La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 22 dicembre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Quella di oggi è l’ultima
ultima rassegna del 2016.
Nel darvi appuntamento al 9 gennaio,
gennaio
vi auguriamo buone feste e un felice 2017.
2017
L’ufficio stampa Cgil Fvg
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Stop allo shopping nei festivi. Esentati altri quattro Comuni (M. Veneto)
Pensionati in pressing sull’Inps per gli arretrati (Piccolo)
Autovie Venete, nasce la Newco pubblica (Piccolo)
Metalmeccanici, regione spaccata sul contratto (M. Veneto)
Cassa integrazione anticipata. Ok dalle Bcc anche per il 2017 (M. Veneto)
Allarme dell’Usb dopo la gara: «Non penalizzare il personale» (M. Veneto)
La piaga del sovraffollamento nelle carceri (Piccolo)
Malattia “blinda” Panontin e sposa la linea Serracchiani (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 7)
Supplenze congelate per duecento insegnanti (M. Veneto Udine)
Ed impianti riprende l’attività. Riassorbiti 20 dipendenti su 33 (M. Veneto Udine)
Il Catas ripartirà da un capannone sfitto (M. Veneto Udine)
Scontro tra studenti e preside sullo sciopero al Malignani (M. Veneto Udine)
Ospedale, nel 2017 il robot chirurgico e 99 nuovi assunti (M. Veneto Pordenone)
Electrolux Porcia, il 60% dice sì al contratto (Gazzettino Pordenone)
Sigma Re, si tratta sui dipendenti (Gazzettino Pordenone)
Domovip, cresce il fatturato. Assunzioni e nuove filiali (M. Veneto Pordenone)
L’Itis aumenta le rette. Balzo di 365 euro l’anno (Piccolo Trieste)
Trasparenza, Trieste è pronta a dare risposte (Piccolo)
Mega gru per dare una svolta ai traffici (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Stop allo shopping nei festivi. Esentati altri quattro Comuni (M. Veneto)
di Michela Zanutto - È scattata la corsa al Comune turistico. Dopo la conferma accordata dal Tar
alla legge sulle chiusure festive obbligatorie e in attesa della sentenza della Consulta, le
amministrazioni hanno bussato alla porta della Regione chiedendo fosse riconosciuto lo status che
deroga alle chiusure. Ora anche Aquileia, Forni di Sopra, Sutrio e Rigolato potranno tenere le
serrande alzate. In questi giorni passerà in giunta anche la richiesta di Cividale. Insieme a Lignano,
Grado, Tarvisio e Trieste, sale dunque a otto il conteggio dei Comuni a prevalente economia
turistica (nove se si conta anche Rivignano/Teor, dove la deroga è consentita dal 28 ottobre al 2
novembre), ma la lista è destinata a crescere. Intanto, in vista di Natale e Santo Stefano – due altre
chiusure imposte per legge – si profila una tregua armata fra grande distribuzione e Regione. Da
fonti sindacali trapela la scarsa volontà delle proprietà a tenere i negozi aperti (in molti casi non è
stata nemmeno sondata la disponibilità dei dipendenti al lavoro festivo). Ma è soltanto una fase, in
attesa della pronuncia dei giudici costituzionali in calendario ad aprile. Cgil, Cisl e Uil del
commercio invitano a non abbassare la guardia, richiamando i Comuni al loro compito di
controllori: «Il Tar ha respinto i ricorsi contro le chiusure festive, pertanto dal primo ottobre la
legge 4 del 2016 è in vigore e c’è l’obbligo delle dieci chiusure festive – sottolineano Susanna
Pellegrini (Filcams Cgil), Adriano Giacomazzi (Fisascat Cisl ) e Matteo Zorn (Uiltucs Uil) –. Natale
e Santo Stefano sono le prossime chiusure obbligatorie: finalmente dopo anni di aperture
straordinarie, i lavoratori del commercio potranno passare con i propri cari le festività che da
sempre sono dedicate agli affetti familiari. La legge è in vigore ed è chiarissima, come segreterie
regionali ci aspettiamo che i Comuni svolgano il loro ruolo e vigilino sulla sua applicazione». Il
primo banco di prova della legge regionale, approvata l’8 aprile, cadeva il primo novembre. Ma a
Ognissanti, con una pioggia di domande di sospensiva (24 per l’esattezza), Bennet, Despar, Billa,
Pam Panorama, Limoni e La Gardenia avevano chiesto, e ottenuto, la revoca delle chiusure
obbligatorie arrivata sul filo di lana, il pomeriggio del 31 ottobre, attraverso un’ordinanza
presidenziale. I singoli marchi della Gdo avevano impugnato semplici comunicazioni inerenti le
chiusure diffuse dalle amministrazioni comunali. E già alla fine di novembre arriva la marcia
indietro del Tar che, depositando cinque ordinanze, blindava la norma regionale.
Pensionati in pressing sull’Inps per gli arretrati (Piccolo)
Un invito ai pensionati del Fvg affinchè si attivino con l’Inps per far valere i propri diritti,
chiedendo la rivalutazione integrale del proprio assegno pensionistico e il riconoscimento degli
importi arretrati. A rivolgerlo sono le segreterie Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil, scese in campo a
sostegno dei pensionati del Fvg colpiti dal decreto Monti-Fornero, che nel biennio 2012-2013
congelò la rivalutazione di tutti gli assegni superiori a 3 volte la pensione minima (1.405 euro nel
2011, oggi 1.500 euro lordi). Per poter rivendicare pienamente gli arretrati maturati, precisano le
sigle sindacali, i pensionati devono inviare una raccomandata alla sede Inps della propria provincia
entro il 31 dicembre 2016, chiedendo la rivalutazione integrale del proprio assegno e il
riconoscimento degli importi arretrati. Una procedura che dovrà essere seguita in Fvg da circa
150mila pensionati, pari al 40% del totale regionale. A loro i sindacati ricordano inoltre che sulla
materia dovrà nuovamente pronunciarsi la Corte Costituzionale, che già nel 2015 aveva decretato
l’illegittimità del “blocco”. La questione di incostituzionalità è stata sollevata dai sindacati
pensionati anche sul decreto 65/2015, approvato dopo la sentenza della Consulta, decreto che ha
riconosciuto rivalutazioni e arretrati in misura molto parziale rispetto a quelli che si sarebbero
ottenuti applicando i criteri di perequazione antecedenti al blocco. Questa la tesi su cui poggiano i
ricorsi pilota promossi a livello nazionale dai sindacati, i quali sconsigliano, invece, la strada dei
ricorsi in sede amministrativa nei confronti dell’Inps, «dal momento che l’istituto si limita ad
applicare, nel calcolo degli assegni, la legge vigente», spiegano i segretari regionali Ezio Medeot
(Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Uilp-Uil). Solo una nuova legge,
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conseguente a una nuova, eventuale “bocciatura” da parte della Corte Costituzionale, potrà stabilire
percentuali di rivalutazione più elevate e arretrati più ingenti.
Autovie Venete, nasce la Newco pubblica (Piccolo)
di Marco Ballico - La via per arrivare al rinnovo fino al 2038 della concessione sulla TriesteVenezia è quella della Newco, una società pubblica al 100% che avrà il compito di gestire e
realizzare le infrastrutture in capo ad Autovie Venete. A Roma la presidente del Fvg Debora
Serracchiani, il governatore del Veneto Luca Zaia e il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani
sottoscrivono il protocollo d'intesa per la costituzione del soggetto che consentirà tra l'altro di
completare la terza corsia in A4. Nel testo - precisato che la Newco, a maggioranza Fvg, si vedrà
affidare dal ministero delle Infrastrutture la concessione attualmente in capo ad Autovie (oltre alla
A4, la A23 Palmanova-Udine Sud, la A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano, la A57 tangenziale
di Mestre con competenza fino al Terraglio e la A34 Villesse Gorizia, per un totale di 210 km) - si
disciplina l'operazione impostata per evitare di andare a gara, come da regole europee. Alla
scadenza della convenzione, il 31 marzo prossimo, Autovie riceverà il pagamento di un indennizzo
pari al valore del capitale investito netto, a oggi stimabile in circa 350 milioni. L'operazione di
passaggio della concessione, informa una nota della Regione, avverrà nel rispetto del Dl 175/2016
(Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) e della direttiva Ue 23 del 2014
relativa all'aggiudicazione dei contratti di concessione tra enti che prevede il principio della libera
organizzazione dei servizi e delle attività di competenza della pubblica amministrazione. Da parte
dei tre firmatari si è aggiunto l'impegno a predisporre e presentare al ministero delle Infrastrutture e
Trasporti un nuovo Piano economico finanziario che, tramite autofinanziamento e mediante il
ricorso al mercato dei capitali, consenta alla neo concessionaria di avviare investimenti pari a circa
1,5 miliardi e di contenere gli incrementi tariffari entro il valore dell'inflazione programmata. Si
prevede che l'intero processo possa essere concluso entro il primo semestre del 2017. La firma,
definita da Serracchiani «ulteriore passo avanti per la continuità della realizzazione delle opere
autostradali e per il mantenimento di un asset importante per la gestione delle politiche della
mobilità nel territorio», arriva a poco meno di un anno dall'intesa del gennaio scorso tra ministero,
Fvg e Veneto con cui era stato prefigurato l'affidamento "in house" della concessione sui tratti
autostradali gestiti da Autovie. Da parte di Serracchiani c'è anche la convinzione che il percorso
favorirà «significative ricadute economiche finanziarie a beneficio delle casse della Regione, e
quindi dei cittadini. Proseguiamo il lavoro per mettere in definitiva sicurezza la realizzazione di
un'opera strategica per il Paese». Anche Zaia definisce l’accordo «fondamentale». E l'iniziativa
viene promossa dalla Filt-Cgil («Proroga indispensabile»), con l'appello però alla tutela dei
dipendenti di Autovie. Con il segretario regionale Valentino Lorelli e il coordinatore delle Rsu della
società Sasa Culev, la Filt chiede una Newco «solida, adeguatamente capitalizzata e fortemente
ancorata al territorio, con il controllo saldamente in mano della Regione e mantenendo intatto un
patrimonio organizzativo e professionale che va ulteriormente rafforzato per essere all'altezza delle
nuove necessità». E dunque, il passaggio del personale «deve avvenire tutelando l'occupazione e i
diritti acquisiti dei dipendenti con la previsione di una forte clausola sociale e contrattuale».
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Metalmeccanici, regione spaccata sul contratto (M. Veneto)
di Michela Zanutto - I metalmeccanici di Udine e Pordenone promuovono il contratto di
Finmeccanica, mentre Gorizia e Trieste lo bocciano. Dalla consultazione dei lavoratori esce una
regione divisa a metà, anche se i numeri premiano il Sì. I dati non tengono ancora conto di tutte le
realtà in cui i turni proseguono anche durante la notte e quindi i risultati ufficiali. Intanto si sa che in
Fincantieri (palazzo Marineria) ha vinto il No con il 53%, mentre all’Electrolux di Porcia il Sì con il
60%. Il segretario di categoria della Cisl, Sergio Drescig, preferisce non sbilanciarsi senza i dati in
mano, Gianpaolo Roccasalva della Cgil invece anticipa «i Sì di Udine e Pordenone. Con tutta
probabilità a Gorizia prevarranno i No. Trieste è ancora un grande punto di domanda». Ezio Tesan,
il coordinatore della Uilm, fa un focus su Pordenone «c’è un’affluenza contenuta fra il 60% e il
70% degli aventi diritto, ma è un dato ancora progressivo. Ha scelto il Sì l’85% dei votanti». Il
nuovo contratto segna l’ingresso a pieno titolo del welfare nel salario, attraverso la sanità
integrativa che fa nascere un colosso di categoria, ma anche attraverso i flexible benefits, in
sostanza dei buoni-spesa che possono andare dall’asilo nido ai libri di scuola, un carrello di benefici
che in sede aziendale si concorderà come riempire. E poi l’introduzione di 24 ore di formazione per
tutti, in tutte le aziende, nei prossimi tre anni e la riapertura, dopo gli accordi degli anni ’70, del
capitolo dell’inquadramento professionale. Il numero magico è 92 come l’aumento medio mensile
complessivo che si ha mettendo insieme le varie voci del nuovo contratto: l’adeguamento ai prezzi
(indice Ipca, depurato dell’inflazione importata dalle variazioni dei prezzi energetici) peserà a
regime 51 euro lordi, il resto sarà dato nei già citati flexible benefits e in sanità e previdenza
integrative. In particolare: ogni dipendente avrà 450 euro in tre anni in buoni-spesa per il welfare,
con forme e modi che saranno decisi azienda per azienda e tutti i metalmeccanici con i loro
familiari a carico saranno iscritti a un fondo di assistenza sanitaria integrativa.
Cassa integrazione anticipata. Ok dalle Bcc anche per il 2017 (M. Veneto)
È stata firmata ieri, alla presenza dell’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, la proroga
per tutto il 2017 al protocollo d’intesa tra Regione, Federazione regionale delle Bcc e parti sociali
relativamente all’anticipazione dei trattamenti per le sospensioni o riduzioni di orario con ricorso
alla Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) o straordinaria (Cigs), anche a seguito della
sottoscrizione di contratti di solidarietà difensivi. Questa opportunità offerta ai lavoratori del Fvg di
beneficiare in tempi rapidi dell’ammortizzatore sociale, come ha sottolineato Panariti, rappresenta
per le famiglie un sostegno importante nei casi in cui i datori di lavoro non sono in grado di
anticipare i trattamenti di cassa integrazione. «Nella prospettiva di un cambiamento a breve degli
strumenti di ammortizzazione sociale – ha spiegato – ritengo importante che questa collaborazione
con le Bcc nel futuro possa trovare altre declinazioni». Il primo protocollo di intesa, come ha
ricordato il presidente della federazione regionale delle Bcc, Giuseppe Graffi Brunoro, è stato
sottoscritto nel 2009 con l’obiettivo di sostenere i lavoratori e le imprese nelle situazioni di crisi
attraverso l’anticipo del trattamento di integrazione salariale previsto dalla Cigo. L’anno successivo
l’accordo è stato esteso anche ai trattamenti di Cigs a fronte della sottoscrizione di contratti di
solidarietà difensivi con richiesta di pagamento diretto del trattamento salariale da parte dell’Inps.
Nel corso del 2015 sono stati 350 i lavoratori che hanno beneficiato dell’anticipo attraverso le Bcc.
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Allarme dell’Usb dopo la gara: «Non penalizzare il personale» (M. Veneto)
L’Unione sindacale di base (Usb) esprime preoccupazione per il futuro dei dipendenti del sistema di
trasporto pubblico locale del Fvg dopo l’aggiudicazione, provvisoria, del servizio alla società Scarl
Tpl Fvg. «Tenuto conto – si legge in una nota del sindacato – che in fase di gara le aziende avevano
già dichiarato un esubero complessivo di 600 lavoratori – pari a un dipendente su tre in molti ora si
stanno chiedono cosa potrà cambiare con l’arrivo del gestore unico. Anche l’Usb sta riflettendo su
cosa potrà accadere d’ora in poi nei confronti del servizio, dell’utenza, ma soprattutto dei lavoratori
del trasporto pubblico regionale. Non è certo un caso che la nuova Scarl Tpl Fvg abbia dichiarato di
essere pronta a iniziare l’attività già a partire da giugno, in modo tale da riuscire ad “armonizzare” e
“razionalizzare” l’offerta del servizio, ma soprattutto in modo da modificare anche – in modo
unilaterale – gli accordi sindacali che finora avevano regolato le turnazioni e l’orario di lavoro del
personale di guida».
La piaga del sovraffollamento nelle carceri (Piccolo)
Le cimici dei letti che infestavano il carcere di Trieste sono state debellate. O quasi. È questo l’esito
della visita organizzata ieri presso il Coroneo, alla presenza di due rappresentanti dell'Osservatorio
nazionale carcere dell'Unione camere penali italiane, accompagnati dal garante regionale per i diritti
dei detenuti, Pino Roveredo, e dal consigliere regionale Giulio Lauri (Sel). L’avvocato Riccardo
Polidoro, responsabile dell’Osservatorio, spiega che «il comandante della struttura ci ha detto che il
problema è stato risolto con due impegnativi interventi di disinfestazione e sostituendo interamente
materassi e letti». Polidoro riconosce tuttavia che «alcuni detenuti dicono che le cimici sono
ricomparse, ma l'autorità carceraria utilizza apparecchiature disinfettanti al vapore per questi casi
specifici. Continueremo a monitorare». Il risultato della visita presenta «lati positivi ma anche
molto negativi», continua Polidoro, che evidenzia «una situazione non drammatica dal punto di
vista strutturale e organizzativo, ma anche l’assenza di un direttore da cinque anni e un
sovraffollamento notevole: ci sono 201 detenuti ma la capienza si ferma a 139». Altro elemento
problematico è «la mancanza assoluta di mediatori culturali che aiutino i 128 detenuti stranieri.
Bisognerebbe anche prevedere una stanza per la socialità, che c'è in molte carceri, ma non a
Trieste». Le ultime note dell'Osservatorio arrivano dall'avvocato Giuseppe Cherubino: «Al Coroneo
ci sono 58 detenuti in attesa di giudizio di primo grado e altri 29 in attesa dei gradi successivi. Una
percentuale superiore a quella italiana, in un paese che si connota generalmente per l'utilizzo
smodato della custodia cautelare. Se l'attesa del giudizio non fosse trascorsa in carcere, si potrebbe
ridimensionare di molto il problema della carenza endemica di personale». La questione è ripresa
anche da Roveredo: «Il personale è sempre sotto organico: al Coroneo ci sono 4 educatori per 200
detenuti e mancano direttore e vicedirettore. Il carcere triestino resta comunque il meno disumano
della regione, dove ci sarebbero strutture da chiudere e sotterrare per il mancato rispetto delle
persone. E così i carcerati escono e tornano a delinquere». A questo proposito Lauri rivendica
l'impegno della giunta regionale: «Nel 2016 la Regione ha stanziato 1,5 milioni del Fondo sociale
europeo per organizzare 37 corsi di formazione per oltre 400 detenuti: 9 a Trieste, 5 a Udine, 5 a
Pordenone, 4 a Gorizia e 14 a Tolmezzo». I corsi hanno riguardato tecniche di pulizia,
manutenzioni edilizie, falegnameria, orticoltura, agricoltura bio, trasformazione di prodotti agricoli,
manicure e pedicure. Lauri sottolinea: «Chi partecipa a queste attività non torna a delinquere nel
90% dei casi. I corsi sono una delle leve principali per costruire una società più sicura». (d.d.a)
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Malattia “blinda” Panontin e sposa la linea Serracchiani (Piccolo)
di Marco Ballico - L'assessore dimezzato? Giusto così, dice il presidente dei Cittadini Bruno
Malattia, soddisfatto che Paolo Panontin, pur privato delle deleghe del Provveditorato e del
Personale, sia ancora un componente della giunta Serracchiani e non sia invece stato sacrificato
sull’altare del giustizialismo. Tanto più che l'assessore coinvolto nell'inchiesta della Procura di
Trieste su un presunto utilizzo illecito dell'auto blu «non ha tratto alcun vantaggio» dalla vicenda.
Malattia, come giudica la decisione della presidente Serracchiani di sospendere le deleghe a
Panontin? È stata una decisione equilibrata e in linea con la policy che la maggioranza si era data.
Finalmente si va diffondendo la convinzione che non sempre l'iniziativa e l'opinione di una
procuratore della Repubblica corrispondono alla verità. I fatti devono essere accertati da un giudice
terzo nel confronto con la difesa. Ricordo che quasi la metà dei processi si conclude con
l'assoluzione e che per troppo tempo i partiti che fiancheggiavano la magistratura avevano adottato
il principio che bastava un avviso di garanzia per escludere un amministratore dalle sue funzioni.
Persino i grillini si stanno ravvedendo. Credo che ogni situazione vada valutata nel merito e nel
nostro caso vi è stata convergenza di opinioni con la presidente. Che cosa non vi convince
dell'indagine? Sarà la difesa dell’assessore a formulare le dovute contestazioni. Quello che ci ha
impressionato è che probabilmente non si sia tenuto conto delle regole che disciplinavano l'utilizzo
delle vetture di rappresentanza e che si sia disposta l'applicazione di localizzatori satellitari sulle
vetture della giunta. La pubblica amministrazione è nel mirino del potere giudiziario? Credo che la
magistratura svolga il suo compito con imparzialità e debba essere rispettata, anche se non può
considerarsi depositaria esclusiva della verità e indenne da errori. Non per nulla il nostro
ordinamento prevede tre gradi di giudizio e molte sentenze, anche in processi di grande rilevanza
mediatica, sono state travolte e sconfessate in appello o dalla Cassazione. La politica è stata spesso,
e lo è in parte ancora, subalterna sia per le troppe devianze di rilievo penale dei suoi esponenti sia
perché, più in passato ma anche al presente, alcune forze politiche hanno interesse a fare il tifo per
le Procure o per i giudici quando a essere perseguiti sono gli avversari. Nel caso specifico, ammette
qualche leggerezza dell'assessore? Non sono io l'avvocato difensore di Panontin, né il suo giudice.
Dalla lettura degli atti posso dire che l’assessore non ha tratto alcun profitto e che i fatti che gli
vengono contestati escludono vantaggi di qualsiasi natura. Si arrivasse al rinvio a giudizio, che
posizione prenderete? Saremo coerenti con la policy adottata dall’amministrazione regionale.
Parrebbe, ma non ho approfondito il tema, che i reati contestati all'assessore non rientrino tra quelli
che determinano senz’altro l’esclusione. Nel caso di un’uscita di Panontin dalla giunta, la vostra
proposta sarà di nominare assessore il capogruppo Paviotti? Non è un problema all’ordine del
giorno né si tratta di una decisione a breve scadenza. Attendiamo l'udienza preliminare. In questi tre
anni e mezzo di legislatura com'è stato il rapporto con la presidente e con gli alleati? Generalmente
buono, a volte non idilliaco. Con il libro bianco siete stati gli antesignani delle trasparenza. I valori
dei Cittadini di dieci anni fa sono rimasti immutati? Si. Anche se nel confronto che si determina
negli organi elettivi, continua a essere difficile vincere certe resistenze al cambiamento. Dobbiamo
tenere conto dei numeri, ma spero che, riprendendo una nostra vecchia battaglia, si riesca
finalmente a fare approvare la legge che limita a due il limite dei mandati dei consiglieri regionali.
Ritiene che Serracchiani debba sciogliere le riserve in vista del 2018? Siete disposti a sostenerla in
un secondo mandato? Non è corretto chiedere alla presidente di prendere ora decisioni sul suo
futuro, quando per tutti il futuro è incerto. Senza alcun dubbio la sosterremo se si ricandiderà. È una
persona che ha molte qualità e la sua proiezione nazionale ha giovato e non può che giovare alla
regione. Nel caso in cui il candidato fosse invece Bolzonello, la vostra posizione quale sarà? Se
toccherà a Sergio, una volta condiviso il programma lo appoggeremo con convinzione.
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CRONACHE LOCALI
Supplenze congelate per duecento insegnanti (M. Veneto Udine)
di Michela Zanutto - Supplenze congelate e rimandate le convocazioni che ieri avrebbero dovuto
immettere in ruolo centinaia di insegnanti. Il motivo? Troppi errori nelle graduatorie. E nella scuola
polo di via Leicht, la Percoto, sono intervenuti anche i carabinieri per mantenere la situazione sotto
controllo. «Questo tipo di convocazioni di solito avviene a settembre – spiega Mauro Grisi,
segretario provinciale dello Snals –. Invece, per effetto del continuo inserimento di candidati
diplomati alle scuole magistrali prima del 2001 da parte del tribunale del Lavoro e del Consiglio di
Stato, siamo arrivati a Natale e andremo oltre». Ieri, infatti, scorrendo le graduatorie compilate
dall’Ufficio scolastico provinciale, in molto hanno notato degli errori, sia in termini di punteggio sia
aventi diritto che non comparivano nell’elenco. E allora i sindacati hanno preferito, insieme all’Usr,
concedere una proroga fino alla fine di gennaio o ai primi di febbraio per evitare altri ricorsi. Ma
non tutti gli aspiranti insegnanti erano d’accordo. Molti speravano di firmare finalmente un
contratto, seppure nella metà dei casi fino al 30 agosto. Nel frattempo le scuole hanno coperto i
posti rimasti vacanti con le nomine cosiddette “fino all’avente diritto”. «Chi ha avuto una sentenza
definitiva è già entrato in ruolo – precisa Grisi –, ma ci sono sentenze arrivate tra ottobre e
novembre e quindi la graduatoria non è aggiornata». Per avere contezza della portata del fenomeno,
nelle graduatorie relative alla scuola primaria della sola provincia di Udine, sono state inserite 200
persone (per effetto della Buona scuola la graduatoria era praticamente a zero). Considerati gli
errori, «tutte le sigle sindacali hanno responsabilmente condiviso di sospendere le nomine e rinviare
l’intera procedura alla fine di gennaio o agli inizi di febbraio per dare maggiore controllo sulla
regolarità delle operazioni – sottolinea Grisi –. Queste operazioni erano destinate a immettere in
ruolo un centinaio di persone e firmare contratti a tempo determinato per altrettanti». In questa
battuta d’arresto la «Buona scuola» esce indenne, secondo lo Snals (di solito poco benevola con il
provvedimento). Perché a causare l’impasse sono gli inserimenti dei diplomati magistrali ante 2001.
«Quando nacquero le graduatorie a esaurimento nel 2000 molti non accettarono l’idea di entrare per
concorso o con una laurea in Scienze della formazione, perché già in possesso di un titolo abilitante
del diploma magistrale – ricorda Grisi –. Dopo dodici anni di contenziosi, due anni fa il Consiglio
di Stato ha dato loro ragione confermando che il titolo era abilitante, quindi c’è chi ha fatto ricorso
per entrare nelle Gae. Un grosso problema per chi ha seguito la strada ordinaria che si vede
affiancare o sorpassare da un popolo che dal 2014 a livello Paese ha sfornato un milione di
diplomati. Oggi la maggior parte dei “nuovi ingressi” viene dalle scuole private o si reinventa una
carriera dopo avere perso il lavoro». Di opinione diversa l’Flc Cgil: «Quanto accaduto nella nostra
provincia è solo l’ultimo di una lunga serie di clamorosi e prevedibili insuccessi originati dalla
Buona scuola – attacca Massimo Gargiulo –. Ad anno scolastico ben inoltrato, non solo la scuola
non guarisce dalla “supplentite”, ma si assiste allo smisurato aumento di ansia e incertezza.
L’apparato amministrativo provinciale è dotato di organico insufficiente e in costante riduzione, e
ha dimostrato, senza alcuna responsabilità dei funzionari addetti, di non poter reggere il volume di
lavoro».
La Flc-Cgil: concorsi subito per i problemi delle reggenze
«Gli accorpamenti proposti dagli enti locali avrebbero l’unico effetto di aggravare la situazione».
Nei giorni scorsi si è svolto il consueto incontro sul dimensionamento scolastico proposto dalla
Regione dopo la valutazione delle richieste dei Comuni e delle Province. La Flc-Cgil ha apprezzato
che non siano state accolte le richieste di accorpamento proposte da alcuni Comuni per superare il
problema delle reggenze, 22 in provincia. «Non sarebbe il modo corretto di affrontare la questione,
perché finirebbe per caricare i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi amministrativi di un
aggravio di lavoro, peraltro gratuito (perderebbero infatti anche l’indennità di reggenza attualmente
riconosciuta). Non solo, la soluzione proposta da Comuni e Province determinerebbe ulteriori,
drastici tagli sul personale Ata, che nelle nostre scuole, come segnalato varie volte sia dai sindacati
che dai dirigenti scolastici, risulta già insufficiente». «Quello che abbbiamo chiesto all’assessore
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regionale e ai rappresentanti degli enti locali è di fare fronte comune per sollecitare il ministero e il
Governo a emanare in tempi rapidi urgente il bando di concorso per i dirigenti scolastici e per i
direttori dei servizi, fermi da 5 anni il primo e addirittura da 20 il secondo. Questo è l’unico modo
per superare la drammatica situazione delle reggenze nelle scuole, fornendo alle stesse un dirigente
titolare, condizione fondamentale per valorizzare l’istituzione scolastica nel territorio e sviluppare
un’offerta formativa di qualità, come giustamente pretendono gli amministratori locali per i propri
cittadini». (m.z.)
Il 79 per cento dei genitori ha scelto il friulano in classe
testo non disponibile
Ed impianti riprende l’attività. Riassorbiti 20 dipendenti su 33 (M. Veneto Udine)
di Lucia Aviani - È salva la Ed impianti di Cividale, storica realtà imprenditoriale che eroga servizi
nel campo dell’impiantistica e che lo scorso aprile si era vista costretta a cercare la via del subentro
causa pesanti problemi di liquidità. L’operazione è andata a buon fine grazie alla recentissima
stipula del contratto d’affitto di ramo d’azienda: a gestire la fabbrica, che ha cambiato il proprio
nome in Ed impianti costruzioni tecnologiche, è ora la Ranzato impianti tecnologici, sede centrale a
Padova e una fitta rete di collaborazioni nel nord e centro Italia (tra Friuli, Veneto, Lombardia e
Lazio), nonché con l’Ungheria. Il processo di cambio della guardia, che ha confermato quasi tutti i
rami operativi della vecchia Ed (settore elettrico, cioè, idraulico, edile e manutentivo; è venuto
meno solo il comparto lavori Enel), è sfociato nel riassorbimento di 20 dipendenti sui 33 rimasti.
Una percentuale della precedente forza lavoro, pari a circa 40 unità, si era infatti licenziata,
nell’incertezza della situazione per proseguire la propria esperienza lavorativa altrove. I programmi
del nuovo corso gestionale, però, sono di crescita e puntano dunque a potenziare la pianta organica.
«Si riparte facendo leva sulla forza della Ranzato impianti – dichiara l’amministratore unico
Antonio Ranzato – e sulla solidità professionale della Ed impianti, che conta su figure altamente
specializzate. La nostra filosofia si può riassumere nel seguente slogan: 95% friulano. Ciò significa
che l’obiettivo è far sì che dipendenti e fornitori siano, nella stragrande maggioranza, della zona.
Possiamo contare su uno zoccolo duro di comprovata professionalità. Per consolidare e rilanciare la
produzione investiremo nei rami tecnico e cantieristico. Lo scopo è arrivare nel giro di due anni a 6,
addirittura 8 milioni di fatturato, circostanza che permetterebbe di riportare il personale alla quota
originaria». Il mercato sarà prevalentemente regionale, con sconfinamenti in primis verso la
Lombardia, dove come accennato la Ranzato ha agganci solidi. E visto che lo stesso vale per
l’Ungheria, i progetti di medio-lungo periodo guardano anche in tale direzione. La crisi della Ed
impianti era scoppiata, si diceva, la scorsa primavera quando la vecchia proprietà si era vista
costretta a correre ai ripari per le citate carenze di liquidità, nonostante il parco clienti e il numero di
commesse continuassero a essere più che soddisfacenti. Appena un anno prima, fra l’altro, la ditta
cividalese era stata interessata da un’importante opera di ammodernamento e ristrutturazione, messa
in atto per garantirle maggiore competitività sul mercato.
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Il Catas ripartirà da un capannone sfitto (M. Veneto Udine)
di Davide Vicedomini - Ci vorrà un anno e mezzo prima che il Catas rinasca dalle macerie. Un
centinaio i macchinari persi nel rogo che ha raso al suolo la sala collaudi e prove del polo del legno.
I danni ammontano, secondo una prima stima, a 2 milioni di euro. «Ma non tutto è perduto – dice il
fondatore e amministratore delegato dell’ente di certificazione dell’arredo, Angelo Speranza –.
Anzi, vogliamo ripartire il prima possibile». Ieri, nel corso di un consiglio d’amministrazione
straordinario durato due ore, sono stati messi a punto i passaggi della ricostruzione. Parte del lavoro
sarà trasferito in un capannone finora sfitto «ma in ottime condizioni», precisa Speranza, non
distante da dove oggi c’è la sede del Catas. «Lì andremo a sistemarci – spiega –, in attesa di tornare
a casa nostra». Nel frattempo si attende che la Procura dissequestri l’area. «Quando saranno chiarite
le cause del rogo e tolti i nastri dallo stabilimento smasseremo i materiali, lo ripuliremo e avvieremo
i lavori di rifacimento dello stabile». L’obiettivo è dare un segnale positivo ai 1.200 clienti, la gran
parte dei quali sparsi per il mondo. «Vedremo di accelerare i tempi – aggiunge l’ad –. È stato un
brutto colpo, ma come mi ha spiegato un vecchio presidente in situazioni di tal genere le cose si
possono risolvere se si hanno finanziamenti e personale in gamba. E noi abbiamo entrambe le
cose». A proposito dei dipendenti, la dirigenza era stata chiara fin dall’inizio. «Nessuno resterà a
casa». E così sarà. «Parte del personale (4 impiegati) ha accettato il trasferimento a Lissone dove
abbiamo la nostra seconda sede – spiega il presidente Bernardino Ceccarelli –. Gli altri, invece,
saranno impiegati in altri reparti. Lavoro ce n’è, tanto che avevamo anche pensato di assumere altro
personale nel breve periodo». C’è poi la questione tecnologica, che riguarda macchinari e robot. Dei
10 robot andati distrutti, 3 arriveranno dal Giappone attraverso un fornitore del Manzanese e nella
prima decade di gennaio entreranno in funzione. «Per il resto delle attrezzature ci stiamo dando da
fare contattando imprenditori e artigiani del luogo – dice Speranza –. Ci affidiamo a loro perchè
sono di nostra progettazione». Allo sgomento e alla disperazione iniziale per il disastro che ha
colpito il polo del legno sono seguiti gli attestati di stima nei confronti dell’ente. In sole 24 ore si è
messa in moto la macchina della solidarietà. «Molti clienti – conclude Speranza – ci hanno detto di
non mollare. Alcuni addirittura erano pronti a fornirci i loro macchinari per poter subito ripartire. In
questa battaglia per ricostruire non siamo soli». «Dobbiamo fare i buoni friulani – continua a dire
Ceccarelli –, con lo spirito che ci contraddistingue: ricostruire prima possibile».
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Scontro tra studenti e preside sullo sciopero al Malignani (M. Veneto Udine)
di Elisa Michellut - Pugno di ferro del dirigente scolastico, Aldo Durì, all’Iti Malignani, dove, dopo
tre giorni di sciopero degli studenti, il clima è teso. Tutto è cominciato venerdì, quando una finestra
che pesa 70 chili è piombata su un banco, per fortuna vuoto. Ieri, alcuni ragazzi si sono presentati a
scuola con l’intenzione di proseguire lo sciopero. Durissima la reazione del preside, che ha emanato
una circolare. «Ogni ulteriore immotivata astensione dalle lezioni – recita il documento – sarà
oggetto di severi provvedimenti disciplinari». Molti studenti, a quel punto, sono entrati. Altri stanno
meditando di proseguire la protesta. «Abbiamo protestato – spiegano i ragazzi – per ottenere una
garanzia sulla sicurezza nell’ambiente scolastico. Su consiglio dei professori ci siamo recati in
piazza in modo da diffondere la voce a livello più ampio. È stato ottenuto un incontro in Comune.
Avevamo chiesto una carta per verificare la sicurezza dell’edificio ma non ci è stata fornita». Gli
studenti spiegano che, al termine del consiglio d’istituto, era stato deciso che tutte le aule sarebbero
state controllate. «Questa mattina (ieri, per chi legge, ndr) – precisano i ragazzi – alcuni studenti
hanno scelto di tenere le lezioni in giardino. Siamo stati minacciati dal preside, verbalmente e in
forma scritta. Dopo il rifiuto di rientrare è stata chiamata la Polizia. A quel punto siamo entrati
senza ottenere ciò per cui ci siamo battuti». Il preside ribadisce la linea dura. «Quando, lunedì, i
ragazzi si sono recati in corteo in piazza, disciplinati e determinati – commenta Durì – mi è
sembrato di tornare indietro di qualche decina d’anni. Si sono comportati da cittadini consapevoli e
ho condiviso la loro decisione. Il giorno dopo, invece, la delusione. Si sono presentati a una
riunione istituzionale assieme a una persona che si è vantata d'essere esperta in sicurezza. Hanno
chiesto un’attestazione stravagante, in cui dovrei affermare che la scuola è sicura. Ho risposto che
se la loro incolumità fosse in pericolo la scuola l’avrei chiusa d’autorità. La sera, al consiglio, hanno
presentato una serie di segnalazioni relative a presunte criticità esistenti, che non chiamano in causa
la sicurezza ma banali manutenzioni». Il preside ha inviato tutto alla Provincia. «Oggi (ieri, ndr) aggiunge Durì - hanno preteso di effettuare un sopralluogo prima di entrare. Ho risposto che se
vogliono fare vacanza non occorre prendere a pretesto argomenti seri come la sicurezza e che, visto
l'impegno disatteso di rientrare in classe, non parlo più con loro. Ho annunciato provvedimenti
disciplinari. Mentre accadeva tutto questo si sono presentati a scuola due ufficiali della polizia per
una lezione sulla sicurezza, già concordata. Alla loro vista tutti sono entrati a scuola e l’attività
didattica si è svolta regolarmente».
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Ospedale, nel 2017 il robot chirurgico e 99 nuovi assunti (M. Veneto Pordenone)
di Donatella Schettini - Primo passaggio ieri pomeriggio per il Pal, il piano di attuazione locale
della Azienda per l’assistenza sanitaria che rappresenta di fatto il programma di attività per il 201. Il
documento – si tratta del primo passo nell’iter per l’approvazione – è stato presentato dal direttore
generale Giorgio Simon ai sindacati. Un piano che può contare su risorse pari a 483 milioni 922
mila 634 euro (lo scorso anno erano 466 milioni a cui se ne sono aggiunti 12) e incremento del
personale di 99 unità in un anno. Tra le aree di sviluppo dal piano per il 2017 c’è anche la chirurgia
robotica, programma annunciato nei mesi scorsi e che ora si trova scritto nero su bianco nel
documento. Le altre aree di intervento sono quelle delle cure primarie, con le strutture intermedie,
progetti che riguardano anziani e giovani, la cura dell’occhio, la rete per la defibrillazione precoce,
il consolidamento delle funzioni ospedaliere con particolare attenzione all’attività vascolare,
sviluppo del rapporto con i cittadini e politiche per la disabilità. Ci sono poi le progettualità
aziendali tra cui la trasmissione on line dei referti degli esami di laboratorio. Per quanto riguarda il
piano degli investimenti, alla Aas 5 sono state assegnate risorse in conto capitale per un ammontare
di 3 milioni di euro e sulla base della somma è stato redatto il piano che prevede interventi edili
impiantistici e quelli per acquisizioni di beni o servizi. Per Pordenone, in attesa della realizzazione
del nuovo ospedale e della cittadella della salute, si prevedono opere di messa a norma e messa in
sicurezza con manutenzione straordinaria dell’esistente. Nel capitolo dei beni mobili e tecnologici
figurano anche una serie di apparecchiature dai defibrillatori a elettrocardiografi fino ad ausili per
malati e invalidi. E poi il robot chirurgico che comporterà una riorganizzazione dell'attività. In
arrivo una serie di primari per concorsi banditi già nel 2016, mentre nel 2017 si renderanno vacanti
il direttore delle strutture complesse di medicina, pronto soccorso e urologia all'ospedale di
Pordenone e si procederà a sostituire gli incarichi vacanti da tempo. Annunciato anche un aumento
di personale, pur nei limiti consentiti dalla legge, che il sindacato attende di vedere: «Sul personale
ci sono dei segnali positivi – afferma Pierluigi Benvenuto della Cgil – ma attendiamo di vederli
tradotti concretamente». I sindacati hanno giudicato positivamente il progetto di informare il
personale dei progetti aziendali.
Electrolux Porcia, il 60% dice sì al contratto (Gazzettino Pordenone)
(d.l.) La fabbrica Electrolux di Porcia fabbrica simbolo in provincia, fin dai tempi della Zanussi, per
le prove contrattuali nel settore metalmeccanico ha detto sì al contratto nazionale di categoria
siglato alla fine di novembre daFedermeccanica e sindacati.Tra i 1.339 dipendenti presenti al lavoro
(sui 1.527 inorganico) hanno votato in575, 544 operai e solo 31 (sui548) impiegati. Il sì ha prevalso
con 344 voti, mentre in226 hanno detto no all’ipotesi del nuovo accordo: 4 schede nulle e una
bianca. Il sì ha toccato quasi il 60 per cento dei voti, il no è rimasto al 40 per cento. Una sfida che
ha visto un esito diverso nelle fabbriche del gruppo Electrolux: con una “sonora” bocciatura
dell’intesa negli stabilimenti di Susegana e con l’84 per cento dei contrari nella fabbrica di Forlì.
Una situazione eterogenea che probabilmente aprirà qualche discussione a livello di coordinamento
sindacale nazionale del gruppo. Il sì al contratto è stato registrato anche in altre importanti fabbriche
del gruppo come la Savio e la Moro. Il punto sarà fatto oggi dalle segreterie di Fim, Fiom e
Uilm.Intanto all’Electrolux Professional dovrebbe risolversi nei prossimi giorni il problema legato
agli stipendi arretrati (settembre e ottobre) di una quindicina dilavoratori interinali che avevano
lavorato in somministrazione con l’agenzia Trenkwalder. L’agenzia, dichiarata fallita lo scorso 7
dicembre dal tribunale di Modena, non era stata in grado negli ultimi mesi di pagare i lavoratori:
somme per le quali le norme prevedono l’intervento in solido delle imprese utilizzatrici. Electrolux
Professional si era attivata già da tempo con la curatela fallimentare per poter pagare gli arretrati.
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Sigma Re, si tratta sui dipendenti (Gazzettino Pordenone)
Il Gruppo Sassoli è disponibile ad investire risorse nello stabilimento di Aviano della Sigma Re, a
patto che si trovi un accordo per la ristrutturazione della compagine degli addetti con una
concertazione che veda al tavolo le organizzazioni sindacali e le maestranze. In pratica di discute
sul numero dei dipendenti. Lo ha affermato, ieri mattina, il presidente e fondatore Andrea Sassoli
incontrando, in municipio, la Giunta municipale guidata dal vice sindaco Sandrino Della Puppa.
Sarà proprio il Comune ad assumere la regia della non semplice contrattazione, con l'obiettivo
finale di salvaguardare l'occupazione e rilanciare il sito produttivo, da anni in crisi. In questo
momento, la cinquantina di dipendenti di Aviano, altri quaranta sono stati licenziati negli ultimi
anni, è in regime di solidarietà, con una rotazione sul posto di lavoro di una trentina di addetti,
sufficienti a far fronte alle commesse.
«C'è cauto ottimismo - è il commento degli esponenti dell'esecutivo municipale -: abbiamo
registrato l'apertura della proprietà ad una vertenza con il personale, nel quale noi faremo da
mediatori. Per questo motivo, intendiamo incontrare sindacati e lavoratori possibilmente già la
prossima settimana, per non perdere tempo. In realtà, l'ammortizzatore sociale è valido ancora per il
primo semestre del 2017 ma è d'obbligo individuare quanto prima la soluzione che possa ambire al
rilancio della produzione e alla salvaguardia dell'occupazione». Della Puppa e l'assessore alle
Attività produttive Carlo Tassan Viol hanno anche confermato la possibilità che il gruppo Sassoli
dia corso ad investimenti specifici su Aviano: «Chiedono, però, che ci sia un percorso condiviso
con gli addetti - hanno concluso i due membri della Giunta - così da poter ipotizzare un piano di più
lungo respiro, di cui non ci sono stati illustrati i contenuti». Sigma Re opera nel settore
dell'automotive e delle macchinette del caffè e da mesi sarebbero in rampa di lancio dei nuovi
prototipi su cui si punta per garantire un futuro più sereno ai lavoratori. L.P.
Domovip, cresce il fatturato. Assunzioni e nuove filiali (M. Veneto Pordenone)
Crescita del fatturato sul consegnato del 15 percento e sul venduto del 45 percento. Sono i numeri
2016 del gruppo Domovip (www.domovip-europa.it: Domovip Italia è nata nel 1984, nel 1989 si è
trasferita nella nuova sede di Pordenone) guidato dall’imprenditore avianese Bruno Carraro. I
numeri sono stati forniti domenica nel corso del congresso annuale della società, organizzato a
Bibione. «Anche se l’Italia è in recessione e continuano a chiudere aziende, in provincia di
Pordenone una ogni quattro giorni, noi abbiamo incrementato il fatturato». Secondo Carraro, a
contribuire a questa crescita hanno pesato anche gli incentivi del governo sulla casa e sulle energie
alternative. «Nel 2016 abbiamo proceduto ad alcune assunzioni e s’è rinnovato il parco veicoli, con
cinque nuovi furgoni per le consegne e l’assistenza dei clienti» evidenzia. Non solo: la società ha
aperto filiali a Novara e Codroipo e ha rafforzato lo staff con le quote rosa (Luisa De Rosa). Tra i
nuovi ingressi in azienda anche la figlia di Carraro, Laura, con laurea in marketing aziendale, la
quale ha illustrato uno studio sulla vendita diretta da cui è emerso che per una acquisto importante
la persona non si affida a internet, ma spesso preferisce un tecnico commerciale nella propria
abitazione. L’assemblea ha eletto direttore Fabio Comisso, mentre miglior venditore dell’anno è
risultato Manuel Rusalen, già detentore del record da tempo. «Nei prossimi anni – ha previsto o
Carraro – il fatturato sarà in crescita». A sostegno di questa tesi gli aspetti legati alla sicurezza, con
un incremento della richiesta di sistemi antintrusione. Oltretutto gli incentivi fiscali abbinati a quelli
del territorio per la salvaguardia della sicurezza delle abitazioni saranno prorogati nel 2017. Altro
settore in espansione è quello legato alle energie alternative, come pannelli fotovoltaici, solari,
caldaie a condensazione, ma anche auto elettriche. Donatella Schettini
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L’Itis aumenta le rette. Balzo di 365 euro l’anno (Piccolo Trieste)
di Gianpaolo Sarti - Quanto vale un euro? Un paio di pacchi di pasta al discount. Un litro di latte.
Qualche pagnotta. E 365 euro? L’assicurazione della macchina, forse. O una mezza vacanza. Due
conti in tasca dovranno pur farli le famiglie degli anziani ospitati all'Itis, ora che i vertici della
storica casa di riposo triestina hanno deciso di alzare le rette: a partire da gennaio i 411 residenti
dovranno pagare 1 euro in più al giorno. Sono 30 euro al mese, 365 l'anno. Una somma che andrà a
pesare sulle tariffe mensili che viaggiano tra i 1.700 e i 2.100 euro. Un pacco dono sotto l’albero.
Con tanto di fiocco: il consiglio di amministrazione dell’istituto ha scartato l’idea di tagliarsi gli
stipendi. Una possibilità, questa, che probabilmente avrebbe evitato gli aumenti a carico degli
utenti. La presidente Erica Mastrociani, che era pronta a dimezzare le indennità, ma che alla conta
dei voti è finita in minoranza rispetto alle scelte dei colleghi del cda, ha già preparato una lettera
aperta sulla vicenda tariffe. L’episodio si è verificato l’altro ieri. Ma perché l'Itis ha avuto bisogno
di ritoccare le quote? Per non intaccare i servizi. Il fatto però si lega a doppio filo con un’altra
questione, venuta a galla pubblicamente alcune settimane fa sulle pagine del Piccolo: i contributi
regionali che l'istituto riceve attraverso l’Asuits per le spese di infermieri, fisioterapisti e farmaci.
La casa di riposo, analogamente ad altre realtà che a Trieste si occupano di anziani non
autosufficienti, beneficia di fondi inferiori che a Gorizia, Udine e Pordenone: 4 euro in meno al
giorno a persona. Ciò incide sul bilancio e, in definitiva, sulle rette che l’istituto domanda
all'utenza: tirando le somme, proprio a causa di quella differenza, i triestini sborsano 1.500 euro in
più all'anno che nel resto del Fvg. Ora se ne aggiungono ulteriori 365. Il tema è piombato sul tavolo
del consiglio di amministrazione, alle prese con il bilancio di previsione per il 2017. Per far
quadrare i conti alla fine l’istituto ha optato per gli aumenti. «Si evidenzia che il pareggio di
bilancio (a quota 31.133.526 euro, ndr) è raggiunto applicando un incremento dell'importo di euro
1,00 al giorno», recita il documento. È stato Claudio Ernè, componente del cda in qualità di
rappresentante delle famiglie (ma il cui voto ha solo valore consultivo), a proporre l’alternativa
della riduzione delle indennità, in modo da non gravare sugli ospiti. Sono i 2.526 euro lordi
percepiti dalla presidente Mastrociani, i 1.263 attribuiti al vice Fabio Fonda (ma entrambi si sono
tolti il 10% a inizio mandato) e i 631,50 riconosciuti a Maila Mislej, Giovanna Del Giudice e
Franco Russo. Il cda, al momento delle scelte, ha detto no. Da quanto risulta, solo la presidente
Mastrociani e Russo erano pronti a una sforbiciata sulle paghe. Adesso tutto ruota attorno ai famosi
finanziamenti assegnati dalla Regione attraverso l'Azienda sanitaria. Scrive la presidente nella
lettera condivisa con il cda: «La chiusura del bilancio rappresenta un momento significativo per
porre in evidenza le criticità. Il problema principale - sottolinea - è dato dalla difficoltà di reperire
risorse per sostenere la qualità dei servizi, il che comporta un sacrificio di impegno per gli operatori
ed economico per le famiglie». Per poi concludere: «Anche quest'anno il bilancio chiude in
pareggio, a fronte però di un aumento della retta. La necessità di tale scelta è stata più volte portata
all'attenzione della Regione con la richiesta di armonizzare sul territorio i rimborsi sanitari, che
attualmente ci vedono penalizzati. Confidando nella correttezza del rapporto istituzionale con la
Regione, questo cda si impegna a ridurre le tariffe nel corso del prossimo anno». E le indennità?
«Ero pronta a fare la mia parte, infatti il mio è stato un voto favorevole al taglio, per ragioni di
equità e coscienza personale -, precisa Mastrociani -. La mia non è una riflessione polemica, dico
solo che i bisogni degli anziani non autosufficienti sono oggi molto gravosi e ricadono perlopiù
sulle spalle delle famiglie. Proprio per questo si deve rivedere il modello di welfare con politiche
più adeguate». Al di là degli stipendi, il caso contributi era comunque già divampato un mese fa.
Ma dalla Regione nessuna risposta concreta. E la gente paga.
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Trasparenza, Trieste è pronta a dare risposte (Piccolo)
«Dove un superiore, pubblico interesse non imponga un segreto momentaneo, la casa
dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro». La celebre frase di Filippo Turati ispira il primo
punto del programma elettorale del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che ha posto la questione
trasparenza come priorità numero uno del suo mandato. Intesa «sia come il modo in cui il Comune
si rende disponibile a essere osservato dai suoi cittadini», sia «l’utilizzo dei dati aperti (open data),
attualmente assenti nelle pagine web del Comune di Trieste». Se in fatto di dati aperti il capoluogo
giuliano manca ancora di un portale ad hoc ed è al 25° posto nella classifica stilata da Italia Open
Data Census - guida la graduatoria Lecce - dal Municipio fanno sapere che ci si sta attrezzando
adeguatamente per evadere positivamente le future richieste di accesso. Sul portale Retecivica esiste
già un semplice modulo da compilare e spedire via email a
[email protected], anche se poche finora sono state le richieste in tal
senso. Meno di dieci lo scorso anno, fanno sapere fonti dell’amministrazione, constatando che
ancora i cittadini non colgono fino in fondo le potenzialità di questo strumento, preferendo anche
per le questioni più semplici il contatto diretto con il politico di cui si ha conoscenza. I numeri
ridotti al momento consentono una gestione centralizzata delle richieste, ma si prevede un sempre
maggiore ricorso a questo nuovo diritto. A tale proposito, i dirigenti del Comune auspicano che i
triestini lo esercitino «senza alcuna sudditanza verso il potere» e con coscienza perché, a volte, «è
più importante capire le motivazioni che stanno dietro ai provvedimenti». Da piazza Unità arriva
anche l’impegno a realizzare un portale open data «entro metà mandato», specificare le date di
aggiornamento dei documenti pubblicati online e a colmare eventuali gap tecnologici e burocratici
nella direzione di una sempre maggiore trasparenza. (l.m.m.)
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Mega gru per dare una svolta ai traffici (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau - Una nuova gru Liebherr da 150 tonnellate di portata con uno “sbraccio” da 54
metri adatto alle più grandi navi che transitano attualmente per i porti. “Sotto la gru”, un ideale
“albero di Natale”, come pacco dono per il porto il discorso di insediamento “in anteprima” della
nuova Autorità di sistema dell’Adriatico Orientale, nella persona del segretario generale Mario
Sommariva accolto dall’Autorità marittima presente con il comandante della Capitaneria di Porto di
Monfalcone Pasquale Di Gioia. Autorità di sistema, operatori portuali, autorità marittima. È riuscita
a disegnare un quadro perfetto ieri in porto la Compagnia portuale in occasione della consegna
dell’innovativa e tecnologica gru che diventa la più grande presente in porto, costata 3 milioni di
euro. Una cerimonia che ha fatto capire che sta cambiando l’aria in porto a Monfalcone che si
appresta a una svolta con il prossimo ingresso dell’Autorità di sistema Trieste-Monfalcone. «Questa
gru ci consentirà di essere più competitivi sul mercato - ha spiegato l’ad della Compagnia Portuale
Andrea Valentinuzzi - per le maggiori capacità operative e velocità di carico e scarico (fino a
120metri al minuto ndr). Se saranno approfonditi i fondali del canale di ingresso con l’escavo, se ci
saranno più piazzali a disposizione e se sarà possibile avere treni più lunghi sulle banchine si potrà
garantire anche lo sviluppo dei traffici». Già ora la Compagnia con 2,5milioni di merce all’anno,
gran parte prodotti siderurgici e cellulosa, è il primo operatore in porto, ma l’obiettivo non è
soltanto quello di aumentare i traffici ma anche di investire su piazzali e infrastrutture. «Ne è
testimone questa gru oggi che battezziamo - ha aggiunto Fabrizio Zerbini, presidente di Trieste
Marine Terminal e amministratore delegato di ToDelta del gruppo Maneschi - un investimento da 3
milioni di euro che la Compagnia fa sul porto di Monfalcone. Una ulteriore dimostrazione della
volontà di proseguire negli investimenti. Abbiamo molta fiducia nell’integrazione tra Monfalcone e
Trieste, si svilupperanno sinergie importanti, non di tratta di scali asserviti uno all’altro». Trieste ha
fondali, ma ha carenza di spazi, Monfalcone ha meno fondali ma tanti spazi. «E’ qualcosa che ci
deve unire, poi entrerà anche Porto Nogaro. i traffici a Monfalcone avranno ricadute importanti sul
territorio. La gru è un chiaro segnale della nostra volontà a investire, abbiamo progetti importanti
per lo scalo per creare nuove banchine e piazzali. Finora non ci hanno lasciato, ma è importante
perchè il mercato chiede garanzie di ormeggio, le navi sono sempre più grandi per contenere i costi
e non si può farle attendere in rada». Le premesse e gli ingredienti per il decollo ci sono tutte, ne è
convinto pure il comandante Di Gioia che sottolineando le «grandi potenzialità dello scalo che
devono ancora esprimersi» quando saranno risolti i «molti problemi presenti» ha accolto in
anteprima ufficiale l’Autorità di sistema. «Spero che l’Autorità arrivi presto - ha esordito il
segretario generale Mario Sommariva c’è un iter in corso e abbiamo segnali confortanti. In capo a
poco tempo potremo intervenire e iniziare ad affrontare i problemi». Dopo anni di buio finalmente
una governance solida e non spezzettata. Un desiderio di tutti gli operatori a Monfalcone presenti
anche ieri alla cerimonia e tra questi Raffaele Bortolussi della Marter. Ma sia chiaro, non ci si deve
attendere miracoli. «Nessuno ha la bacchetta magica, noi per primi» ha fgatto ben presente
Sommariva che ha declinato lo scheletro del programma di governance. «Noi perseguiremo il
nostro mestiere che è quello di amministrare, gestire, fluidificare i servizi. Con questa mission
stiamo lavorando a Trieste e lo faremo anche a Monfalcone, due realtà assolutamente integrabili il
cui sviluppo porterà giovamento a entrambi gli scali. Costruiremo una realtà logistica di grande
valore». Non si tratta di auspici del segretario generale, ma di cose concrete basate su dati precisi.
Sommariva è stato chiaro di fronte agli operatori: «Conosciamo le criticità che ci sono in questo
scalo, dalle infrastrutture alle ferrovie sino ai fondali. Ma puntiamo alla migliore ottimizzazione
della gestione delle aree. E guardate che le potenzialità di spazio di Monfalcone sono molto rare».
Un punto sul quale ha insistito come conoscitore di molte altre realtà portuali, secondo Sommariva
infatti l’integrazione con Trieste sarà un fattore vincente. «Il nostro obiettivo è l’integrazione delle
varie competenze - ha concluso - ci impegneremo per fare tutto ciò che è possibile. Lo abbiamo
fatto e ci siamo sforzati per Trieste e lo faremo anche a Monfalcone. Tenere insieme operatori e
istituzioni cercando una visione comune dello sviluppo. Questa sarà la nostra modalità di approccio.
C’è un grande lavoro da fare assieme».
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