Una proposta per gestire le sofferenze senza far soffrire

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Una proposta per gestire le sofferenze senza far soffrire troppo le banche
di Giulio Romani*
Dunque non solo il solo a pensare che la pubblicazione dei nomi dei grandi debitori insolventi
delle banche che avessero a ricevere aiuti di Stato non porti a granché. Per usare le parole che
ho letto nella rubrica Contrarian del 13 gennaio, penso anch’io che “le maggiori responsabilità
e i veri grandi furbi non si troveranno mai in questo modo”.
Sia chiaro, io sono perché ognuno paghi per le proprie responsabilità, manager e debitori
insolventi. Però osservo che se nei confronti di questi debitori si fosse agito, come sarebbe
stato naturale, attraverso atti ingiuntivi, tutti riscontrabili pubblicamente, i nomi sarebbero
stati noti senza bisogno di decreti o soffiate.
Più che innalzare cori per la pubblicazione delle liste, credo che la soluzione migliore sarebbe
costituire una o più società di gestione dei crediti deteriorati delle banche, con una proprietà
composta da più portatori di interesse, a partire dallo Stato e da altri soggetti sani partecipi
della sorte del sistema bancario: lavoratori, associazioni di imprese, fondazioni bancarie,
banche stesse. Una volta acquisiti gli attivi deteriorati, chi è davvero orientato a una loro
corretta gestione i nomi li conoscerebbe tutti e potrebbe agire per il recupero di quanto
dovuto, rilevando anche le eventuali scorrettezze nella fase di erogazione del credito che
abbiano contribuito a determinare le insolvenze.
Invece, si continua a percorrere la via della vendita dei portafogli di npl a società che hanno
intenti esclusivamente finanziari. Il rischio è che in questa maniera si finisca per aiutare chi ha
causato le insolvenze, lasciando ai cittadini e ai lavoratori l'onere di coprire i buchi.
A costo di essere accusato di fare fantafinanza, provo a tracciare un esempio. Ipotizziamo che
l'amministratore di una banca abbia erogato a un “amico degli amici" un miliardo di euro
senza garanzie e che non un solo euro sia stato restituito, ma che, anzi, gran parte del denaro
sia stato trasferito in un paradiso fiscale. Se la banca cede quell’insoluto, lo fa a prezzi risibili,
visto che i crediti non garantiti valgono sul mercato circa l'8% del valore nominale. Chi
acquista quella posizione da un miliardo la pagherà dunque appena 80 milioni e avrà
interesse a proporne immediatamente lo stralcio al debitore in cambio, per esempio, di 160
milioni. In questo esempio, l’acquirente del credito deteriorato realizza in pochissimo tempo
un guadagno del 100%, mentre il debitore torna pulito restituendo solo il 16% di quanto
avuto, con un guadagno di 840 milioni. Non solo. Anche chi aveva concesso il credito non ha
più alcuna grana, dato che la posizione è stata archiviata, confusa tra quelle cedute. Peccato
che a pagare restino i dipendenti della banca, che ne subiscono il dissesto, e i cittadini, in
qualità di azionisti e clienti se la banca fallisce o in qualità di contribuenti se il salvataggio è a
carico dello Stato.
Al contrario, con la nostra proposta di una gestione "in house", direttamente o con l'ausilio di
società che coinvolgano i diversi portatori di interesse dell’attività bancaria, i crediti
deteriorati potrebbero essere rilevati ad un prezzo non speculativo, coerente con il possibile
valore di recupero. È possibile, compatibile con le norme europee e realizzabile con le risorse
esistenti. Abbiamo studi e ipotesi operative che lo confermano. Questa scelta consentirebbe
alle banche di non subire una perdita di capitale traumatica, con un conseguente minor
bisogno di interventi esterni, anche pubblici. Va da sé che una gestione paziente e rigorosa di
quei crediti potrebbe far emergere reali possibilità di recupero, contribuendo a rilanciare
l’economia e a ricostruire un clima di fiducia nei confronti del sistema bancario.
*segretario generale First Cisl
Tratto da Milano Finanza del 18 gennaio 2017