Comunicato stampa - Biblioteca Universitaria di Pavia

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COMUNICATO STAMPA
Matteo Brera
Novecento all’Indice
Gabriele d’Annunzio, i libri proibiti e i rapporti Stato-Chiesa
all’ombra del Concordato
Edizioni di Storia e Letteratura, 2016
Giovedì 9 febbraio, ore 17
Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria
Corso Strada Nuova 65, Pavia
Giovedì 9 febbraio alle ore 17, nel Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria di Pavia, verrà
presentato il libro di Matteo Brera Novecento all’Indice. Gabriele d’Annunzio, i libri proibiti e i
rapporti Stato-Chiesa all’ombra del Concordato.
Ne discutono con l’Autore i docenti dell’Università degli Studi di Pavia Carla Riccardi (Letteratura
Italiana) e Annibale Zambarbieri (Storia del Cristianesimo e delle Chiese).
La storia dell’Indice dei libri proibiti si può far risalire alla bolla Licet ab initio promulgata da papa
Paolo III nel 1542 con la quale fondò la “Santa Romana Inquisizione Universale”. Oltre a
preservare la purezza della fede e punire i reati contro di essa, uno dei colpiti principali del collegio
cardinalizio era quello di combattere l’eresia, vigilando anzitutto sui libri.
Tutte le opere che finivano all’Indice erano contrarie alla religione, e l'elenco fu pubblicato più di
quaranta volte fino alla sua soppressione dopo il Concilio Vaticano II, nel 1966.
L’apertura degli archivi vaticani ha permesso uno studio approfondito delle pratiche della censura
libraria adottate dalla santa Sede, in cui sono incappati i nomi più importanti della scienza, della
filosofia e della letteratura, per citarne alcuni Giordano Bruno, Galileo Galilei, Francesco Bacone,
Immanuel Kant, d'Alembert e Diderot, Benedetto Croce, gli scrittori Honoré de Balzac, Alexandre
Dumas padre e figlio, Gustave Flaubert e Victor Hugo, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e Giacomo
Leopardi.
Sulla base di una documentazione ancora largamente inedita e reperita per lo più negli archivi
vaticani, Matteo Brera dimostra che l’istituto della censura librorum era anche (o soprattutto)
un’arma di offesa politica.
L’Autore si sofferma poi sulle motivazioni sottese alle denunce e alle condanne all’Indice del
“pericoloso sensuale” Gabriele d’Annunzio, scrittore disapprovato tanto per la sua letteratura
osceno-mistica quanto perché rappresentava in pieno le frange estreme di quel modernismo
combattuto dalla Chiesa più ortodossa.