mario giro sull`avvenire: facciamo la guerra ai poveri invece che alla

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MARIO GIRO SULL’AVVENIRE: FACCIAMO LA GUERRA AI POVERI INVECE CHE ALLA
POVERTÀ
ROMA\ aise\ - "Caro direttore, mi sono sempre chiesto che cosa spingesse i carnefici nazisti a farsi fotografare le loro vittime,
tronfi e disumani. Non si rendevano conto? Nemmeno temevano il giudizio? Poi ne abbiamo viste tante di storie simili, in ogni
guerra, fino ad Abu Ghraib. La guerra disumanizza, lo si ricorda sempre troppo poco. Rende l'uomo una bestia, senza segni di
umanità. Qualunque guerra, non solo quelle naziste". Sono le riflessioni che, nella ricorrenza del Giorno della Memoria, il vice
ministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, Mario Giro, affida ad un articolo pubblicato sul quotidiano
Avvenire, sotto forma di lettera al direttore Mario Tarquinio. "In questi anni abbiamo avuto anche il dispiacere di leggere di
violenze commesse addirittura da truppe Onu, da Caschi Blu europei... Anche in pace si può diventare simili a mostri: la storia
del giovane gambiano, Pateh Sabally, morto in Laguna è agghiacciante. Invece di provare a salvarlo, molte grida di "annega!".
Cosa siamo diventati? C'è chi ha parlato di "apatia". Non basta: un argine è stato già superato e mi paiono più vere l'invettiva di
Selvaggia Lucarelli ("L'avete guardato andare a fondo e l'avete fatto morire") e la dolorosa riflessione di Alessandro Zaccuri che
su "Avvenire" ha scritto della "sindrome degli spettori". Io mi chiedo: perché tanta crudeltà? La risposta è semplice: abbiamo
dichiarato anche noi una guerra, quella ai poveri, agli immigrati, ai nomadi, ai senza fissa dimora... Invece di fare guerra alla
povertà la facciamo ai poveri... E quante storie di "guerre fra poveri" in questi anni! Così ci stiamo disumanizzando, come in una
guerra vera. Anzi: la guerra vera la stiamo preparando con questo clima di odio, di crudeltà, di disprezzo per la vita. E arriviamo
a filmare la scena del giovane africano che muore, come se nulla fosse. Non riusciamo davvero a comprendere che in questo
contesto osceno, ognuno di noi potrebbe essere travolto? Se disprezzi l'altro così ferocemente, contribuisci a creare una
situazione in cui qualcuno disprezzerà te. Nessuno è più garantito. Certo: i primi a soccombere sono sempre i poveri. Per
questo occorre sempre guardare alla società iniziando dal sensore più delicato, gli ultimi. Quando la vita si indurisce per loro,
subito dopo diventa dura per tutti. Ci stiamo preparando un futuro prossimo pieno di amare sorprese. Non dobbiamo pensare
che simili episodi siano di genere minore. Vassilij Grossman ammoniva: "I nazisti rappresentano la più grande menzogna della
vita. Ovunque mettessero piede, dal profondo dell'oscurità risalivano in superficie la codardia, il tradimento, la sete di vili
omicidi, di sanguinose repressioni dei più deboli. Chiamavano a sé quanto vi è di malvagio nell'uomo, proprio come nelle
vecchie leggende una parola malefica evoca gli spiriti del male". Non possiamo lasciare evocare tali spiriti, dobbiamo resistere
a cominciare dal nostro Paese. Per chi deve decidere sulla vita degli altri, per chi ha responsabilità politiche, sociali,
economiche, la morte del giovane gambiano attorniato anche da frizzi e lazzi deve essere più che un campanello di allarme.
Deve essere come una sirena che annuncia prossimi bombardamenti. Se l'Italia diventa così, non solo sarà il solito Paese
caotico e ingovernabile: diverrà attivamente un Paese adepto della morte. Vanno pesate le parole, dunque, e soprattutto vanno
posti limiti invalicabili per preservare la nostra convivenza. La vita prima di tutto: questo non deve mai venir meno. Non ci sono
vite che valgono di meno, non ci sono classi diverse di umanità, non ci sono uomini e donne inferiori, untermenschen". (aise)