Non soltanto Giovanni parla di Gesù come colui al quale non è

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Transcript Non soltanto Giovanni parla di Gesù come colui al quale non è

15 GENNAIO 2017 – II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)
Commento a cura di padre Gian Franco Scarpitta
Lo Spirito e l'Agnello
Non soltanto Giovanni parla di Gesù
come colui al quale non è degno di sciogliere il
legaccio dei sandali, ma gli rende testimonianza, si
direbbe, in ragione di una rivelazione divina: "Colui
che mi ha mandato a battezzare con acqua mi
disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere
lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo." Si
discute fra studiosi ed esegeti se Gesù e Giovanni
si fossero conosciuti prima di adesso, anche
perché la rivelazione che Giovanni riceve sembra
parlargli del Messia come di qualcuno a lui
estraneo, di cui non aveva conoscenza diretta.
Fatto sta che adesso Giovanni di mostra
destinatario di una rivelazione di Dio: Gesù Cristo, che abbiamo visto da lui
battezzato fuoriuscire dall'acqua del Giordano, è colui sul quale lo Spirito
Santo non soltanto discende e permane, ma anche colui che si farà fautore
dello stesso dono dello Spirito a terzi. Dal lavacro battesimale in poi Gesù
sarà infatti guidato dallo Spirito e da lui condotto, si sottometterà alla sua
assistenza e sempre lo Spirito lo indirizzerà a vincere le tentazioni del maligno
e ad affrontare anche il flagello e la croce, ma dalla crocifissione alla
risurrezione fin dopo la Pentecoste, Gesù di questo Spirito sarà apportatore:
lui stesso ne farà dono sia ai discepoli riuniti nel cenacolo quando egli appare
da Risorto (A chi rimetterete i peccati resteranno rimessi, a chi non li
rimetterete resteranno non rimessi) sia agli stessi discepoli che a
Gerusalemme proromperanno con coraggio della comunione e
nell'evangelizzazione alla presenza di tante rappresentanze di popolo (At 2).
Questo può testimoniarlo Giovanni, sia pure indirettamente e per inciso. Ma
il Battista è in grado di garantire soprattutto che Gesù, sempre nello Spirito
Santo, amministrerà un nuovo battesimo, avente esso stesso la grazia di
rimuovere il peccato e di rigenerare dall'alto ogni uomo che lo riceve. La
testimonianza di Giovanni è credibile e apportatrice di consolazione, essa si
fonda su una fede stabile e provata che lo porterà anche ad affrontare
l'arresto e il martirio, ha già orientato molte persone alla conversione e al
mutamento della coscienza e indirizzerà tutti quanti verso la salvezza
apportata dal Figlio di Dio. Giovanni testimonia il Cristo di gran lunga
superiore a lui perché glorioso e invitto, ma la sua attestazione si rende
ancora più convincente per il fatto che, oltre a preconizzare la sua grandezza,
testimonia anche l'umiliazione di cui è stato capace. In parole povere,
testimonia il Cristo datore dello Spirito, perché
innanzitutto Agnello immolato, vittima. Giovanni sa
benissimo infatti che la remissione dei peccati da parte
del Salvatore si realizza soprattutto con quella che sarà
l'immolazione e la tragica morte a vantaggio degli uomini:
Cristo sarà fautore di grazia e di perdono perché espierà
egli stesso sulla sua carne le colpe i tutti gli uomini.
Mentre nell'antica alleanza occorrevano sacrifici di
vittime animali a fare da capro espiatorio dei peccati del
popolo, adesso è lo stesso Cristo vittima e Agnello
immolato.
Il Figlio di Dio mandato nel mondo è "vittima di espiazione dei
nostri peccati", non solo dei nostri, ma dell'intera umanità (1Gv 4,10), Colui
grazie al quale si compie quello che l'umanità stessa non potrebbe con le sue
sole forze ma per cui è necessario l'intervento gratuito e misericordioso di Dio.
In tal modo Dio entra nella nostra vita per imprimervi la sua novità
e per farci uscire dalla nostra abituale freddezza e indifferenza. In Cristo Dio
innanzitutto si schiera dalla parte dell'uomo e si mostra interessato alle sue
vicende e all'avventura della sua vita, anche quando questa non concede
tregua. Entrando nella vita dell'uomo l'assume fino in fondo entrando in
empatia con tutti, condividendo con noi ogni cosa e soprattutto lo smarrimento
fondamentale che comporta il nostro essere peccatori. Se Dio non si fosse
incarnato avrebbe certamente compreso la fragilità della nostra condizione,
ma non avrebbe condiviso appieno il nostro stato e la debolezza perenne che
ci caratterizza. Invece facendosi
uomo egli stesso è diventato capace
di compatire le nostre infermità (Eb 4,
15). E in tal modo ci esorta a
confidare nella sua vicinanza,
consolandoci di non essere soli nella
faticosa vicenda di essere uomini.
Agnello immolato e poi datore dello
Spirito, Cristo ci indirizza e ci
conduce,
provocandoci
e
invogliandoci ad uscire da noi stessi
e soprattutto ponendo nel suo vangelo una valida alternativa alla realtà
perniciosa del peccato.
Soprattutto con il sacramento del battesimo da lui istituito nello
Spirito Santo, Gesù liberandoci dal peccato originale e rigenerandoci nel suo
lavacro purificatori dimostra di "fidarsi" di noi, rendendoci membra del suo
stesso corpo e partecipi della sua missione e della sua opera di salvezza.
E nel nostro battesimo diventa esperienza reale ciò che per
Giovanni era stato testimonianza.