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Mercoledì, 18 gennaio 2017
Theresa May e la linea dura sulla Brexit, le banche e la concessione dei crediti, la
fiducia degli analisti
Gentili Clienti,
Theresa May ha dunque scelto la linea dura sulla Brexit: nel suo discorso di ieri ha ribadito
che nei piani del suo governo per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea non
troveranno spazio né la libera circolazione delle persone, né il mercato interno e
neanche l'unione doganale. Ricordando che il risultato dei negoziati sarà sottoposto
all'approvazione del Parlamento, la premier britannica ha affermato che il Regno Unito
vuole continuare a essere un buon amico e un buon vicino dell’Unione Europea e ha
alluso alla necessità di creare una soluzione alternativa che consenta uno scambio delle
merci che sia il meno macchinoso possibile. L'apertura del governo britannico alla
collaborazione con l'Unione Europea induce i mercati a sperare che le conseguenze della
Brexit siano meno gravose del previsto. Sempre nella giornata di ieri la sterlina è salita
dell'1,9% e ha segnato rispetto al dollaro statunitense il maggior incremento giornaliero dal
2008.
I nuovi dati della BCE relativi all'accesso al credito nell'Eurozona indicano nel quarto
trimestre un nuovo aumento trainato dalla richiesta di prestiti per acquisizioni aziendali
e operazioni di ristrutturazione del debito, nonostante le banche abbiano talora
inasprito le condizioni. Nel trimestre attuale, grazie al miglioramento delle prospettive del
settore finanziario dovuto alla ripresa dei tassi di interesse, questi ostacoli dovrebbero
almeno parzialmente venire annullati. Purtroppo solo un volume modesto dei crediti
concessi è stato destinato agli investimenti che sono invece indispensabili per una crescita
economica di lungo termine.
Attualmente in Europa le sorprese positive che giungono dai dati sulla congiuntura
superano quelle negative. Anche gli utili delle aziende sono in netta ripresa. In questo
contesto gli analisti hanno rivisto al rialzo le stime sugli utili che superano già il
livello minimo, toccato lo scorso giugno, del 7%. Il loro ottimismo si estende a quasi
tutti i settori e Paesi, rendendo particolarmente attraenti le azioni europee. Un brusco
ritorno alla realtà potrebbe essere causato da shock esogeni che purtroppo non è
possibile escludere in questo quadro europeo.
La prevista riduzione dell'imposta sulle società dovrebbe avere effetti ampiamente positivi
non solo sulle azioni, ma anche sulle obbligazioni investment grade delle aziende
americane che potrebbero contare su un utile netto più elevato e su una migliore
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capacità di ripianamento dei debiti che concorrerebbe a rafforzare la loro affidabilità
creditizia, mentre contemporaneamente si ridurrebbe in modo indiretto il ricorso al
capitale di debito. Il pagamento degli interessi infatti è detraibile dalle imposte. In presenza
di un'aliquota elevata le aziende tendono a finanziarsi con l'emissione di obbligazioni,
anziché mediante capitale proprio. Con un basso livello di tassazione si osserverebbe
presumibilmente una contrazione dell'offerta delle obbligazioni con un ulteriore rialzo delle
quotazioni.
Cordiali saluti
Ulrich Stephan
Global Chief Investment Officer dei Private & Commercial Clients di Deutsche Bank
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