto che ci siamo, perché non
lasciare lo spazio per fare domande su qualcosa che desta
la loro curiosità. Mentre sono
a casa, per esempio, i bambini
definiscono le ultime cose per
il giorno successivo e cercano
un confronto con i compagni su
come hanno trovato i materiali
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
31
Comunicare
da esplorare. Oppure semplicemente hanno il desiderio di sapere che cosa ne pensa il gruppo
su un tema che non tocca direttamente l’attività didattica, ma
che si avvicina a propri interessi
e passioni.
Ci serve un ambiente così per comunicare e collaborare a distanza.
Fidenia permette di appendere
in una bacheca virtuale e visibile
alle persone che fanno parte del
corso i nostri lavori e qualunque
tipo di comunicazione. Quando
mi dimentico una scadenza posso andare a verificarla nel calendario. Quando cerco quel particolare video visto in classe posso
subito ritrovarlo. Quando siamo
in vacanza, possiamo tenerci in
contatto raccontandoci a vicenda che cosa stiamo vivendo.
Stimolo
Stimolo è proposta, sono io che
scelgo di mostrarti qualcosa, è
una spinta a seguirmi, è anticipazione, poi ragioneremo insieme;
è approfondire, compensare,
aiutare, è accendere una lampadina, accettare una sfida riuscirci
in 22 click e io in 14! È un’immagine, un video, una ricerca, un’analisi, un’attività da sperimentare.
Ogni esperienza didattica segue
un approccio, in questo caso il
percorso della III E dell’I.C. “Ilaria Alpi” di Milano sperimenta
una progettazione per Episodi di
Apprendimento Situato (EAS). Il
momento preparatorio prevede
uno stimolo, l’anticipazione di
materiali di approfondimento, un
compito di problem solving.
La III E non ha tablet e device
mobili, molti materiali sono cartacei. Ma dove è possibile lasciare
i compiti allegati a quei materiali,
dove è possibile reperire in modo
32
ordinato una copia digitale degli
stessi, dove postare le consegne
per il lavoro di problem solving?
In che modo trovare e rivedere
quel video-stimolo visto in classe
come apertura e inaugurazione
di un nuovo micropercorso?
Ed ecco che anche per questo
motivo ci serve un ambiente che
ci permetta di lanciare, stimolare
al nuovo.
Fidenia permette di stimolare i
bambini con modalità ulteriori rispetto alle tradizionali consegnando loro chiavi diverse per modalità
di apprendimento diverse.
nostri artefatti digitali e il rimando a quelli che si trovano nel nostro portfolio cartaceo?
Ci serve un ambiente che possa
favorire la documentazione.
Peccato non ci sia un vero spazio
dedicato di raccolta – una sorta
di E-portfolio – ma applicazioni
a supporto possono portare in
questa direzione. Documentazione significa anche commentare i
lavori dei bambini, valutarli e decidere da parte dell’insegnante la
modalità di espressione del giudizio: commento, voto in decimi.
Riflessione
Documentazione
Documentazione è archiviazione, organizzazione, pianificazione, è rivedermi mentre svolgo un
compito, è la certezza di ritrovare i miei elaborati e i materiali, la
possibilità di rivedere e rileggere,
tenere una traccia di quanto si è
svolto; è selezionare, vagliare le
informazioni, mantenere ciò che
è più significativo per me.
La documentazione è importante a diversi livelli. Ha grande significato riascoltare un discorso
tenuto e argomentato da noi,
poiché ci mette nelle condizioni
di essere spettatori e commentatori di noi stessi, di guardarci
con lo spirito di chi può e vuole
migliorarsi. Ha un grande significato rivedersi sia se il lavoro di
gruppo funziona, sia se l’organizzazione di quella attività poteva essere pensata meglio: la
gratificazione e la soddisfazione
di ciò che sentiamo di aver fatto
bene ci fa star bene; migliorarsi e
capire i nostri errori per arrivare
a guadagnarsi il senso di soddisfazione, ancora di più. Ma dove
raccogliere questi momenti?
Dove ritrovare facilmente tutti i
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Riflessione è pensiero, scambio
di idee, cambiare la propria opinione, vedere da diversi punti di
vista, riconoscere i propri errori; è imparare dai propri errori,
aggiungere conoscenza ad altra conoscenza, apprendere in
modo significativo.
La riflessione è la chiave di volta dell’architrave che sorregge
tutti i momenti visti nelle quattro
tag precedenti, ci aiuta a fissare
i punti caldi dei nostri discorsi,
caldi in quanto ricchi di altre argomentazioni che ne seguono
il percorso di esperienza svolto.
All’interno del gruppo classe,
fuori dall’aula di scuola, ripensare
e riformulare con parole nuove
un argomento porta a indossarlo
sul proprio corpo come se fosse
sempre stato parte di noi.
I bambini adeguano le proprie
conoscenze sulla base di come
hanno smontato e ricostruito le
informazioni. Quanto tale procedimento sarà diverso, originale e poco battuto da altri, tanto
più sarà oggetto di un’esperienza nuova che potrà arricchire i
compagni. Non è sempre facile riuscire a proporre momenti
Comunicare
Un rapporto circolare
in un ambiente
digitale attraversabile
di questa natura, poiché spesso
serve tempo in più per rifletterci
con attenzione. È bello trovare
uno spazio in cui osservare, leggere gli elaborati svolti dagli altri
per dare a tutti i soggetti coinvolti, insegnanti compresi, il tempo
di provare a scriversi ciò che non
si capisce, ciò che non si condivide e ciò che si apprezza.
La riflessione ha bisogno di tempo, di lentezza.
Ci serve un spazio che, mettendo in luce il lavoro di tutti, permetta di dare il tempo che ogni
lavoro si merita per il momento
di riflessione in classe. E se qualcuno ritenesse di commentare,
si senta pur libero di poterlo
fare!
Attraverso queste parole chiave
notiamo come esse siano trasversalmente interconnesse tra
di loro e in modalità circolare:
una dipende dall’altra, una stimola l’altra.
Ma facciamo un passo indietro
per capire le origini dell’esperienza in Fidenia. Siamo a novembre 2015, individuati i nostri
bisogni decidiamo di aprire il
corso di storia e il corso di italiano su Fidenia. La classe non è
totalmente a digiuno di ambienti
digitali. Dalla fine della II iniziava ad assaggiare il mondo delle
“Google App”.
Fidenia è stato scelto perché è un
ambiente di social learning che
non presenta alcuna dicotomia
tra ciò che è apprendimento e
ciò che è sociale: il social learning diventa ambiente quando le
persone entrano in relazione e
lo scambio è attivo. Si ha voglia
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
33
Comunicare
di entrare per ritrovarsi, non soltanto perché l’insegnante ha assegnato un compito in scadenza
per il giorno successivo. In tal
caso la condivisione non aggiungerebbe valenza significativa, ma
si limiterebbe a essere un luogo
come un altro, niente di più e
niente di meno rispetto a un diario nel quale annotare i “must do”.
Fidenia, inoltre, ha una caratteristica molto interessante, soprattutto per la scuola primaria: ha
un’interfaccia molto semplice.
All’inizio siamo andati un po’ a rilento in quanto non abbiamo a disposizione alcun tipo di strumentazione mobile, l’aula informatica
e il nostro proiettore di classe sono
fondamentali per capire i passaggi, sperimentare, imparare le
procedure. Un compito autentico
servito su un vassoio d’argento: il
testo regolativo si traveste da tutorial, ottimo stimolo per introdurre quella tipologia testuale!
Pronti via, ecco come registrarsi:
34
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Comunicare
Per accompagnare il percorso, è
stata dedicata una riunione “speciale” a Fidenia, coinvolgendo
genitori entusiasti e volenterosi
di immergersi in un mondo che
apre una porta sul fare dei loro
bambini in classe. Fare che a volte rimane chiuso nelle aule e che
perde l’occasione di arricchirsi
anche al di fuori.
Non mancano gli effetti collaterali: “non ho il pc, non ho il tablet”,
“mio fratello finisce sempre i dati
di internet e non posso accedere”,
“spesso sono a casa dei nonni e
da loro non posso connettermi”.
Di seguito invece l’affermazione di
una mamma: “ma non è possibile
tornare alla scuola del libro e del
compito normale? Tutta questa
tecnologia non farà male?”.
Ben quattro bambini non hanno
alcuna strumentazione, in due
casi le famiglie si sono organizzate
e hanno trovato come recuperare
un computer da amici. La situazione più bella nasce dall’unione
di Cina e Italia. Valentina, arrivata
quest’anno a settembre con in tasca solo pochissime parole della
nostra lingua, due occhietti impauriti, ogni sabato rinnova l’appuntamento con mamma Mary e
Michela. Fidenia le aspetta. Ne nasce una grande amicizia in cui una
aiuta l’altra, in uno scambio che si
arricchisce e va oltre l’apprendimento sfociando nell’emotivo e
nello stare bene, insieme. Si tratta,
Fidenia a parte, di un bell’esempio
di inclusione.
Molti bambini si ritrovano per
fare esperimenti e ricerche insieme, si stabilisce che a ogni
attività proposta su Fidenia debba essere lasciato un tempo di
almeno una settimana in modo
che tutti possano avere modo di
accedere.
Mi piace pensare che la tecnologia possa diventare uno strumento invisibile a scuola, un
qualcosa a portata di mano per
risolvere situazioni, per permettere di creare, approfondire e
mostrare anche l’art & craft analogico del nostro quotidiano.
Non è “tutto tecnologia”, ma un
accompagnamento quotidiano a
tutti gli strumenti che ci offre la
società oggi.
Una possibilità in più?
In che modo posso affermare
che questa esperienza abbia regalato una possibilità in più alla
III E?
A settembre del prossimo anno
Matilde si trasferirà a York, mancherà molto alla nostra classe e
tutti ne sono dispiaciuti. Grazie
a Fidenia, Matilde farà sempre
parte della nostra classe condividendo le sue nuove esperienze
e continuando a fare parte delle
nostre. Royer si trasferirà in una
vicina cittadina e sarà più semplice per lui venire a trovarci, ma
sarà più immediato attraverso
la piattaforma continuare a fare
parte della nostra squadra. Nel
video-messaggio a sorpresa che
i bambini hanno realizzato per i
loro compagni, Fidenia ricorre
più e più volte come richiamo al
rimanere uniti oltre le distanze. Si
tratta di una pratica che fa parte del loro modo quotidiano di
comunicare e di studiare, di imparare e produrre. È, in un certo senso, migrato nelle vite dei
bambini, pur non sostituendosi
alle attività di sempre.
Concludo con questa immagine
pubblicata soltanto ieri sera: non
tutti hanno ancora avuto possibilità di accedere e commentare,
ma parla da sé. Mi sembra un’ottima conclusione.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
35
Bookmark
Film
Zootropolis
Recensione di Elena Valdameri
collaboratrice CREMIT, media educator
Scheda tecnica
Titolo originale: Zootopia
Anno: 2016
Paese di produzione: USA
Casa di produzione: Walt Disney
Animation Studios
Durata: 108 min
Regia: Byron Howard, Rich Moore
Genere: animazione, commedia,
poliziesco
Tag
#diversità #integrazione #sogni
Sinossi
Zootropolis è una moderna città
in cui convivono animali di ogni
tipo e in cui quartieri dal look
metropolitano si affiancano a
foreste pluviali, zone desertiche e polo, per riprodurre un
ecosistema in cui ogni specie
possa vivere secondo le proprie
necessità. Il titolo originale del
film, Zootopia, richiama all’utopia di un universo eterogeneo in
cui la convivenza è fortemente
voluta e in cui “ognuno può essere ciò che vuole”.
Ma Zootropolis è anche un poliziesco: due personaggi diversi
tra loro che collaborano per risolvere un caso complicato. La
protagonista è Judy Hopps, una
coniglietta capace di realizzare il
proprio sogno d’infanzia: diventare un agente di polizia, il primo
poliziotto coniglio della storia.
Dopo qualche giorno come ausiliaria del traffico, Judy si vede
assegnare un caso importante:
36
ritrovare entro 48 ore una lontra scomparsa assieme a un’altra
dozzina di mammiferi. Per risolverlo, Judy si ritrova a lavorare
al fianco di una volpe loquace e
truffaldina, Nick, con cui andrà
costruendo un rapporto dapprima basato sulla diffidenza,
ma che col tempo si evolverà
in un’amicizia tanto autentica
quanto incredibile come quella
fra un coniglio e una volpe.
Come in un vero noir, i protagonisti si imbattono in personaggi
misteriosi e situazioni ambigue
che richiamano continuamente
al concetto di conflitto fra bene
e male. Grazie all’aiuto del vicesindaco Bellwether, mite pecorella, i due trovano gli animali
rinchiusi in un ospedale dismesso fuori città. Dietro al sequestro
c’è il rispettabile sindaco che ha
fatto sparire gli animali perché
improvvisamente inferociti, cosa
che avrebbe danneggiato l’immagine della città e di se stesso.
L’avvenimento, aggravato dalle dichiarazioni pubbliche di
Judy che riconduce l’inselvaggimento dei predatori a una recrudescenza del loro carattere
aggressivo insito nel DNA, fa
crescere il malumore nella popolazione. Inoltre, le sue parole
sui tratti insiti nel DNA di ogni
specie animale feriscono Nick.
Abbandonata la divisa e tornata in
campagna, un giorno Judy scopre l’esistenza di fiori il cui succo
ha la capacità di rendere aggressi-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
vo qualsiasi animale e chiamati in
gergo “ululatori notturni”, termine
sentito durante le sue indagini e
ricondotto erroneamente ai lupi.
In men che non si dica si precipita
in città e, riconquistata la fiducia di
Nick, la coppia si rimette all’opera e smaschera un’organizzazione
criminale di animali “prede” comandata dall’insospettabile pecora Bellwether.
Grazie all’esempio di Judy, anche Nick entrerà nella polizia,
superando ogni pregiudizio sulle volpi.
Il film in classe:
proposte didattiche
Se c’è un luogo dove tutto è
possibile è sicuramente il mondo dell’immaginazione, della
fantasia e dei sogni, un mondo
che il mezzo espressivo dell’animazione è in grado di rendere
alla perfezione. Le fiabe animate della tradizione disneyana ci
consegnano da sempre personaggi dalle sembianze animali
capaci di raccogliere e mostrare simbolicamente vizi e virtù
dell’essere umano. In Zootropolis la figura dell’animale antropomorfo è assolutamente centrale: ogni personaggio cammina
su due zampe, indossa vestiti, va
al lavoro, utilizza il cellulare, ma
soprattutto rappresenta simbolicamente vizi, virtù, stereotipi (e
talvolta la loro rottura) riportandoci a un continuo confronto
con la realtà dell’umano.
Film
gliere la numerosa popolazione
dei conigli.
Zootropolis apre a un’infinità
di possibili riflessioni sugli stereotipi della nostra società, affronta temi importanti come il
pregiudizio razziale, la discriminazione, l’integrazione e il
valore della diversità. E ancora, i
personaggi del film introducono
al tema del coraggio di vivere la
propria vita senza lasciarsi frenare dalle avversità e dai soprusi,
con determinazione, ottimismo
e mantenendo le proprie aspirazioni a diventare ciò che si desidera maggiormente.
I personaggi su cui è possibile
ragionare sono tanti: la coniglietta Judy ci mostra come si
possano maturare delle aspirazioni personali che superano
i limiti che noi stessi crediamo
di avere (o di cui la società ci
convince); la volpe Nick come
anche il recidivo più incallito
sia in grado di cambiare strada
e sceglierne una più difficile ma
onesta, se lo desidera; la pecora Bellwether è la conferma che
l’apparenza può ingannare e
che non tutti sono ciò che sembrano.
La stessa cura dedicata all’ideazione del campionario animale
è data alla città che li ospita e,
così come nella realtà, anche
gli abitanti di Zootropolis sono
molto veloci a ingabbiare gli altri negli stereotipi: gli animali del
deserto vivono in Sahara Square e gli animali dei climi freddi a
Tundratown; Little Rodentia è il
quartiere dei roditori ed è il più
piccolo di tutti; a Bunny Burrows si coltivano carote e c’è
tanta campagna per poter acco-
Attività 1 – La città ideale (consigliato alle classi terze, quarte
e quinte)
Zootropolis, “la città dove ognuno può essere ciò che vuole” e
in cui si vive insieme in armonia.
Come potrebbe essere la nostra
ideale di città? L’attività di riflessione porta alla costruzione
della città ideale: caratteristiche,
regole che la governano, luoghi,
attività possibili. La città si può
rappresentare attraverso una
mappa su un cartellone, un plastico o in digitale.
Obiettivo: riflettere sulle regole,
il senso di cittadinanza.
Tempo previsto: da 2 a 6 h
Attività 2 – Il personaggio che
vorrei essere (consigliato alle
classi terze, quarte e quinte)
Ogni bambino riceve un foglio
diviso a metà, da un lato disegna
il personaggio a cui vorrebbe
assomigliare e dall’altra parte ne
descrive il carattere e le peculiarità. Al termine vengono condivisi i lavori e ogni bambino racconta perché vorrebbe essere il
personaggio scelto.
Obiettivo: individuare le caratteristiche positive di ogni personaggio e che possono diventare
un esempio da seguire.
Tempo previsto: 2 h
Attività 3 – Diversi ma amici
(consigliato alle classi quarte e
quinte)
Un coniglio e una volpe amici?
Dopo aver analizzato le situazioni del film in cui c’è un arricchimento generato dall’incontro
con l’altro, a ogni bambino viene
assegnata una traccia per stendere un’intervista da sottoporre a
un compagno (in cui siano ripercorse le origini della sua famiglia,
le sue passioni e abitudini fuori
dal mondo scolastico). Una volta fatte le interviste, ogni bambino è chiamato a raccontare che
cosa ha scoperto di nuovo nel
compagno.
Obiettivo: scoprire nella diversità
un valore e stimolare l’apertura
all’altro.
Tempo previsto: 2 h per la stesura delle interviste, 1 h per la
somministrazione, 1 h per la restituzione
Per approfondire:
alcune curiosità
∞ Nick assomiglia molto alla volpe protagonista di Robin Hood,
uno dei film d’animazione preferiti da uno dei due registi;
∞ Per catturarne le caratteristiche, i filmmakers hanno passato
18 mesi a studiare gli animali, sia
in cattività che allo stato brado in
Kenia;
∞ La cantante Shakira ha voluto
far parte del film: dà la voce a
Gazelle (personaggio a lei ispirato) e ha scritto e interpretato il
brano “You define you”.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
37
Focus
Valutare
di Silvia Biondi
Università degli Studi di Macerata e
insegnante di scuola primaria
[email protected]
Sei cappelli per l’autovalutazione
Il contributo della sezione è incentrato sulla
tecnica dei Sei cappelli per pensare ideata da
Edward De Bono.
Quando ci si trova ad affrontare diverse
situazioni l’essere umano può agire in differenti
maniere, a seconda del proprio modo di
pensare. Se si fa uso essenzialmente della logica
si possiede un pensiero verticale-convergente
mentre se si predilige la creatività si ha un
pensiero laterale-divergente.
I compiti che vengono assegnati a scuola sono
spesso caratterizzati da un’unica soluzione
corretta che si raggiunge seguendo degli
step logici o applicando formule conosciute
e, nel momento in cui si valuta, si considera
la correttezza o meno di quanto fatto
dall’alunno. Ma se abbiamo a che fare con
il pensiero divergente ci si trova di fronte
a nuove problematiche per la valutazione
poiché è difficile giudicare la correttezza di
un processo rispetto a un altro. Nonostante
ciò la valutazione di questo tipo di pensiero
costituisce per l’alunno un’occasione di crescita
ma anche di riflessione personale del modo
di ragionare, di confronto con gli altri e di
arricchimento.
Le due tipologie di pensiero dovrebbero essere
complementari e, quindi, incoraggiate fin
dalla scuola. De Bono sviluppa la tecnica dei
Sei cappelli per pensare, adottata anche da
aziende ed educatori di tutto il mondo, allo
scopo di incrementare le modalità per pensare
creativamente. Si fa riferimento all’utilizzo di
sei cappelli di colore diverso in cui ognuno di
essi rappresenta un modo differente di pensare
e, di conseguenza, affrontare i problemi.
Questa tecnica può essere utilizzata in tutte
le discipline e in diverse occasioni: gli alunni
sono invitati a trovare soluzioni alternative a
un medesimo problema nonché a mettersi nel
38
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
ruolo degli altri per comprendere come ragiona
chi ci sta accanto.
Nella seconda parte del contributo viene
narrata un’esperienza che mostra come i “sei
cappelli” possono costituire una strategia
valutativa e autovalutativa. Al termine dell’anno
scolastico gli alunni di una classe quarta
hanno espresso le loro opinioni personali
raccontando emozioni, aspetti positivi, da
modificare o da migliorare, riguardanti il
percorso svolto nella disciplina dell’inglese.
Gli studenti hanno così potuto riflettere su: gli
aspetti innovativi come i nuovi apprendimenti
o le strategie adottate (cappello bianco), le
emozioni vissute (cappello rosso), gli aspetti
negativi (cappello nero), quelli positivi (cappello
giallo), quelli utili per la propria vita (cappello
blu) e, infine, le proposte da attuare in futuro
(cappello verde). Oltre a costituire, per gli
alunni, una modalità che favorisce la riflessione
su quanto svolto, questa tecnica può fornire
feedback all’insegnante che gli permetteranno
di autovalutare efficacemente il proprio
lavoro in classe. I messaggi degli alunni, che
rimarranno anonimi, serviranno all’insegnante
per conoscere i punti di forza e di debolezza
delle attività svolte, i lavori maggiormente
apprezzati e quelli meno, ma anche di ascoltare
i suggerimenti degli stessi alunni. Il docente,
prendendo atto di quanto comunicato dai suoi
studenti, sarà quindi aiutato a vedere il tutto
da una prospettiva diversa e potrà interrogarsi
sul proprio operato nonché sugli aspetti da
ripensare e modificare in modo da ricalibrare
adeguatamente la propria azione didattica.
Risorse
∞ E. De Bono, Il pensiero laterale, BUR, Milano 1969;
Creatività e pensiero laterale, BUR, Milano 1970
Focus
Valutare
Una tecnica colorata e creativa
per l’autovalutazione
Sei cappelli per ripensarsi
Una tecnica per favorire sia la riflessione degli alunni
sul percorso svolto sia l’autovalutazione del docente stesso
di Sara Tittarelli
docente di scuola primaria,
I.C. “Beniamino Gigli”, Recanati (MC)
[email protected]
Pensiero laterale e verticale nella scuola possono essere considerati due poli opposti o due aspetti
in continuum? Che ruolo rivestono nella valutazione? Il contributo che segue offre una riflessione
su tali tematiche, proponendo un uso particolare dei Sei cappelli per pensare di Edward De Bono.
Nella prima parte viene introdotta la spiegazione del pensiero verticale-convergente e del pensiero
laterale-divergente, segue poi il racconto di un’esperienza ambientata in una classe quarta della
scuola primaria. Tale tecnica si mostra utile non solo per gli alunni che sono invitati a riflettere, da
diverse prospettive, sull’intero percorso scolastico sviluppato nella disciplina dell’inglese ma anche
per lo stesso insegnante che, considerando i feedback forniti dai propri studenti, può autovalutarsi
nel lavoro svolto in classe.
“Molti anni fa, ai tempi in cui un
debitore insolvente poteva essere gettato in prigione, un mercante di Londra si trovò ad avere
un grosso debito con un usuraio. L’usuraio, che era vecchio
e brutto, si invaghì della bella e
giovanissima figlia del mercante, e propose un affare: avrebbe
condonato il debito se avesse
avuto in cambio la ragazza. Il
mercante e sua figlia rimasero
inorriditi della proposta. Perciò
l’astuto usuraio propose di lasciar
decidere alla provvidenza. Disse
che avrebbe messo in una borsa
vuota due sassolini, uno bianco
e uno nero, che poi la fanciulla
avrebbe dovuto estrarne uno.
Se fosse uscito il sassolino nero,
sarebbe diventata sua moglie e il
debito di suo padre sarebbe stato
condonato. Se la fanciulla invece avesse estratto quello bianco,
sarebbe rimasta con suo padre e
anche in tal caso il debito sarebbe stato rimesso. Ma se si fosse
rifiutata di procedere all’estrazione, suo padre sarebbe stato
gettato in prigione e lei sarebbe
morta di stenti. Il mercante, benché con riluttanza, finì coll’acconsentire. In quel momento si
trovavano su un vialetto di ghiaia
del giardino del mercante e l’usuraio si chinò a raccogliere i due
sassolini. Mentre egli li sceglieva,
gli occhi della fanciulla, resi ancor più acuti dal terrore, notarono che egli prendeva e metteva
nella borsa due sassolini neri.
Poi l’usuraio invitò la fanciulla a
estrarre il sassolino che doveva decidere la sua sorte e quella di suo padre” (http://www.
strategieperilsuccesso.com/
il-pensiero-laterale-edwardde-bono-librodellasettimana/
[18/08/2016]).
Questo aneddoto presentato dallo scrittore maltese E. De Bono
nel testo Il pensiero laterale, ci
illustra un problema di fronte al
quale ci possiamo approcciare con diverse strategie. Voi che
cosa fareste se foste nei panni
della sfortunata fanciulla? Vi rifiutereste di estrarre il sassolino
gettando così vostro padre in una
prigionia sicura? Smascherereste
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
39
Valutare
l’usuraio imbroglione mostrando
i due sassolini neri o vi sacrifichereste per la vita di vostro padre
estraendo comunque uno dei
due sassolini?
Il pensiero verticaleconvergente
Ebbene, se avete pensato a una
di queste tre soluzioni appena
elencate, sappiate che siete “verticalisti” e, come tali, dominati dal
pensiero verticale, un pensiero razionale, logico-matematico, analitico e sequenziale che si basa su
deduzioni obbligate e ripercorrono prassi già tracciate. Adottando
un’altra espressione, è il pensiero
convergente (Guilford).
È questo un modo di operare
spesso presente nelle tradizionali pratiche didattico-educative scolastiche. Basti pensare alla
risoluzione dei tipici problemi
matematici che spesso propiniamo ai nostri alunni: problemi
in cui non è possibile avere più
di un risultato, ma un’unica soluzione corretta da raggiungere
seguendo scrupolosamente una
serie di step logici e applicazione di formule già predisposte.
La valutazione dell’insegnante è quindi netta e si focalizza
semplicemente sulla correttezza o meno dell’unica risposta
ammissibile. Un segno di penna rossa corregge l’errore e lo
studente accetta acriticamente,
spesso senza capirne le motivazioni; lo stesso segno impedisce
all’insegnante di interrogarsi sul
procedimento seguito dall’alunno per giungere a quella risposta, senza considerare che i
fattori “caso”, emotività, condizioni fisiche e ambientali possano insinuarsi nella stessa. Il
momento autovalutativo, quan-
40
do richiesto, non diviene che lo
specchio delle aspettative e dei
metodi di giudizio quantitativi
dell’insegnante, per cui lo studente è portato a giudicarsi con
un numero, quel numero che si
avvicini il più possibile all’idea
dell’insegnante sulla sua prestazione. Un modo di pensare
e operare che, sebbene possa
risultare più semplice per il docente, finisce per inibire lo sviluppo naturale delle idee e delle
soluzioni che si discostano dal
consueto, bloccando eventuali
spunti creativi.
Il pensiero lateraledivergente
Ritorniamo ora alla situazione
problematica sviscerata nella
prima parte di questo contributo.
È lo stesso De Bono a svelare la
soluzione che la fanciulla riesce
a mettere in atto per sciogliere la
questione dei sassolini, apparentemente irrisolvibile. E voi siete
riusciti nel difficile tentativo di
trovare punti di vista alternativi
e a discostarvi da considerazioni già elencate? Se la risposta è
affermativa, è molto più probabile che siate guidati dal pensiero
laterale. Questo, tenendo conto
dalla molteplicità dei punti di vista da cui si può considerare un
problema, va a caccia di soluzioni nuove e originali procedendo
per salti e ricercando sentieri
mai battuti. Citando nuovamente Guilford (http://www.amso.
it/h/pensierodivergente.htm
[23/08/2016]) dovremmo parlare
di pensiero divergente.
Tale prassi è spesso dimenticata
dalla scuola che preferisce la certezza del programma all’apertura
del progetto. In ambito scolastico, infatti, spesso le caratteristi-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
che del pensiero laterale vengono dimenticate, a volte persino
scoraggiate. Conseguentemente
il bambino diventa avverso ad azzardare nuove soluzioni poiché
il rischio di sbagliare è elevato.
Considerare il pensiero laterale,
infatti, significa aprire nuove problematicità sulla valutazione: chi
può giudicare che una soluzione
sia giusta o sbagliata se le strade
percorribili non sono prestabilite
ma vengono scoperte in itinere?
Quante e quali soluzioni possono essere scovate? Come possono essere selezionate? Che
ruolo assume l’autovalutazione?
L’atto creativo implica, comunque, la verifica/valutazione nella
pratica: la soluzione deve essere
verificata per vedere se funzionerà o meno; in caso negativo dovrà essere scartata, senza dimenticare di lodare il bambino per
lo sforzo immaginativo e vedere
nel “fallimento” lo stimolo per
una nuova ricerca. Il momento
valutativo diviene occasione di
crescita personale e l’autovalutazione un modo per guardarsi criticamente con serenità. L’alunno
che si interroga sui processi messi in atto studia, elabora, vaglia le
varie proposte confrontandosi
col gruppo classe e, nello scambio con l’altro, si arricchisce di
nuove idee e guarda a se stesso
(e agli altri) come fonte di arricchimento alla classe. L’errore diviene un nuovo sentiero da battere, così come descrive Rodari
nel suo Grammatica della fantasia: “Da un lapsus può nascere
una storia, non è una novità. Se,
battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere ‘Lamponia’ per ‘Lapponia’, ecco scoperto un nuovo paese profumato e
boschereccio: sarebbe un pec-
Valutare
cato espellerlo dalle mappe del
possibile con l’apposita gomma;
meglio esplorarlo, da turisti della fantasia. Se un bambino scrive
nel suo quaderno ‘l’ago di Garda’,
ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu,
o seguirne l’ardito suggerimento
e scrivere la storia e la geografia
di questo ‘ago’ importantissimo,
segnato anche nella carta d’Italia. La Luna si specchierà sulla
punta o nella cruna? Si pungerà
il naso? Un magnifico esempio
di errore creativo è quello che si
trova secondo il Thompson nella
Cenerentola di Charles Perrault:
la scarpina della quale, in origine,
sarebbe dovuta essere di ‘vaire’
(una sorta di pelliccia); e solo per
una fortunata disgrazia diventò di
‘verre’, cioè di vetro. Una scarpina
di vetro è sicuramente più fantastica di una qualunque pantofola
di pelo, e più ricca di seduzioni,
anche se figlia del calembour o
dell’errore di traduzione. L’errore
ortografico, se ben considerato,
può dar luogo a ogni sorta di storie comiche e istruttive” (Idem, p.
195).
Pensiero laterale e pensiero verticale riconducono, rispettivamente, all’emisfero destro e all’emisfero sinistro del cervello e al
loro modo di affrontare diversamente le cose: il primo in maniera creativa, il secondo in maniera
logica. Tuttavia un modo di pen-
Pensiero laterale
Informazioni usate per l’effetto
Sbaglio consentito
Ricerca di informazioni irrilevanti
Differire giudizi per le nuove idee
Ristruttura il modello percettivo
È generativo
sare non deve escludere l’opposto; al contrario, i due devono essere complementari ed entrambi
incoraggiati a scuola, in modo
da poter incastrarsi per produrre soluzioni funzionali. Durante
il brainstorming, per esempio, gli
alunni usano il pensiero laterale
laddove esprimono liberamente
le proprie opinioni e ipotesi senza essere giudicati dagli altri (fase
divergente) e, successivamente,
il pensiero laterale nel momento in cui devono selezionare, in
base agli obiettivi e alle finalità,
quelle ritenute più adatte e funzionali (fase convergente). È uno
strumento molto utile non solo
per sviluppare soluzioni creative,
ma anche per migliorare qualitativamente le produzioni degli
studenti: il coinvolgimento di
tutti, anche delle persone più silenziose del gruppo incoraggiate
dal facilitatore, crea un clima di
accettazione in cui ognuno può
esprimersi liberamente e avverte di diventare protagonista nel
processo di cambiamento.
Sei cappelli per
pensare di E. De Bono
Partendo da queste premesse,
De Bono elabora un metodo originale, quello dei Sei cappelli per
pensare. Esso utilizza sei cappelli di colore diverso, ognuno dei
quali rappresenta sei diversi modi
di pensare per affrontare i proble-
mi da ottiche diverse. Indossare
concretamente o metaforicamente, durante una discussione,
un cappello significa assumere un
ruolo differente e interpretare una
parte; significa entrare in un’ottica diversa, nella testa e nei panni dell’altro e considerare stili di
pensiero che, nella norma, non ci
apparterrebbero; significa, infine,
proteggere il proprio io facendo
trovare il loro posto alle emozioni, viste non più come ostacolo
alla razionalità, ma come risorse
per generare nuove idee. I seguenti sono i ruoli rappresentati
da ciascun colore:
∞ Cappello bianco (Neutrale):
è il cappello del ragionamento
analitico e imparziale, che riporta i fatti così come sono, che fa
analisi dei dati, raccolta di informazioni, precedenti, analogie
ed elementi raccolti. Il bianco è
neutralità, quindi non prende in
considerazione giudizi personali.
∞ Cappello nero (Negativo): è il
cappello “avvocato del diavolo” che rileva gli aspetti negativi,
quelli che non sono piaciuti e da
migliorare.
∞ Cappello giallo (Positivo): il
giallo è il colore della luce e
dell’ottimismo. È il cappello che
rileva gli aspetti positivi, le preferenze, i vantaggi, le opportunità, i
benefici, i punti di forza.
∞ Cappello rosso (Emotivo): il
rosso suggerisce sentimenti ed
Pensiero verticale
Informazioni usate per il loro intrinseco valore
Sbaglio non consentito
Selezione dei soli elementi rilevanti
Formulazione di giudizi immediati
Accetta il modello percettivo e lo sviluppa
È percettivo
Tratta da http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=2&id=164
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
41
Valutare
emozioni. È il cappello che permette di dare libero sfogo alla
emotività ed esprimere di getto
le proprie intuizioni.
∞ Cappello blu (Razionale): Il blu,
colore del cielo e della calma,
viene assunto come colore per
gli aspetti reali. Stabilisce priorità, metodi, sequenze funzionali,
pianifica, organizza, fissa le regole del gioco.
∞ Cappello verde (Creativo): il
verde, come colore della fertilità, richiama alla fecondità della
Cappello blu – il controllo del
processo (garantire che tutti
abbiano una visione generale)
• L’insegnante capisce che deve
controllare la quantità di tempo
che passa a parlare in classe;
• L’insegnante deve capire che
alcuni studenti hanno bisogno
di tempo prima di reagire:
dare loro il tempo necessario
per pensare a delle soluzioni
promuove la partecipazione e
migliora l’apprendimento;
• Gli studenti capiscono che le
loro chiacchere fanno sì che
l’insegnante non si senta né
apprezzato né rispettato;
• Gli studenti capiscono che i
loro commenti diventano un
ostacolo per l’apprendimento
degli altri;
• Gli studenti capiscono che
parlare senza aspettare il
proprio turno denota una
mancanza di autodisciplina
e che non è necessario
commentare tutto ad alta voce.
mente nel produrre sbocchi creativi, nuove idee, analisi e proposte migliorative.
Combinando i diversi tipi di cappello e, quindi, i diversi modi di
pensare e comunicare, che non
sono assolutamente settoriali, i
Cappello bianco – i fatti (si definisce che
cosa accade)
• Gli studenti parlano mentre parla
l’insegnante;
• C’è rumoree quindi gli altri studenti si
distraggono e non seguono bene l’insegnante;
• Gli studenti non sanno che cosa fare quando
l’insegnante dà istruzioni;
• Molti studenti si distraggono dal compito
assegnato e non riescono a completarlo.
Problema:
Gli studenti parlano
mentre parla
l’insegnante.
Cappello verde – la creatività (le idee creative che
scaturiscono perché si vedono le cose in una nuova luce)
• L’insegnante sarà più consapevole del tempo che passa
a parlare;
• L’insegnante cercherà di sviluppare l’interazione con
più studenti e non solo con i “primi della classe”;
• Gli studenti resisteranno alla tentazione di dire quello
che gli passa per la mente, rifletteranno su ciò che hanno
da dire e se è pertinente rispetto all’argomento;
• Gli studenti considereranno se i loro commenti
interferiscono con l’apprendimento degli altri.
Cappello rosso – l’emotività (si
esprimono le emozioni)
• L’insegnante ci rimane male;
• Gli studenti si seccano perché
non riescono a seguire le sue
indicazioni;
• Quelli che parlano si divertono
a fare battute e a farsi sentire;
• Rappresenta il pensiero
emotivo.
Cappello nero – la critica (gli aspetti
negativi)
• È uno spreco di tempo;
• L’apprendimento è un compromesso;
• Chi parla non si sente rispettato perché
gli altri non hanno voglia di sentirlo.
Cappello giallo – l’ottimismo
(gli aspetti positivi)
• Tutti hanno la possibilità di dire
quello che gli passa per la testa;
• Può essere divertente;
• Non parlano solo i “primi della
classe”;
• Non bisogna aspettare per
esprimersi, evitando il rischio
di dimenticarsi informazioni
potenzialmente importanti.
Tratta da https://studiobaroni.info/tag/sei-cappelli-per-pensare/
42
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Valutare
Sei cappelli per
pensare nella mia
esperienza: le opinioni
dei bambini
soggetti riescono a lavorare con
più flessibilità e trovare soluzioni alternative. In ambito scolastico l’uso di questa tecnica si
può rivelare fecondo in diversi
campi del sapere e del fare. Per
esempio, nel problem solving, si
potrebbe proporre al team classe la discussione attorno a una
problematica significativa e invitare a indossare, anche concretamente, un cappello di diverso
colore per sviscerare le varie opportunità e risolvere il problema
posto dal conduttore. Altresì si
potrebbe invitare gli alunni a riflettere in maniera diversa, “a
mettersi nei panni di” per comprendere anche come ragionano
gli altri e incorporare alcuni di
questi elementi nel proprio pensiero.
Inoltre, la tecnica, con gli opportuni adattamenti, può diventare una strategia alternativa – e
creativa – da porre in essere nel
campo della valutazione.
A tal proposito, questo che sto
per presentarvi è un mio lavoro
realizzato al termine dell’anno
scolastico con una classe quarta
di Scuola Primaria della provincia di Macerata in cui ero specialista di lingua inglese con la
collaborazione di due tutor madrelingua. Fu per me un anno
molto particolare e importante
per la mia formazione, non solo
perché periodo di prova come
docente a tempo indeterminato
in cui per la prima volta sperimentavo nuove strategie che,
fino ad allora, avevo soltanto
studiato sui libri universitari, ma
anche perché, proprio come
una spugna, osservavo e facevo
mio quanto avevo attorno.
Pensai ai Sei cappelli per pensare come strategia per permettere agli alunni di esprimere
liberamente le loro opinioni in
una fase finale, valutativa e autovalutativa, del percorso in lingua. Li invitai, così, a ripensare al
percorso didattico che li aveva
visti protagonisti, esprimendo
opinioni e raccontando emozioni vissute, e a intervenire attivamente su quanto svolto chiedendosi, per esempio, aspetti da
migliorare, evitare, modificare,
riproporre.
Al termine dell’anno scolastico,
ho voluto concludere proponendo un’attività che mi permettesse
di avere un feedback diretto da
parte degli alunni sull’intero percorso della disciplina interessata.
Come specificato, il mio obiettivo non sarebbe stato quello di
valutare o meno ciò che veniva
detto/scritto dai bambini, ma valutare me stessa, rivedere punti
di forza e debolezza delle attività
presentate, entrare nei loro panni
e capire quali elementi piacciono
di più ai bambini e quali meno,
ricalibrare la mia azione didattica. D’altronde anche io nel corso
dell’anno sono stata un’alunna
e ho imparato a fare qualcosa,
learning together, imparando
insieme a loro. Ora avrei voluto
vedermi con occhi altri.
∞ Il cappello bianco
Nel cappello bianco sono confluiti tutti gli aspetti che i bambini
hanno giudicato essere maggiormente innovativi, ovvero nuove
informazioni che hanno appreso
senza giudicare. Dalla lettura e
dal confronto, emerge come essi
riconoscano di aver arricchito soprattutto il loro lessico.
− Ho imparato i frutti e le verdure e a parlare perché ho studiato
e la maestra, secondo me, mi ha
spiegato molto bene.
− I frutti, i nomi delle materie, la
posizione degli oggetti.
− Le parole, l’inglese, i cibi, il corpo
umano e moltissime altre cose.
− Ho imparato le stanze della
casa e la grammatica.
− Ho imparato i cibi, gli animali,
strumenti. Ho imparato come si
dice mi piace e non mi piace, CLIL.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
43
Valutare
Alcuni, invece, si focalizzano sulle competenze linguistiche e, a
sorpresa, su quelle relazionali.
− Tradurre le storie in italiano, a
parlare inglese con una persona
inglese.
− Ho imparato a parlare con persone che parlano solo in inglese.
− Quando è arrivato Alex e poi è
arrivata Karen ho imparato a parlare inglese.
− Ho imparato che si può collaborare e lavorare in gruppo. Ho
fatto cose che prima non avevo
mai fatto prima.
− Ho imparato a parlare con gli
altri senza litigare.
∞ Il cappello rosso
Il cappello rosso è il cappello
delle emozioni. Una volta indossato, i bambini sono stati invitati a
esprimere liberamente la propria
opinione in merito alle emozioni e sensazioni provate nel corso
delle lezioni, senza timore di essere giudicati, né senza bisogno
di fornire giustificazioni.
Sembrano vincere gioia e felicità
per la varietà delle attività.
44
− Ho provato felicità, divertimento, entusiasmo.
− Io ho provato gioia, felicità,
affetto, piacere di fare le cose
che abbiamo fatto. Mi è piaciuto
molto l’inglese!
− Felicità quando abbiamo lavorato in gruppo.
− Le mie emozioni sono state
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
solamente gioia e felicità e tanto
amore per la maestra.
− Affetto per la maestra, rabbia
quando la maestra mi sgridava,
amore per i programmi scolastici, la concentrazione per i compiti a casa.
− Tristezza perché è finito inglese e la maestra forse va via.
E paura per le verifiche:
− Ho avuto paura quando c’erano le verifiche.
− Felicità, affetto, allegria e nelle verifiche solamente un po’ di
difficoltà.
∞ Il cappello nero
È il cappello degli aspetti negativi, che i bambini vorrebbero evitare. Che cosa non ti è piaciuto
e vorresti eliminare? I bambini
hanno risposto, soprattutto, che
vorrebbero eliminare le verifiche
o argomenti un po’ difficili.
− La verifica con la maestra M.
perché non c’era la maestra Sara.
− A me non piacciono le verifiche.
− A me non mi è piaciuto tanto la
verifica perché alcune erano un
po’ difficili.
Valutare
∞ Il cappello giallo
È il cappello degli aspetti positivi.
CLIL, la presenza dei lettori, metodologie basate su giochi linguistici, il lavoro di gruppo sono
stati i più nominati. Queste le
vive voci dei bambini:
− Quando abbiamo visto i film, il
bingo, i lavoretti, il CLIL, il lavoro di
Natale e siamo andati al computer,
quando son venuti Alex e Karen.
− Mi è piaciuto tre cose e cioè la
LIM, il lavoro di gruppo e il CLIL.
− Lavoro di gruppo all’inizio
dell’anno scolastico, le interviste,
l’aula LIM, il bingo con Karen, il
CLIL, le interrogazioni che ce l’ho
fatta a ripeterle.
− Mi è piaciuto il lavoro di gruppo, il bingo, ma in verità tutto.
− I sei cappelli per pensare e l’esperienza vissuta con Karen e
con Alex.
∞ Il cappello blu
Una volta indossato, il cappello
blu esprime gli aspetti concreti,
quelli che i bambini ritengono
essere maggiormente utili per
la propria vita. Tutti riconoscono l’importanza di saper bene
l’inglese per parlare con persone straniere o andare all’estero.
Inoltre, c’è consapevolezza di
quanto sia una lingua veicolare,
importante per rapportarsi nel
nostro mondo globalizzato e per
la propria vita.
− Mi è servito che se tipo da grande vado in Inghilterra, so parlare
l’inglese. E so parlare anche un’altra lingua!
− Mi può essere utile l’inglese
perché se incontro una persona
inglese ci posso parlare oppure leggere e capire le scritte sui
muri, sui fogli e sulle maglie.
− Il parlare in inglese se in Italia
non ci sarà lavoro e quindi andare
all’estero.
− Potrei andare in Inghilterra o in
America.
− Mi sarà utile da grande quello
che ho imparato perché voglio
andare all’estero e girare il mondo e diventare una stilista e scoprire altre nuove cose.
∞ Il cappello verde
Nel cappello verde, prendono
posto gli sbocchi creativi, ovvero proposte e idee che i bambini
vorrebbero vedere essere messe
in atto per il prossimo anno scolastico. Molti vorrebbero lavorare
nuovamente in gruppo, segno
che la metodologia, inizialmente
rifiutata, ha attecchito positivamente.
− Sicuramente un altro lavoro di
gruppo.
− Costruire altre creazioni in
gruppo.
− Il gruppo con i ruoli che si
cambiavano come quello di
quest’anno.
− Vorrei solamente avere 30 ore
della maestra Sara.
− Per il prossimo anno vorrei che
ci fossero più progetti da fare in
gruppo e vorrei che non ci fossero verifiche.
− Il lavoro di gruppo per sempre!
Sono stato bene!
Altri, vorrebbero più attività di movimento, CLIL e giochi linguistici.
− Io vorrei continuare a fare tutte
le materie in inglese.
− Vorrei che tu rimanessi con noi.
Non nascondo come, rileggendo le loro opinioni, abbia avuto
il rimorso, ormai giunta al termine dell’anno, di non riuscire più a
modificare degli aspetti che, ho
scoperto troppo tardivamente,
non erano graditi dagli studenti,
come per esempio le modalità
di verifica e valutazione. Il fatto
che siano detestati dalla maggior parte degli alunni ci deve
spingere a ripensare questi momenti non come occasioni per
giudicare le loro performance o,
ancora peggio, a giudicare gli allievi stessi. Il momento valutativo
è vissuto (si veda il commento
sul cappello rosso) con paura da
parte di alcuni, come se gli alunni sentissero sulla loro persona il
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
45
Valutare
peso di un giudizio quantitativo.
Una volta che l’insegnante acquisisce tale consapevolezza, è
necessario che si lavori con gli
altri docenti del team per predisporre strumenti valutativi diversi
che valorizzino maggiormente le competenze piuttosto che
le conoscenze: “Non si valuta
per valutare, ma per formare,
per cambiare in meglio, dove e
quando necessario. È bene che
gli alunni acquisiscano essi stessi degli strumenti dell’autovalutazione, nel momento stesso in
cui si avviano percorsi rivolti alla
conoscenza di sé, delle proprie
capacità, attitudini ecc. L’insegnante attraverso la “trasparenza”, che si fa anche metodo,
informa e discute circa i criteri
utilizzati, l’assegnazione motivata dei punteggi, e cura contemporaneamente gli aspetti relativi
al passaggio dal rinforzo positivo, esterno, a quello personale,
interno. Autovalutarsi significa
quindi per uno studente conoscersi meglio e cercare risposte
adeguate alle proprie necessità.
Questa forte valenza formativa
dell’autovalutazione deve essere
impiegata anche nelle situazioni
di handicap, perché può, usata
correttamente, rispondere a un
bisogno di sicurezza: delimitare,
contornare dei campi, spostare il
giudizio dalla persona all’azione,
che può essere appresa, corretta, ricercata, migliorata” (http://
www.integrazionescolastica.it/
upload/art1003/valutazione_
processo_insegnamento_apprendimento.pdf [18/08/2016]).
Altro elemento emerso è stato il
grande apprezzamento (cappello
giallo) che gli alunni hanno avuto
sul lavoro di gruppo che presentai sotto la veste di cooperative
46
learning: se inizialmente i bambini avevano dimostrato disagio al
“lavoro di gruppo” in quanto nel
passato avevano vissuto esperienze spiacevoli (azzarderei molto tradizionali) in cui era il più bravo a prendere in mano le redini e a
sostituirsi agli altri, una volta sperimentato l’essenza dell’autentico
cooperative learning, si sono dimostrati assolutamente entusiasti
e pronti a ripetere l’esperienza.
Si notino, infatti, gli interventi dei
bambini che raccontano di “benessere” e “gioia” nel lavorare con
gli altri: l’interdipendenza positiva
che si crea tra i membri del gruppo produce effetti positivi non
solo sulle prestazioni, ma soprattutto sullo sviluppo delle competenze sociali.
Senza considerare poi i vantaggi
derivati dalla lettura dei bigliettini inseriti nel cappello verde, in
cui gli alunni hanno indossato gli
abiti dell’insegnante proponendomi nuove attività a cui, sinceramente, non avevo mai pensato
o di ripeterne altre.
“I sei cappelli per pensare” può
essere innestata nel corso delle
lezioni, invitando l’insegnante a
ricalibrare la propria azione didattica. Avere un feedback diretto da
parte degli studenti, che possono
esprimere le opinioni su un supporto scritto e, quindi, in anonimato, senza timore di essere giudicati, permette all’insegnante di
conoscere direttamente il mondo
dell’alunno, entrare con le proprie
scarpe nel suo vissuto e, se abbastanza coraggioso, rivedersi con
gli occhi dei suoi studenti. Ancora
più coraggioso è poi conoscere
per ri-orientare la propria azione
didattica, rivedere, interrogarsi,
modificarsi, problematizzare se
stessi.
Prima di concludere questo mio
contributo, vorrei dedicare delle
ultime righe per svelare il “mistero creativo” della storia dei sassolini e della figlia del mercante.
Quella che segue è la soluzione
che il pensiero laterale avrebbe
trovato. Ora non resta che autovalutarvi...
“Ebbene: la ragazza introdusse la
mano nella borsa ed estrasse un
sassolino, ma senza neppur guardarlo se lo lasciò sfuggire di mano
facendolo cadere sugli altri sassolini del vialetto, fra i quali si confuse. ‘Oh, che sbadata! – esclamò. – Ma non vi preoccupate: se
guardate nella borsa potrete immediatamente dedurre, dal colore del sassolino rimasto, il colore
dell’altro’. Naturalmente, poiché
quello rimasto era nero, si dovette
presumere che ella avesse estratto
il sassolino bianco, dato che l’usuraio non osò ammettere la propria
disonestà. In tal modo, servendosi
del pensiero laterale, la ragazza riuscì a risolvere assai vantaggiosamente per sé una situazione che
sembrava senza scampo” (http://
www.topmind.it/index.php/
edward-de-bono/creativita-epensiero-laterale [18/08/2016]).
Risorse
∞ M. Comoglio, M.A. Cardoso, Insegnare e apprendere in gruppo. Il
Cooperative Learning, LAS, Roma 1996
∞ E. De Bono, Il pensiero laterale, BUR, Milano 1969
∞ E. De Bono, Sei cappelli per pensare, BUR, Milano 1991
∞ E. De Bono, Creatività e pensiero laterale, BUR, Milano 1998
∞ G. Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi Editore, Torino 1973
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Bookmark
Libro
Luis Sepúlveda
Storia di un cane che insegnò
a un bambino la fedeltà
Guanda, 2015, pp. 97, € 10,00
Recensione di Antonella Mazzoni
insegnante, scuola primaria
“F.S. Quadrio”, Sondrio
Un vecchio pastore tedesco è al
seguito di un gruppo di uomini
bianchi che danno la caccia a un
indio fuggitivo. Il cane è malnutrito, maltrattato e tenuto quasi
sempre alla catena; il suo fine
fiuto viene sfruttato per la caccia
all’uomo. Aufman, il cane, non
è toccato dalla sua triste sorte perché si rifugia nei ricordi di
ciò che ha perduto. Da cucciolo,
perso nella neve, era stato salvato da un giaguaro che lo aveva
portato vicino a un villaggio di
Mapuche, la Gente della Terra. Il
capo del villaggio lo accoglie e
Aufman cresce con suo nipote,
Aukamañ, e trattato da questo
come un fratello. Con i Mapuche
Aufman vive felice nel pieno rispetto della natura e dei suoi cicli
e conosce le tradizioni antiche di
quel popolo. Un giorno un gruppo di uomini, assoldati da una
multinazionale del legname, arriva al villaggio e se ne impossessa con la violenza incendiandolo,
uccidendo il capo, scacciando
gli abitanti e prendendosi il cane.
Sono passati anni, ma Aufman ha
riconosciuto nel fuggitivo, dall’odore “di legna secca, di farina, di
latte e miele”, il suo antico compagno di giochi Aukamañ. Fa di
tutto per depistare gli inseguitori,
fino a sacrificare la propria vita
per salvare quella del suo fratello
Mapuche e consentirgli di lottare
per riprendersi ciò che gli è stato
tolto.
Il libro in classe:
proposte didattiche
Il racconto è sviluppato in prima persona, la voce narrante è il
cane Aufman e segue un punto
di vista diverso da quello umano.
La narrazione è inframmezzata
da termini mapudungun, la lingua dei Mapuche, e ricca di riferimenti popolari alla tradizione
del sud del Cile.
I Mapuche vivono nel centro-sud
del Cile e dell’Argentina, unico
popolo originario a non essere
stato conquistato e sottomesso
dagli spagnoli 500 anni fa, rimanendo indipendenti fino alla fine
del XIX secolo. Per la millenaria
filosofia Mapuche l’uomo non è
che uno degli elementi del cosmo, che deve rispettare e di cui
non deve alterare l’equilibrio.
Questa favola di Sepúlveda è
ispirata ai valori della fedeltà e
della solidarietà ed è densa di
spunti di riflessione su argomenti
a lui cari: la natura e la necessità di salvaguardarla e di seguire
i suoi ritmi, il rispetto per gli altri, la pari dignità di ogni civiltà, il
contrasto tra bianchi civilizzati e
indigeni sottomessi e sterminati,
la ricerca delle radici, il rapporto
tra uomo e animali.
Attività 1: I primitivi di oggi
(consigliata alle classi terze)
Pur non essendo più i Mapuche
una popolazione propriamente primitiva, nel racconto sono
ben descritti alcuni comportamenti e atteggiamenti sovrapponibili a quelli degli uomini del
tardo paleolitico/primo neolitico (cibo, abitazioni, rapporto
con la natura, arte, spiritualità...).
La lettura del libro (prima, dopo
o in concomitanza con l’analin. 4 • dicembre 2016 • anno 124
47
Libro
si della vita dell’uomo primitivo)
può dare origine a un confronto
tra le abitudini Mapuche e quelle dei primitivi. Le osservazioni si
raccolgono su un cartellone, annotando similitudini e differenze,
illustrando brani del libro e scene preistoriche (in alternativa un
prodotto multimediale e/o una
mappa concettuale). Il confronto può dare spunto a una ricerca
su tribù primitive ancora presenti
sulla Terra e a riflessioni sullo sviluppo asincrono delle civiltà nelle diverse parti del mondo.
Obiettivi:
∞ Conoscere le caratteristiche
della vita dell’uomo nel paleolitico e nel neolitico.
∞ Conoscere l’evoluzione delle
scoperte e delle tecniche in epoca preistorica.
∞ Conoscere le prime forme artistiche e spirituali.
∞ Conoscere alcune tribù primitive ancora esistenti.
∞ Comprendere che l’evoluzione
umana è avvenuta in tempi diversi nelle varie parti del mondo.
Tempo previsto: un bimestre
Attività 2: La catena alimentare
(consigliata alle classi terze)
“Mangio in fretta [...] e il corpo
caldo di tunduku, il topo, mi cede
il suo tepore e la sua energia. Gli
avanzi saranno un banchetto per
ñamku, il falco, e prima o poi [...]
un altro tunduku si nutrirà delle
sue uova”: nel libro sono vari i riferimenti alla catena che lega gli
esseri viventi tra loro, rendendoli
interdipendenti. In classe terza
si effettuerà una classificazione
degli esseri viventi in base alla
loro alimentazione. Si guideranno gli alunni ad approfondire la
loro prima risposta che proba-
48
bilmente riguarderà carnivori ed
erbivori, spostando l’attenzione
sui vegetali e sui decompositori.
Divisi in gruppi raccoglieranno
informazioni sui vari anelli che
compongono la catena alimentare, per poi unirle in un quadro
schematico generale (prodotto
cartaceo o digitale, cartellone,
lapbook...). A seconda del contesto classe si potrà o meno affrontare un percorso più approfondito sull’ecosistema.
Obiettivi:
∞ Conoscere gli anelli della catena alimentare e le loro relazioni.
∞ Sapere lavorare in gruppo per
arrivare a un elaborato condiviso.
Tempo previsto: 6/8 ore
Attività 3: Animali a scuola (consigliata a tutte le classi)
Il racconto gira attorno al rapporto tra uomini e animali. È
ormai assodato che la relazione
tra bambini e animali porti diversi benefici nella facilitazione nei
contatti interpersonali, anche
con le diversità, nello sviluppo di
autostima e capacità decisionali, nel superamento di timori. La
classe potrebbe adottare un acquario, un formicaio, un terrario,
una gabbia con criceti o uccellini, di cui prendersi cura occupandosi della pulizia e del nutrimento degli animali. Più incisivo
dal punto di vista emotivo sarebbe però un progetto che prenda
in considerazione incontri con
animali che evochino un’affettività più marcata: cani, cavalli,
asini...
In collaborazione con enti esterni (canili, maneggi o associazioni di volontariato1) e/o avendo a
disposizione spazi adeguati (cortili, giardini, prati...) si progetta-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
no attività che presuppongano
l’incontro e la cura degli animali
da parte degli alunni, la guida di
esperti per l’approccio corretto
con l’animale e il rispetto dell’altro, per periodi di tempo mediolunghi.
Obiettivi:
∞ Saper interagire correttamente
con l’animale.
∞ Comprendere i bisogni dell’altro.
∞ Assumersi compiti e responsabilità.
Tempo previsto: da due mesi
all’intero anno scolastico
L’Autore
Luis Sepúlveda (1949) è uno
scrittore, giornalista, sceneggiatore e regista cileno. Ha subìto
il carcere e l’esilio a seguito della sua resistenza alla dittatura di
Pinochet. Ha collaborato attivamente con Greenpeace per
parecchi anni. Dalle sue opere
traspaiono l’impegno civile che
contraddistingue la sua vita e il
suo profondo rispetto per la natura e per le popolazioni che vivono in armonia con essa.
La citazione
Non mi importa di essere
solo il cane per quel branco
di uomini e da loro non mi
aspetto altro che frustate.
Non mi importa, perché dal
buio mi arriva il lieve aroma
di quel che ho perduto.
1 http://www.passiecrinali.it/: associazione che collabora con scuole; nel 2012/13
progetto “Asini a scuola” alla “Racchetti” di
Sondrio.
Focus
Studi di caso
di Elena Mosa
INDIRE, Firenze
[email protected]
Diamo spazio alla motivazione
#scuolaviva
Chi l’ha detto che i ragazzi non vanno volentieri
a scuola? All’I.C. “Falcone” di Copertino, l’istituto
oggetto del caso di questo mese, gli studenti
e i docenti non si disperano quando la sveglia
suona al mattino. Qual è il segreto? Forse non
uno solo, sicuramente un’alchimia di persone
che, somigliandosi, si riconoscono e si cercano.
Ma non basta. Quello che si percepisce in
questa scuola è una visione per il cambiamento
condivisa, interiorizzata e applicata.
Nei miei colloqui con Ornella, Dirigente della
scuola e autrice del contributo che segue,
mi sono resa conto che le riflessioni fatte si
concentravano principalmente su aspetti legati
alla didattica e alla ricerca, mentre le questioni
di tipo amministrativo-gestionale rimanevano
in secondo piano. Dalle sue parole traspare
una grande dedizione e tanta passione per la
scuola, la voglia di uscire dagli schemi e di fare
ricerca. E, sullo sfondo, il sogno di contaminare
la scuola secondaria di primo grado traendo
insegnamento dalle pratiche e dagli approcci
delle scuole dell’infanzia e della primaria.
Le parole chiave che contraddistinguono questa
realtà virtuosa sono: identità, appartenenza
e motivazione. Tutte concorrono all’obiettivo
di abilitare le condizioni emotive e strutturali
per la creazione di una #scuolaviva. Bambini,
insegnanti, genitori e tutta la comunità
sono coinvolti in piccole grandi azioni di
miglioramento estetico della scuola che
accoglie chiunque voglia entrare con opere
di cartapesta, murales, thromple l’oeil, pareti
colorate, disegni, installazioni frutto di progetti
didattici, fino alla ricostruzione in miniatura
della città di Copertino.
La scuola diventa di tutti, parla i linguaggi di
chi la abita quotidianamente facendo mostra
delle creazioni che provengono dai laboratori
ad alta motivazione. Si tratta di spazi mentali
e fisici dove gli studenti sono valorizzati per le
proprie capacità come pure per le difficoltà: i
bambini iperattivi possono riversare le proprie
energie nelle percussioni della “eco band”,
quelli dotati di intelligenze tecnico-pratiche
vengono coinvolti in lavori di tipo artigianale
o artistico, altri ancora si cimentano con la
drammatizzazione di un ipotetico dialogo tra
terra e sole…
La motivazione, per essere coltivata, ha
bisogno di luoghi accoglienti, caldi e familiari.
Il filosofo Marc Augé ha indicato con “non
luoghi” quelle zone effimere, di passaggio,
asettiche, contrapposte al luogo antropologico
segnato da legami sociali, dalla collettività e
dalla dimensione relazionale. Il luogo è dato
dalla somma di un ambiente e dell’identità,
proprio come avviene in questa scuola dove
la motivazione funziona da fattore aggregante
per la costruzione di un progetto educativo
comune.
Risorse
∞ M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a
un’antropologia della surmodernità, Elèuthera,
Milano 2009
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
49
Focus
Studi di caso
Spazi organizzati in funzione dell’apprendimento
Ambientarte. A piacer scuola
Muri che raccontano. Per trasformare una scuola tradizionale in ambiente
di apprendimento emozionale
di Ornella Castellano
dirigente scolastico
I.C. “Falcone”, Copertino (LE)
Tutto ha avuto origine dall’esigenza di favorire quello che si può definire il cambiamento possibile.
La necessità era creare nuova didattica per rispondere ai bisogni della scuola del terzo millennio
nella quale si sostituisca il modello della scuola dell’insegnamento con quello della scuola
dell’apprendimento. Con questo telòs l’Istituto Comprensivo “G. Falcone” a Copertino (Lecce) ha
avviato da anni una graduale, ma radicale, innovazione pedagogico-didattica e organizzativa,
attraverso l’implementazione di processi generati da percorsi di ricerca-azione finalizzati a
perseguire la formazione orientata degli alunni, mediante una proposta educativa qualificata
fondata sull’alta qualità degli insegnamenti e la cura degli ambienti. I due percorsi si intrecciano:
alla nuova intenzionalità didattica servono spazi ripensati e i nuovi spazi generano apprendimenti.
Ci troviamo nel cuore del Salento, in provincia di Lecce, fra gli
ulivi e gli oleandri in una scuola
di circa 1000 studenti del primo ciclo. Una scuola normale,
con strutture degli anni ‘80, alle
quali è mancata la periodica e
regolare manutenzione che il
cemento richiede. In particolare
dieci anni fa, quando è iniziata la
nostra esperienza, il parco della
scuola era in condizioni di totale
degrado e molti degli ambienti,
compresa la palestra, erano interdetti alla fruizione per assenza
dei parametri di sicurezza. Storia
comune a migliaia di scuole. Che
gradualmente perdono smalto e
attrattività e si ingrigiscono trasmettendo lo stesso grigiore e
la conseguente tristezza in chi a
scuola ci viene tutte le mattine:
studenti e docenti.
50
Non potendo risolvere i problemi strutturali con una bacchetta
– né magica, né figurata – non
si poteva che costruire un programma a lungo termine, un piano di graduale miglioramento,
basato su un progetto pedagogico e didattico preciso che prevedeva di intercettare ogni tipo di
risorse umane e finanziarie.
Ci sosteneva la vision di una
scuola nuova che, per mandato
istituzionale, deve promuovere
apprendimenti realmente funzionali ai bisogni della società attuale vs la tradizione trasmissiva;
che in chi impara la conoscenza
dei saperi è funzionale alla progressiva riorganizzazione degli
schemi mentali attraverso i quali
avviene l’interpretazione della
realtà in forma via via più raffinata, all’interno di un processo ori-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
ginale per ciascun individuo che
conduce alla conoscenza di sé e
del mondo, quindi alla capacità
di orientarsi. Tutto il processo di
apprendimento personalizzato è
scandito da tappe di esperienza in ambiente disciplinare che
conduce alla maturazione globale della persona. Tale processo
di apprendimento è determinato
da alcune condizioni: la relazione affettiva (ogni alunno deve
avvertire di essere importante
per i docenti e per i compagni) e
la qualità del contesto (l’ambiente deve essere pulito, piacevole,
stimolante). In sintesi ci piace affermare che si impara nell’emozione del bello: la bellezza delle
relazioni e la bellezza dell’ambiente.
L’idea richiedeva un impianto di
ricerca per la costruzione della
Studi di caso
progettualità, ma soprattutto la
realizzazione dei canali di comunicazione che ne permettessero
la condivisione da parte di tutti
i docenti, il personale ATA e –
man mano – tutti i genitori.
Così sono nati i nostri tavoli di
studio che hanno prodotto un
modello didattico funzionale a
quei processi di insegnamentoapprendimento attivo in cui gli
studenti sono gli attori principali.
Le riflessioni hanno determinato
la definizione dell’impianto progettuale e organizzativo – Oltre
le discipline. programma curricolo – del nostro Strade Maestre, il PTOF dell’istituto, che
prevede – come il PdM – lo
sviluppo continuo di due ambiti
prioritari: il miglioramento delle
performance e l’orientamento
formativo degli studenti. Il nostro
progetto prevede la realizzazione in orario curricolare e extra di
setting ad alta motivazione per la
didattica tecnico-disciplinare e
per la didattica per competenze.
Tutta la scuola è un laboratorio
e per questo è stato necessario
modificarne la funzionalità poiché, per intercettare i bambini e
gli adolescenti di oggi, la scuola
deve ospitare forme articolate di
mediazione e di comunicazione.
Non è in gioco solo il recupero di
una modernità multimediale, ma
anche di un ambiente fisico, di
un faccia a faccia, di un incontro
di corpi che “pensano”.
Il progetto Sogno di un alunno
– così avevamo chiamato il nostro piano di sviluppo, concretizza tale modello di innovatività
didattico-organizzativa, anche
su base tecnologica, ponendosi
come paradigma metodologico
disseminabile e trasferibile in altri
contesti. La realizzazione prevede solo il graduale ammodernamento degli spazi, in una logica di “miglioramento continuo”
(Kaizen theory).
Visitiamo insieme la scuola.
Itaca è la nostra biblioteca; l’ambiente che la ospita è lo stesso
da sempre ma sono cambiati i
colori, gli arredi ma soprattutto
è nuova la funzione didattica del
laboratorio biblioteca. Itaca ora è
uno spazio per la comunicazione
dove si impara a narrare e a spiegarsi alimentandosi delle esperienze altrui, come ci ha insegnato il buon Bruner, che troviamo
nei libri, nei film, nei documenti.
Grazie ai nostri Biblioprof (è un
profilo professionale specifico
di docente d’aula e cultore della
La piazzetta di Itaca
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
51
Studi di caso
comunicazione) da Itaca partono stimoli e messaggi a tutta la
scuola e alle scuole del territorio
che sono in rete con noi: dalle
parole dei saggi appese qua e là,
di Zagrebelsky, Falcone, Rodari,
Kovafis e molti altri, alle proposte
di maratona di lettura, concorsi
di poesia – Premio Calliope – e
scrittura creativa, incontri con gli
autori, cineforum, agli articoli del
giornalino.
Abbiamo voluto La casa sul gelso, il nostro giornalino scolastico, per creare un ponte tra la comunicazione di ieri – il giornale
cartaceo – e la comunicazione
di oggi, quella che si affaccia e
si interfaccia sul web. Si tratta di
uno dei tanti prodotti del Cives,
il nostro macroprogetto per l’educazione alla cittadinanza. La
sfida, contro la cattiva comunicazione, quella che si fonda
sulle notizie legate a episodi di
violenza e bruttura, è quella di
costruire uno spazio per raccontare soprattutto il bello e il bene.
Arrampicati sul nostro albero
virtuale ci divertiamo a leggere,
ci incuriosiamo a vedere le stranezze, ci commoviamo. La casa
sul gelso è un rifugio della mente, un angolo di riflessione contro la banalità del quotidiano. Sul
gelso si incontrano gli amici, si
scambiano saluti e si riflette sugli eventi di tutta la scuola. Nella
sede della redazione giornalistica, in biblioteca, tutti i docenti
organizzano attività, da quelle
per la ricerca storica a quelle di
cronaca; la LIM permette attività didattiche interattive e dinamiche anche nell’ambito dei
programmi PNSD, come la collaborazione con Treccani per la
fruizione sperimentale della piattaforma scuola, con le università
52
del Salento, di Bari e di Foggia per
i percorsi sperimentali sull’apprendimento motivazionale, la
memoria, la didattica della storia,
la funzione delle discipline performative
nell’apprendimento
disciplinare.
In biblioteca si accede da un
atrio, che abbiamo chiamato
Piazzetta Itaca, che è una vera
e propria Agorà perché incrocia
gli itinerari progettuali di tutti i
laboratori della scuola, dal teatro
alla musica, dalle scienze alle arti
figurative. Anche grazie a questo ambiente comune avviene la
contaminazione delle idee e la
gemmazione delle ipotesi laboratoriali specifiche per ogni settore.
Tersicore,
la musa della musica e
della danza
Nella nostra scuola è attivo un
laboratorio di ricerca musicale
intorno ai concetti di musica ed
ecologia. Si tratta di una “Eco
Band” nella quale i ragazzi suonano strumenti realizzati con
materiali di risulta e comunque,
senza strumenti convenzionali: tamburi realizzati con bidoni,
secchi, scatole di vari materiali e
diverse dimensioni. Il clima particolarmente coinvolgente del laboratorio favorisce l’affermazione dei ragazzi dotati di spiccata
intelligenza musicale ma anche
l’inclusione dei soggetti iperattivi e con difficoltà di attenzione,
i quali dimostrano un immediato
interesse nelle attività, con ottime performance nelle manifestazioni a cui partecipano.
Le esibizioni della FalconEcoBand – così ci presentiamo in
pubblico – sono costruite, oltre
che con i tamburi afro dell’eco
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
band anche con le voci del coro
d’istituto Note d’Oro e con i movimenti del gruppo della Body
Percussion. I costumi sono scelti
e realizzati nei laboratori di manipolazione e di arte (abbiamo
accumulato un magazzino di
tessuti di risulta) e i testi, gli arrangiamenti, le coreografie sono
condivisi da tutti i docenti delle
varie aree e dai ragazzi.
Abbiamo condiviso l’esperienza
in rete (per approfondire: www.
velieroparlante/ecobandschoolfestival.it); il laboratorio ha
dato origine a un apprezzatissimo Festival per band scolastiche
dal titolo “Col Remo” che è giunto alla quinta edizione: quest’anno si sono esibite 15 band provenienti da altrettante scuole del
territorio con il coinvolgimento
totale di 658 studenti.
Ogni spazio ha una funzione:
grazie a un Bando interno all’istituto: “Diamo un nome agli spazi
della nostra scuola – Commissione Toponomastica” le classi
stanno procedendo all’assegnazione del nome agli ambienti
scolastici, curando soprattutto
gli spazi comuni: scale, atri, corridoi, cortili. Ogni spazio ha un
nome su una targa e sarà abbellito dagli studenti con opere
come murales e arredi per rendere la scuola più accogliente e
connotarne l’identità.
I ragazzi stessi provvederanno
all’inaugurazione degli ambienti
ristrutturati con spettacoli, locandine e inviti realizzati da loro.
Così gli spazi della scuola laboratorio diventano luoghi emozionali nei quali è facile incuriosirsi,
formulare idee creative, imparare
già solo inciampando nei prodotti delle esperienze didattiche
degli altri.
Studi di caso
FalconEcoBand
Il parco della scuola:
il piano integrato e
gli interventi contro
la dispersione
“I giovani dispersi sono giovani senza memoria, con identità
fragili e senza progettualità, scriveva Mariolina Moioli, avvertono solo il presente e non hanno
proiezioni nel futuro. La scuola
può intervenire nel lavoro di ricostruzione delle aspettative, dei
desideri, dei progetti orientando
al futuro atteso, da costruire con
impegno e fiducia”.
In linea con i principi pedagogici
che ci siamo costruiti, dell’apprendimento emozionale, abbiamo immaginato gli interventi
contro la dispersione progettando Little Copertino, un piano integrato costruito sul modello del
work package: il macroprogetto
di lungo periodo – si è sviluppato in sette anni, dal 2007 al 2014
– prevedeva la realizzazione di
un parco en plein air; la realiz-
zazione è avvenuta attraverso
una serie di progetti autonomi di
respiro annuale con l’utilizzo privilegiato della metodologia del
Cooperative Learning.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
53
Studi di caso
Per coinvolgere gli studenti abbiamo scelto laboratori manuali,
di falegnameria, edilizia, giardinaggio, spray art e individuato
uno spazio del giardino per realizzare un parco museale all’aperto,
con i monumenti di Copertino in
muratura in scala, i muri perimetrali interni ed esterni del parco
decorati con la tecnica della spray
art, con la piantumazione di olivi
e siepi e la realizzazione di un angolo dedicato all’astronomia con
la realizzazione di due meridiane,
una a parete e una analemmatica
a pavimento.
I laboratori sono stati realizzati
con gruppi trasversali alle classi
composti in particolare di ragazzi
dotati di intelligenze tecnico-pratiche che sono tutti coloro che rispondono male alle sollecitazioni
di esclusivo stampo gnoseolo-
gico. I laboratori incentrati su un
compito di realtà di tipo artigianale o artistico permettono di avere
interessanti contributi tecnicoprofessionali da parte dei genitori – muratori, pittori, decoratori,
giardinieri ci hanno insegnato
come fare – e permettono sempre di lavorare sulle positività degli
studenti, focalizzando i comportamenti disadattivi da controllare
e i comportamenti appropriati
da sviluppare, ricercando le cause attraverso l’analisi dei bisogni
con l’obiettivo dell’individuazione
precoce del problema per favorire la messa in atto di interventi
compensatori. Soprattutto sono
altamente motivanti per tanti
studenti che non possono trovare senso e gratificazione nella
didattica tradizionale: il progetto
ha permesso la trasformazione di
ambienti neutri in aree didattiche
utilizzate da tutte le classi della
scuola per le attività all’aperto di
grande efficacia formativa.
Abbiamo inaugurato il nostro
parco en plein air una domenica
mattina, il 18 maggio 2014, con
tutti gli alunni, i docenti e tanti tanti genitori. Per l’occasione
abbiamo anche presentato l’inno
della scuola dal titolo: Sogno di
un alunno – di Castellano e Vico,
cantato dal coro Note D’Oro del
Comprensivo inciso in una sala di
incisione vera, perché il “compito
di realtà” deve essere autentico.
Si trattava di un ulteriore innesto
progettuale collegato al laboratorio Tersicore, dedicato alle arti
espressivo-musicali.
Il parco en plein air è ormai patrimonio non solo dell’Istituto
“Falcone” ma di tutta la comunità
Il parco en plein air: Copertino in miniatura e la meridiana
54
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Studi di caso
cittadina. I ragazzi conoscono le
ricchezze artistiche e paesaggistiche del territorio e hanno imparato a rispettarlo e a custodirlo.
Questo aspetto, il senso dell’appartenenza e della cura è stato oggetto di grande impegno
nell’ambito della costruzione
delle azioni didattiche nel curricolo di cittadinanza – il Cives –
che attraversa tutto il PTOF. Ne
abbiamo monitorato gli esiti che
risultano molto positivi.
Nel 2007, quando abbiamo avviato il primo laboratorio di spray
art abbiamo creato un gruppo
di elezione, cioè abbiamo favorito la partecipazione spontanea degli studenti agli incontri in
orario extracurricolare. Il primo
atto è stato quello di chiedere
formalmente l’autorizzazione al
sindaco della città – proprietario della struttura scolastica – di
decorare i muri della recinzione esterna del parco, che erano
in reale condizione di bruttura,
completamente ricoperti di segni equivoci e macchie. Ottenuta
l’autorizzazione abbiamo invitato
i writers del quartiere, gli ex alunni della nostra scuola e con loro
abbiamo cominciato a dipingere:
ora sui muri ci sono Falcone e
Borsellino, la Costituzione, le parole del rispetto alternate a immagini di piante tipiche: ulivi, fichi d’india ecc. e man mano che
la recinzione raggiunge il plesso
di scuola primaria, troviamo immagini di Puffi blu che raccontano di raccolta differenziata.
Ci piace poter raccontare che dal
2007 a oggi i murales aumentano ogni anno fino a quello in foto
realizzato quest’anno che rappresenta I nostri 100 Passi verso
la legalità, ma nessun muro è mai
stato imbrattato o danneggiato.
La copertina del libro I nostri cento passi
Per diffondere i germi
matetici della nostra
Costituzione
Nell’ambito della rete Il Veliero
Parlante – Le scuole che fanno
i libri, la rete di ricerca-azione di
cui siamo capofila dal 2008, abbiamo scritto I nostri 100 Passi
di cittadinanza partendo dall’idea banale che noi – la scuola –
dobbiamo marcare i gesti corretti
per renderli modelli di comportamento. Il progetto si fonda sul
principio della Memoria Operante, che vede nel ricordo e nella
commemorazione dei fatti della
storia recente un senso solo se
vi corrisponde un approfondimento degli accadimenti di cui
si parla e soprattutto un’azione.
Per questo rinnoviamo le storie
di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato per
far gemmare nelle menti dei nostri ragazzi il bisogno di onestà,
di collaborazione e di rispetto.
Abbiamo ragionato sulla matrice
dei comportamenti mafiosi che
ci pervadono – come popolo
italiano e come meridionali – e
intuito che la scaturigine del fenomeno possa essere ritrovabile
nella leggerezza con cui si compiono i piccoli gesti illegali che
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
55
Studi di caso
non vengono nemmeno rubricati
come tali: tenere una matita che
mi è capitata involontariamente tra le mani, non rispettare la
coda, scarabocchiare un banco,
incidere la porta del bagno e così
via... in un crescendo lieve che
arriva poi a farsi eleggere rappresentante di classe con doni e
promesse, scopiazzare la verifica, nascondere omertosamente
il gesto brutto di un compagno,
lasciare fuori posto un libro in biblioteca, sporcare o danneggiare
gli oggetti pubblici.
A scuola accogliamo bambini e
salutiamo giovani maggiorenni;
prendiamo alunni e lanciamo allo
Stato e alla Vita cittadini e studenti,
cioè persone che siano in grado
di progettare un futuro sulla sola
logica dell’impegno e dello studio
che non deve finire mai. Mai.
La mission della Scuola è questa. Insinuare la curiosità della
Conoscenza come strategia per
il perseguimento del successo
personale che diventerà il successo della nostra Italia. Non ci
riusciamo sempre, perché troppo spesso indichiamo la Storia e
ci perdiamo i dettagli delle storie. Ci convinciamo che noi non
possiamo far nulla, che è tutto
troppo grande per noi.
Non ci credo. Io credo che se si
piantano i semi poi, prima o poi, le
piante nasceranno. E credo nella
bellezza delle menti dei bambini e
dei giovani che faranno il Domani.
Per questo abbiamo scritto i Passi verso la cittadinanza. Perché
chi non ha ancora riflettuto sulle
piccole cose abbia degli esempi;
vogliamo curare il male prevenendo il gesto inconsapevole e
premiando le uniche cose che
contano: l’impegno e l’onestà.
Continueremo a migliorarci.
56
Risorse
∞ I nostri cento passi, collana Il Veliero Parlante, Edizioni Terra d’Ulivi,
Lecce 2016
Risorse web
∞ Il sito della scuola. In Internet, URL, www.comprensivofalcone
copertino.it
In Internet, URL, http://ornellacastellano.blogspot.it:
∞ Oltre le competenza. Programma curricolo
∞ Percorsi in biblioteca: idee e risorse, IUL Indire – Corso Biblioprof
∞ Maratone di lettura
∞ Curricoli per la creatività. Laboratori e discipline performative
∞ Biblioprof. IUL Indire – Corso Biblioprof
∞ Rete “Il Veliero Parlante”. Strategia per la didattica delle competenze
∞ Pian piano verso il miglioramento. La nostra esperienza
∞ Nova Urbe. Progetto CIVES. Interventi di educazione ambientale,
interculturale, sui diritti umani, sulla legalità e sul lavoro
∞ Diamo voce alle emozioni, in Conoscere per crescere, La rivista dei
pediatri italiani, Anno VI, marzo 2015
∞ Sogno di un alunno di Castellano-Vico.
∞ Sogno di un alunno. Progetto utilizzo ambienti
∞ Eco Band. Tessitori di storie. I marinai della scuola salentina,
Movimento di Cooperazione Educativa. In Internet, URL, http://www.
mce-fimem.it/
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Focus
Professione insegnante
di Valentina Pennazio
Università degli Studi di Genova
[email protected]
Gestione della classe tra reale e
virtuale e nuove forme di pensiero
Una classe tecnologica, che si snoda tra reale e
virtuale, richiede all’insegnante, nella sua nuova
veste di e-teacher (ma anche agli studenti),
la capacità di assumere ruoli e responsabilità
differenti rispetto a una classe tradizionale.
Ciò implica una ricontestualizzazione delle
pratiche tradizionali di insegnamento ponendo
il problema della differente gestione di una
lezione in presenza e una lezione online, di
un compito in un’aula fisica e di uno in una
classe virtuale, di una lezione frontale e di una
cooperativa agita a distanza.
L’e-teacher, date le caratteristiche proprie degli
ambienti online, che portano alla possibilità di
strutturare una classe virtuale con caratteristiche
differenti rispetto all’ambiente classe fisico,
deve saper progettare adeguatamente per
agire efficacemente all’interno di questa
classe scegliendo le più idonee strategie di
interazione e comunicazione. Nel contributo
di Maria Rosa Villa questo aspetto viene ben
evidenziato nell’esemplificazione della creazione
e gestione della classe virtuale strutturata
utilizzando la piattaforma Edmodo. Come
fare a creare una classe virtuale? Come fare a
progettare attività al suo interno? Come fare
a gestire queste attività? Come fare a guidare
gli studenti alla collaborazione virtuale? Sono
tutte domande che rimandano a competenze
specifiche proprie dell’e-teacher e che trovano
riscontro nel contributo di Maria Rosa Villa.
Necessariamente l’e-teacher deve essere a
conoscenza degli strumenti e degli applicativi
a sua disposizione e saperli utilizzare, ma a
tali conoscenze più “tecniche” se ne devono
affiancare di più specifiche come quelle
relative alla caratterizzazione dello status di
“studente in rete”, agli approcci e strategie per
un efficace insegnamento virtuale, ai pregi e
alle criticità delle forme comunicative mediate
dalle tecnologie, alle dinamiche dell’interazione
virtuale di gruppo, alle questioni etiche connesse
all’“online education”, alle forme di integrazione
efficace dell’insegnamento virtuale e di quello in
presenza.
Nello snodo tra reale e virtuale lo studente è
guidato dall’e-teacher a essere più autonomo,
partecipativo, responsabile riguardo al proprio
apprendimento sviluppando forme complesse
di pensiero come quello computazionale i
cui tratti distintivi vengono ben delineati nel
contributo che Sara Samolo propone in questa
sezione. Nella classe tecnologica si usano non
solo strumenti tecnologici ma anche il pensiero
tecnologico. In questo senso, il pensiero
computazionale, tipico degli informatici,
contiene competenze e concetti utili che, legati
alla logica della programmazione, aiutano
a pensare meglio, in modo originale e mai
ripetitivo. Per pensiero computazionale si
intende dunque, una attitudine mentale, un
processo mentale che consente di risolvere
problemi di varia natura seguendo metodi e
strumenti specifici. Nel contributo proposto in
questa sezione viene resa evidente la messa in
pratica del pensiero computazionale che porta
a suddividere il processo decisionale in singoli
step, ragionare passo passo sul modo migliore
per ottenere un obiettivo. Un comportamento
che in realtà – quasi senza accorgersene –
gli studenti mettono in atto di frequente, per
esempio quando giocano a un videogioco e
devono elaborare un piano per superare un
livello e di cui devono diventare consapevoli.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
57
Focus
Professione insegnante
La classe virtuale: amplificatore di comunicazione
e di azioni della classe “fisica”
Gestire la classe virtuale
nella pratica didattica
Portali a confronto per condividere, comunicare e creare
di Maria Rosa Villa
docente di scuola primaria, I.C. Albenga 2 (SV)
[email protected]
Per poter modificare concretamente le metodologie di insegnamento non è sufficiente dotarsi di
hardware, ma diventa indispensabile la scelta del software con cui utilizzare gli strumenti a nostra
disposizione: software residente sul nostro computer e applicativi disponibili in rete, online.
Affiancare la creazione di una
classe virtuale, come amplificatore didattico, di quanto si realizza e si costruisce nella classe
“fisica”, è una scelta che deve
tenere conto dei molti vincoli
presenti nell’infrastruttura in cui
agiamo, delle risorse umane con
cui collaboriamo e dei destinatari con cui opereremo in questo
spazio remoto. La classe virtuale
va considerata come uno spazio
di azione reale, concreta e solida e non bisogna mai perdere di
vista che le persone che in essa
agiscono, sono persone reali,
che vivono un’esperienza reale,
fisica: per questo chiameremo
classe virtuale lo spazio digitale
remoto e classe “fisica” lo spazio aula, considerando entrambi spazi reali. La realizzazione
e l’uso quotidiano di una classe virtuale deve essere frutto di
una fase progettuale, condivisa
all’interno dell’istituzione scola-
58
stica, perché essa possa davvero
costituire uno strumento solido
di lavoro e di comunicazione.
Progettare la classe
virtuale
La presenza, oggi nelle scuole,
di un animatore digitale e di un
team digitale costituisce una
buona base di partenza per sostenere gli insegnanti nella fase
progettuale e di gestione della classe virtuale della propria
classe, soprattutto nell’ottica di
progettare e creare strumenti
che possano essere condivisi e diffusi in tutta l’istituzione
scolastica o nelle reti di appartenenza e non rimangano
esperienze singole, solitarie e
autoreferenziali. In questa sede
la riflessione è centrata nella
fase di gestione di una classe
virtuale, da parte dell’insegnante, all’interno dell’azione didattica quotidiana.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
La scelta di quello che in gergo è
definito “Learning Management
System” e che più comunemente nelle nostre classi si chiama
Edmodo, Classroom , EasyClass
ecc. è un atto importante e va
fatto dopo avere considerato gli
strumenti presenti e le opzioni
che essi offrono comparandole
con le azioni che ci sono utili per
perseguire obiettivi e finalità presenti nella progettazione didattica. È utile a questo proposito
comporre una “Lista di Controllo” di ciò che serve e di ciò che
le piattaforme utilizzate offrono.
Per la comparazione possiamo
riferirci alle pagine di introduzione delle singole piattaforme considerate o ai tutorial presenti su
YouTube. Le più comuni classi, già
citate, presentano oggi aspetti similari, avendo tutte messo a punto un’interfaccia anche in lingua
italiana, rendendo più amichevole
la fruizione per utenti di ogni età.
Professione insegnante
Struttura di base
Accesso
Classi Virtuali (C.V.)
Edmodo
EasyClass
Classroom
..............
Docenti Alunni
Docenti Alunni
Docenti Alunni
Docenti Alunni
Registrazione con mail singola
Registrazione con mail di gruppo
Creazione e gestione classi
disciplinari
Creazione e gestione classi
nominali (1B-2C)
Creazione e gestione gruppi
Creazione e gestione sottogruppi
Presenza di bacheca/area di
discussione generale
Presenza di bacheca/area di
discussione nelle singole classi/
gruppi
Codice classe
Possibilità di invitare docenti
Possibilità di condividere file con
esterni
Possibilità di creare file
Possibilità di caricare file
Strumenti
Archivio (biblioteca. I miei filedrive)
Link
Possibilità di creare Quiz
Registro di classe
Messaggistica
Tipologia quiz
Scelta multipla
Vero/Falso
Mach (corrispondenze)
Risposta aperta
Possibilità di allegare file
Checklist
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
59
Professione insegnante
Corsi EasyClass
Le C.V. permettono di allestire
“corsi” o “classi” relativi agli insegnamenti disciplinari di riferimento, come nel caso di Classroom o
EasyClass o dei gruppi come nel
caso di Edmodo.
L’uso di Edmodo
Edmodo permette di costituire
e gestire facilmente da parte del
docente gruppi e sottogruppi,
implicazione di alto valore didattico in una classe inclusiva.
Si pensi alla realizzazione di una
verifica o all’assegnazione di un
compito che dopo essere stato
elaborato in modo personalizzato, con azioni e gradi di difficoltà
differenti, può essere assegnato,
in Edmodo, ai diversi sottogruppi, senza che nella classe ci sia da
parte degli studenti, la percezione di lavori diversi.
A ogni classe o gruppo allestito, il
sistema assegna un codice classe. Tale codice sarà consegnato
agli alunni, per la loro iscrizione.
Quest’operazione si differenzia
in base all’età dei propri alunni,
che è una variabile molto importante, sia per l’iscrizione alla
classe, che, prima ancora, per
la registrazione alla piattaforma.
Qualunque sia la piattaforma
scelta, bisognerà procedere alla
registrazione per ottenere le credenziali di accesso. Spesso tale
registrazione richiede l’indicazione di una mail diversa per ogni
utente e ciò nella scuola primaria
può costituire un problema cui è
possibile dare soluzioni diverse
Corsi gruppi Edmodo
60
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
e alcune volte, creative. La più
semplice la offre Classroom1, se
la scuola ha associato all’indirizzo gmail il dominio della scuola
(App for education). Quest’azione permette di assegnare un
indirizzo di posta elettronica a
docenti e alunni, con il dominio
della scuola, ed è con tale indirizzo mail, che si procederà alla
registrazione di tutti gli alunni.
Una seconda possibile soluzione
è coinvolgere in prima persona
i genitori e procedere alla registrazione con la loro collaborazione. Una soluzione creativa, se
le precedenti non sono praticabili, è quella di “aggirare” questa
imposizione, inserendo indirizzi
mail fittizi. Ciò deve essere fatto
con la consapevolezza da parte
dei docenti che la password non
potrà più essere recuperata e
che non si potranno inviare messaggi dalla piattaforma. In questo
ultimo caso è indispensabile che
il docente crei un documento,
che deve essere conservato e facilmente rintracciato, in cui siano
annotate tutte le credenziali di
accesso degli alunni, che risulteranno così facilmente rintracciabili in caso di smarrimento. Per
gestire in modo fluido il Login
dei bambini anche molto piccoli, è utile preparare per ognuno
un documento che raccolga le
credenziali di accesso dei vari
strumenti che via via si useranno nella classe. Tale documento
può essere travestito da “Patente
dei Codici Segreti”, e tali “Patenti”
custodite in classe, in uno “ Scrigno delle Password”.
1 https://www.easyclass.com/;
https://www.edmodo.com/;
https://support.google.com/edu/class
room/answer/6020279?hl=it
Professione insegnante
Nome .................................. Cognome ....................................... Classe .......
Blog
http://blog.edidablog.it/edidablog/tomasino/
Login: abeccociqui
Pw: .........................................
Dropbox
Dropbox - tomaso paccini
User: .........................................
Pw: .........................................
Sito Scuola
http://www.icalbengasecondo.gov.it/
Canvans = Post-it
www.linoit.com
Login: .........................................
Pw: .........................................
Google Drive
Login: [email protected]
Pw: .........................................
Edmodo
https://www.edmodo.com/
codice classe AV7UZ5
User .........................................
Pw .........................................
Code.org
Login: .........................................
Pw .........................................
eduCanon
Login: .........................................
Pw .........................................
Padlet
Login: .........................................
Pw .........................................
zione all’uso consapevole e sicuro degli strumenti in rete. Il primo
documento da costruire è, infatti, il “Patto per un uso responsabile della piattaforma”. Attraverso
gli strumenti della classe virtuale,
si procederà alla stesura collaborativa del “Patto”, sperimentando
da subito una delle potenzialità
della classe virtuale.
La classe virtuale
come estensione della
classe fisica
Le piattaforme presentano, tutte, strumenti simili e l’efficacia di tali strumenti dipendono
moltissimo dalle modalità e
dalla frequenza con cui vengono usate. L’azione del docente
a questo punto è fondamentale.
La classe virtuale deve diventare man mano uno strumento
“invisibile” in classe, ma sempre
Patente Codici Segreti
Avere sempre a portata di mano
le credenziali di accesso, di docenti e alunni, è indispensabile
per una gestione fluida del lavoro, poiché esse costituiscono
sempre una criticità nell’uso delle TIC. Nel tempo, poi le credenziali si moltiplicano, poiché gli
strumenti che via via si useranno in classe, saranno molteplici.
È buona regola anche incollare
una copia della “Patente dei Codici Segreti” sul diario dei bambini, in modo che anche i genitori
ne siano a conoscenza. Dopo
aver registrato e associato gli
alunni alla classe/gruppo allestiti,
inizia la fase di “Front Class”, che
dovrebbe prevedere il momento
di presentazione alla classe, e il
momento di presentazione ai
genitori. È importante coinvolgere le famiglie, perché saranno i
più preziosi alleati per un’educan. 4 • dicembre 2016 • anno 124
61
Professione insegnante
aggiornato e attivo. Bambini e
genitori, per essere invogliati a
una frequentazione quotidiana
dell’ambiente virtuale, devono
percepirne il valore aggiunto,
l’utilità, il piacere e soprattutto la presenza quotidiana dei
vari attori che partecipano ai
lavori del gruppo classe. Ecco
che allora è bene innescare alcune routine quotidiane, che
renderanno la classe virtuale
un’estensione spazio-temporale della classe “fisica”. Azione
che sarà resa più facile se nella classe è presente una LIM e
se i bambini possono utilizzare
anche strumenti per la produzione di documenti digitali (tablet, notebook cellulari ecc.) in
classe. In questo primo caso,
entrando nella classe “fisica”, il
primo insegnante del mattino,
aprirà alla LIM la classe virtuale,
accedendo con le sue credenziali personali o con credenziali
del gruppo docenti (è possibile
infatti che il team docente opti
per un’unica credenziale di accesso alla piattaforma, consapevole del fatto che in questo
modo gli interventi in piattaforma non saranno distinguibili se
non vengono sempre firmati).
Con una pagina del browser
sempre aperta sulla piattaforma, durante lo svolgimento
della lezione sarà sempre più
naturale, utilizzare gli strumenti
presenti in essa.
Ogni giorno, nei diversi momenti, le azioni che verranno effettuate saranno: caricare materiali
(magari proprio quelli prodotti
nella mattinata in classe utilizzabili a casa per il completamento
del lavoro, del ripasso o per chi
è stato assente, per il recupero
del lavoro perso), utilizzare il ca-
62
lendario per avvisi, note o compiti; assegnare compiti, svolgere
quiz preparati precedentemente
dall’insegnante o costruiti collaborativamente in classe.
Avere la piattaforma sempre
aperta e fruibile renderà via via
più naturale, per tutti i docenti,
il suo utilizzo e non richiederà
un aggravio di lavoro nel “Back
Class”, già ricco di attività legate alla preparazione e ricerca
del materiale per le lezioni. Se
la classe non è dotata di LIM e i
bambini non producono materiale digitale a scuola, il valore
aggiunto della classe virtuale
sarà quello di fornire, ad alunni
e genitori, i materiali utilizzati
in classe, o altri documenti utili
per lo studio. In entrambi i casi,
la classe virtuale sarà luogo privilegiato di comunicazione.
La bacheca come
luogo di incontro tra
reale e virtuale
Uno degli strumenti principe,
presenti nelle piattaforme (Edmodo e EasyClass) è infatti la
bacheca. Essa è allestita nell’area
centrale dell’ambiente virtuale. È
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
il luogo dove compaiono i messaggi, provenienti dai vari gruppi, le notifiche, le assegnazioni
dei compiti e dove è segnalata
qualsiasi azione si compia all’interno dello spazio virtuale. È
uno spazio fondamentale perché è l’area della relazione fra
pari, fra docenti e alunni, fra genitori, fra docenti e genitori. Ed
è proprio in questa area che si
gioca una buona parte dell’educazione “ai media”, in cui è fondamentale stabilire delle regole
di netiquette condivise, che si
devono spesso riformulare, per
rendere sempre più consapevoli
bambini e famiglie sul funzionamento della comunicazione attraverso i social. La bacheca è il
luogo reale dove virtuale e fisico
si intrecciano fortemente. Qui
si realizza l’esperienza che permette di sperimentare come ciò
che si scrive digitalmente ha una
diretta ricaduta nella relazione
quotidiana della classe e che chi
interagisce in piattaforma non
è un avatar astratto ma il compagno di classe con cui condividiamo il percorso scolastico di
ogni giorno.
Bacheca EasyClass
Professione insegnante
Biblioteche e
banche dati
È importante che gli insegnanti
usino e intervengano spesso in
piattaforma per dare risposte,
ma anche per offrire stimoli,
porre questioni (la piattaforma
è sicuramente uno spazio di comunicazione autentica fra i vari
attori e autentici sono i problemi che si pongono e le risposte
che si intrecciano). È importante
che il docente presidii spesso,
meglio se quotidianamente, la
piattaforma, perché ciò la renderà viva e percepita come un
reale spazio di dialogo e lavoro equivalente allo spazio aula.
I docenti, inoltre, saranno vigili
mediatori tra le comunicazioni che in essa si animeranno.
A questo punto per i docenti,
l’utilizzo della piattaforma sarà
un continuo passaggio di lavori
nel Front e nel Back Class. Merita una citazione, la funzione
di “deposito” e condivisione dei
materiali. Le varie piattaforme
permettono agli iscritti, di caricare file, in apposite aree che
possono chiamarsi “Biblioteca”
o “I miei file”.
Possono essere caricati file di diversi formati, da utilizzare come
materiale di lavoro, in classe e/o
a casa. Tale materiale può essere condiviso da tutti o solo da
alcuni membri. Un’ultima riflessione riguarda la funzione implicita di “banca dati”. Tutte le attività svolte in piattaforma sono,
infatti, tracciate e costituiscono
una preziosa fonte per ricostruire e documentare i percorsi di
studio realizzati nella didattica
quotidiana.
Biblioteca Edmodo
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
63
Focus
Professione insegnante
Classe tecnologica e forme nuove di pensiero
Il pensiero computazionale
nell’agire didattico
Programmare e agire consapevolmente nell’azione didattica
di Sara Samolo
insegnante di scuola primaria,
Genova
Con il documento sulla “Buona Scuola”, il governo ha aperto il dibattito sull’introduzione del
pensiero computazionale a scuola anche in Italia. Il dibattito sul documento ha prodotto due
proposte di curriculum (una per la scuola dell’obbligo e l’altra per le secondarie superiori) e due
documenti di raccomandazioni (uno per l’introduzione dell’informatica nel curriculum e l’altro per
l’introduzione del pensiero computazionale come competenza trasversale).
La legge n. 107/2015 include il
pensiero computazionale tra gli
obiettivi educativi della scuola
(comma 7). Il successivo Piano
Nazionale Scuola Digitale ribadisce questa decisione e auspica
una ridefinizione della “competenza digitale” e una revisione
delle Indicazioni per il curricolo (pag. 74). In parallelo, il MIUR
ha promosso il progetto Programma il Futuro che dall’anno
scolastico 2014-2015 sta sperimentando attività di “coding” per
l’introduzione del pensiero computazionale a scuola.
Lessico specifico e
contenuti sul pensiero
computazionale
Il pensiero computazionale prende forme in una classe fisica e
virtuale ed è inteso come il processo che consente di ricono-
64
scere aspetti della computazione
nel mondo che ci circonda, e di
applicare strumenti e tecniche informatiche per capire e ragionare su sistemi e processi naturali,
sociali e artificiali. Permette agli
studenti di affrontare problemi,
di scomporli in pezzi risolvibili e
di elaborare gli algoritmi per risolverli.
La locuzione “pensiero computazionale” è stata usata per primo da Seymour Papert e poi da
Jeannette Wing che ha definito il
pensiero computazionale come:
“... I processi mentali coinvolti nel
formulare problemi e le loro soluzioni in modo che le soluzioni
possano essere rappresentate in
una forma che può essere efficacemente eseguita da un agente
di elaborazione dell’informazione” (Cuny, Snyder, Wing 2010,
citato in Wing 2011, p. 20). “La
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
soluzione può essere eseguita
da un essere umano o da una
macchina, o, più in generale, da
combinazioni di uomini e macchine” (Wing 2011, p. 20).
Il pensiero computazionale è,
dunque, un processo cognitivo
che coinvolge il ragionamento
logico attraverso cui i problemi
trovano soluzione, è la capacità
di pensare attraverso le procedure che vengono identificate
con parole chiave/azioni propedeutiche.
Di seguito approfondiremo alcuni
concetti chiave, che l’e-teacher
deve ben padroneggiare se si
pone come obiettivo quello di
aiutare gli studenti ad appropriarsi
di tale forma di pensiero.
Il ragionamento logico permette
agli alunni di dare un senso alle
cose, analizzando e verificando i
fatti attraverso un ragionamento
Professione insegnante
chiaro e preciso. Esso consente
di progettare a partire da propri
modelli di conoscenza per fare e
verificare previsioni e trarre conclusioni. Gli alunni lo utilizzano
ampiamente quando provano e
correggono algoritmi. Il ragionamento logico è l’applicazione di
altri concetti di pensiero computazionale per risolvere problemi.
Nell’applicabilità fattiva dell’azione didattica lo studente mette
in atto generalizzazioni quando
riconosce che le proprietà di un
materiale, per esempio, lo rendono adatto per essere utilizzato
non in uno ma in diversi conte-
sti; essere in grado di dividere un
progetto in parti, che richiedono materiali differenti è invece
un esempio di scomposizione.
Attraverso il ragionamento logico si possono fare previsioni e
valutare i risultati; si possono rimuovere gli errori (debug) di un
programma e per far ciò si può
utilizzare l’algoritmo, l’astrazione e la valutazione.
Tecniche utilizzate
per il pensiero
computazionale
Esiste un certo numero di tecniche legate al “fare computa-
zionale” che sono l’equivalente
“informatico” dei “metodi scientifici”, gli strumenti con cui viene
reso operativo in aula e negli altri
contesti in cui viene agito.
Abilità e competenze
in classe legate
al pensiero
computazionale
Ognuno dei concetti del pensiero computazionale (il pensiero
algoritmico, la scomposizione
ecc.) viene associato a diversi
comportamenti/azioni da parte
degli studenti (osservabili in una
classe fisica e virtuale).
TECNICHE
Riflettere
Programmare
coding
di
Progettare
e
Analizzare
iz
Applicare
i
Esprimere
giudizi onesti
in situazioni
complesse (es.
specificare il
prodotto)
Tradurre
du
il progetto
ge
in
forma di codice
e valutarlo
a
per
garantirne
n
il corretto
rr
funzionamento
na
Struttura,
tt
aspetto
et e
funzionalità.
o
Rappresentazioni
e
del progetto
o
Scomporre
in parti
Rimuovere
ostacoli
Individuare
processi
Punti comuni
Adottare
t
soluzioni
o già
conosciute
i
per
diversi c
contesti
Debugging
Diagramma
di flusso
Storyboard
(Algoritmi )
Schemi
ricorrenti
Connessioni
Somiglianze
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
65
Professione insegnante
Pensiero algoritmico
Il Pensiero algoritmico rappresenta la capacità di pensare in termini di sequenze
e regole, come modo di
risolvere i problemi. Si tratta
di una competenza di base
che gli alunni sviluppano
quando imparano a scrivere i propri programmi per
computer.
Azioni dello studente
∞ Formulazione di comandi per ottenere un effetto desiderato.
∞ Formulazione di istruzioni da seguire in un dato ordine (sequenza).
∞ Formulazione di comandi che utilizzano operazioni aritmetiche e logiche.
∞ Scrittura delle sequenze di comandi che memorizzano, muovono e manipolano i
dati (variabili e assegnazione).
∞ Scrittura di comandi che scelgono tra diverse istruzioni che li compongono (selezione).
∞ Scrittura di comandi che ripetono gruppi di istruzioni che li costituiscono (loop/
ripetizione).
∞ Raggruppamento e denominazione di un insieme di comandi che eseguono un
compito definito per creare una nuova istruzione. (procedure, metodi).
∞ Scrittura di comandi, che prevedono sottoprogrammi che utilizzano repliche di
se stessi (algoritmo ricorsivo).
∞ Scrittura di una serie di comandi che possano essere seguiti contemporaneamente da diversi agenti (es. computer/persone).
Scomposizione
Azioni dello studente
∞ Divisione degli artefatti nelle parti costituenti per renderli più facili da lavorare.
La scomposizione è un
modo di pensare agli arte∞ Scomposizione di un problema in versioni più semplici dello stesso, che posfatti in termini delle parti
sono essere risolte nel medesimo modo.
che li compongono. Le
singole parti possono essere
comprese, risolte, sviluppate
e valutate separatamente.
Generalizzazione
La generalizzazione è un
modo di risolvere nuovi
problemi sulla base delle
soluzioni ai precedenti.
Si tratta di identificare e
sfruttare i modelli.
Astrazione
L’astrazione è il processo
di creazione di un artefatto
di maggior comprensione
nascondendone i dettagli.
Valutazione
La valutazione è il processo
di verifica che la soluzione
sia esatta: che sia adatta
allo scopo. Durante la valutazione basata sul pensiero
computazionale, vi è una
specifica, e spesso estrema,
attenzione alla cura dei
dettagli.
66
Azioni dello studente
∞ Identificazione di schemi e caratteristiche comuni negli artefatti.
∞ Adeguamento di soluzioni, o parti di esse, per applicarle a tutta una classe di
problemi analoghi.
∞ Trasferimento di idee e soluzioni da una settore del problema a un altro.
Azioni dello studente
∞ Riduzione della complessità eliminando inutili dettagli.
∞ Scelta di un modo di rappresentare gli artefatti in modo che possano essere
manipolati in maniera utile.
∞ Occultamento di tutte le complessità dell’artefatto.
∞ Identificazione di relazioni tra le astrazioni.
Azioni dello studente
∞ Valutazione che l’artefatto sia adatto allo scopo.
∞ Determinazione che artefatto esegua la giusta funzione (correttezza funzionale).
∞ Progettazione ed esecuzione dei test programmati e interpretazione dei risultati.
∞ Valutazione che le prestazioni dell’artefatto siano sufficientemente buone (utilità:
efficacia ed efficienza).
∞ Confronto tra le prestazioni degli artefatti che eseguono la stessa funzione.
∞ Esecuzione di compromessi tra esigenze contrastanti.
∞ Valutazione se l’artefatto sia facile da usare per le persone (usabilità).
∞ Determinazione se l’artefatto offre un’esperienza adeguatamente positiva quando
utilizzato (esperienza dell’utilizzatore).
∞ Ripercorrere passo dopo passo i processi o gli algoritmi/la programmazione, per
elaborare quello che eseguono (prova/traccia).
∞ Utilizzo di una precisa argomentazione per giustificare che un algoritmo funzioni (prova).
∞ Utilizzo di una precisa argomentazione per verificare l’usabilità o le prestazioni di
un artefatto (valutazione analitica).
∞ Utilizzo di metodi che includono l’osservazione dell’artefatto impiegato per valutarne l’usabilità (valutazione empirica).
∞ Valutazione che il prodotto soddisfi i criteri generali di prestazione.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Professione insegnante
Si è proceduto tenendo conto
anche dello Scrumboard (to-do,
on going, done) sul quale sono
stati affissi i post-it via via che le
azioni si sono compiute e con
colori diversi secondo i contenuti
svolti (video, disegno, foto, testo).
Un esempio di buona
prassi: “Un tesoro di
museo”
L’esperienza presentata fa riferimento a un progetto sviluppato
da una classe quinta della scuola
primaria “Carducci” (I.C. Sestri) in
occasione del progetto Smart Coding Samsung, “Didattica e pensiero computazionale”: progetto
ludico-educativo per il primo ciclo scolastico, al quale abbiamo aderito. La finalità era quella
di concorrere per entrare nella
sperimentazione Smart Future in
collaborazione con il CREMIT, applicando le tecniche del pensiero
computazionale per creare una visita virtuale al Museo di Storia Naturale della nostra città, Genova.
Uno studente a occhi chiusi, è
stato guidato attraverso un percorso, da un compagno che impartiva i comandi a voce: avanti,
stop, indietro, a destra, a sinistra.
Lancio dell’attività
Si è proceduto con un gioco
motorio di icebreaking unplugged per rompere il ghiaccio ed
entrare nell’agito del pensiero
computazionale.
Progettazione
In un secondo momento l’insegnante con gli alunni hanno deciso l’algoritmo delle azioni da
svolgere attraverso la costruzione di un diagramma.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
67
Professione insegnante
Svolgimento
Le fasi dello sviluppo si sono alternate tra la visita al Museo e
momenti di lavoro di cooperative
learning in classe
Prodotto finale
Utilizzando Prezi come programma di presentazione del
prodotto multimediale abbiamo
realizzato una visita virtuale al
Museo fatta da disegni, video,
foto e testi, per accompagnare il
visitatore nella storia e nelle sale
del prestigioso museo.
Conclusione
La creatività trova terreno fertile in un ambiente come quello
digitale aperto al nuovo e dove
non esiste a priori la risposta
giusta. Scrivere righe di codice
richiede prima di tutto di affrontare un problema e di risolverlo
con soluzioni innovative. Ci si
confronta con percorsi da inventare e ricercare attivamente
68
attraverso un processo creativo
che richiede una pianificazione
di algoritmi da svolgere, la creazione di quelli che gli sviluppatori
chiamano “artefatti” necessari
per lo sviluppo del prodotto finale (personaggi, azioni, sfondi,
dialoghi, musiche...), la coerenza
tra pianificazione ed esecuzione, il controllo di interferenze e
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
la gestione degli errori. In questo
percorso di autoconsapevolezza
dell’agito troviamo una serie di
proposte di attività che coinvolgono vari ambiti disciplinari nello
sviluppare “competenze computazionali”.
In sintesi, si parte da una fase
propedeutica di programmazione ludica e senza uso di stru-
Professione insegnante
menti digitali (unplugged), per
far sperimentare agli studenti il
rigore con cui occorre impartire
i comandi a un computer. Una
volta che hanno capito che non
si può dare nulla per scontato e
che occorre analizzare tutto nel
dettaglio, si passa a una fase di
sperimentazione del modo usato
dai programmatori per progettare quanto poi sarà tradotto in
codice (coding).
Alla fine del percorso si otterrà
il prodotto finale. Immaginare,
creare, sperimentare, agire, parole chiave dell’apprendimento attivo e consapevole per gli
studenti di ogni età e appartenenti a ogni epoca storica. Fra
i compiti degli insegnanti c’è
la capacità di “educare” tutto questo grande patrimonio
posseduto dagli alunni, fornendogli esempi e strumenti
che possano farli sentire liberi e
consapevoli mentre imparano,
utilizzando tutte le tecniche e i
mediatori didattici a loro disposizione, compresi quelli digitali.
Risorse web
∞ In Internet, URL, https://labuonascuola.gov.it/costruiamo-insieme/pensiero-computazionale/
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg
∞ In Internet, URL, http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf
∞ In Internet, URL, http://www.istruzione.it/allegati/2015/prot2187.pdf
∞ Department for Education, The National curriculum in England, Framework document, July 2014.
Reference: DFE-00177-2013. In Internet, URL, https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/
attachment_data/file/335116/Master_final_national_curriculum_220714.pdf
∞ M. Dorling, C. Selby, J. Woollard, Evidence of Assessing Computational Thinking, IFIP2015, A New Culture
of Learning: Computing and Next Generations, Vilnius, Lithuania 2015.
In Internet, URL, http://eprints.soton.ac.uk/377856
∞ C. Selby, J. Woollard, Computational thinking: the developing definition, 2013.
In Internet, URL, http://eprints.soton.ac.uk/356481/
∞ J. Wing, Computational Thinking. Communications of ACM, 49, 3, 2006, 33-35.
In Internet, URL, http://dl.acm.org/citation.cfm?id=1118215
∞ J. Wing, Research Notebook: Computational Thinking – What and Why?, The Link, Pittsburgh, PA:
Carneige Mellon 2011.
In Internet, URL, http://www.cs.cmu.edu/sites/default/files/11-399_The_Link_Newsletter-3.pdf
∞ www.smart-future.it
∞ In Internet, URL, http//www.code.org
∞ In Internet, URL, http//www.programmailfuturo.it
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
69
Focus
Angolo del Dirigente
di Alessandra Grassi
Dirigente Scolastico I.C. di Arluno
[email protected]
Scuola 2.0, 3.0...
La scuola si sta avviando verso un nuovo
orizzonte: quello dei media digitali che,
come ben sottolinea il professore Pier Cesare
Rivoltella1, rappresenta la terza età delle
tecnologie didattiche che sta investendo
le nostre aule; dopo una prima stagione
caratterizzata dall’introduzione dell’informatica
che ha riguardato gli anni ’90 e una seconda
rivolta all’utilizzo di strumenti multimediali
tipica del primo decennio degli anni 2000
si sta ora inaugurando lo scenario della
multimedialità diffusa, con un passaggio dalle
classi 2.0 a quelle 3.0.
Il processo è iniziato all’epoca degli home
computer che hanno portato alla realizzazione
presso ciascuna scuola dei laboratori di
informatica, ha poi dovuto fare i conti con lo
sviluppo delle tecnologie personali e diffuse
fino a confrontarsi con l’emergere del web, con
l’affermazione dei social network che ha portato
alla realizzazione della classe 2.0, per giungere,
nella terza fase, all’utilizzo dei dispositivi mobili
e polifunzionali: ipad, smartphone, tablet,
ebook, in una prospettiva di scuola 3.0.
Già nella prima fase, l’incontro tra le forme
tradizionali della didattica e il mondo dei
contenuti e degli strumenti digitali ha
rappresentato per la scuola un passaggio non
certo facile, che per alcuni aspetti è ancora
irrisolto: i tempi della scuola non riescono a
sostenere quelli della scienza e della tecnica
e l’introduzione delle tecnologie tra i banchi
si è svolta senza un preciso coordinamento
o un disegno politico mirato. Per questo,
la discussione in materia di evoluzione e
di utilizzo degli strumenti per la didattica
e per l’apprendimento è tuttora aperta e
oscilla tra atteggiamenti di entusiasmo e di
totale apertura fino a posizioni critiche e di
rifiuto; ma, comunque si pensi, l’obiettivo
70
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
trasversale che dovrebbe innanzitutto porsi
oggi il nostro sistema formativo è quello di
garantire competenze e strumenti necessari
a comprendere, selezionare, utilizzare e
produrre contenuti informativi strutturalmente
articolati e complessi. La scuola ha il dovere
di accompagnare la generazione dei nativi
digitali nella difficile impresa di conquista della
complessità che li attende, in un ecosistema
informativo più ricco ma anche più variegato
e frammentato di quanto sia mai avvenuto in
passato.
In questo scenario si delinea la questione
dell’uso dei dispositivi mobili, dei social, degli
ebook; da almeno una decina d’anni gli esperti
di comunicazione e di educazione si stanno
ponendo seri interrogativi sulle probabilità che
i libri in formato elettronico e più in generale la
tecnologia, nelle sue molteplici sfaccettature,
hanno di soppiantare i loro omologhi cartacei;
lo stato dell’arte non permette ancora di dare
una risposta definitiva. Se è vero, infatti, che
gli ebook sono ormai una realtà in rapida
espansione, non si può negare che alcuni
problemi rimangano tuttora irrisolti.
Il primo contributo della rubrica – a cura
della D.S. Carmela Rosaria Tavernise – è una
narrazione sulle potenzialità e sulle modalità
che il buon impiego delle tecnologie può avere
anche in contesti difficili; il secondo – a cura del
D.S. Luciano Giorgi – è relativo all’introduzione
degli ebook, al posto dei tradizionali libri, nella
primaria. Due testimonianze che rappresentano
esempi di avanguardia nel tentativo non
semplice di comprendere meglio queste
tematiche attraverso l’analisi delle buone
pratiche già in atto nella scuola.
1 P.C. Rivoltella (a cura di), Smart Future. Didattica, media
digitali e inclusione, FrancoAngeli, Milano 2015.
Focus
Angolo del Dirigente
Didattica e tecnologie dell’informazione
e della comunicazione
Ambienti digitali: laboratorio in classe
Metodologie all’avanguardia adottate nell’I.C. “Falcone – Borsellino” di Bari
di Carmela Rosaria Tavernise e Isabella Todaro
Dirigente Scolastico e Docente
dell’I.C. “Falcone – Borsellino”, Bari
La scuola “Falcone – Borsellino” fa parte del movimento delle Avanguardie educative dell’INDIRE,
adottando l’idea delle Aule laboratoriali. Attraverso questa coinvolgente esperienza si è voluto
modificare totalmente il concetto stesso di aula, fondendolo con quello di laboratorio in ogni passaggio
della didattica, non solo in quello della sperimentazione scientifica. Nell’Istituto gli alunni si spostano
autonomamente dal laboratorio rosso di Matematica a quello rosa di Lettere, a quello blu di Lingue e
così via, in un percorso di costruzione attiva del sapere. All’ingresso dello spazio riservato è ben visibile
un cartello con una legenda che guida alunni e docenti durante gli spostamenti. La disposizione dei
banchi, diventate isole di lavoro mobili e componibili, favorisce l’interazione e la collaborazione tra
studenti e il docente diventa un mediatore e un facilitatore del processo di apprendimento.
A partire dagli anni Settanta e Ottanta gli strumenti, audio/video
prima e telematici poi, hanno iniziato timidamente a ritagliarsi nelle
scuole uno spazio fisico dedicato,
con l’obiettivo dichiarato di qualificare l’attività didattica: allora si
trattava di piccoli santuari della
tecnica nei quali venivano custoditi costosi macchinari. Quegli
spazi, inizialmente così diversificati
per finalità didattiche e per dotazione di strumenti tecnici, nel corso degli anni hanno iniziato a essere integrati in un unico modello
di laboratorio “logico”: quello di
informatica, caratterizzato da una
ricca dotazione di personal computer, stampanti, Lavagne Interattive Multimediali (in seguito LIM),
proiettori e connettività di rete.
Da questi laboratori sperimentali
ha avuto inizio la “colonizzazio-
ne” della telematica nelle scuole di
ogni ordine e grado. La terza indagine nazionale sulle condizioni
di vita e di lavoro degli insegnanti nella scuola italiana curata nel
2008 dall’Istituto IARD metteva in
evidenza una crescita esponenziale, rispetto ai dati raccolti nel
1999, dell’utilizzo di internet per
questioni attinenti alla didattica da
parte degli insegnanti nelle scuole secondarie di primo e secondo
grado (Gui 2010).
Internet è una fonte di conoscenza molto potente che offre
l’occasione per favorire forme di
apprendimento sia di tipo individuale, sia di costruzione collaborativa e di ciò è ben consapevole l’I.C. “Falcone – Borsellino”
di Bari, una scuola situata in un
quartiere periferico e in una zona
“a rischio”, che andando oltre
ogni aspettativa, è riuscita in
questi anni a raccogliere la sfida
proveniente dalla cosiddetta “rivoluzione digitale”. Come? Attivando negli ultimi due anni varie
esperienze di didattica attiva, rivolte a disparati ambiti e stimolate da obiettivi diversi.
In primo luogo tali esperienze
hanno investito gli ambienti di apprendimento. La scuola è entrata
a far parte del Movimento delle
Avanguardie educative dell’INDIRE un progetto nato dall’iniziativa congiunta di INDIRE (Istituto
Nazionale di Documentazione,
Innovazione e Ricerca Educativa), che fin dall’anno della sua
nascita – il 1925 – si è occupato
di innovazione educativa) e di un
primo gruppo di scuole che hanno sperimentato una o più delle
Idee sull’uso della tecnologia nella
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
71
Angolo del Dirigente
scuola. Le Avanguardie educative
promuovono l’nnovazione e portano a sistema le esperienze più
significative di trasformazione del
modello organizzativo e didattico
della scuola. Tale movimento è:
aperto alla partecipazione di tutte le scuole italiane che lavorano
ogni giorno per trasformare l’impianto tayloristico di una scuola non più adeguata alla nuova
generazione di studenti digitali
e disallineata dalla società della
conoscenza e intende utilizzare
le opportunità offerte dalle ICT e
dai linguaggi digitali per cambiare
gli ambienti di apprendimento e
offrire e alimentare una “galleria
delle Idee” che nasce dall’esperienza delle scuole, ognuna delle
quali rappresenta la tessera di un
mosaico che mira a rivoluzionare
l’organizzazione della didattica,
del tempo e dello spazio del ”fare
scuola” (http://avanguardieeducative.indire.it/).
L’adesione e la partecipazione
costante ai lavori del Movimento
ha portato la scuola a adottare
e far propria l’idea delle Aule laboratoriali; è così che nel corso
degli anni si è voluto modificare
totalmente il concetto stesso di
aula, fondendolo con quello di
laboratorio, in ogni passaggio
della comunicazione didattica,
non solo in quello della sperimentazione scientifica (le aule
sono assegnate in funzione delle discipline riprogettate e allestite con un setting funzionale).
Gli alunni si spostano autonomamente dal laboratorio rosso
di Matematica a quello fucsia di
Lettere, a quello blu di Lingue e
così via. All’ingresso della scuola,
troviamo uno spazio riservato e
un cartello con una legenda che
guida alunni e docenti durante
gli spostamenti. L’uso delle LIM,
72
del collegamento a Internet e la
perdita della disposizione classica dei banchi, che sono diventate
isole di lavoro mobili e componibili, favoriscono l’interazione e la
collaborazione tra studenti, nella
quale il docente diventa un mediatore del processo di apprendimento. L’aula laboratorio è immaginata come uno spazio dove
poter soprattutto sperimentare e
sviluppare competenze, prevedendo un setting di lavoro specifico e adeguato alla disciplina
nel quale i docenti possano progettare una lezione che integri
le tradizionali strumentazioni di
laboratorio con dispositivi tecnologici – come sensori digitali
e software – per l’elaborazione
delle competenze acquisite.
La società dell’informazione e della conoscenza (Castells 2008) ha
sovvertito i paradigmi tradizionali,
mettendo fortemente in crisi le
strutture gerarchiche e favorendo processi orizzontali e reticolari
allo sviluppo dei quali il web 2.0 ha
certamente contribuito ponendo
al centro l’individuo e i suoi bisogni (RSS, Personal Learning Environments, cookies, identità digitali
e molto altro che concorrono a
restituirci un’informazione sempre più mirata). Questo cambio
di paradigma non può non interessare anche la scuola, come
ci ricordano le Indicazioni per il
curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione: “Il ‘fare scuola’ oggi significa
mettere in relazione la complessità di modi radicalmente nuovi
di apprendimento con un’opera
quotidiana di guida, attenta al
metodo, ai nuovi media e alla
ricerca multi-dimensionale. (...)
La scuola si deve costruire come
luogo accogliente, coinvolgendo
in questo compito gli studen-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
ti stessi. Sono, infatti, importanti
le condizioni che favoriscono lo
star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia
dei bambini e degli adolescenti a
un progetto educativo condiviso.
(...) L’organizzazione degli spazi
e dei tempi diventa elemento di
qualità pedagogica dell’ambiente
educativo e pertanto deve essere
oggetto di esplicita progettazione
e verifica. (...) L’acquisizione dei
saperi richiede un uso flessibile
degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma anche la
disponibilità di luoghi attrezzati
che facilitino approcci operativi
alla conoscenza per le scienze, la
tecnologia, le lingue comunitarie,
la produzione musicale, il teatro,
le attività pittoriche, la motricità”.
Una scuola d’avanguardia come la
nostra nasce da un nuovo modello
di apprendimento e di funzionamento interno, nel quale la centralità dell’aula viene superata. Una
scuola d’avanguardia rende duttili i
suoi ambienti affinché vi siano spazi sempre abitabili dalla comunità
scolastica per lo svolgimento di
attività didattiche, per la fruizione
di servizi, per usi anche di tipo informale; spazi dove lo scambio di
informazioni avviene in modo non
strutturato, dove lo studente può
studiare da solo o in piccoli gruppi, dove può approfondire alcuni
argomenti con l’insegnante, ripassare, rilassarsi. Una scuola d’avanguardia si apre all’esterno e diventa
baricentro e luogo di riferimento
per la comunità locale.
D’altronde, nell’Istituto “Falcone
– Borsellino” già dall’anno scorso in alcune aule si è fatto uso
dell’ambiente e-learning e della
piattaforma didattica Fidenia, un
social learning interamente dedicato alla didattica per creare
classi virtuali, condividere risorse,
Angolo del Dirigente
realizzare contenuti multimediali, assegnare verifiche e dialogare
in maniera “social” tra docenti,
studenti e famiglie che realizza
un ambiente di supporto all’attività d’aula per la fruizione di
materiali, lo svolgimento di esercizi e questionari, l’interazione in
Forum e Wiki (https://www.fidenia.com/cose-fidenia/).
Il processo di apprendimento
permane incentrato sulla classe
ma diventa flessibile: alterna presenza/distanza fisica e modalità
sincrona/asincrona. La tecnologia viene integrata nella lezione
in modo fluido, per arricchire l’insegnamento e realizzare corsi di
supporto alla didattica d’aula e ai
progetti, per il recupero/potenziamento e per formazione docenti. Il lavoro con la Piattaforma
Fidenia è stato svolto nell’ambito
delle classi anche con finalità inclusive, progettando, per esempio, attività di recupero strutturate per singola classe ma anche
trasversali tra le varie classi (per
esempio con corsi dedicati a tutte le classi prime della scuola per
una disciplina).
Lecito è chiedersi quale sia il valore aggiunto di questo modello
che pare aggiungere complessità
all’organizzazione, già molto articolata di orari e lezioni; alla luce
della nostra esperienza possiamo
affermare che l’impianto aiuta a
superare una didattica orientata
esclusivamente allo sviluppo di
conoscenze e un modello di lezione solo frontale e permette di
favorire e supportare attività didattiche centrate sullo studente. La
riorganizzazione degli spazi e dei
laboratori ci ha consentito di sviluppare pienamente le potenzialità delle tecnologie digitali creando
un ambiente adeguato a supportare pratiche didattiche innovative;
la differente organizzazione del
setting è risultata vincente per assecondare la creatività dei docenti
e degli studenti grazie alla possibilità di creare situazioni didattiche
diversificate. Il nostro obiettivo è
quello di realizzare un modello di
ambiente di apprendimento moderno e flessibile senza dover progettare edifici/strutture nuove ma
recuperando e ridefinendo l’utilizzo di ambienti già esistenti.
Quest’anno poi, nelle prime classi
di scuola secondaria ma nella speranza di estendere il progetto, si è
attivata la sperimentazione delle
aule digitali che ha investito due
nostre sezioni, nelle quali gli alunni
utilizzano a scuola esclusivamente
l’iPad come strumento di studio,
con tutte le innumerevoli e molteplici applicazioni e software didattici che questo strumento offre.
Già fin dai primi giorni di scuola, i
docenti hanno rilevato un interesse notevolmente accresciuto da
parte dei discenti verso le attività
didattiche e un coinvolgimento e
un impegno eccezionali anche a
casa. Alcuni insegnanti riferiscono che, non appena inviano agli
alunni le attività da svolgere, questi rispondono alle sollecitazioni
in tempi rapidissimi e nel miglior
modo possibile. I genitori raccontano dell’entusiasmo che appare
negli occhi dei nostri ragazzi e del
piacere che manifestano la mattina nel venire a scuola. Nel nostro
caso specifico, l’uso delle tecnologie dell’informazione, non è fine
a se stesso ma orientato a:
∞ facilitare l’apprendimento e la
comunicazione;
∞ rielaborare conoscenze e contenuti appresi in classe;
∞ documentare esperienze didattiche significative anche attraverso la progettazione e realizzazione di percorsi ipermediali
da diffondere sul web.
Nel nostro progetto è previsto un
uso creativo e attivo delle tecnologie per:
∞ l’espressione e la comunicazione;
∞ la comunicazione interpersonale e la collaborazione anche a
distanza;
∞ la fruizione di messaggi multimediali e di sistemi di comunicazione al fine di favorire la crescita
culturale.
Risorse
∞ G. Biondi, La scuola dopo le nuove tecnologie, Apogeo, Milano 2007
∞ M. Castells, La nascita della società in rete, Egea, Milano 2008
∞ C. Laici, E. Mosa, L. Orlandini, S. Panzavolta, Avanguardie educative:
a cultural movement for the educational and organizational
transformation of the Italian school, Atti del convegno “Future of
Education”, 2015. In Internet URL: http://conference.pixel-online.
net/FOE/files/foe/ed0005/ FP/1667-ITL1037-FP-FOE5.pdf
∞ C. Laici, L. Orlandini, Avanguardie Educative: percorsi di innovazione
a scuola, Atti del convegno EM&M Italia 2015. In pubblicazione
∞ MIUR, Linee guida per l’edilizia scolastica, 2013. URL: http://
hubmiur.pubblica.istruzione. it/web/ministero/cs110413
∞ R. Trinchero, Sappiamo davvero come far apprendere? Credenza
ed evidenza empirica, Form@re, 2014. URL: http://www.fupress.net/
index.php/formare/article/view/13256/12512
∞ J. Meda, A sedere composti! Il banco e il disciplinamento dello spazio
educativo tra pre-scrizioni igieniste, esigenze eugenetiche e interessi
economici nell’Italia postunitaria (1861-1911), in History of Eucation,
Childrens’ Literature n. 1, giugno 2016, in corso di pubblicazione
∞ R. Trinchero, Sappiamo davvero come far apprendere? Credenza
ed evidenza empirica, Form@re, 2014, in Internet URL: http://www.
fupress.net/index.php/formare/article/view/13256/12512
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
73
Focus
Angolo del Dirigente
Un progetto innovativo che facilita gli apprendimenti
I tablet sui banchi della primaria
per una didattica attiva
Una sperimentazione che arriva dall’Olanda e coinvolge le classi
di un istituto lombardo
di Luciano Giorgi
Dirigente Scolastico I.C. “Erasmo da Rotterdam”, Cisliano (MI)
[email protected]
Un progetto che si è realizzato nel Comprensivo “Erasmo da Rotterdam” di Albairate e Cisliano
nel maggio del 2013 che ha preso avvio, direttamente dal Nord Europa, il progetto olandese della
Fondazione Snappet. A ciascun alunno di una classe terza della scuola primaria, per la durata di un
mese, è stato assegnato un tablet in veste di strumento didattico, coordinato dai docenti tramite
apposita dashboard. Grazie alla collaborazione attiva di insegnanti e famiglie, è stato possibile estendere
il progetto nel tempo e sulle altre classi facendo leva sulla possibilità di personalizzare l’attività didattica,
rendendola attrattiva e stimolante per il singolo alunno e più immediata per l’insegnante.
Nell’Istituto Comprensivo “Erasmo da Rotterdam” di Albairate
e Cisliano, in provincia di Milano,
tutto è cominciato nel maggio
2013, con una mail proveniente
dalla Fondazione olandese Snappet (https://it.snappet.org/): veniva richiesta la disponibilità a
inserire nella programmazione
curriculare, in maniera sistematica e per un certo numero di ore,
l’uso del tablet, strumento già
utilizzato negli istituti del Nord
Europa.
L’azienda Snappet avrebbe fornito un tablet basato sul sistema
Android per ciascun alunno della
classe terza della scuola primaria, con schermo da 7 pollici e
connessione wi-fi; alcuni accorgimenti tecnici avrebbero consentito di svolgere solo le attività
previste per la sperimentazione,
senza disperdere l’attenzione del
74
bambino su altre funzioni (prima
tra tutte, la navigazione sul web).
A seguito di contatti e scambi
di idee con il responsabile della
Fondazione, Michael Block, e,
coerentemente al target richiesto dal progetto, si decide di proporre l’iniziativa alla classe III B
della scuola primaria di Albairate:
le docenti interessate, Portalupi Viviana e Polli Patrizia, oltre a
essere in possesso dei requisiti
richiesti, manifestarono immediatamente interesse ed entusiasmo per questa sperimentazione, così come gli stessi genitori
degli alunni coinvolti, che si mostrarono sin da subito partecipi e
collaborativi.
Con Snappet è possibile usufruire della tecnologia digitale
in classe ben coniugata con gli
esistenti metodi di insegnamento. Ogni lezione, e quindi l’edu-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
cazione “in stile Snappet”, può
essere riassunta in sole quattro
semplici fasi:
1. Istruzioni dell’insegnante secondo il metodo tradizionale
di insegnamento (abitualmente
una fase di introduzione/orientamento e una fase di istruzione/
spiegazione).
2. Svolgimento delle lezioni presenti in piattaforma sia a livello
individuale che di cooperative
learning; verifica dell’elaborato
da parte degli alunni attraverso
un feedback in tempo reale.
3. Feedback diretto e focalizzato
del docente sulla base della performance didattica individuale o
del gruppo classe.
4. Raccolta di elementi utili per
arricchire la valutazione che il
docente esprime relativamente
agli obiettivi di insegnamento/
apprendimento previsti.
Angolo del Dirigente
L’istituto divenne a pieno titolo
una delle sei scuole italiane aderenti al primo Progetto Tablet: la
sperimentazione durò un mese,
ma gli esiti positivi ci convinsero a
protrarla, estendendo peraltro l’uso della piattaforma anche ad altre classi. Attualmente, a distanza
di oltre tre anni, l’iniziativa coinvolge tutte le classi terze, quarte e
quinte della scuola primaria.
Sebbene rimanga imprescindibile il ruolo dell’insegnante, il
tablet costituisce innegabilmente uno strumento utile e immediato per accedere a nozioni,
conoscenze e applicazioni tanto
ludiche quanto didattiche. L’ampia gamma di attività proposte
permette al docente di calibrare
per ciascun alunno un percorso
specifico in tempi assolutamente
accettabili. Ogni studente riceve
dunque un apprendimento personalizzato in termini di contenuti e di tempi di esecuzione,
divenendo di riflesso sempre più
autonomo. Dal canto suo, l’insegnante può dedicarsi agli alunni
più in difficoltà accostandosi a
loro o supervisionando l’operato della classe dalla piattaforma
Snappet: su di essa vengono riportati in tempo reale i nomi di
tutti gli alunni attivi, gli esercizi
svolti e il loro andamento durante il lavoro. Si ottiene in questo modo un’individualizzazione dell’insegnamento con un
feedback immediato: gli alunni
più brillanti possono procedere
speditamente, mentre gli alunni
con qualche difficoltà possono
essere aiutati con soluzioni ad
hoc e agevolati nella comprensione degli errori commessi.
Il tablet può essere utilizzato anche durante la lezione frontale:
grazie alla LIM il docente può
introdurre la spiegazione di un
argomento utilizzando gli esercizi proposti in piattaforma, per
poi lasciar liberi gli alunni di cimentarsi da soli in ulteriori compiti. Al momento le materie che
possono essere affrontate con
questo strumento sono italiano,
matematica, inglese, geografia,
scienze e storia, oltre alla possibilità di effettuare esercizi sulle
prove Invalsi.
Alcune insegnanti hanno poi
assegnato gli esercizi del tablet
come compito a casa o compito
delle vacanze, dando a ciascun
alunno un codice personale per
l’accesso alla piattaforma Snappet in modo da potersi collegare
anche da un semplice smartphone. Naturalmente per raggiungere questo traguardo è stata necessaria la collaborazione attiva
e intensa delle famiglie, che hanno creduto in questa “impresa” e
investito nel noleggio dello strumento e dei contenuti.
Nello specifico l’insegnante, tramite la dashboard, può scegliere
o pianificare una o più lezioni. Le
lezioni selezionate appariranno
sui tablet e gli alunni potranno
iniziare il lavoro in modo con-
diviso, in gruppo o maniera individuale immediatamente o nei
giorni seguenti.
Gli esercizi sono raggruppati per
lezione e/o per obiettivi di insegnamento, e normalmente richiedono 20-30 minuti.
Durante ogni singolo esercizio lo
studente avrà un feedback immediato, saprà subito se e dove
ha fatto errori permettendo un
apprendimento più veloce.
Gli insegnanti possono decidere di proporre la stessa lezione all’intera classe oppure di far
svolgere lezioni più semplici, più
complesse o diversificate a differenti gruppi di alunni.
L’insegnante segue con la propria dashboard il progresso della
classe e di ogni singolo alunno in
tempo reale. Quando un alunno o un’alunna si trova in difficoltà viene subito segnalato e il
docente decide se fornire aiuto
immediato. Terminata la lezione
non ci sono quaderni da correggere, i risultati (eccetto quelli
inerenti a domande con risposte
aperte o multiple) sono già stati
corretti e registrati nella piattaforma per una analisi dettagliata
di ogni momento della lezione.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
75
Angolo del Dirigente
Sono disponibili all’istante anche dei dati statistici giornalieri,
settimanali, mensili ecc. è fuori
di dubbio che poter visualizzare
il progresso nel tempo per ogni
alunno e per ogni obiettivo di
insegnamento rende più facile
la preparazione delle lezioni seguenti nonché esprimere valutazioni e/o voti.
Nel corso gli ultimi giorni dell’anno scolastico, al fine di supportare il lavoro del docente ma
anche per monitorare in concreto l’evolversi del progetto,
alcuni consulenti di Snappet
hanno affiancato l’insegnante
durante l’attività didattica con
l’ausilio della piattaforma e dei
tablet. L’entusiasmo riscontrato nei bambini è stato notevole:
avere tra le mani un gadget tecnologico con schermo touch, a
uso personale, che consente di
svolgere gli esercizi alla propria
velocità, che fornisce immediatamente un rinforzo quando la
risposta è corretta e che consente di tornare indietro per correggere, ma anche di curiosare
in avanti... rende i bambini molto
dinamici e frizzanti.
Di seguito vengono riportate alcune riflessioni elaborate dagli
alunni e dalle alunne che hanno
partecipato alla sperimentazione.
Martina – Lavorare con i tablet
è super bellissimo perché possiamo sprecare meno fotocopie
e andare più veloci. A me piace
molto anche perché è bellissimo
avere un tablet tutto tuo. All’inizio
andavamo molto piano perché
non li sapevamo gestire, invece
adesso siamo molto più veloci.
Noi questo lavoro lo pratichiamo nell’aula LIM, però mai più di
un’ora; noi ci divertiamo molto,
tutti hanno preferenze per gli
76
esercizi, ma a me piacciono tutti! Per noi è una cosa stupenda
perché ci piace di più lavorare sui
tablet che sui quadernoni.
Tommaso – Un giorno, mentre
mi trovavo a scuola, le maestre
ci hanno avvertito che avremmo
partecipato a un progetto pilota.
Questo progetto richiede l’utilizzo dei tablet. Abbiamo cominciato così il 10 maggio. Io sono
felicissimo di fare questo progetto perché si fanno gli esercizi
sul tablet ed è divertente perché
non ti stanchi le mani come con
le penne. Insomma è un progetto bellissimo!
Gaia – Il 10 maggio abbiamo incominciato questa esperienza.
Ci sono 4 materie: italiano, matematica, comprensione e inglese. È divertentissimo! In Inglese,
con le parole flash, appare una
parola, la clicchi e... scompare e
tu la devi riscrivere giusta.
Nella comprensione appare un
testo, lo leggi e rispondi alle domande: se la risposta è esatta
esce un segno di colore verde, se
è sbagliata esce di colore rosso.
Ulisse – Quest’anno abbiamo usato questi tablet chiamati Snappet,
abbiamo incominciato a usarli il 10
maggio e continueremo fino al 6
giugno; la persona che ci ha portato i tablet è Michael. I tablet hanno delle icone, noi abbiamo fatto:
matematica, grammatica, inglese,
comprensione. È stato bellissimo!
Ilaria – Abbiamo iniziato a lavorare con i tablet il 10 maggio
2013. Sul tablet ci sono gli esercizi di matematica, inglese, italiano, grammatica e comprensione. È bello perché non si porta la
penna e il righello. I signori che
l’hanno portato sono olandesi
e si chiamano Michael e Martin.
Usare i tablet non è facile, ma poi
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
ti abitui e diventa più facile e divertente. E poi le nostre maestre
sono veramente brave.
Dario – Un giorno, il 10 maggio,
arrivò un signore olandese che si
chiama Michael che ci ha fatto
usare i tablet. Sono delle specie
di telefonini giganti! Ce li fa adoperare fino alla fine della scuola.
Ci sono molti esercizi tipo grammatica, matematica... Si deve
spegnere cliccando ok. È bello
usare i tablet!
In conclusione, l’esperienza dei
tablet a scuola ha permesso:
∞ una conoscenza diretta del
processo di apprendimento della
classe e dei singoli alunni;
∞ più tempo per l’istruzione e la
preparazione delle classi, grazie
alla verifica e all’analisi degli errori automatizzati;
∞ una copertura integrale di educazione digitale: ogni bambino
ha il suo tablet;
∞ riduzione dei costi per la scuola
grazie a un risparmio di fotocopie.
Zoom
Editoriale
di Alessandra La Marca
Università degli Studi di Palermo
Leggere al tempo dei tablet
e della rete
Gli alunni non leggono, o leggono sempre meno perché leggere è faticoso. Anche “noi”, che
leggiamo tanto e siamo allenati, non possiamo negare che dopo ore di lettura siamo affaticati.
Leggere è impegnativo, bisogna stare concentrati per tanto tempo, senza distrazioni, fermi.
In questa società dove la fatica è stata bandita, dove tutto è stato semplificato, dove ogni cosa
dev’essere immediata, a portata di mano, con un click) come possiamo motivare alla lettura?
Una riflessione sul valore della lettura in un momento in cui le nuove tecnologie cambiano le
modalità di fruizione della cultura. Tutti i dispositivi tecnologici che in tempi rapidissimi hanno
cambiato profondamente le nostre abitudini.
I veri protagonisti di questo cambiamento sono i giovani e, indirettamente, gli strumenti
tecnologici, ma i veri promotori, artefici di ogni bisogno culturale sono gli agenti sociali a loro
più vicini i genitori, gli insegnanti, i bibliotecari.
Ben venga, quindi, l’editoria specializzata per ragazzi che oggi vanta una produzione vasta e
articolata a seconda dei diversi progetti editoriali. Alcune fra le funzioni della lettura: potenziare
la memoria, avviare una crescita spirituale e culturale utile alla formazione della personalità e
a stimolare la fantasia. La lettura è allettante per il bambino se lo è anche per i suoi genitori: è
il piacere che il genitore infonde nella lettura e la sua capacità di partecipare alla lettura con
il proprio figlio a rendere l’esperienza della lettura piacevole per il bambino. La modalità della
lettura non può essere vista come un puro atto tecnico.
Si legge perché qualcuno ha letto per noi, ossia abbiamo ascoltato. “Se riesci a far innamorare i
bambini di un libro, di due, di tre, cominceranno a pensare che leggere è un divertimento. Così,
forse, da grandi diventeranno lettori” affermava Roald Dahl, uno degli autori per ragazzi più
celebrato e amato.
L’attenzione di Dahl era tutta rivolta ai più piccoli: “Non ho niente da insegnare. Voglio soltanto
divertire. Ma divertendosi con le mie storie i bambini imparano la cosa più importante: il gusto
della lettura. Si staccano dal televisore, e prendono familiarità con la carta stampata. Più avanti
nella vita, questo allenamento gli servirà per affrontare testi più seri. E chi avrà cominciato presto
a leggere libri, andrà più lontano”.
Attraverso la creazione del legame affettivo con la lettura si pone la base per lo sviluppo di una
passione per la lettura che può durare tutta la vita.
La complementarità tra pagina scritta e gli altri media gioca, quindi, un ruolo importante nella
società contemporanea e può costituire uno stimolo per fare della lettura un’esperienza sentita
come attuale e significativa.
Cartaceo o Digitale? L’importante è leggere: chi legge molti libri tradizionali sempre più spesso
legge anche libri digitali. La lettura digitale sta prendendo piede tra le nuove generazioni,
quest’ultimo indice statistico ci porta a supporre che la percentuale di lettori digitali non farà che
crescere nei prossimi anni, specie se, come pensiamo, si diffonderanno i dispositivi per la lettura.
L’accelerazione tecnologica sta rendendo obsoleto il libro di carta? Uccide l’idea stessa di libro?
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
77
Editoriale
Il libro di carta è assolutamente insostituibile dal punto di vista cognitivo, perché protegge e
non aggredisce la nostra risorsa mentale più preziosa: l’attenzione. La lettura richiede silenzio e
riflessione atti a maturare lo spirito critico e gli script, cioè le forme schematiche di conoscenza
utili a maturare scelte e stili di vita. La lettura è anche evasione, riposo, rifugio, è piacere,
ma anche fatica in quanto non possiamo non evidenziare le difficoltà insite nel percorso di
conquista delle competenze in lettura. È chiaro che l’amore per i libri ha origine già in famiglia.
Educatori e docenti, oggi più che mai, devono assolutamente prenderne consapevolezza, essere
disponibili al cambiamento e all’aggiornamento per poter ricercare e fornire alla persona in
formazione stimoli idonei a suscitare, accrescere, incentivare la motivazione alla lettura intesa
come un processo dinamico che, per attivarsi, ha bisogno di adeguate sollecitazioni, sentendosi
investiti da una sorta di missione: far innamorare i bambini della lettura, concorrendo, così, alla
loro crescita.
Il consiglio dato ai genitori di leggere ai propri bambini fin dalla più tenera età è in grado di
ottenere duraturi effetti sull’attitudine e la capacità dei genitori a impegnarsi in questa specifica
modalità educativa e relazionale.
La lettura e la narrazione sono strumenti essenziali di comunicazione con il singolo bambino,
una potente chiave di socializzazione del gruppo, un supporto a un armonioso sviluppo del
benessere psico-fisico dei bambini che frequentano la scuola dell’infanzia. Partendo dalla
condivisione con amore di una favola, una filastrocca, una storia si costruisce un momento di
piacere sia emotivo che cognitivo.
Il libro non ha alcun significato per il bambino se non diventa, attraverso il suo contenuto e la
mediazione di un adulto lettore, un oggetto di relazione affettiva. Si tratta di ambiti complessi di
conoscenze, emozioni personali e relazioni interpersonali.
Un bambino si scopre lettore quando prova piacere in quello che legge. E il piacere è il
presupposto perché si alimenti la motivazione a leggere, cioè quella forte spinta che induce la
persona a diventare un lettore “forte”, abituale.
La lettura a voce alta dell’adulto-mediatore mette in moto e consolida questa catena virtuosa di
rimandi tra “piaceri” della lettura e motivazione al leggere.
Le narrazioni dovrebbero pertanto essere luogo e tempo d’esperienze etiche, estetiche e
veritative autentiche; di esperienze esistenziali che sollecitino un risveglio dell’interiorità; di
accompagnamento per le vie di un viaggio, di un’avventura verso il senso ultimo della vita, verso
le finalità fondamentali dell’esistenza.
La narrazione è un universo più ampio di quello della lettura, anche se entrambe rimandano
a una relazione; in secondo luogo, leggere è un atto complesso che non solo allerta tutte le
capacità di risposta del soggetto, ma anche sollecita all’interpretazione di quanto viene narrato.
La parola acquista un ruolo centrale, mentre l’attività di lettura si estende dalla pagina scritta
fino alla decodifica e all’interpretazione del nostro mondo interiore e del mondo esterno in cui
siamo calati. L’adulto che racconta e legge è simile a un mago che fa scoprire le innumerevoli
meraviglie dei libri e delle storie.
La magia è nelle parole e nelle immagini che regalano favole, racconti, fiabe... e viaggiano nella
mente, sviluppando l’immaginazione e il pensiero creativo.
Nasce così la capacità di immaginare e inventare che permette al bambino di raccontare storie,
desideri e sogni, questo con la speranza che da grande possa mantenere l’atteggiamento positivo
e confidenziale verso il libro e la lettura che avrà costruito sin dall’infanzia.
La fiaba ha un alto potere metaforico, pur parlando una lingua semplice, è scandita da frequenti
richiami all’ascoltare e fa appello alla memoria dell’immaginario collettivo oltre che a quella dei
vissuti personali.
È modellata su strutture narrative fisse e riflette problemi universali come la paura di un
bambino di essere abbandonato, di non essere accettato e di essere in balia di forze oscure e
78
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
misteriose. Offre scenari dove si materializzano sogni e incubi che in chiave simbolica possono
essere affrontati e richiamati attraverso l’immaginazione; assicura fantasia, ristoro ed evasione,
sorregge e stimola il bisogno di fantasticare. Permette di guardare la realtà da molti e diversi
punti di vista, di fare attenzione ai dettagli e anche alle culture diverse, dato che la fiaba viaggia
attraverso le caratteristiche e l’immaginario di ogni popolo.
In fondo “le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono.
Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti” (G.K. Chesterton).
Il leggere ad alta voce, con una certa continuità, ai bambini in età prescolare è provato abbia una
positiva influenza sia dal punto di vista relazionale, che cognitivo; per di più si consolida nel
bambino l’abitudine a leggere che si protrae, poi, nelle età successive anche grazie all’imprinting
precoce legato alla relazione.
La lettura ad alta voce crea i presupposti per una relazione con se stesso e l’altro, attraverso non
solo le parole dell’autore, ma ciò che esse procurano nella nostra storia personale. La comprensione
empatica di ciò che viene letto è una capacità che può aiutare il bambino piccolo ad ascoltare le
storie con piacere e a riconoscere le emozioni che l’adulto fa risuonare con la voce. Attraverso
strumenti quali l’affabulazione, la visualizzazione, la lettura creativa, gli insegnanti potranno
scoprire la potenza fascinatrice della parola, la sua capacità di evocare immagini.
L’obiettivo di incontri specifici di formazione sulla lettura, per insegnanti futuri o in servizio, è
proprio quello di individuare gli elementi (creativi, tecnici e relazionali) che entrano in gioco
nella lettura espressiva, perché sia esperienza affascinante e coinvolgente per l’ascoltatore.
È importante che gli insegnanti di scuola primaria sappiano orientarsi nel panorama
contemporaneo dell’editoria per ragazzi, sapendone analizzare criticamente tendenze, generi,
collane; sapendo valutare un testo letterario
per l’infanzia; acquisendo competenze
metodologiche per la progettazione di
percorsi educativi centrati sul libro, la lettura,
l’alfabetizzazione emergente, in ambito
scolastico ed extra-scolastico.
La diffusione dei libri in versione digitale e
degli e-book può rappresentare un nuovo
canale di accesso alla lettura per le famiglie
che non hanno grande familiarità con librerie
e libri cartacei. Forse nuovi canali di accesso al
patrimonio culturale, canali digitali, possono
catturare l’attenzione di chi, oggi, non legge.
Grazie alle tecnologie possono essere
promosse nuove forme di socialità, per
esempio condividendo il lavoro con bambini di
altre classi “remote”, in virtù della possibilità di
alternare momenti in presenza e a distanza.
Chi ama leggere vive, sempre più, questa sua
“predisposizione” sia in ambito tradizionale
sia tramite nuove modalità. A pensarci
bene la cosa ha una sua logica, il valore di
un romanzo, di un racconto, di una fiaba è
insito nell’opera, non nel dispositivo che ne
permette la fruizione, mentre l’interesse, la
passione, è propria del lettore. Nella casa di
chi ama leggere biblioteca reale e biblioteca
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
79
Editoriale
virtuale possono fondersi e completarsi a vicenda. L’eBook può catturare nuovi potenziali lettori,
compulsivi, con poco tempo libero, buona capacità di interazione, con un ottimo rapporto con
il materiale multimediale e con la rete, lettori che, proprio per le caratteristiche sin qui elencate,
non hanno il giusto feeling con il libro in formato cartaceo.
Innanzitutto è necessario vedere se è possibile confutare l’equivoco relativo al dualismo esistente
tra libro cartaceo ed eBook ovvero tra lettura cartacea e lettura digitale.
Si può, quindi, affermare che il dualismo con la lettura cartacea è totalmente infondato. Per
fare ciò utilizziamo il recente rapporto pubblicato dall’ISTAT nel 2016, in riferimento all’anno
2015, rapporto denominato “La lettura in Italia“. I volumi cartacei e i libri in formato digitale non
appaiono prodotti editoriali alternativi e necessariamente in competizione: la quota di persone
che negli ultimi 3 mesi hanno letto online o scaricato libri o e-book aumenta in proporzione
al numero di libri presenti in casa e tocca il valore massimo (23,8%) proprio tra le persone che
dispongono già di una biblioteca domestica con oltre 200 volumi.
Non si stanno delineando due fazioni di lettori, come molti ipotizzano, bensì ci stiamo
trasformando in digitali e allo stesso tempo cartacei. Quasi un giovane su quattro, tra quelli che
navigano in internet, uno su cinque in termini assoluti, legge “digitale”. La paura che la lettura
digitale produrrà eserciti di analfabeti è altrettanto priva di fondamento, anzi i trend forniti dalla
ricerca ISTAT indicano il canale digitale come via per catturare l’attenzione dei “non lettori“, in
particolare i giovanissimi.
Leggere, inoltre, aiuta a comprendere meglio chi incontriamo nella nostra vita quotidiana.
Leggere stimola comprensione ed empatia nel lettore. I romanzi, ma anche le fiction in tv,
possono “potenziare” le nostre capacità e “aiutarci a comprendere meglio la nostra esperienza
sociale”. Che ci sia uno stretto legame tra finzione narrativa ed empatia non è un’idea nuova,
ma finora le prove sono state in gran parte aneddotiche. La situazione è cambiata grazie alla
possibilità di utilizzare le moderne tecniche di imaging cerebrale che hanno consentito di
indagare più a fondo gli effetti della letteratura sul nostro cervello.
In un’analisi pubblicata su Trends in Cognitive Sciences, Keith Oatley, psicologo dell’Università
di Toronto sostiene – studi alla mano – che leggere racconti o guardare fiction in tv può, tra
l’altro, potenziare l’empatia. Esplorando la vita interiore dei personaggi sulla carta, i lettori
possono formarsi idee su emozioni, motivazioni, e pensieri altrui nella vita reale.
Nella sua analisi, l’autore cita uno studio in cui è stato chiesto ad alcune persone di immaginare
delle frasi (per esempio, “un tappeto blu scuro”, “una matita a strisce arancioni”), mentre erano
sottoposte a risonanza magnetica. I lettori di romanzi e gli appassionati di fiction tv hanno
totalizzano punteggi significativamente più alti. Effetti simili sono stati rilevati anche quando i
partecipanti hanno giocato a un videogioco con una trama narrativa.
Un altro studio, svolto attraverso studi di imaging cerebrale, ha indagato gli effetti attenzionali
provocati da due modalità diverse di lettura di un paio di capitoli del noto romanzo di Jane
Austen, Mansfield Park, in un gruppo di studenti di letteratura: effettuare una prima lettura
“piacevole” e una seconda rilettura, più attenta e critica, mediante un modello di analisi classico
degli studi critici letterari anglosassoni, il close reading (considerare la struttura formale e gli
schemi presenti nel testo).
Sono state evidenziate diverse aree di attivazione neuronale, durante le due tipologie di
lettura: nella prima modalità si sono attivati i centri del piacere, ma anche dell’emozione e
dell’immaginazione, mentre nella seconda modalità di lettura erano evidenti attivazioni estese
e intense in aree cerebrali maggiormente coinvolte in compiti attentivi e cognitivi, quindi,
secondo gli autori, una lettura analitico-critica permetterebbe l’attivazione di meccanismi di
controllo attenzionale e di memoria.
La qualità narrativa dell’opera di Jane Austen sembrerebbe capace di stimolare, solo attraverso
la parola scritta, immagini e stati emozionali, inoltre, una rielaborazione attiva e strutturata degli
80
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
schemi formali del testo narrativo permetterebbe l’attivazione di aree che possiamo considerare
riconducibili alle funzioni esecutive.
Si presume – e molte insegnanti sono pronte a giurarlo su un grande classico – che leggere
romanzi apra la mente, ma finora le prove che collegavano la passione per le vicissitudini di Jane
Eyre, Lizzy Bennet o Anna Karenina a una mente più aperta erano in gran parte aneddotiche.
Tra il libro e il lettore può instaurarsi un legame viscerale e irripetibile, come una magia; in
questo caso, il libro assolve alla sua funzione e il lettore partecipa attivamente alla vita del testo e
al suo scopo. Oppure può capitare che il libro non riesca ad adempiere il suo compito principale,
che è quello di comunicare e veicolare emozioni, concetti e pensieri. In questo secondo caso,
purtroppo, la magia non si compie, la relazione non s’innesta, le parole scritte non… volano.
Di chi è la colpa? Spesso è dello scrittore che non ha saputo gestire con efficacia l’incipit (l’inizio)
del suo libro, che non ha nutrito la trama con la dovuta costanza o che non è stato capace di
scegliere il linguaggio più adatto. Altre volte, al contrario, la colpa è del lettore che non si è
concesso al libro, che non gli ha dedicato veramente il suo tempo, la sua attenzione, e soprattutto
una mente aperta e scevra da preconcetti.
A giustificazione di entrambi (scrittore e lettore), occorre sottolineare che ciascuno scambio
comunicativo, che sia l’inizio di un’amicizia o le prime fasi di una lezione, che siano le note
iniziali di un concerto o le prime parole di un libro, è delicato, complesso e spesso infungibile.
La narrazione illustra i modi concreti per coltivare le virtù morali e risveglia il desiderio di
raggiungere i fini virtuosi. La conoscenza di espliciti esempi di vita – anche attraverso l’arte, lo
sport e lo spettacolo – sono il mezzo attraverso cui l’attenzione di un adolescente può essere
focalizzata sugli scopi e sugli ideali virtuosi.
Romanzi e fiction, quando presentano contenuti ricchi e attraenti, favoriscono l’identificazione e
permettono di riflettere sul significato delle azioni.
Quando leggiamo un libro, quando vediamo un film quasi sempre abbiamo dentro di noi un
desiderio di capire qualcosa in più del mondo e della storia, ma soprattutto di essere di più. In
questi momenti c’è senz’altro un’immersione in un altro mondo ma, poi, in questo altro mondo,
una volta entrati, vogliamo ritrovare noi stessi in un’esperienza che ci arricchisca, che ci faccia
comprendere qualcosa di più del nostro mondo e di noi stessi e ci renda capaci – attraverso
la finezza narrativa – di fare esperienza di emozioni e percezioni che da soli non avremmo
raggiunto.
Nei racconti di finzione – sia letterari sia cinematografici – c’è molta più realtà di quello che
siamo abituati a pensare, anche se gli adolescenti spesso vedono dei film o qualche volta leggono
dei romanzi solo per distrarsi, per passare un po’ di tempo in modo divertente. Si pone pertanto il
problema che i messaggi narrativi siano adeguati all’esigenza di educazione morale dei ragazzi.
Le narrazioni dovrebbero essere luogo e tempo di esperienze etiche, estetiche e veritative
autentiche; di esperienze esistenziali che sollecitino un risveglio dell’interiorità; di
accompagnamento per le vie di un viaggio, di un’avventura verso il senso ultimo della vita, verso
le finalità fondamentali dell’esistenza.
La fiaba e la favola sono in grado di promuovere attività di lettura e scrittura e permettono la
creazione e la distinzione di schemi narrativi, ruoli e funzioni. Il bambino grazie alle fiabe può
passare in poco tempo da fruitore a produttore attivo, ed è proprio questo il cambiamento di cui
Gianni Rodari si fa promotore nei suoi lavori. Inoltre, alla fiaba è riconosciuto un importante
ruolo: aiutare il bambino a crescere, comprendere, rivivere e superare momenti o messaggi
complessi, e la morale può prepararlo ad affrontare le difficoltà della vita, in quanto dimostra
che oltre al bene esiste anche il male; grazie alla fiaba possono essere affrontate tematiche molto
delicate e molto sentite nella scuola.
Le riflessioni sul valore della lettura ci mostrano chiaramente ciò che stiamo perdendo e ciò che
stiamo invece guadagnando con l’avvento degli e-reader e dei media digitali.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
81
Editoriale
Non si può non citare i videogiochi narrativi, i quali, per essere utilizzati, hanno bisogno
che un giocatore entri nella storia, ne individui la trama, ne modifichi il corso, ne decida il
proseguimento o la conclusione.
Le narrazioni videogiocate, molto frequentate e amate sin dall’età prescolare, generano un
piacere ancora più intenso, coinvolgente e vibrante rispetto a quelle audiovisuali. Ciò per due
motivi. Promuovere lo sviluppo di prodotti editoriali digitali avanzati e sistemi di produzione e
distribuzione digitali innovativi, frutto della collaborazione tra le nuove professioni digitali e il
mondo dell’editoria digitale, al fine di incrementare la diffusione del libro digitale e della lettura
presso un pubblico più vasto grazie all’utilizzo dei nuovi media.
Innanzitutto per l’ambientazione e le atmosfere che, grazie alle raffinatissime tecnologie,
consentono al giocatore di immergersi “quasi fisicamente” in mondi virtuali dotati di grande
vividezza, concretezza, corporeità. Poi per l’interattività del supporto, il quale permette di agire in
prima persona, cosicché il fruitore crea le storie in base alle scelte effettuate.
Oggi i bambini entrano in contatto con le nuove tecnologie già nei primissimi anni di vita. Per la
narrativa dedicata ai più piccoli è tempo di guardare al futuro, leggendolo attraverso un tablet.
Per un bambino la lettura dovrebbe essere un gioco. Un gioco intelligente, certo, ma pur sempre
un modo per mettere alla prova la propria creatività. Per esempio la app “My Very Hungry
Caterpillar”, progetto irlandese portato avanti dal gruppo StoryToys. In questo caso, lettura e
gioco sono due risvolti della stessa medaglia; la app, presentata con una potente grafica 3D,
si ispira a un classico della narrativa per bambini: Il piccolo bruco Maisazio di Eric Carle. Il
protagonista del celebre libro diventa finalmente animato e questa volta le sue avventure non
dipendono dalla penna dell’autore, ma dalla volontà del bambino. Un modo per giocare e
imparare, senza perdere di vista i progressi nella lettura.
È interessante osservare i bambini mentre affrontano le fatiche e i trionfi dell’imparare a leggere.
Grazie a uno stile relazionale coraggiosamente appassionato, un bravo insegnante riesce spesso
a stupire, dimostrando di possedere una notevole familiarità con il tema della lettura motivando
gli alunni ad analisi avvincenti di ciò che è per lui la pagina di un libro, di ciò che potrebbe essere
per ognuno di loro. La nostra esperienza della lettura smentisce le generalizzazioni più ingenue
sul futuro dei libri e conferma la loro persistenza attraverso i cambiamenti del nostro mondo
digitale.
È importante svelare agli alunni le segrete relazioni che stringiamo con i nostri materiali di
lettura – come li teniamo in mano, li guardiamo, li condividiamo, come ci giochiamo e perfino
dove li leggiamo – e mostrare come la lettura sia intrecciata con le esperienze che viviamo.
K. Fiandaca e F. Giammona focalizzano l’attenzione sui modi in cui la lettura sta cambiando,
modificata dalle nuove tecnologie.
G. Cappuccio presenta il modello di storia “ben formata” che può essere utile nella scelta di
cartoni con storie adeguate alle caratteristiche dei giovani telespettatori, è il modello della
“Grammatica delle storie”, che individua la struttura narrativa di base attraverso la quale la mente
elabora il contenuto di un testo narrativo.
Infine il percorso proposto da E. Cernigliaro, tramite parole e immagini, intende fornire
elementi di esplorazione di alcuni oggetti fiabeschi al fine di rintracciare, al di là degli aspetti e
delle funzioni inverosimili che li caratterizzano, elementi di realtà che l’elaborazione culturale,
popolare e colta, ha tramutato e cristallizzato in oggetti dai poteri straordinari a tal punto da
sfuggire a volte al controllo dei loro stessi possessori.
82
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Zoom
Libro o new media?
Letture integrate e living books
di Katia Fiandaca
Tutor organizzatore, Corso di Laurea in Scienze
della Formazine Primaria, Università di Palermo
L’inizio della passione per la lettura risiede nel
piacere delle prime letture infantili. Un approccio
precoce al piacere della lettura diviene, quindi, il
canale privilegiato per poter suscitare una buona
motivazione alla lettura e formare un lettore per
tutta la vita.
È cruciale per il bambino che l’attività di lettura rientri nella consuetudine quotidiana dei contesti
educativi che lo accolgono fin dalla più tenera età,
l’asilo nido e la scuola dell’infanzia. L’età in cui frequenta questi contesti educativi è particolarmente
feconda per far nascere quella scintilla significativa
che, se viene giustamente alimentata, si trasforma
in amore duraturo per la lettura.
Per far sì che un bambino goda di esperienze di lettura durante i suoi primi anni di vita, prima dell’ingresso nella scuola dell’obbligo, occorre formare
educatori e maestri che abbiano: padronanza delle
conoscenze di base, del linguaggio e dell’ermeneutica della Letteratura per l’Infanzia; competenza nella ricerca, progettazione e attuazione di
precise metodologie che incentivino nel bambino
il piacere di leggere.
I dati statistici confermano che in Italia, nel tempo
libero, non si legge o si leggono saltuariamente libri
e giornali; infatti ci rivelano che più della metà degli
italiani di sei anni e più non legge neanche un libro
all’anno.
Alla luce di questo dato stupisce il fatto che all’aumento della scolarizzazione non è corrisposto un
altrettanto aumento di lettori abituali che leggono
per il piacere di farlo.
È dunque legittimo chiedersi come gli educatori e
i docenti, che non amano leggere, possono far nascere la gioia e il piacere di leggere nei bambini e
formare lettori abituali, competenti e motivati.
Per invogliare i bambini a leggere occorre avere
a disposizione dei testi che sappiano interessarli,
che sappiano presentare loro un mondo straordinario, del tutto opposto al mondo dell’ordinario,
sollecitando l’irrequietezza intellettuale e il fervore
dell’immaginazione.
Servono storie che sappiano intrattenere, incuriosire e divertire, attraverso cui sia possibile acquisire e
approfondire conoscenze e valori, affinare il senso
estetico, arricchire il modo di esprimersi, nutrire la
fantasia e la creatività.
Piccoli capolavori artistici, nemici dell’ovvio e del
banale, che consentano ai bambini di intraprendere
un vero e proprio viaggio conoscitivo.
La dimensione più autenticamente educativa di
una storia per bambini dipende, in prima istanza,
dal modo in cui essa è scritta; soltanto quando una
storia è ben congegnata, cioè scritta con cura e
originalità, riesce a soddisfare i bisogni personali
più autentici del bambino.
Allo scrittore di storie per l’infanzia occorrono,
quindi, competenze psicologiche (di psicologia
dell’età evolutiva, di psicologia cognitiva, di psicologia sociale) al pari di una viva sensibilità pedagogica e didattica, per mettere al centro il bambino
con tutte le sue problematiche, tutti i suoi interessi
e desideri e per valutare sia la rispondenza delle letture ai gusti e agli interessi del bambino sia i loro
possibili effetti sullo sviluppo della sua personalità.
La presenza invasiva dei mass media e soprattutto
dei new media dell’attuale civiltà tecnologica devia
l’attenzione della persona monopolizzandone gli
interessi e il tempo libero.
I mass media hanno nel tempo attribuito un valore
sempre più importante all’immagine. Il regista Paolo
Sorrentino in una recente intervista ha ribadito tale
principio affermando che nel cinema l’immagine arriva prima della parola.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
83
Zoom
I new media sono essi stessi l’incarnazione dell’immagine, non potendo esistere senza di essa, e propongono una nuova forma di codifica scrittoria,
fatta di abbreviazioni, sintetizzazioni, generalmente
inosservanti di regole grammaticali e sintattiche e
immagini sostitutive della parola (come gli “smile”
per comunicare stati d’animo, i pollici versi per comunicare accordo o disaccordo ecc.) con, secondo alcuni studiosi, conseguente difficoltà di memorizzazione, avvilimento della creatività e della
fantasia, incremento della capacità visiva e audiovisiva e regressione di quella uditiva.
Si spostano con facilità tra ascolto, lettura e visione,
elaborano rapidamente una molteplicità di stimoli
(multitasking), procedono in modo non lineare per
prove ed errori, fanno browsing nel senso che leggono scorrendo le righe e le pagine, saltando con
gli occhi in vari punti della pagina digitale (Blezza
Picherle 2015).
Il digitale, in particolare, se non utilizzato adeguatamente può mortificare la capacità di concentrazione prolungata e abitua a una lettura rapida
frettolosa e frammentata, i processi conoscitivi
avvengono in maniera confusa, passiva, frammentaria. Essi, quando leggono un libro di narrativa, lo
fanno come se leggessero un testo digitale, sono
sempre alla ricerca delle immagini, faticano a seguire la sequenzialità narrativa, sono orientati a sapere la conclusione della storia e per tale motivo ne
colgono in generale la trama.
Giovanni Peresson, responsabile Ufficio Studi AIE,
in un articolo, ha offerto un’analisi degli ultimi
dati della ricerca Doxa Kids, da cui emerge che gli
smartphone e i tablet, hanno fatto registrare un’impennata negli acquisti e nell’utilizzo; costituiscono,
infatti, una valida alternativa al pc, troppo pesante e
poco interattivo.
Rivalutare il valore della lettura all’interno di un percorso educativo che recuperi la centralità della parola, “letta o ascoltata ci rivela il mondo, quello interiore dei sentimenti e delle aspirazioni, e quello
esterno delle conoscenze e delle relazioni” (Volpi
2014); promuova, al di là delle capacità di decifrazione di un testo, la creazione e il mantenimento delle
condizioni necessarie per la nascita e lo sviluppo del
piacere della lettura; non prescinda dalla necessità
di conoscere adeguatamente l’infanzia dell’epoca
odierna con i suoi bisogni, le sue aspettative e i suoi
interessi, compresi quelli massmediatici.
84
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Un’educazione alla lettura che non consideri il libro
come una realtà contrapposta e alternativa agli altri media, ma che si ponga l’obiettivo di individuare
tutte le possibili connessioni tra il libro e gli ambiti
comunicativi sia che utilizzino linguaggi verbali sia
che si tratti di codici misti o soltanto audiovisuali;
libro come strumento integrato con le altre tecnologie pur mantenendo la sua specificità di testo
alfabetico, stampato, che ha un odore, un colore,
richiede una fruizione anche tattile, preservato così
dal rischio di essere considerato qualcosa di obsoleto e desueto.
Silvia Borando, responsabile della casa editrice Minibombo, specializzata in editoria per bambini in
età prescolare, evidenzia come la loro casa editrice
abbia al suo attivo 13 uscite cartacee e due app.
L’interattivtà delle app coinvolge il bambino con la
musica, le immagini, la grafica e l’assenza di menù
complessi. Per loro è fondamentale che la parte
digitale sia funzionale alla narrazione delle storie,
non deve distrarre dalla storia bensì arricchirla. Le
app possono diventare un alleato per potenziare le
competenze in considerazione alle diverse fasce di
età. Con l’uso delle app si accresce l’autostima giocando a livelli sempre più complessi.
I bambini passano dal bookapp ai libri cartacei, perché è constatato che le app stimolano l’interesse
per la lettura. I due sistemi di lettura rappresentano
due esperienze di lettura diverse e valide.
I living books (libri viventi), per esempio, sono programmi multimediali finalizzati a dar vita a pratiche
di letture animate. Ogni videata corrisponde a una
pagina dell’albo e offre una grafica sobria, ricca
di particolari funzionali alla storia. I personaggi si
muovono e perciò incontrano subito le simpatie
dei bambini che vi si immedesimano. Il testo delle
storie si lega sempre armoniosamente con le immagini, le parole del testo si colorano mentre una
voce le legge scandendole con il ritmo giusto di chi
sta raccontando una storia.
Gli alunni possono essere guidati a trasferire una
storia ideata, rappresentata nell’albo e/o nell’ambiente tridimensionale, al computer trasformandola in living book attraverso il software Kid Pix
Deluxe.
Il punto di partenza è senza dubbio il recupero
dell’oralità primaria sottesa alla pagina scritta. La
scrittura cristallizza la parola in un’icona, la riduce a
segno grafico: restituire alla parola suono, intensità
e volume, vuol dire restituirle il suo spessore la sua
carne sensibile. Riscoprire l’oralità partendo dalla
lettura ad alta voce del testo narrativo significa avvicinarsi al grado zero del teatro e contemporaneamente tornare alle origini dell’atto del leggere.
Siamo abituati a considerare la lettura un’occupazione silenziosa e solitaria, ma non è stato sempre
così. Fin dalle origini della scrittura e poi, la lettura si
svolgeva in gruppo ed era considerata un’esperienza prettamente orale, che il libro aveva il compito
di registrare: ogni testo coinvolgeva vista e udito,
ma mentre noi sentiamo la lettura come un’attività
visiva che si converte in suono, i primi tempi della
stampa la si sentiva principalmente come processo
d’ascolto messo semplicemente in moto dalla vista. Cioè il lettore si pensava come ascoltatore delle parole che vedeva. Solo più tardi la stampa privò
la parola del suono e la imprigionò in un campo
visivo, sostituendo al prolungato dominio dell’udito
quello della vista.
Alla luce di ciò gli alunni saranno aiutati a ricercare nuove forme di animazione alla lettura capaci di
creare stimolanti connessioni integrando ascolto e
visione, lettera e suono, corporeità e utilizzo della
tecnologia digitale.
Si accenderanno, dunque, i riflettori sulla parola,
come unità di senso, di suono e di forma. Il libro
sottratto al suo status di contenitore, si trasformerà
in protagonista dell’azione. Investito dalla sensorialità del teatro, istituirà inedite relazioni tra corpo e
spazio, tra suono e parola. Insomma si metterà lui
in primo piano a far scena. Il libro non più considerato come un manufatto tipografico ma come vero
e proprio soggetto scenico, reinventabile e utilizzabile durante una lettura animata come maschera,
strumento sonoro, sfondo scenografico.
In tale prospettiva, il linguaggio del libro non si oppone e non diventa inutile rispetto agli altri canali
della comunicazione culturale, ma opera insieme a
essi, integrando la cultura dei media con quella del
libro, più umana e completa.
Perché la lettura continui a essere un valore anche
in questa epoca tecnologica, occorre che educatori
e docenti si propongano come amanti della lettura, come profondi appassionati di storie; i bambini,
infatti, ricevono i segnali emozionali comunicati e
li elaborano.
Più questi segnali risultano fonte di piacere e partecipazione emozionale, più forti saranno i loro effetti positivi sui destinatari, i quali tenderanno a provare le stesse emozioni di chi gliele ha trasmesse.
Le emozioni sono contagiose (Valentino Merletti
2000). La carica affettiva coinvolta nella comunicazione del piacere della lettura è qualcosa che non si
può dimenticare, anzi che si trasmette da persona
a persona e che si tramanda di generazione in generazione.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
85
Zoom
Ogni libro contribuisce a renderci migliori
Perché leggere anche al tempo
dei tablet e della rete?
di Francesca Giammona
Tutor organizzatore di Scienze della Formazione Primaria,
Università degli Studi di Palermo
Risulta ormai sempre più evidente la disaffezione
dei bambini verso la lettura, poiché essa appare
prevalentemente un’attività solitaria, riflessiva a
tratti anche noiosa, in quanto legata soprattutto
all’impegno scolastico. È scontato come essi preferiscano attività ludiche immediate, stimolanti a
livello visivo e sonoro, condivisibili dal gruppo dei
pari, come, per esempio, i videogiochi e altre stimolazioni virtuali. Da numerose ricerche emerge
un dato allarmante: i bambini e i ragazzi italiani
tendono ad abbandonare l’abitudine alla lettura
con il trascorrere degli anni, nonostante le molteplici attività organizzate e svolte dagli insegnanti,
finalizzate ad avvicinare i giovanissimi ai libri.
86
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
Leggere è, in realtà, lo strumento fondamentale
e prioritario per aiutare i bambini a interpretare il
mondo nei suoi vari aspetti, per affinare e aprire
la mente verso nuovi orizzonti attraverso il supporto della fantasia. Ecco perché la pratica precoce della lettura, deve essere veicolata attraverso una sorta di “piacevole allenamento”, affinché
essa non venga più vista come un’impresa ardua
e faticosa ma come una piacevole distrazione, un
modo alternativo per conoscere nuove storie, in
uno spazio e un tempo indefinito, ricco di spunti
per sdoganare la fantasia nel quotidiano, in una
modalità catartica, che permette una trasposizione del proprio vissuto in altri contesti, in altre vite.
Per tutte queste caratteristiche la fruizione culturale della lettura già dall’infanzia può essere definita un’alternativa al dilagante mondo virtuale, una
modalità essenziale per arricchire la “personalità in
divenire” del bambino con una formazione umana
che lo abitui alla riflessione, alla metacognizione
a scoprire il mondo dei libri e il valore insostituibile della lettura, quel meraviglioso perdersi tra le
pagine di innumerevoli vite, spazi e luoghi perché
essi, insieme alle esperienze reali, possano diventare ricordi, esperienza, vita.
Il libro, infatti, è un piccolo-grande strumento,
semplice e complesso al contempo, all’interno del
quale situazioni, personaggi e avventure di ogni
genere prendono corpo e dispiegano mondi affascinanti, frutto della vivida immaginazione dell’autore, della sua sensibilità nel cogliere gli aspetti più
poetici e particolari dell’esistenza, o anche testimonianza, più o meno diretta, della sua esperienza e del suo vissuto. Con il libro viene offerta al
fanciullo la possibilità di apprendere, conoscere,
immaginare, pensare, analizzare e riflettere.
La lettura è un contributo alla crescita di ognuno di
noi, un tesoro da scoprire. Leggere dovrebbe essere per ogni bambino un piacere, una fonte di idee e
riflessioni. La narrazione conferisce senso e significato al proprio vissuto esperienziale e su queste
basi costruisce forme di comprensione e padronanze che lo orientano nel suo agire.
Allora perché non rivalutare la lettura già dai primi
anni di scuola, coinvolgendo i bambini in un processo di scoperta continua promuovendo, attraverso essa, un approccio ai quei valori etici e morali
richiesti da una società liquida e multiforme dove
tutto è scontato, dovuto e non più costruito e ricostruito attraverso il pensiero narrativo.
Sappiamo bene che i valori non si strutturano
in noi attraverso una formale conoscenza degli
stessi, ma sono partecipazione attiva dell’essere
e dell’agire umano, sono vividi, attivi, si costruiscono attraverso l’immaginare, il pensare, il dare
significato, il sentire.
I bambini che leggono semplici fiabe, per esempio, strutturano e de-strutturano comportamenti,
si affezionano ai personaggi, si immedesimano in
loro ma soprattutto vivono emozioni, ed empatica-
mente prendono parte al processo di definizione di
un sé in relazione all’altro. Tutto questo permette di
iniziare un dialogo rispetto a come è giusto essere
e a come è giusto comportarsi.
Se la letteratura per l’infanzia condividesse un approccio etico potrebbe realmente diventare una
straordinaria esperienza morale.
Ogni libro contribuisce a renderci persone migliori
a cambiare parte di noi a mutare il modo stesso di
intendere la vita e di viverla.
L‘etica e la morale iniziano dalle piccole azioni
quotidiane, dal valore riscoperto di un sé in relazione biunivoca con l’altro, attraverso anche la lettura
di un testo poetico o di un qualsiasi altro brano che
attivi una profonda riflessione, finalizzata alla condivisione.
In questo percorso, i bambini saranno soli, ma accompagnati e sostenuti dall’insegnante, che utilizzerà i media per sviluppare negli allievi un apprendimento significativo, in cui gli studenti non saranno
più spettatori passivi ma autori e attori del loro percorso di apprendimento. Essere digitalmente saggi,
in definitiva, consente di espandere la propria mente, diventando lettori critici del mondo digitale.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
87
Zoom
Le storie “ben formate” per bambini:
il modello di Stein e Glenn al video
di Giuseppa Cappuccio
Università degli Studi di Palermo
La narrazione contribuisce fin dall’infanzia alla costruzione della identità personale e culturale della
persona. La fruizione della narrativa chiama, infatti,
in causa non solo le conoscenze di base del bambino (relative al linguaggio, al mondo, alle azioni
umane) ma anche alle concezioni del mondo e del
sé che possiede.
Gli studi sui bambini di età prescolare hanno ampiamente sottolineato come la narrazione costituisca una strada privilegiata affinché il bambino possa entrare precocemente in contatto con la lingua
88
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
scritta e ricavarne insieme piacere e competenza
(Catarsi 2001, p. 48).
La narrazione è una delle esperienze che ha un
ruolo rilevante nell’espressione dell’immaginazione
e dei vissuti emotivi, e nella sistematizzazione delle
proprie conoscenze e credenze.
Bruner (1992) riconosce alla narrazione un ruolo e
un’importanza fondamentali, sia a livello individuale sia culturale, e ipotizza l’esistenza di un pensiero
narrativo, di una sorta di attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in forma narrativa. Diventa pertanto fondamentale che il bambino entri
precocemente in relazione con storie e racconti.
Oggi i cartoni animati rappresentano la nuova narrativa dei bambini?
Nei cartoni di ieri, i personaggi erano senza tempo
e senza spazio, collocati nel mondo della fantasia e dipendenti dalla matita dei disegnatori. Oggi
si tende a modernizzare le storie animate, facendole avvicinare alle fiction televisive, tanto che in
alcune produzioni più recenti si assiste addirittura
alla costruzione di un vissuto attorno ai personaggi
dei cartoni, che li fa muovere in un tempo e in uno
spazio ben definiti, come nel caso di Tom & Jerry
Kids o i Baby Flintstones in cui si racconta l’infanzia
di personaggi.
La forma narrativa dei cartoni è costruita secondo
modalità diverse: storie compiute, fatte di luoghi
e tempi diversi in cui si muovono i personaggi nei
cartoni, di episodi, di scene, spesso, uniche. Inoltre, nel disegno animato la vicenda comporta quasi
sempre una dialettica tra soggetti definiti psicologicamente in senso opposto: buoni e cattivi, astuti
e intelligenti, generosi e distruttivi, obbedienti e trasgressivi (Becchi, Ferrari 2003).
È necessario, soprattutto per bambini di scuola
dell’infanzia che sia genitori, sia insegnanti propon-
gano la visione di cartoni con storie “ben formate”.
Molti genitori e insegnanti sono preoccupati per il
tempo trascorso dai loro figli, nei primi anni di vita,
a guardare i cartoni animati e per i messaggi negativi che alcune storie veicolano.
È bene controllare per quanto tempo un bambino
sta fermo davanti al televisore e che cosa guarda;
questa giusta preoccupazione non deve tuttavia
distogliere l’attenzione dal valore pedagogico che,
racchiuso in molti cartoni animati, l’adulto deve sapere utilizzare per la crescita del bambino.
I cartoni animati possono essere considerati un
evento socio-culturale degli ultimi quarant’anni;
un evento che ha come palcoscenico il sofisticato
apparato mondiale dei media e che ha permesso
un incontro tra gli assetti culturali e mediatici della
civiltà occidentale e gli scenari della cultura orientale contemporanea. Gli studi sulla memoria hanno
messo in luce che ciò che si ricorda di un racconto
non è tanto la forma sintattica e linguistica quanto
il contenuto semantico rappresentato da immagini
schematiche (Sachs 1967). Un storia di un cartone animato, secondo la “Grammatica delle storie”,
per essere compreso, ricordato e rievocato deve
essere “ben formato” deve possedere quelle parti
costituenti ossia quelle categorie canoniche che
formano e organizzano la struttura di una storia.
Il modello della “Grammatica delle storie” (Stein,
Glenn 1979) si basa su due assunti fondamentali:
∞ lo schema mentale delle storie (script) che è una
struttura di conoscenza essenziale per la comprensione delle storie, formata da prototipi, frame
e script e di categorie logiche relative ai concetti di
spazio, tempo e causalità;
∞ il racconto ben formato che si basa sulla struttura delle categorie delle storie e sull’intreccio che
rappresenta l’organizzazione di eventi in relazione
temporale e rapporti causali del testo narrativo.
La grammatica delle storie ha messo in luce che
ogni storia è un sistema di regole per le quali lo
schema mentale, attraverso un processo di astrazione e di generalizzazione, perviene a individuare le categorie canoniche di cui la storia è formata
(Propp 1928).
L’episodio, secondo il modello, consiste negli avvenimenti che riguardano il protagonista, rappresenta
l’aspetto dinamico della storia e si articola in una
sequenza di sei step:
1. ambientazione in cui si verificano gli eventi della
storia e si presenta il protagonista;
2. evento iniziale: descrive un cambiamento inatteso dalla categoria precedente;
3. risposta interna: reazione emotiva che implica la
decisione del protagonista di adottare una determinata strategia;
4. tentativo del personaggio finalizzato alla risoluzione della situazione inaspettata/imprevista creata
precedentemente;
5. diretta conseguenza: evento che segna il raggiungimento dell’obiettivo indicato nella categoria
precedente;
6. reazione: risposta interna che esprime i sentimenti del protagonista sul risultato delle sue azioni ed eventi che conseguono al raggiungimento
dell’obiettivo.
Si tratta chiaramente di una struttura ideale, con cui
non tutte le storie dei cartoni si adeguano perfettamente ma alcune categorie possono essere intrecciate, invertite, omesse (per esempio la risposta interna), presentate in un ordine non canonico
(come nei flashback), o ripetute in maniera ricorsiva, come nel caso di storie complesse, costituite da
più episodi.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
89
Zoom
C’era una volta... un oggetto
di Esmeralda Cernigliaro
insegnante e dottoranda di ricerca
La storia di cose che nel tempo hanno assunto dimensioni straordinarie, riassorbendo da molteplici
strade quella vitalità che l’uomo primitivo riconosceva ai fenomeni naturali, agli strumenti usati per
dominare la natura e imitarla, a oggetti ritenuti in
grado di trasmettere protezione e di offrire un riconoscimento sociale.
Gli oggetti delle fiabe, al pari di personaggi, eventi
e loro relazioni, costituiscono elementi indispensabili per lo sviluppo della storia, con la loro capacità
di accrescere poteri già esistenti, di conferirne di
nuovi, di provocare autentici rivolgimenti nella vita
dei protagonisti. Definiti da Propp “aiutanti” al pari
di personaggi secondari che soccorrono, guidano,
consigliano il protagonista, entrano a pieno titolo
in quella “camera delle meraviglie” nella quale ci si
inoltra leggendo o ascoltando una fiaba. Sarà così
possibile riscontrare nei magici scrigni delle fiabe,
quei contenitori di cose preziose, gioielli, monete,
suppellettili e reliquie, che tanto dovevano suggestionare la mentalità popolare, suggerendo ricchezze inesauribili e contenuti miracolosi.
Contenitori diversamente definiti che facevano la
loro comparsa in parate, cortei funebri, carovane,
cerimonie e liturgie, si imprimevano nell’immaginario collettivo costituendo materiale di affascinanti racconti tramandati nel tempo, sempre più
arricchiti di particolari favolosi.
E così nello specchio delle fiabe sarà possibile ravvisare lo strumento divinatorio dell’ars specularis con
la sua doppia natura prodigiosa e pericolosa, collegato da sempre, per la sua assimilazione all’acqua,
elemento tipicamente femminile e primordiale superficie riflettente, alla donna e alla sua vanità.
La bacchetta magica rivelerà evidenti legami con
aste da offesa trasformatesi nel tempo in oggetti
rappresentativi del potere e del sapere, come le
mazze cerimoniali di organismi politici e accademici, le antiche bulave, le bacchette rituali di maghi
e sacerdoti; al magico legnetto sarà possibile acco-
90
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
stare anche il suo più antico antenato, il semplice
ramo usato per scavare, colpire, raggiungere.
E ancora alla pelle d’asino, sotto la quale il protagonista si nasconde, la trasformazione operata dalla
carica energetica sottratta all’animale delle pratiche sciamaniche e le metamorfosi animalesche
degli antichi miti; alla chiave, l’iniziatica possibilità
di addentrarsi nel mistero, di fare contatto con le
più antiche paure; all’anello, simbolo di perfezione
e completezza, il prestigio e il potere, l’investimento di nobiltà e di congiungimento. Attraverso contesti quotidiani e straordinari.
Zoom
Bibliografia ragionata di Zoom
a cura dell’Università
degli Studi di Palermo
∞ E. Becchi, M. Ferrari, Bambini spettatori di bambini: dissonanze tra cartoni e spot, in Ikon. Forme e
processi del comunicare, n. 46-47, 2003, 1-48
∞ S. Blezza Picherle, Formare lettori, promuovere la
lettura, FrancoAngeli, Milano 2015
∞ J. Bruner, Acts of meaning, Harvard University
Press, Cambridge, MA; tr. it. La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1990
∞ C. Camicia, E tempo di leggere: un invito o una
minaccia, in Pagine Giovani, n. 4, ottobre-dicembre 2014, 14-15.
∞ E. Catarsi (a cura di), Lettura e narrazione all’asilo
nido, Junior, Bergamo 2001
∞ G.K. Fiandaca, Le condizioni per promuovere e
sviluppare il piacere di leggere, in G. Zanniello (a
cura di), La formazione universitaria degli insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia, Armando
Editore, Roma 2008
∞ M. Prensky, Digital natives, Digital Immigrants, in
On the horizon, n. 5, ottobre 2001, 1-2
∞ V. Propp, Morfologia della fiaba, Le radici storiche
dei racconti di magia, Einaudi, Torino 1928
∞ J.S. Sachs, Recognition memory for syntactic
and semantic aspects of connected discourse, in
Percept Psychophys, n. 2, 1967, 437-442
∞ N.L. Stein, C.G. Glenn, An analysis of story
comprehension in elementary school children,
in R. Freedle (Ed.), New directions in discourse
processing, vol. 2, 1979, Ablex, Norwood, NJ
∞ R. Valentino Merletti, La lettura: una passione che
si trasmette per contagio, in E. Pintore (a cura di),
Sai cosa faccio? Leggo, coll. Quaderni di Sfoglialibro, 12, Editrice Bibliografica, Milano 2000
∞ D. Volpi, I tradimenti della parola, in Pagine Giovani, n. 4, ottobre-dicembre 2014
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
91
SIM-Kit
di Paola Amarelli, Alessandro
Sacchella e Serena Triacca
redattori di SIM-Kit
Episodi di Apprendimento Situato (EAS)
Immagini e parole
del tempo: un EAS
sul concetto di
contemporaneità1
Vi presentiamo ora un EAS di
italiano e storia, pensato per le
classi prime, che si fonda sull’uso di immagini fotografiche, al
fine di aiutare a far emergere nei
92
bambini il concetto di contemporaneità. La particolarità di questa attività è legata al fatto che
le fotografie sono state scattate
dall’insegnante in ambienti familiari ai bambini e ritraendo soggetti con i quali hanno instaurato dei legami affettivi. Questi
si sono rivelati elementi cruciali
per attivare la loro curiosità e il
loro stupore. L’attività è, dunque,
agevolmente replicabile in altri
1 L’EAS che presentiamo è stato sviluppato a partire dal lesson planning dell’insegnante Antonella Mazzoni, che molto
gentilmente ha aperto le porte della sua
classe alla scrivente e ha permesso di osservare le attività.
Fase
preparatoria
L’insegnante proietta alla LIM tre fotografie da lei scattate. Invita i bambini a osservarle
con attenzione e poi, con l’accortezza di tenerle affiancate, chiede a turno di cerchiare le
somiglianze con un pennarello colorato. Alla lavagna compila, su indicazione dei bambini,
un elenco che riporti i vari elementi (orologio, lavagna, data, crocefisso, numeri, persona...).
Si procede, dunque, a osservare analiticamente ciascuna delle tre fotografie, facendone
emergere le peculiarità che permettano di distinguere il luogo in cui sono state scattate (il
dove). Gli indicatori temporali (orologio, data) indicano che la foto è stata scattata lo stesso
giorno alla stessa ora (il quando).
Fase
operatoria
L’insegnante chiede come sia possibile raccontare quel che si vede nelle foto usando le
“parole del tempo” che facciano capire che le cose siano avvenute contemporaneamente
(nello stesso momento, intanto, mentre...). Guidati dall’insegnante, i bambini formulano
delle semplici frasi, come didascalia delle tre foto. L’insegnante scrive alla LIM, i bambini sul
quaderno.
Fase
ristrutturativa
Si forniscono ai bambini tre macchine fotografiche per effettuare foto ad almeno altrettanti
classi o ambienti (mensa, corridoio, biblioteca, aula pc...) dove sia ben visibile l’orologio. I
tre bambini saranno accompagnati ciascuno da un adulto. Le foto vengono poi scaricate e
visualizzate a video, inserendole nel software autore della LIM. Si chiede dunque ai bambini
di formulare semplici frasi con gli indicatori di contemporaneità imparati. L’insegnante le
scrive alla LIM. Vengono stampate le tre foto per incollarle sul quaderno. I bambini scrivono
le frasi come didascalia delle foto.
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
contesti, senza particolari strumentazioni tecnologiche.
Le tre fotografie vengono utilizzate durante tutta la durata della
lezione per portare alla padro-
nanza, tramite l’analisi e la verbalizzazione, del concetto di contemporaneità e di fonte storica.
L’analisi delle fotografie proposte
va strutturata con una certa precisione: l’insegnante deve guidare
i bambini nel rilevare i particolari
presenti (data sulla lavagna, orologio, gattino di carta...) per farli
giungere a desumere che sono
state scattate in luoghi differenti,
ma nello stesso momento.
L’attività permette il rinforzo del
concetto di fonte storica orale
(per esempio invitando i bambini a richiedere informazioni alle
maestre delle classi vicine) e di
testimonianza (l’autore della foto
può raccontare qualcosa di più
della fotografia che ha personalmente scattato); inoltre è possibile far ricorso ad alcuni documenti per reperire informazioni
su eventi passati (il calendario,
il piano orario settimanale delle classi...), rinforzando anche il
concetto di tempo ciclico.
Classe prima: “Tocco e scopro”
L’EAS rivolto agli alunni di classe
prima propone di sperimentare
il senso del tatto, attraverso l’esplorazione e la conoscenza diretta di materiali con caratteristiche differenti.
In forma divertente e giocosa e
partendo dalla lettura della storia
de I tre porcellini, l’attività si snoda attraverso la ricerca, l’analisi
e la discriminazione dei materiali diversi rintracciabili in alcuni
elementi caratterizzanti la storia
dei tre porcellini. Ciascun alunno
utilizzando fantasia e creatività,
porterà a scuola oggetti di vario
tipo (ghiaia, sassi, foglie, stoffa
ecc.) per costruire la pagina di un
libro tattile che rievoca la storia
ascoltata.
L’insegnante, assieme agli alunni, sceglierà se riprodurre la fiaba rimanendo fedeli all’originale
o modificandola attribuendo ad
ambienti e personaggi nuove caratteristiche.
Presentazione degli EAS proposti in SIM-Kit
Classe
Titolo EAS
Contenuti
I
Tocco e scopro
I “materiali” della fiaba
II
Mettiamo ordine
Scrivere bene e correttamente
III
Ascoltare è un piacere
L’ascolto e la comprensione
IV
Dentro la fiaba
Creazione di fiabe
V
Shakespeare (vs) tutti
Parole diverse per testi diversi
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
93
SIM-Kit
Classe seconda: “Mettiamo ordine”
“Come rinforzare l’uso del corsivo? Come potenziare in modo
piacevole la correttezza ortografica? Come imparare parole
nuove?”.
Queste sono le domande dalle
quali ha preso il via la progettazione di questo EAS che si prefigge di recuperare, consolidare
e implementare conoscenze e
abilità linguistiche pregresse.
La ripresa delle lettere dell’alfabeto attraverso il testo in rima
diviene il modo per introdurre
(fase preparatoria) l’attività e per
giocare con l’ordine alfabetico di serie di parole, muovendo
dall’esperienza stessa dei bambini e aumentando così, a mano
a mano, il loro bagaglio lessicale. Saranno alcuni semplici giochi carta-e-penna e/o online
da svolgere individualmente e in
gruppo a definire la parte centrale (fase operatoria) del percorso
dal quale emergeranno le regole
di lavoro e durante il quale l’insegnante avrà modo di verificare
la correttezza calligrafica e ortografica.
Il percorso si concluderà (fase
ristrutturativa) con un momento
di riflessione collettivo per evidenziare le difficoltà incontrate e
per condividere eventuali suggerimenti.
Classe terza: “Ascoltare è un
piacere”
L’EAS proposto si sofferma sulla
necessità di vivere l’esperienza
quotidiana dell’ascolto reciproco per condividere emozioni
e informazioni e per realizzare
scambi comunicativi autentici.
Ascoltare è un piacere si apre
con il momento preparatorio in
94
cui gli alunni vengono invitati ad
“aprire le orecchie” per prestare
attenzione alla realtà che li circonda attraverso l’ascolto di annunci di servizio, messaggi pubblicitari e storie sonore.
Scopriranno fotogrammi che
viaggiano, immagini che sembrano sostituire l’audio, la voce
e il sonoro, fino a scoprire che è
importante tornare a ri-sentire il
suono parole. Diventeranno così
loro stessi autori di messaggi utili
e significativi.
Learning by doing e cooperative
learning sono le logiche didattiche che attraversano e guidano
gli alunni nel percorso che li porterà a produrre messaggi orali,
riscoprendo così il piacere di essere ascoltati e, quindi, compresi.
Classe quarta: “Dentro la fiaba”
L’EAS è progettato per la classe
quarta è ha come obiettivo la
manipolazione del testo fantastico. Gli alunni, per approcciare
l’attività, dovranno saper riconoscere e ricavare dai testi le informazioni principali.
Il framework pensato dall’insegnante e il video stimolo proposto porteranno gli alunni a confrontarsi sulle fiabe conosciute e
a ricavare informazioni sui diversi
personaggi; la compilazione di
una tabella li accompagnerà nella raccolta dei dati emersi.
Dopo essersi esercitati con
quizlet, i bambini ricostruiranno
il reminder della fiaba.
In seguito, a partire da spezzoni di fiaba, potranno progettare
gli elementi mancanti lasciando
spazio alla loro fantasia e creatività. La modalità utilizzata per
il momento operatorio si baserà
su lavoro cooperativo in piccolo gruppo e si svolgerà in que-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
sto modo: partendo dalla lettura
condivisa, gli alunni penseranno
soluzioni individualmente e ricostruiranno la fiaba a partire dalle
idee di tutti.
Terminata l’attività, una sessione di peer evaluation consentirà agli alunni di leggere le storie
progettate dai compagni e di
confrontarsi. Infine, ogni gruppo presenterà la propria storia e
parteciperà alla riflessione conclusiva.
Classe quinta: “Shakespeare (vs)
tutti”
“Romeo, Romeo, perché sei tu
Romeo?”. È questa forse la più
celebre frase del grande drammaturgo inglese di cui quest’anno si celebra il quarto centenario
della sua morte. A partire dalla
visione della “scena del balcone”
tratta dal film di Zeffirelli e presentata sia in italiano sia in lingua
inglese, gli alunni avranno modo
di cogliere la bellezza e la funzione comunicativa della lingua
[fase preoperatoria].
Successivamente, verrà chiesto
loro di soffermarsi a riflettere sul
brano nelle due lingue per cogliere gli elementi tipici del testo
poetico e alcuni costrutti salienti
della frase.
Evidenziati questi aspetti, i bambini verranno suddivisi in gruppi
e invitati a rileggere il testo e a
trasformarlo modificandone le
parole e trasformandone la tipologia (es. testo umoristico, testo
giallo ecc.), giungendo eventualmente anche a una breve rappresentazione [fase operatoria].
Il percorso si concluderà condividendo i lavori e riflettendo
sull’intenzionalità comunicativa
e sull’importanza delle parole
[fase ristrutturativa].
Bookmark
Normativa
Gli Enti Locali per la scuola del domani
di Gilardi Giovanni
Libera Università di Bolzano
La presenza degli Enti Locali nel
mondo della scuola è sancita
dall’articolo 117 della Costituzione (sostituito dall’art. 3 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3: “Modifiche al Titolo V della Costituzione”), che riconosce
allo Stato la competenza di “legislazione esclusiva” in materia di
norme generali sull’istruzione e
sulla determinazione dei principi
fondamentali, mentre attribuisce
alle Regioni la potestà legislativa
“concorrente”. Significa che, fatta
salva l’autonomia delle istituzioni
scolastiche, riconosciuta dalla Costituzione, Regione e Comune, da
enti “obbligati” a erogare fondi per
la manutenzione delle istituzioni
scolastiche, divengono compartecipi dell’attuazione dei fini educativi, con responsabilità diretta
per quanto riguarda le modalità e
condizioni di attuazione.
Il ruolo degli Enti
Locali
Successivi decreti hanno definito
il ruolo che gli Enti Locali svolgono nei confronti delle autonomie
scolastiche, che possiamo sintetizzare in quattro indirizzi principali:
1. Programmazione dell’Offerta Formativa (DPR n. 233/1998)
– Si concretizza attraverso la
definizione del calendario scolastico, la programmazione della
rete scolastica (dimensionamento delle scuole su base regionale, fusione e aggregazione su
base locale); finanziamento delle
scuole non statali da parte della
Regione.
2. Edilizia – Accanto ai compiti
in tema di pianificazione scolastica in base alla L. n. 340/1997
e precedenti, l’Ente Locale mantiene una funzione servente
nei confronti della scuola, per
quanto riguarda l’edilizia, compresa la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, la
spesa per le utenze elettriche e
telefoniche, per il riscaldamento
e relativa manutenzione, per la
messa in sicurezza dell’edificio e
di tutti gli impianti in base al D.lgs
n. 81/2008 “Testo Unico”.
3. Assistenza – Supporto ad attività formative e perequative, che
si estrinsecano attraverso l’istituzione di servizi di supporto agli
alunni in situazione di disagio o
di handicap (il Comune assorbe
le competenze prima esercitate dalle Province), orientamento scolastico e professionale ed
Educazione degli Adulti.
4. Gestione della formazione
professionale – affidata alle Regioni dalla L. n. 197/1997.
Il ruolo della Regione
La normativa riconosce alle Regioni un ruolo determinante in
ambito scolastico; i compiti e le
funzioni assegnate si sono progressivamente ampliate. Fondamentale è la legge 112/1998, art.
38 che attribuisce alle Regioni la
delega per la programmazione
dell’offerta formativa, il dimensionamento della rete scolastica,
la fissazione del calendario scolastico e l’erogazione di contributi
a scuole non statali. Successivamente, la modifica del Titolo V
della Costituzione (legge costituzionale 3/2001) ha attribuito alle
Regioni le competenze legislative
concorrenti in materia di istruzione, fatta salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche; e le competenze in materia di esclusiva
competenza, ovvero l’istruzione e formazione professionale,
compresa l’alta formazione postdiploma.
In questo contesto lo Stato esercita la competenza per quanto
riguarda le norme generali sull’istruzione e sui livelli essenziali
delle prestazioni e ha il ruolo di
indicare i principi fondamentali
generali (criteri obiettivi, direttive, discipline), affinché i diritti
civili e sociali siano garantiti su
tutto il territorio nazionale.
Gli interventi delle Regioni
nell’ambito dell’Offerta Formativa
vanno letti alla luce dell’art. 8 del
DPR 275/1999 (Legge sull’Autonomia) nel quale si prevede che le
istituzioni scolastiche, nel piano
dell’offerta formativa (oggi Piano Triennale), indichino la quota
obbligatoria prevista dal curricolo nazionale, da integrare con la
quota di pertinenza regionale.
La definizione dei confini nei reciproci rapporti non è facile: vi
sono stati ricorsi alla Corte Con. 4 • dicembre 2016 • anno 124
95
Normativa
stituzionale, che si è espressa
con varie sentenze di cui ne indichiamo due significative: la sentenza n. 200 del 2009 in merito
alle competenze dello Stato sui
principi basilari del sistema scolastico (norme generali e livelli
essenziali precedentemente accennati) e la sentenza n. 37 del
2005, che ha delimitato gli ambiti di autonomia delle istituzioni
scolastiche, che “non può in ogni
caso risolversi nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali
istituzioni siano lasciati adeguati
spazi che le leggi statali e quelle regionali, nell’esercizio della
potestà legislativa concorrente,
non possono pregiudicare”.
La normativa è in evoluzione,
tenuto conto della riforma della
Costituzione all’esame del Parlamento, nella quale sono comprese le competenze in materia
di legislazione concorrente.
La L. 107/2015 per
un percorso di
qualificazione
Il regolamento sull’autonomia
delle scuole (DPR 275/199) promuove i raccordi tra scuola e
territorio, sottolineando l’opportunità di tenere conto delle
esigenze espresse dal contesto
locale. La recente Legge sulla
Buona Scuola favorisce la concretizzazione di questa opportunità: per favorire lo sviluppo
di attività educative, culturali,
sociali e sportive la scuola può
concordare, d’intesa con l’Ente
Locale, iniziative di ampliamento
dell’offerta formativa, come previsto dall’art. 9 del DPR 8 marzo
1999, n. 275, che fa esplicito riferimento all’attenzione da riservare alle esigenze del contesto
96
locale, promuovendo il raccordo
scuola-territorio, anche attraverso l’uso delle strutture da parte di
associazioni ed enti territoriali. La
Buona Scuola sta attivando percorsi nuovi, tra i quali indichiamo:
I laboratori per l’innovazione – Il
Ministero ha stanziato 45 milioni per l’apertura di laboratori per
l’innovazione e il lavoro, il cui
carattere fondamentale è l’apertura al territorio e la possibilità
di essere attivi anche al di fuori
dell’orario scolastico. “Saranno
luoghi dove i nostri ragazzi potranno scoprire i loro talenti e le
loro vocazioni attraverso l’acquisizione di conoscenze pratiche
e attraverso l’educazione all’autoimprenditorialità – afferma la
ministro Giannini – Mettiamo in
mano agli studenti gli strumenti
per orientarsi al lavoro e per crearlo loro stessi con una didattica
che guarda ai settori strategici
del Made in Italy e legata alla vocazione produttiva, sociale e culturale di ciascun territorio”.
Questi laboratori dovranno essere attivati da reti di almeno tre
scuole e vedere la partecipazione di almeno un Ente Locale e
di un Ente Pubblico. L’intento è
quello di mettere assieme tutte
le risorse disponibili (i fondi della
Buona Scuola, le risorse del Pon
e quelle della ex legge 440) “per
rafforzare le infrastrutture scolastiche, cambiare il volto dei laboratori e stimolare una didattica
progettuale”.
L’educazione digitale – “La sfida
dell’educazione nell’era digitale
parte dall’accesso” si afferma ne
La Buona Scuola. I costi iniziali per l’accesso al digitale sono
elevati (fibra ottica, connettività,
cablaggi) e le singole autono-
n. 4 • dicembre 2016 • anno 124
mie scolastiche non sarebbero
in grado di affrontarli senza la
collaborazione degli Enti Locali. L’innovazione didattica passa,
quindi, anche attraverso gli investimenti che Regioni e Comuni
pongono in essere. Il MIUR già il
18 settembre 2012 aveva sottoscritto un Accordo con le Regioni per accompagnare il processo
di innovazione digitale, che oggi
costituisce il “pilastro fondamentale” della strategia complessiva di rinnovamento della scuola
italiana (Piano Nazionale Scuola
Digitale).
Edifici scolastici – Viene prestata specifica attenzione agli
edifici, non solo per quanto riguarda i nuovi criteri costruttivi,
ma anche per quanto concerne
l’esistente: la legge 107/2015, ha
stanziato 40 milioni di euro nel
2015 per finanziare indagini diagnostiche degli edifici scolastici,
al fine di garantire la sicurezza
degli edifici e prevenire eventi di
crollo dei relativi solai e controsoffitti. Per il 2016 sono previsti
€ 37.536.601 per gli interventi di
adeguamento antisismico. Criteri e modalità di erogazione delle
risorse agli Enti Locali sono stati
stabiliti con Decreto del MIUR n.
594 del 7 agosto 2015.
Le scuole sono oggi un “sistema aperto”, che non può prescindere dalla collaborazione
con l’Ente Locale territoriale, ma
deve essere integrata come luogo dove i nostri ragazzi trovano
gli strumenti idonei per crescere
e maturare, apprendendo nuove
conoscenze, attraverso modelli didattici innovativi, che contribuiscano a sostenere le loro
aspirazioni e attitudini; con la
reciproca collaborazione possiamo riuscirci.