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Una nuova accoglienza per i minori soli? | 1
giovedì 26 gennaio 2017, 17:00
Una nuova accoglienza per i minori soli?
Il retroterra e le novità del Ddl. Dall’emergenza alla cittadinanza
di Virgilio Carrara Sutour
La riforma dell'accoglienza per i «minori stranieri non accompagnati» (msna), attualmente in disamina al Senato,
arriva dopo tre anni di attesa. La figura è giuridicamene definita come « lo straniero », vale a dire il cittadino di Stati non
appartenenti all'UE o l’apolide « di età inferiore agli anni diciotto (...) che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio
nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale » (Art. 2, co. 1, D. Lgs. n. 142/2015). Elaborata a partire dal capillare
lavoro sul campo svolto da un gruppo di esperti per la Onlus italiana di Save the Children, la nuova disciplina è
confluita nel Ddl Zampa, approvato il 26 ottobre 2016 dalla Camera dei deputati. Con buoni auspici, Raffaela Milano,
Direttore dei Progammi Italia-Europa dell'Organizzazione, ha evidenziato il primato europeo per un documento
organico e adeguato alla tutela di una condizione soggettiva 'vulnerabile', di fatto e di diritto. Già a partire dal 2011
l'indice annuo dei minori stranieri sul territorio era in aumento, mentre solo nel 2016, al 31 ottobre, la Fondazione ISMU
ha registrato un ingresso di 23000 persone (quasi il doppio rispetto all'intero anno precedente) tra bambini e
adolescenti, arrivati via mare e da soli in territorio italiano. Solitamente, le notizie centrate sul dato numerico possono
ben prestarsi a strategie di tipo emergenziale. Dal punto di vista demografico, sono proprio i bambini nati da genitori
stranieri a garantire un bilancio positivo per la nostra popolazione. Tuttavia, l'assenza di una normativa che risponda alle
esigenze contemporanee è un dato oggettivo. L' 'urgenza' non sarebbe, allora, dettata dai numeri, ma dalla necessità di
una riforma della cittadinanza, attuata mediante un sistema nazionale di protezione e accoglienza che tuteli i
diritti fondamentali dell'infanzia e dell'adolescenza (sanciti dalla Convenzione ONU del 1989), definendo i doveri della
società che accoglie. La contropartita dei persistenti vuoti di tutela è evidente nel fenomeno dell'irreperibilità (più di
5000 minori nel 2015), destinato ad alimentare le reti di 'invisibili' sfruttati dai racket della tratta di persone, della
prostituzione minorile e del lavoro in stato di servitù (dai piccoli esercizi commerciali ai mercati generali, dalla raccolta
di frutta per aziende agricole agli autolavaggi, dallo spaccio di stupefacenti alle varie forme di sfruttamento sessuale). Ciò
assume rilevanza immediata e concreta se pensiamo che in Italia il lavoro minorile è un fenomeno radicato, capace di
espandersi grazie a contesti ‘sommersi’ di migrazione. Allo stato degli atti, il D.Lgs n. 142/2015 (c.d. «Decreto
Accoglienza») attua due Direttive europee del 2013, relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (n.
33) e alle vicende legate allo status giuridico dei soggetti protetti (riconoscimento e revoca, n. 32). Definiti soggetti
«vulnerabili», i msna sono destinatari di un sistema differenziato: la «prima accoglienza» non dovrà eccedere i
60 giorni e avviene in strutture adibite a identificare il minore, accertandone possibilmente l'età, e ad informarlo sui
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/una-nuova-accoglienza-per-i-minori-soli/
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suoi diritti, richiesta di protezione compresa; la «seconda accoglienza», a conferma della disciplina già in vigore, consiste
nell'accesso localizzato al sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati (SPRAR) oppure, in caso di
msna non richiedenti, nell'inserimento in programmi specifici disposti dagli enti locali beneficiari del Fondo nazionale per
l'Asilo istituito dalla «Legge Martelli» (L. 39/1990). Se tali strutture non fossero disponibili (pensiamo a una parte
consistente delle nostre realtà territoriali), i Comuni nei quali si trovi il minore assicurerebbero l'accoglienza con
l'aiuto di contributi disposti dal Ministero dell'Interno in base a un Tavolo di coordinamento nazionale (Art. 16 D. Lgs. n.
142/2015), che prevede un Piano annuale per l’accoglienza, con criteri di ripartizione dei posti da adottare su scala
regionale. Inoltre, dal 2016 (D.L. n. 113 »), seguendo la logica emergenziale, è possibile l'attivazione, da parte del Prefetto,
di strutture temporanee supplementari « in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati » (Art. 1-ter). La capienza
massima è fissata a 50 occupanti, che saranno msna di età inferiore ai 14 anni in attesa di essere trasferiti in strutture di
seconda accoglienza. Un sistema complessivamente non troppo collaudato, dove lo squilibrio distributivo finisce per
pesare sui comuni generando frequenti speculazioni sugli appalti da parte di aspiranti titolari dei centri di accoglienza.
Vediamo, ora, i punti salienti della riforma. Il provvedimento passato al Senato («Modifiche al testo unico di cui al D.lgs. 25
luglio 1998, n. 286, e altre disposizioni concernenti misure di protezione dei msna») è composto da 27 articoli. All’Art. 3
troviamo, con una nuova logica protettiva di prevenzione generale, il divieto assoluto di respingimento alla
frontiera, che per il msna non può essere disposto «in nessun caso». Ciò non è indifferente se pensiamo alla quotidianità
di prassi illegittime e degradanti come quelle oggi perpetrate lungo la rotta balcanica, blindata da stati come
l’Ungheria o la Croazia (1600 persone respinte in Serbia in soli due mesi) e teatro dei peggiori abusi da parte di pubblici
poteri dipendanti da Stati dell’Unione. Dagli anomali accordi tra UE e Turchia è scaturita una marcia immobile verso la
‘misocrazia’ (‘governo dell’odio’), alla quale si opponeva la Lettera di appello collettivo rivolta, nel marzo 2016, da un
gruppo di associazioni all’ex-premier Matteo Renzi alla vigilia del Consiglio europeo sulla crisi migratoria, di cui riportiamo
questo estratto: «I principi fondanti l'Unione Europea non permettono di stabilire respingimenti collettivi di tutti i
migranti verso l'ultimo paese di transito, né tanto meno la possibilità di rinviare tutti i richiedenti asilo verso un paese terzo
considerato sicuro. Al contrario, prevedono esplicitamente l’accesso alla procedura di protezione internazionale anche
ai valichi di frontiera, nonché nelle acque territoriali e nelle zone di transito. Come e chi deciderà che le persone
respinte sono migranti irregolari?». Si tratta di affermazioni ‘assistite’, in prima linea, dal dettato della Convenzione di
Ginevra del 1951 sullo status del rifugiati (Art. 33) e dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (Art.
3). Nonostante l’approvazione alla Camera del Ddl in oggetto rappresenti un segno di cambiamento, la nostra attualità
politica non è estranea alle strategie di respingimento ereditate, dopo anni di approccio emergenziale, dall’esperienza dei
precedenti governi. Per quanto attiene all’espulsione dei msna, già prevista unicamente per motivi di ordine pubblico e
sicurezza dello Stato (Artt. 13 e 19 del Testo Unico sull’Immigrazione), essa sarà comunque esclusa quando comporti
un «rischio di danni gravi per il minore». Dalla riforma in esame emerge, poi, la priorità accordata al diritto di avere
una famiglia: il nucleo familiare sta al centro della ratio normativa, che tende a evitare il collocamento nelle c.d.
« strutture di accoglienza ». L'Art. 6 del Ddl prevede, a seguito di una convenzione tra Ministeri (Lavoro e Politiche sociali,
Giustizia e Affari esteri), ong e altri enti associativi, l'avvio di indagini concernenti la famiglia del minore, sul territorio
nazionale ed europeo, ma anche in paesi terzi. Ciò deve avvenire previo consenso informato del minore e « nel suo
superiore interesse » , in seguito alla relazione trasmessa dall'esercente la potestà genitoriale. Terminate le indagini e
informato tempestivamente il minore, il ricongiungimento avverrà solo con l'individuazione di famigliari rienuti
idonei a prendersene cura. Per il Paese di origine, interesse e volontà del minore sono condizioni preliminari al ricorso
al rimpatrio assistito, opportunamente finalizzato a non pregiudicare l’unità familiare quale parte dei diritti
fondamentali della persona, senza distinzione tra cittadini e stranieri (Corte Costituzionale, Sentt. nn. 203/1997 e
379/2000). Alla 'solitudine' della persona declinata in forma totale, ossia nei casi in cui non esistano familiari di riferimento,
si risponderà attraverso una ri-attivazione dell'istituto dell' affidamento (Art.7 Ddl), con la piena estensione ai msna
del dettato della Legge n. 184/ 1983: alto grado di consapevolezza e formazione per gli affidatari costituirà, per gli enti
locali, un obiettivo prioritario, mentre oggi l'affido familiare è ancora disposto (dai Servizi sociali o dall'Autorità giudiziaria) in
rarissimi casi. Le ragioni non dipendono solo dall’eccessiva burocrazia : la maggior parte delle famiglie potenzialmente
affidatarie è disposta ad accogliere minori che non superino i dieci anni di età. Tra i criteri di idoneità previsti, troviamo una
comprovata responsabilità del proprio ruolo in rapporto alle problematiche personali del soggetto (scarsa rispondenza e
fenomeni di sfruttamento possono verificarsi anche entro la famiglia che accoglie) e l'essere coscienti del fatto che la misura
è temporanea. In ogni caso, non potrà procedersi senza il consenso del minore, il cui «superiore interesse» era
già stato specificamente affermato dalla legge di ratifica della Convenzione di New York dell’1989 sui diritti del fanciullo (L.
n. 176/1991). In merito alle misure dell’accoglienza in senso stretto (Art. 4), in deroga al citato Decreto del 2015, si
riducono i tempi nelle strutture deputate alla prima accoglienza da 60 a 30 giorni, con un termine (che
attualmente è indeterminato) non superiore a 10 giorni per l’ identificazione del minore mediante un’ unica procedura :
colloquio con personale specialistico e qualificato garantito dall’ente locale, eventuali esami sanitari previo consenso e con
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le procedure possibilmente meno invasive, presunzione della minore età nel caso persistano dubbi anche
successivamente all’accertamento (Art. 5). La logica di quest’ultima norma previene, nei fatti, gli effetti traumatici dell’
abbandono istituzionale che comporta l’ingresso (dichiarato o conseguito) nella maggiore età, predisponendo
l’accoglienza a un accompagnamento nella fase transitoria che non vanifichi le basi di un reale percorso di cittadinanza.
In funzione delle misure da adottare, le strutture saranno meglio definite secondo un principio di specificità. Oltre
all’istituzione di un Sistema informativo presso il ministero dell’Interno, che riunisce la raccolta di ogni singolo ‘caso’
personale registrato in fase di prima accoglienza, il Ddl in esame prevede una sorta di inversione funzionale estendendo il
sistema SPRAR a tutti i msna presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dal numero, al quale lo stesso
Sistema dovrà adattarsi (Art. 12). Misure speciali saranno, significativamente, destinate ai minori stranieri ritenuti
particolarmente vulnerabili in quanto vittime della tratta di persone, con programmi specifici di «assistenza psicosociale, sanitaria e legale, prevedendo soluzioni di lungo periodo, anche oltre il compimento della maggiore età » (Art.
17, co. 1). Nella ricerca di un equilibrio tra sicurezza, controllo sociale e ridefinizione geopolitica di uno Stato, l’ordine
pubblico si trova a comprimere ambiti che interessano non solo la demografia, ma i diritti inalienabili della persona. Tali sono
le disposizioni in materia di immigrazione : toccando principi giuridici universali, esse riflettono la stabilità profonda di un
ordinamento democratico.
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