La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 13 gennaio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Valzer di docenti e caos supplenze (M. Veneto, 3 articoli)
Treni tagliati, Serracchiani in pressing (Piccolo)
La contesa sul Cie in Friuli. Gradisca o l’ipotesi Tarvisio (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 5)
Arvedi lancia il suo ultimatum: «Clima ostile, pronto a chiudere» (Piccolo Trieste, 3 articoli)
Stop al taglio dei posti letto all’ospedale (Piccolo Trieste, 2 articoli)
Riuso di Porto vecchio, sale la fiducia di Trieste (Piccolo primo piano)
Tecnoil Valve salvata assieme ai dipendenti (Piccolo Gorizia-Monfalcone, 2 articoli)
Alla Nidec 135 esuberi su 397 dipendenti. L’ansia dei lavoratori (M. Veneto Pordenone)
Stati generali, Cgil contro Comune (M. Veneto Pordenone)
Scuola, precari ancora senza stipendio da mesi (Gazzettino Pordenone)
Sangalli, tre giorni di sciopero. L’Usi: disattesi tutti gli accordi (M. Veneto Udine)
I vertici del gruppo inglese Arriva per la prima volta a Udine (M. Veneto Udine)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Valzer di docenti e caos supplenze (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Un insegnante su dieci quest’anno ha cambiato cattedra in Fvg, fra
trasferimenti dei docenti di ruolo e movimenti dei supplenti. Poco meno di 400 persone sono state
coinvolte nel carosello dei prof, con una ricaduta esponenziale sugli studenti. Stando a sentire i
sindacati l’origine del problema è da individuare soprattutto nelle assegnazioni provvisorie. «Sono
stati firmati contratti fino all’avente diritto perché manca la definizione delle graduatorie a
esaurimento – spiega Mauro Grisi, segretario friulano dello Snals –. Su questo quadro ha inciso
anche la mobilità concessa ai vincitori di concorso: la legge 107 prevedeva nu contingente bloccato
per tre anni e invece sono stati accordati i trasferimenti». Tant’è. Le scuole si sono dovute
arrabattare fra contratti, convocazioni e chiamate dirette. E i ragazzi si sono adeguati a quella che,
in alcuni casi, è stata una vera e propria girandola di insegnanti. Il fenomeno, infatti, ha avuto
incidenze molto diverse da istituto a istituto e anche in base alla materia oggetti di insegnamento.
«Abbiamo avuto un turnover al 20% per alcune materie – dice Rossella Rizzatto, preside del liceo
artistico Sello di Udine –. Gli aventi diritto hanno avuto la possibilità a dicembre di produrre nuove
domande e così i ragazzi hanno cambiato i professori. Situazione questa che crea disagi maggiori ai
ragazzi che hanno diritto al sostegno perché hanno bisogno di un periodo di metabolizzazione
maggiore. Ma, in linea generale, che un insegnante resti otto mesi in classe non è una garanzia
maggiore di qualità». Al Malignani di Udine il fenomeno ha coinvolto circa il 10-15% della
componente docente. «Alcuni insegnamenti sono molto stabili, per altre classi di concorso per
materie più tecniche c’è più difficoltà a trovare docenti pronti – spiega il dirigente, Andrea Carletti
–. È successo che molti sono entrati a novembre e dicembre a sostituire i supplenti che avevamo
inserito in organico. In questa fase per fortuna l’organico è definitivo. Ma quest’anno le nomine
sono state molto faticose perché c’era una serie di questioni che riguardava le graduatorie dei
supplenti, i vincitori di concorso e i docenti dell’organico di potenziamento». Numeri simili a
Pordenone. All’istituto Kennedy «un fisiologico 10% di turnover è fastidioso per una scuola che
vuole puntare all’eccellenza – spiega la preside, Antonietta Zancan –. Generalmente però ci
possiamo considerare fortunati perché la nostra è una scuola di approdo per una carriera, quindi
abbiamo pochi insegnanti precari». Un bailamme che ha interessato anche l’istituto tecnico Pertini
di Pordenone, ma limitatamente alla prima parte dell’anno. «All’inizio le nomine hanno comportato
spostamenti a catena con assegnazioni provvisorie – ricorda Aldo Mattera, dirigente reggente –. È
capitato che si siano avvicendati anche due o tre insegnanti sulla medesima materia. Ma a questo
punto dell’anno gli organici sono stabili. Al Paujatti di Sacile, dove sono titolare, abbiamo avuto
qualche problema in più». Al comprensivo di Spilimbergo, dove la dirigente del Copernico di
Udine, Marina Bosari, è reggente, «qualche chiamata è ancora in corso – spiega Bosari – perché le
graduatorie definitive sono cambiate da poco per altri inserimenti. Al Copernico la situazione è più
regolare e l’organico è definitivo da fine novembre». Sono 139 gli insegnanti in organico di fatto al
professionale Ceconi di Udine, di cui 32 supplenti, con sei figure coinvolte nel turn over. «Abbiamo
avuto difficoltà in alcuni casi a trovare gli insegnanti perché qualche classe di concorso è esaurita –
ricorda Giovanni Francois, il preside –. E in più abbiamo avuto un carosello con una pioggia di
rifiuti, graduatorie definitive in via di definizione. Il problema è che anche per il prossimo anno la
situazione si ripeterà». Conferma per i supplenti nominati all’inizio dell’anno per il classico di
Udine Stellini. «Ho avuto qualche difficoltà a trovare il personale perché per latino e greco le
graduatorie sono esaurite e quindi ho preso in considerazione le domande fatte ai presidi anche dai
docenti neolaureati – dice il dirigente, Giuseppe Santoro –. Ho chiamato personalmente una giovane
laureata che ora è inserita nel nostro organico».
Premi a tutti o beneficiari anonimi. C’è chi rinuncia al bonus docenti
testo non disponibile
Calabrese si rifiuta di insegnare a Udine. Il preside lo licenzia
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Treni tagliati, Serracchiani in pressing (Piccolo)
di Marco Ballico - Debora Serracchiani scrive al ministro, a Fs, a Trenitalia. L’obiettivo è salvare in
extremis i due Intercity che collegano Venezia e Trieste, mezzi di trasporto indispensabili per
studenti, docenti, lavoratori diretti a Fincantieri, turnisti e utili pure a qualche turista. Un tentativo,
rimarca la presidente, in linea con la politica dei trasporti attuata nel corso della legislatura.
Sollecitata da pendolari, singoli utenti, dirigenti scolastici e, a livello politico, dal M5S,
Serracchiani ricorda quanto sin qui fatto, dal «riavvio di grandi opere bloccate come la terza corsia»
al «nuovo ruolo» del hub aeroportuale. Quanto ai treni, la presidente mette in fila «l’inserimento di
due coppie di Frecce per Milano e Roma in più rispetto a prima, la trasformazione di alcune di
queste in FrecciaRossa, le ulteriori fermate delle Frecce a Monfalcone, Cervignano e Latisana, la
messa in servizio dei nuovi Caf», oltre alla conquista della prima posizione in Italia quanto a
puntualità del servizio passeggeri, «risultati dovuti all’impegno della Regione nell’ambito dei
rapporti con il governo e Trenitalia». Entrando poi nel merito del taglio dei due Intercity - l’Ic 734
in partenza da Trieste alle 22.06 e arrivo a Mestre alle 00.05 e il gemello 735 in partenza dalla città
veneta alle 5.50 e arrivo nel capoluogo regionale alle 7.46, cancellati da Trenitalia a partire da
lunedì 16 gennaio -, già definito dall’assessore Santoro «sconcertante nel merito e nel metodo»,
Serracchiani fa sapere di avere formalizzato la richiesta di ripristinare i collegamenti con una lettera
già inviata al ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, all’ad del Gruppo Fs Renato
Mazzoncini e all’ad di Trenitalia Barbara Morgante. In quel testo la presidente cita il silenzio di
Trenitalia rispetto alle richieste di informazione della Regione, sottolinea «l’imbarazzo» nei
confronti dei viaggiatori che a loro volta chiedevano spiegazioni e boccia come «inadeguato» il
servizio autobus proposto da Trenitalia in alternativa agli Ic cancellati che, benché ricompresi nel
contratto con lo Stato, «oltre a svolgere una funzione di servizio nazionale, sono complementari alla
maglia dei servizi regionali». Per questo motivo, incalza Serracchiani, «era stato proposto, in passati
incontri tra le strutture tecniche di Trenitalia e Regione, di consentire l’accesso agli stessi senza
sovrapprezzo da parte degli abbonati Fvg, provvedimento che avrebbe certamente portato a una
maggiore frequentazione, in particolare in territorio regionale, vista la collocazione oraria». In
controtendenza con «la forte azione di miglioramento dei servizi ferroviari ottenuta anche grazie a
ingenti investimenti della Regione», conclude la presidente, il doppio taglio «non appare
sostenibile». A rincarare la dose il deputato del Pd Giorgio Brandolin aggiunge una sua
interrogazione a quella del senatore Carlo Pegorer. Azioni tardive? Bruno Zvech, vicepreside del
Nautico e direttore dell’Accademia nautica dell’Adriatico, spera che ci sia ancora tempo per
rimediare. «Sui treni non ci sono colori politici - dice Zvech, già capogruppo del Pd in Regione -.
Siamo intervenuti in era Illy, come poi Tondo e Serracchiani -. Dati oggettivi confermano che si
procede con una politica di isolamento del Fvg, ma pure in questa occasione conto che, di fronte
all’incomprensibile decisione nemmeno comunicata da Trenitalia, si riesca a salvaguardare i diritti
di cittadinanza, studio e lavoro dell’utenza». «Inaccettabile», prosegue Zvech, immaginare che da
lunedì qualche decina di studenti si debba alzare alle 5 per andare a scuola. Ma il disagio riguarda
anche, tra gli altri, un professore come Graziano Benelli, docente di francese alla scuola per
interpreti dell’Università di Trieste: «Arrivo da San Donà a Trieste via treno dal 1978, e sempre alle
7.45. Da lunedì, per la prima volta, scenderò in stazione alle 8.20 senza poter insegnare la prima
ora. Basterebbe far partire il treno alternativo mezz’ora prima, e pazienza se ci faranno comunque
cambiare a Portogruaro».
3
La contesa sul Cie in Friuli. Gradisca o l’ipotesi Tarvisio (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) che nelle intenzioni del ministro
dell’Interno Marco Minniti dovrà sorgere in Fvg – così come nelle altri regioni d’Italia – verrà
aperto a Gradisca d’Isonzo oppure a Tarvisio? La contesa corre sul filo della diplomazia
istituzionale con da una parte l’assessore regionale alla Solidarietà Gianni Torrenti che mercoledì al
Piccolo ha dichiarato come «mi pare scontato che il sito finisca per essere Gradisca dove una
struttura c’è già» e dall’altra il sindaco di Tarvisio Renato Carlantoni che continua a insistere per
l’opzione Coccau, sul confine di Stato per bloccare gli arrivi dall’Austria ed evitare che l’ex
caserma Meloni venga trasformata in un Centro di accoglienza permanente. Un’opzione che ieri ha
registrato, ancora una volta, la contrarietà totale della Lega Nord per bocca del responsabile
sicurezza del Carroccio Stefano Mazzolini. Gradisca, e in questo ha ragione Torrenti, sarebbe la
scelta più logica ed economicamente vantaggiosa considerato come per aprire il nuovo mini-Cie –
così come immaginato dal Viminale – non sarebbero necessarie grandi opere di ammodernamento
e, in più, la cittadina isontina si trova a pochi chilometri dall’aeroporto di Ronchi dei Legionari,
particolare non insignificante per le espulsioni. Certamente, però, rifiutare l’offerta di Carlantoni
senza averla valutata approfonditamente non è semplice considerato come, vista l’aria che tira sul
tema, difficilmente Roma troverà un altro Comune disposto ad accettare, senza polemiche e
resistenze, l’istituzione di un Cie sul proprio territorio. Si vedrà, anche perché, in ogni caso, i
disegni di legge allo studio di Minniti dovranno passare per il Parlamento per cui c’è ancora tempo
per discutere e trovare soluzioni adeguate al Fvg e alle altre regioni. Nel frattempo, all’interno dei
confini friulani, il centrodestra torna all’attacco della presidente Debora Serracchiani e ne chiede la
convocazione in VI Commissione – guidata dal dem Franco Codega – dopo le ultime dichiarazioni
della governatrice sul tema immigrazione. «Siamo di fronte alla confusione più totale – ha spiegato
il capogruppo di Forza Italia Riccardo Riccardi – che denota un’assoluta mancanza di
programmazione e l’ormai consueto appiattimento della presidente sulle decisioni del Governo.
Qualche settimana fa avevamo appreso con soddisfazione della lettera in cui Serracchiani
finalmente chiedeva a Minniti di rimpatriare gli immigrati meno integrati. A distanza di poco
tempo, però, ora arriva puntuale l’ennesimo dietrofront con la presidente che concorda con la
proposta di Mario Morcone, secondo la quale i 126 Comuni del Fvg estranei all’accoglienza diffusa
verranno obbligati a ospitare una parte dei profughi che, al momento, si concentrano per la maggior
parte nelle città capoluogo». Secondo Riccardi «torniamo al solito appiattimento sulle politiche
nazionali con Serracchiani più preoccupata di soddisfare i diktat dello Stato che guardare gli
interessi del Fvg» e siccome «con tutte queste posizioni nettamente contrastanti, non abbiamo
ancora capito cosa succede e cosa intende fare la giunta regionale sull’immigrazione», Forza Italia
ha chiesto «una convocazione urgente della VI Commissione Consiliare per ascoltare la presidente,
affinché riferisca in merito al piano del Viminale, illustri le intenzioni dell’amministrazione a
riguardo e se intende attivarsi per ripristinare la quote concordate quote di immigrati presenti in
Fvg». Una posizione, quella di Riccardi, condivisa dalla collega di Mara Piccin. «In un mese
abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto – ha detto –: è ora che Serracchiani faccia totale
chiarezza sulle scelte che verranno prese in Regione. Al momento appare evidente che dentro la
maggioranza di centrosinistra si stia creando una spaccatura e non si capisce bene come la
presidente voglia effettivamente gestire la questione migranti dopo i disastri degli ultimi anni».
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CRONACHE LOCALI
Arvedi lancia il suo ultimatum: «Clima ostile, pronto a chiudere» (Piccolo Trieste)
di Giuseppe Palladini - Una nuova spada di Damocle pende sul futuro degli oltre 500 lavoratori
della Ferriera e di diverse centinaia dell’indotto. Ma, più in generale, a risentire in maniera
pesantissima dall’eventuale chiusura dell’attività produttiva sarebbe l’intera economia cittadina. A
mettere in evidenza i rischi che corre la continuazione della produzione nello stabilimento di
Servola è stato lo stesso presidente del gruppo, il cavalier Giovanni Arvedi, in un incontro con i
sindacati svoltosi, nel primo pomeriggio di ieri, nella sede di Siderurgica Triestina a Servola. Una
riunione convocata due o tre giorni fa, senza però che fosse specificato l’ordine del giorno, e alla
quale solo all’ultimo si è appreso avrebbe partecipato anche Arvedi. Dall’altra parte del tavolo, le
segreterie confederali di Cgil, Cisl e Uil, le segreterie dei metalmeccanici di Fim, Fiom, Uilm e
Failms, assieme alle rispettive Rsu. L’incontro è iniziato in maniera “soft”, con i rappresentanti
dell’azienda che hanno illustrato i dati ambientali relativi al 2016. Cifre che, si legge in una nota
sindacale delle segreterie provinciali, «evidenziano un netto miglioramento rispetto al 2015 in
relazione a tutti i parametri previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale». Poco dopo c’è stato
il colpo di scena con l’atmosfera che si è fatta subito pesante. Giovanni Arvedi ha preso la parola ed
è andato dritto al cuore del problema, manifestando «estremo disappunto - spiega sempre il
comunicato sindacale - rispetto al clima mediatico, politico e giudiziario che si sta determinando»
con riguardo all’attività dello stabilimento servolano. Arvedi non ha usato mezzi termini e nel
prosieguo del suo intervento ha evidenziato come «l’attuale clima politico nei confronti dell’azienda
- si legge sempre nella nota sindacale - rischi di compromettere la possibilità della continuazione
del progetto industriale e del risanamento ambientale». Il presidente del gruppo non si è fermato
qui. Sempre secondo quanto riferisce il comunicato sindacale «ha dichiarato chiaramente che “se
entro il 28 febbraio non saranno chiariti questi fatti” verrà meno l’approvvigionamento delle
materie prime necessarie alla prosecuzione dell’attività produttiva dello stabilimento». Arvedi ha
dunque, secondo i sindacati, «lasciato intendere, di fatto, la possibilità reale della cessazione delle
attività della fabbrica». Le normali scorte di materie prime consentono di proseguire l’attività per
due mesi. Ciò significa che la produzione si arresterebbe giocoforza entro la fine di aprile. Dalle
istituzioni coinvolte in prima linea nell’attività della Ferriera - Comune e Regione - non è giunta ieri
alcuna reazione alle affermazioni di Arvedi. Più precisamente né il sindaco Roberto Dipiazza né la
presidente della Regione Debora Serracchiani, pur interpellati attraverso i loro portavoce, hanno
inteso rilasciare dichiarazioni. Sempre ieri (pare nel pomeriggio) Serracchiani ha incontrato
Giovanni Arvedi, ma nulla è trapelato sui contenuti di tale riunione. A fronte delle affermazioni del
presidente del gruppo, i rappresentanti sindacali hanno respinto con decisione l’impostazione
dell’azienda, sottolineando «il rischio reale di una grave crisi occupazionale». E hanno annunciato
per oggi un’assemblea nello stabilimento, per spiegare ai lavoratori i punti dell’incontro di ieri. Gli
stessi sindacalisti si sono poi attivati immediatamente affinchè la discussione iniziata ieri si sposti
nelle dovute sedi ministeriali, alla presenza del governo e con il supporto delle organizzazioni
nazionali di categoria. Al momento non è chiaramente ipotizzabile quando questo tavolo romano
potrebbe essere riunito. Le segreterie provinciali di Fim, Fiom, Uilm e Failms lanciano comunque
già ora un segnale di speranza, confidando che «in quella sede l’azienda e tutte le istituzioni locali,
Comune compreso, confermino gli impegni assunti in sede di accordo di programma».
I sindacati si preparano al pressing sul governo
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Cosolini: «Impatto occupazionale gravissimo»
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Stop al taglio dei posti letto all’ospedale (Piccolo Trieste)
di Diego D’Amelio Stop al taglio dei posti letto ospedalieri a Trieste. L'annuncio arriva dal direttore
dell'Azienda sanitaria Nicola Delli Quadri, nelle ultime battute dell'audizione tenutasi ieri davanti
alla Commissione Sanità del Comune. «La riforma prevede la riduzione ulteriore dei posti dai 674
attuali a 608: la notizia di oggi è che non li toccherò», scandisce il responsabile della sanità
triestina. I posti rimarranno dunque ai livelli odierni e anche i letti per day hospital non
diminuiranno. Il secondo annuncio del direttore dell'Asui è legato al Pronto soccorso: «Entro due
settimane presenteremo il piano di riorganizzazione dell'emergenza», evidenza Delli Quadri, che
assume un impegno che suona solenne: «Il primo passo della ristrutturazione di Cattinara sarà il
rifacimento del suo Pronto soccorso, al contrario di quanto inizialmente previsto». Priorità dunque
all'urgenza invece che al rifacimento dei reparti: «I lavori partiranno fra 3-4 mesi e con ogni
probabilità - continua il dirigente - il Pronto soccorso sarà operativo per il prossimo inverno. Verrà
creato nel piazzale antistante le torri, seguendo un progetto di struttura modulare che accontenterà
operatori e assistiti: sarà il progetto dei professionisti della sanità, per la prima volta riuniti tutti
attorno a un tavolo». Il Pronto soccorso di Cattinara è stato oggetto di dure critiche a causa del
continuo sovraffollamento verificatosi durante le festività. Delli Quadri spiega che «la struttura è
condizionata dalla sua logistica, pensata negli anni Sessanta, quando gli accessi giornalieri previsti
erano 50-60». Oggi gli ingressi sono arrivati in media a 160, più un'altra ottantina al Ps del
Maggiore. Il direttore riconosce le difficoltà delle settimane precedenti: «La fase acuta del periodo
festivo è stata molto difficile, ma l'abbiamo superata senza tracolli organizzativi e per questo
ringrazio medici e operatori del Pronto soccorso e della Guardia medica, che nelle giornate peggiori
ha fatto da filtro sul territorio anche nelle ore diurne assieme al 118». Il resto dell'audizione
dedicato al fronte delle cure d'urgenza è utilizzato dai dirigenti dell'Asui per fotografare la
situazione. I dati presentati dicono che i Ps di Maggiore e Cattinara hanno accolto nel 2016 circa
74mila persone, con un aumento che di 5mila unità (+4,5%) rispetto al 2015. Le presenze
giornaliere nelle astanterie sono passate mediamente da 189 a 202, sebbene l'andamento di tale
valore non sia programmabile e proceda invece per picchi, sottoponendo dunque le strutture a
particolare stress nei momenti di alta affluenza. Le cifre corrispondono a un aumento della
popolazione di over 75, che negli ultimi tre anni è cresciuta di tremila unità, con il contestuale
incremento dei codici gialli e rossi, dei pazienti con polipatologie, dei ricoveri (+1.200 in un anno) e
degli accessi al ps per problemi che in fase precedenti della vita comportano minori rischi, come nel
caso dell'influenza, che quest'anno è stata di particolare virulenza. Il responsabile della Qualità
dell'Asui, Alfredo Perulli, nota però che «i dati confermano il mantenimento dell'efficienza del Ps,
in quanto il rapporto tra accessi e ricoveri si è mantenuto nel tempo al 20% circa, nonostante
l'aumento di accessi alla medicina d'urgenza e successivi ricoveri». Effetti ottenuti, spiega il
dirigente, con l'istituzione della guardia ortopedica attiva sulle 24 ore, l'incremento dei trasporti, la
creazione di alcuni posti letto nella medicina d'urgenza e il potenziamento del personale, che fra
2015 e 2016 è aumentato in tutta l'Asui di 106 unità grazie a nuove assunzioni.
È caccia a medici di base volontari. Ai Cap servono almeno 80 dottori
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Riuso di Porto vecchio, sale la fiducia di Trieste (Piccolo primo piano)
di Silvio Maranzana - La gran parte della popolazione di Trieste, per l’esattezza l’82%, considera
positivamente l’operazione di utilizzo del Porto vecchio ai fini dello sviluppo urbano ed economico
della città. In secondo luogo, la cittadinanza è convinta che l’operazione possa essere un trampolino
per una Trieste più dinamica (88%). Anche la fattibilità del progetto è ritenuta possibile: il 55%
della popolazione risulta essere in disaccordo con una prospettiva di fallimento dell’iniziativa
perché vista come operazione troppo imponente per una città come il capoluogo giuliano. È quanto
emerge da una seconda indagine campionaria di opinione commissionata da Confindustria Venezia
Giulia a Swg i cui esiti completi saranno illustrati e commentati oggi, come si legge nel riquadro.
Le prime interviste erano state somministrate nel periodo che va dal 29 maggio al 4 giugno 2015,
queste ultime dal 2 al 6 maggio 2016. L’indagine quantitativa è stata condotta mediante due
rilevazioni con tecnica mista Cawi (Computer assisted web interview) - Cati (Computer assisted
telephone interview), all’interno di due campioni rispettivamente di 1296 e 1256 soggetti
maggiorenni residenti in provincia. Il confronto tra le due indagini mostra che l’opinione
complessiva sul progetto non ha variazioni significative e resta largamente positiva, ma la
cittadinanza è ancora più convinta che il recupero possa essere un trampolino per una Trieste più
dinamica (88% nel 2016 rispetto all’81% del 2015). Il dato negativo che emerge riguarda la scarsa
fiducia che gli intervistati hanno dimostrato di nutrire sulla possibilità di far fronte alla corruzione
nonostante la presenza di istituzioni come l’Autorità anticorruzione. Secondo il 50% la corruzione è
difficilmente scansabile data la grande quantità di denaro in gioco e solo il 36% la ritiene evitabile.
Secondo Confindustria si tratta di una preoccupazione molto probabilmente influenzata da
esperienze nazionali di opere pubbliche che sono state oggetto anche recentemente di fenomeni che
non hanno rassicurato i cittadini. Contestualmente, Swg e Confindustria Vg hanno organizzato un
forum di esperti sulle prospettive e le opportunità relative al progetto di riutilizzo del Porto vecchio
al quale hanno partecipato Rocco Giordano (Università Roma La Sapienza), Antonio Marano
(presidente Trieste airport), Giangiacomo Martines (dirigente Mibact), Giulio Mellinato (Università
Milano Bicocca), Stefano Micelli (Università Venezia Cà Foscari), Mauro Montagner (responsabile
Real Estate Allianz spa), Andrea Oddi (consulente private equity), Pietro Perelli (Progettazione),
Alberto Polacco (Pianificazione territoriale e dei trasporti). Queste le considerazioni conclusive
degli esperti. «Un primo elemento costitutivo dell’intervento è rendersi conto che non si tratta solo
di un contenitore dove vi è la possibilità di intervenire senza vincoli; non nel senso burocratico, ma
di rispetto di un’identità costitutiva del luogo. La comunità triestina si ritroverà nell’equilibrio tra la
conservazione dello spirito del posto e l’innovazione delle funzioni. In questo modo recepirà
positivamente il nuovo». «Il progetto deve necessariamente avere una visione e pianificazione
complessiva che affronti in modo coordinato i problemi. A questa impostazione si collega la
capacità di mantenere una flessibilità nell’esecuzione per incrociare il divenire delle richieste e le
modificazioni funzionali che potrebbero intervenire nel tempo». «La partecipazione dei cittadini
appare indispensabile - proseguono -; la città deve vivere questo momento che ha caratteristiche
quasi rifondative. Forme di coinvolgimento dei triestini, oltre l’informazione, sono necessarie e
predispongono a un’accoglienza favorevole delle conseguenze determinate dall’entità dell’opera».
«La mobilità è uno dei punti nodali della progettazione e della futura vita del comprensorio e del
successo delle sue attività; dai collegamenti, alla fruizione dall’esterno, al trasporto interno, alla
movimentazione delle merci». Gli esperti continuano poi: «Un costante e stringente rapporto tra
pubblico e privato per quanto riguarda la programmazione, le risorse e gli adempimenti appare
elemento imprescindibile. A questo si accompagna la necessità di un forte coordinamento tra tutte
le parti interessate nell’opera lungo il suo divenire». «La salvaguardia dei beni architettonici,
culturali e paesaggistici e la cura dell’archeologia industriale richiedono un piano unitario del
complesso e - concludono - una capacità di mantenimento delle caratteristiche di larga parte degli
edifici».
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Tecnoil Valve salvata assieme ai dipendenti (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani - La società Green Control Srl ha rilevato l’azienda metalmeccanica monfalconese
Tecnoil Valve Spa assorbendo contestualmente 17 lavoratori, tredici operanti a Monfalcone e
quattro tecnici in servizio al Centro ricerche Trinitapoli nella regione Puglia. La firma dell’acquisto
è avvenuta il 28 dicembre scorso a Gorizia tra il legale rappresentante della Green Control, nonchè
amministratore unico, Matteo Sacchi, e il curatore fallimentare dottor Roberto De Luca, davanti al
notaio Francesca Arcidiacono. Il dottor De Luca, su autorizzazione del Tribunale goriziano, ha
provveduto alla cessione della Tecnoil Valve a Green Control chiudendo pertanto il lungo percorso
fallimentare legato alla mancanza di liquidità, pur a fronte di una redditività solida, che nel 2010
aveva registrato un fatturato di 8 milioni di euro. Con il passaggio diretto a Green Control già
impegnata dall’agosto del 2012 nella conduzione di Tecnoil Valve in regime di contratto di affitto, è
stato così sancito il subentro definitivo della società che si avvale di capitali stranieri, attraverso
partner arabi, provenienti da Dubai, mantenendo la continuità produttiva e le stesse condizioni
contrattuali per la forza lavoro assorbita definitivamente. In termini economici, il valore
dell’acquisto è di 320mila euro, mentre la Green Control ha sostenuto un impegno di circa 900mila
euro dal 2012 fino al rilevamento aziendale in ordine ai contratti di affitto, avviati nel 2012 e
proseguiti mediante la ridefinizione degli accordi con il Tribunale di Gorizia, nell’ambito della
procedura fallimentare. I dipendenti pertanto sono stati assunti definitivamente nel passaggio diretto
dal contratto di affitto in organico della Green Control, ai quali si aggiungono altri tre nuovi
lavoratori. Come è stato riferito, i dipendenti ex Tecnoil Valve mantengono le stesse condizioni
contrattuali. L’operazione di acquisto è stata preceduta, proprio a ridosso della firma davanti al
notaio, il 27 dicembre, su richiesta del sindacalista Gianpaolo Giuliano della Fiom Cgil, da un
esame congiunto tra le parti, al fine di verificare la congruità della vendita ai criteri di legge.
Appurata la corrispondenza dei criteri alla normativa, è stato pertando dato l’assenso alla vendita,
ritenendo comunque fondamentale la messa in sicurezza dei lavoratori. Green Control ha, inoltre,
provveduto a liquidare le cause pendenti avviate da ex dipendenti. Si tratta di otto contenziosi risolti
prima del rogito di acquisto. Con il nuovo anno, dunque, si riparte all’insegna della continuità
produttiva e delle garanzie nei confronti dei lavoratori che hanno comunque continuato ad operare
anche nelle difficoltà di liquidità aziendale e nelle more del procedimento fallimentare, nonchè
durante l’intero periodo di contratto di affitto. Le condizioni di Green Control, che mantiene il ramo
familiare di Tecnoil Valve nel suo assetto assieme agli investitori arabi, si prospettano buone ai fini
delle commesse produttive. La speranza pertanto è quella di veder ripartire l’attività in un contesto
di piena stabilità e di sviluppo.
I sindacati ora chiedono il recupero degli stipendi
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Alla Nidec 135 esuberi su 397 dipendenti. L’ansia dei lavoratori (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - Ben 135 esuberi su 397 dipendenti, ammortizzatori sociali in esaurimento e una
promessa di investimenti sul sito pordenonese di Nidec Sole Motors che pare finita nel
dimenticatoio: la situazione nello stabilimento della Comina è preoccupante. La proprietà è
impegnata a fare shopping all’estero, tra un’acquisizione in Romania e una in Francia. Ma qual è il
futuro della fabbrica della provincia? Chissà. A lanciare un grido d’allarme sono Rsu, Maurizio
Marcon (Fiom) e Felice Iannelli (Uilm), che si sono riuniti, e continueranno a farlo nelle prossime
settimane, per individuare un percorso in vista del meeting con l’amministratore delegato. «Gennaio
sarà cruciale per porre correttivi necessari a dare prospettive industriali e occupazionali al sito della
Comina – hanno sottolineato i sindacati –. Stiamo pensando a dare un riscontro alle richieste
dell’impresa, ma l’azienda deve dirci come ritiene di rispondere alle legittime richieste dei
lavoratori». Fiom e Uilm hanno messo in luce che «sono molti i punti irrisolti da affrontare, eredità
di una situazione generatasi quando il sito della Comina era una costola del Gruppo Acc, oggi
fallito. Nidec ha acquistato nel 2010 la divisione motori da Acc per rilanciarla: nello stabilimento
italiano sono state riportate produzioni prima decentrate in Ungheria. Ma con l’arrivo dell’attuale
amministratore delegato (2013) il quadro è cambiato: sono stati rivisti piano industriale e scelte
rispetto alla missione dei siti». Secondo le forze sociali, «l’avvento della gestione di Valter
Taranzano ha prodotto alterne vicende: ha subito dichiarato 50 esuberi tra gli impiegati e iniziato a
chiedere straordinari nelle linee». Nel 2014 l’azienda ha spostato una linea in Ungheria e
prospettato la fine della produzione della tipologia più importante dei motori tradizionali. Nel 2015
l’ad ha presentato la cura da cavallo con 140 eccedenze, «o in tre anni si chiuderà il sito. L’impresa
ha dichiarato la volontà di ridurre l’attività della fabbrica a una produzione annua di 3,6 milioni di
motori (oggi la capacità è di 6 milioni), rendendosi disponibile a investire in 4 anni 13 milioni di
euro – ha ricordato il sindacato –. E' stata ipotizzata l'installazione di tre linee per la nuova tipologia
di motori che richiedono un minore impiego della forza lavoro, ma pongono le premesse per
mantenere la produzione in regione. La direzione intende gestire le eccedenze per evitare l’impatto
sociale e garantire il mantenimento del sito in Italia. Promesse che oggi sembrano finite nel
dimenticatoio e gli ammortizzatori sociali stanno finendo». Intanto Nidec sta investendo e
concentrando la produzione in Romania, mentre «i lavoratori della Comina sono chiamati a
produrre per sostenere l’avvio del nuovo stabilimento – hanno fatto sapere i sindacati –. Continuano
a essere richieste prestazioni straordinarie per garantire le consegne ai clienti e alcuni di loro stanno
lavorando nel sito ungherese per garantire l’efficienza produttiva ma senza prospettive. La
preoccupazione aumenta: Nidec non considera il valore professionale degli addetti della Comina,
che si impegnano e lavorano per una vita dignitosa. Non sono macchine che si possono accendere e
spegnere a comando».
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Stati generali, Cgil contro Comune (M. Veneto Pordenone)
«Stati generali dell’istruzione a Pordenone affidati dal Comune alla scuola paritaria Don Bosco:
l’amnesia è per 11 istituti statali in città». Snobbate le scuole di Stato? Allo sportello Flcgil Mario
Bellomo non perdona. «Parteciperemo agli stati generali 2017, ma contestiamo la scelta al
consigliere comunale delegato all’istruzione Alessandro Basso – spiega Bellomo –. La scuola
statale ha bisogno di risorse economiche e umane: siamo disponibili a collaborare per sottrarre al
ruolo regionale di “cenerentola” l’istruzione. Come mai il Comune ha deciso di “girare” l’assegno
di 16 mila euro per ogni sezione alle materne confessionali e non statali Santa Maria Goretti, Santa
Lucia, Sacro Cuore e Lozer?». Torre chiede una scuola nuova statale e Bellomo fa pressing per
aprire il cantiere. «Invitiamo Basso, dirigente in servizio nelle scuole di Stato – ha suggerito – a
dare la priorità all’istruzione pubblica. Investendo le risorse pubbliche dei cittadini in via Zara: la
scuola Lozer non è in sicurezza. Lo incontreremo per discutere un caso: quello di 60 bidelli che
nelle scuole d’infanzia e dell’obbligo a Pordenone “lavorano” per il Comune e per la ditta che
fornisce i pasti nelle mense dei bambini, ma sono pagati dallo Stato». I bidelli raccolgono le
prenotazioni in mensa per il refettorio degli scolari: la convenzione tra Comune e azienda che ha in
gestione il servizio mensa è stata firmata dall’ex sindaco Pedrotti. «La scuola paga ai bidelli l’extra
con il cosiddetto fondo di istituto, ma il servizio è fuori dal loro mansionario – ha spiegato Bellomo
–. I bidelli sono scontenti (incassano circa 100 euro annui): chiedono trasparenza». (c.b.)
Scuola, precari ancora senza stipendio da mesi (Gazzettino Pordenone)
testo non disponibile
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Sangalli, tre giorni di sciopero. L’Usi: disattesi tutti gli accordi (M. Veneto Udine)
di Francesca Artico - La Sisecam disattende gli accordi: al via da lunedì 16 tre giorni di sciopero
allo stabilimento Sangalli Vetro Porto Nogaro di San Giorgio di Nogaro. «Si arriva allo sciopero»,
spiega Rosario Vizzini della Rsa Usi (Unione sindacale italiana), «perché sono state disattese le
aspettative dei lavoratori. Promesse di incontri e accordi con l’Usi mai avvenute. Non escludo,
stante la situazione attuale, altre legittime azioni di lotta». L’Usi motiva la decisione di adire allo
sciopero ricordando che il 26 ottobre 2016 era stato sottoscritto un verbale di esame congiunto (ex
art.47 Legge 428/90) nel quale si sanciva l'accordo di passaggio diretto di tutti i lavoratori ex
Sangalli Vetro Porto Nogaro (152 dipendenti) alla turca Sisecam. Al punto 14 del verbale veniva
fatta menzione della presenza di un accordo riguardante la turnazione di un reparto all'interno
dell'azienda con scadenza 30 novembre. Si dava atto, in quell'incontro, che fosse necessario
rinnovare l’accordo con altre modalità di turnistica e di fissare un'incontro prima della scadenza. «A
causa di problemi legati alla logistica e alla disorganizzazione dell'azienda - afferma l’Rsa -, questo
sindacato veniva convocato il 30 novembre per concordare sulla turnazione futura di quel reparto, a
quell'incontro ne sono seguiti altri senza mai arrivare ad un accordo e ad una soluzione. Inoltre è
stato rifiutato di sottoscrivere un accordo con l' Unione Sindacale Italiana». Una nota particolare va
fatta per quanto riguarda la sicurezza: «Una cappa di aspirazione gas tossici non è stata ancora
istallata per vie di cavilli tecnici e finanziari - raccontano i sindacalisti. Mancano le procedure per
scaricare e disimballare pacchi di vetro provenienti da paesi extraeuropei; in alcuni reparti, in barba
alle basilari regole riguardanti il rischio per la salute, si lavora in condizioni disumani al freddo (di
notte si raggiungono i 6°). Alla luce di quanto sopra, per la mancanza di un organigramma
aziendale, atteggiamenti antisindacali da parte di alcuni preposti, sicurezza e salute sul posto di
lavoro, come Unione Sindacale Italiana proclamiamo tre giornate di sciopero con totale astensione
dal lavoro». L'Unione Sindacale Italiana chiede inoltre il rinnovo e la discussione degli accordi
(deroga alle 11 ore di riposo, l’indennità di flessibilità straordinario), di fissare le date degli incontri
programmati e periodici ma anche, tra l’altro, il completamento dell’attività programmata corsi
sulla sicurezza e corsi professionalizzanti, l’attivazione immediata di uno psicologo aziendale per la
valutazione dei rischi di stress da lavoro correlato e la definizione di procedure in caso di
emergenza.
I vertici del gruppo inglese Arriva per la prima volta a Udine (M. Veneto Udine)
Il gruppo dirigente di Arriva plc, socio di riferimento di Saf, guidato dal nuovo ceo Manfred
Rudhart accompagnato da Marco Piuri, direttore dell’area Sud, Est e centro Europa, e dai dirigenti
di Arriva Italia, ha visitato per la prima volta la sede udinese della Saf. Dopo Lombardia e
Piemonte, Rudhart ha voluto conoscere personalmente la realtà regionale, componente significativa
del portafoglio del Gruppo Arriva in Italia. All’incontro hanno partecipato il presidente di Saf
Silvano Barbiero, l’amministratore delegato Alberto Toneatto, i ceo di Arriva Italia e di tutte le
società italiane del gruppo. Durante il meeting il gruppo ha incontrato il sindaco di Udine Furio
Honsell, in veste istituzionale e in qualità di rappresentante del Comune di Udine, secondo azionista
di Saf. Arriva plc è uno dei principali operatori nel settore dei servizi di trasporto passeggeri in
Europa e opera in 14 Paesi: Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria, Italia, Paesi Bassi,
Polonia, Portogallo, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Il Gruppo è uno
dei gestori nella città di Londra, il più grande operatore di servizi autobus in Danimarca e uno dei
maggiori operatori ferroviari del Regno Unito. Dal 2010, dopo l’acquisizione da parte di Deutsche
Bahn, leader mondiale nel settore della mobilità e della logistica, Arriva è diventata la divisione
internazionale di Dd per il trasporto passeggeri regionale e locale su ferro e su gomma al di fuori
dalla Germania.
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