Decollano gli F35 ma Cameri trema

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Corriere di Novara
LUNEDÌ 16 GENNAIO 2017
CRONACA
5
IL “FACO” HA GIÀ SFORNATO 6 ESEMPLARI: 2 SONO ENTRATI IN SERVIZIO A DICEMBRE ALLA BASE DI AMENDOLA
Decollano gli F35 ma Cameri trema
Dubbi e incognite sulla possibilità di diventare centro di manutenzione europeo
n Sembra proprio che Roma voglia “nascondere” gli
F35, l’ormai famoso Jsf, super caccia di nuova generazione che come noto per
Europa e Mediterraneo viene assemblato al “Faco” di
Cameri.
Eppure dicembre 2016 è
stato un mese particolarmente importante per il
grandioso (e costoso) progetto targato Lockeed Martin-Alenia Aermacchi. Poco prima di Natale i primi
due F-35 tricolori sono atterrati e sono a disposizione
del 32° Stormo di Amendola, in provincia di Foggia,
«unità recentemente ricostituita proprio per accogliere il Joint Strike Fighter», come informa l’Arma azzurra. Che aggiunge:
«Amendola è la prima base
in Europa ad acquisire i velivoli prodotti ed assemblati
in Italia presso la Faco (Final Assembly and Check
Out) di Cameri, e l’evento
rappresenta il raggiungimento di un importante
obiettivo non solo per l’Aeronautica, ma per tutto il
comparto della Difesa e dell’industria in termini di accrescimento di capacità e
tecnologia».
I piloti, ben addestrati negli
Usa così come i tecnici,
hanno già iniziato le attività
di volo. Insomma, un vero
evento. Snobbato a livello
governativo/istituzionale,
nonostante rappresentasse
«il raggiungimento di un
importante obiettivo per la
difesa e sicurezza del Paese». In pratica solo una nota
della Difesa (imbarazzo per
un progetto contrastato, almeno in passato, da forze
dell’attuale maggioranza?).
E pensare che contestualmente, quel giorno prenatalizio, anche Israele riceveva
i suoi due primi F35 (una
cinquantina quelli ordinati), atterrati alla base aerea
di Nevatim, nel deserto del
Negev, dove è di stanza il
140° Golden Eagles Squadron (curiosità: stando a
fonti qualificate, in Israele il
Jsf è stato ribattezzato
“Adir”, che in ebraico significa “tuono”). Una cerimonia in pompa magna, riferiscono le agenzie internazionali: erano presenti il presidente Rivlin, il premier Netanyahu e mezzo Governo,
oltre al segretario della Difesa statunitense Ashton
Carter. In Italia, invece, tutto in sordina. E nemmeno si
hanno numeri precisi.
QUANTI AEREI
AVRA’ L’ITALIA?
Sempre in silenzio pare che
Roma abbia confermato
l’impegno per l’acquisizione di novanta esemplari di
F-35: trenta nella versione B
a decollo verticale (15 previsti per la Marina ed altri
15 per l’Aeronautica) e sessanta nella versione A, a decollo convenzionale.
Il Faco di Cameri è operativo da luglio 2013 e a marzo
2016 è avvenuto il roll-out
del primo esemplare per l’Italia, (l’AL-1).
Sostanzialmente andranno
a sostituire i Tornado e gli
incerto, secondo gli addetti
ai lavori.
IL FACO DI CAMERI
E IL SUO DESTINO
I primi due aerei tricolori in servizio da dicembre alla base di Amendola, in provincia di Foggia (fonte Difesa)
Amx, ritenuti ormai obsoleti.
COSTI
DAVVERO
FUORI CONTROLLO?
Un progetto, in generale assai costoso, sempre a dicembre scorso messo in discussione dallo stesso neo
eletto presidente americano
Donald Trump appunto per
i costi esosi (se le versioni
base italiane sfiorano i 100
milioni di dollari ad esemplare, quelle per i Marines
americani pare raggiungono i 250 milioni, e quelli per
la Us Navy quasi i 300…).
Ma è ovvio che a questo
punto nemmeno Trump
(peraltro il suo appare più
che altro come un monito
per cercare di ottenere...
sconti) può fermare il progetto. Come sottolinea il sito specializzato analisidifesa.it., in gioco ci sono migliaia di posti di lavoro e
centinaia di miliardi di dollari investiti in decenni di
sviluppo (ancora in corso),
per 1300 aziende in 45 Stati
(che garantiscono 133 mila
posti di lavoro solo negli
Usa). Sta di fatto che il tweet
di Trump ha fatto crollare
in Borsa il titolo Lockheed
Martin: -4% (ovvero miliardi…) in pochi minuti.
Replica ufficiale dell’azienda: «Siamo lieti dell’opportunità di rispondere a qualsiasi domanda del Presidente eletto sul programma
F-35. Lockheed Martin e i
suoi partner industriali
danno fondamentale importanza alla sostenibilità
del programma. Abbiamo
investito centinaia di milioni di dollari per ridurre il
costo del velivolo di oltre il
70%. La proiezione del costo dell’aereo al 2019-2020 è
di 85 milioni di dollari. A
quel prezzo l’F-35 sarà meno costoso di qualsiasi aereo di quarta generazione al
mondo. E sarà invece di
quinta generazione, che è
un enorme vantaggio tecnologico per tutti coloro
che utilizzeranno l’aereo».
E poi c’è comunque la manutenzione. E qui torna in
ballo Cameri. Dal destino
Arriva anche il presunto assalto degli hacker ai segreti degli aerei
n La notizia del presunto hackeraggio da parte della presunta intelligence russa ai segreti dell’F35 l’ha lanciata sabato il quotidiano La
Repubblica: nel mirino i server dell'Aeronautica militare italiana,
«ma le difese informatiche antintrusione hanno funzionato a dovere
e alcun segreto o altro che potesse essere di interesse esterno è stato
violato e acquisito. Il 'muro' informatico a tutela dell'attività dell'Aeronautica ha funzionato, anzi quel tentativo è stato a sua volta 'attenzionato', come si suol dire in linguaggio burocratico-militare, rovesciando quasi il ruolo dei soggetti interessati: da preda a predatore».
Questa la precisazione di ambienti dell’Arma azzura, ripresa all’indomani da Rainews. E poi ancora l’Aeronautica all’Agi: «Il tentativo
di intrusione ha riguardato un sito di posta elettronica non classificato, quindi non riferito a materiale sensibile. E' stato seguito, tenuto
d'occhio, verificato che effettivamente si trattava di un attacco e non
di una semplice ipotesi, e tramite le nostre contromisure è stato fatto
in modo che non andasse a buon fine». L'Aeronautica comunque nega che nel mirino degli hacker ci fossero segreti sugli F35, precisando
che non è la forza armata a detenere questi segreti, ma è la Difesa con
i suoi server. E in ogni caso (peraltro vecchia polemica…), da fonti
qualificate: i segreti, quelli veri, dell’F35 non stanno a Cameri o a Roma, bensì gelosamente custoditi negli Usa.
p.v.
L’ingresso della Base aerea di Cameri
Nel 2014 il sito italiano si è
visto assegnati riparazioni,
manutenzioni, revisioni e
aggiornamenti (Mro&U)
iniziali delle strutture (non
dei motori) degli F-35 europei e mediterranei. Bel colpo, ma - osserva sempre il
sito analisi difesa.it - nei
“pezzi” che contano la parte
del leone l’hanno fatta Gran
Bretagna, Olanda e Australia. Per il futuro si vedrà.
Certo è che gli inglesi non
vorranno dipendere da nessuno, e si faranno tutto in
casa: «La Raf non ha mai
delegato a terzi la gestione
tecnica e il controllo dell’efficienza dei propri aerei da
combattimento, ed è poco
credibile che si risolva a farlo ora con il Jsf».
Stesso discorso per Israele.
Ma Cameri comunque prepara la (auspicata) futura
attività manutentiva (come
detto sulle sole strutture degli F-35). Insomma, mera
“lattoneria”, come ammesso da Finmeccanica (che
controlla Alenia-Aermacchi), ma con l’auspicio della
stessa di un «coinvolgimento anche su altre componenti di qualità dell’aereo,
come l’avionica e l’elettronica, che produrrebbe ulteriori importanti benefici in
termini di posti di lavoro, di
ricerca e innovazione».
Intanto sono stati completati i primi sei esemplari italiani. Il Faco sta ora ultimando ulteriori due velivoli
e lavorando su altri due. Di
certo, però, oggi i 6.700
nuovi posti di lavoro prospettati sul sito dell’F-35 restano un auspicio.
Preoccupato il consigliere
regionale 5 Stelle Gianpaolo
Andrissi, secondo il quale
«i 13 miliardi di investimenti statali, da qui al 2020,
per l'assemblaggio di F35
nello stabilimento di Cameri bloccano qualsiasi tipo di
progettazione nel settore civile aeronautico italiano e,
alla luce delle recenti dichiarazioni di Trump, le
commesse si potrebbero
notevolmente ridimensionare». In una nota stampa
chiede «a tutte le forze sindacali ed ai lavoratori di iniziare a fare pressioni per individuare finalmente serie
linee di sviluppo. Altrimenti l'industria che oggi dà lavoro a 27 mila persone in
tutta Italia, e buona parte
negli stabilimenti piemontesi di Cameri e Caselle, rischia un rapido declino».
Dopo critiche alla politica
di Difesa italiana, conclude
Andrissi: «La conferma dei
250 occupati Finmeccanica
presso lo stabilimento di
Cameri non giustifica in alcun modo l'utilizzo di risorse così esorbitanti. Con
questa cifra può nascere un
progetto italiano nel settore
civile dando lavoro e competenze a ben più persone
nell'ottica di un'industria
davvero strategica ed utile
per il paese».
Paolo Viviani