Gaza: crisi energetica, tutti contro Hamas

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Gaza: crisi energetica, tutti contro Hamas | 1
venerdì 13 gennaio 2017, 18:40
La situazione
Gaza: crisi energetica, tutti contro Hamas
Migliaia di civili costretti a sopravvivere in condizioni estreme, la popolazione insorge a Jabālyā
di Marco Testino
Un giorno dopo le violente manifestazioni che hanno infiammato l’opinione pubblica in diverse città della striscia di Gaza
non si riesce ancora a vedere la ‘luce in fondo al tunnel'. Ed è proprio questo il problema, Gaza brancola nel buio, nel vero
senso della parola, la crisi dell’energia elettrica peggiora giorno dopo giorno, mentre l’Amministrazione pubblica resta
indifferente davanti alla sofferenza di migliaia di civili costretti a sopravvivere in condizioni estreme, nella più
grande prigione a cielo aperto del mondo. C’è chi si scalda accendendo fuochi e candele e chi, invece, muore nel sonno a
causa di incendi accidentali. Altri ancora non fanno in tempo ad arrivare vivi in ospedale, come quanto successo al piccolo
Al-Hindi, neonato vittima del freddo e delle estreme conseguenze di politiche energetiche mal gestite.
Ebbene, la popolazione ormai stanca continua a manifestare contro il Governo di Hamas e proprio ieri, nel campo profughi
di Jabālyā, è insorta con violenza, scagliando pietre contro la Polizia, poco prima che la stessa aprisse il fuoco sparando in
aria. «Costretti a misure di sicurezza straordinarie per bloccare l’avanzata della folla verso gli uffici della
centrale elettrica locale», dichiarano i poliziotti coinvolti.
Mentre la situazione continua a restare confusa, parte dei cittadini accusa Hamas, buona parte dei funzionari di Hamas
incolpa di conseguenza la rivale Autorità palestinese, con sede nella West Bank occupata da Israele; altri ancora invece,
puntano il dito contro Israele. Nel frattempo, Israele accusa Hamas di usare i bambini come 'scudi umani' e 'di
nascondersi tra i civili'.
Secondo uno studio realizzato dal Palestinian Center for Human Rights (PCHR), la popolazione della Striscia di
Gaza riceve energia elettrica solo per quattro ore al giorno, mentre gli abitanti di molte aree vicine lamentano di
ricevere energia solo per 4 ore ogni due giorni. Il 7 gennaio 2017, la Gaza Electricity Distribution Corporation (GEDCO)
ha dichiarato che l’energia elettrica è ulteriormente diminuita in seguito allo spegnimento del secondo
generatore della centrale elettrica. Secondo il comunicato stampa di GEDCO, l’area è a corto di 438 Megawatt (73%), il
fabbisogno energetico della Striscia è di 600 Megawatt, per cui sono disponibili solo 147 Megawatt (27%). GEDCO ha rilevato
che il suo ruolo si limita a ricevere e a distribuire i Megawatt disponibili. Non esiste, inoltre, un programma per il processo di
distribuzione, e precisa che la fornitura di Megawatt spetta al Governo.
Le parti a cui è affidata la gestione del settore dell’energia elettrica di Gaza continuano a non trovare soluzioni
reali per ovviare alla crisi, dimenticandosi dei 2 milioni di palestinesi che ricevono solo un quarto dell’elettricità loro
necessaria. La ricerca di fonti energetiche alternative, che ha causato numerose vittime per l’uso di generatori e candele per
compensare la carenza di alimentazione energetica, diviene, quindi, sempre più importante.
La GEDCO stessa, con circa un miliardo di dollari di fatture di consumo non pagate, non riesce ad ottenere il credito
necessario, che si aggira sui 500 milioni di dollari, per riabilitare la rete elettrica ed assicurare un approvvigionamento
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/gaza-crisi-energetica-tutti-contro-hamas/
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adeguato alla popolazione. Gaza richiede tra i 500 ed i 600 megawatt di energia al giorno, ma ne sta ricevendo circa un
terzo, di cui 30 MW importati dall’Egitto e 120 forniti da Israele.
Con temperature che scendono tra i quattro ed i cinque gradi centigradi di notte, le persone continuano a ricorrere a stufe e
radiatori elettrici, facendo salire la domanda di energia proseguendo nel loop che sta lentamente e nuovamente, soffocando
la popolazione nella sua morsa.
L'Autorità palestinese, pagando per l’energia fornita da Israele ed Egitto, trasferisce combustibile a Gaza esentandolo
dalla maggior parte delle imposte, ma, a causa dei vincoli finanziari, non è comunque in grado di riuscirci appieno
scaricando la colpa sull’amministrazione di Hamas che, tramite il portavoce Fawzi Barhoum riferisce, di contro, la propria
apertura verso nuove soluzioni e accusando di rimando l'Autorità palestinese, di usare la crisi come mezzo per
«danneggiare l'immagine di Hamas sanzionando la popolazione di Gaza».
Il PCHR ha presentato, dunque, un’iniziativa durante la conferenza di chiusura della campagna 'Illuminare
Gaza' organizzata nell’arco di sei mesi lo scorso anno. Nel corso della stessa, il PCHR ha evidenziato che la crisi
dell’energia elettrica è di tipo politico causato da una non-riconciliazione palestinese e da contrasti politici
interni nonostante la presenza di un governo di unità nazionale, esortando le parti che gestiscono il settore a trovare
soluzioni strategiche per restituire l’energia elettrica a tutti i residenti della Striscia 24 ore al giorno, sulla base del diritto dei
civili di usufruire dei servizi di base.
Oltre questo, il PCHR raccomanda alle parti che gestiscono il settore di non coinvolgere i civili nella scissione
politica sacrificando i diritti di questi ultimi per gli interessi di ciascuna parte, invitando il governo di unità
nazionale, l’autorità dell’Energia di Gaza e GEDCO ad assumersi ogni responsabilità per il peggioramento della crisi di
elettricità, sostenendo che i civili che pagano le utenze mensilmente, non dovrebbero patire il fallimento delle parti
responsabili dell’attuale crisi, pertanto queste ultime dovrebbero fornire loro i servizi di elettricità in ogni condizione. Oltre
questo, il PCHR invita il Governo di Unità ad assumersi la responsabilità per la gestione del settore dell’elettricità a Gaza,
adottando procedure amministrative e finanziarie in grado di garantire una gestione del settore corretta e trasparente,
migliorando la fornitura di energia per i residenti che vivono in condizioni estreme. Infine, chiede la creazione di un comitato
nazionale indipendente composto da figure professionali esperte nel settore dell’elettricità e da rappresentanti delle fazioni
politiche, settore privato, organizzazioni dei diritti umani e società civile in qualità di osservatori.
La società elettrica di Israele potrebbe dunque sopperire alle carenze fornendo più energia, ma fintantoché i debiti
continueranno a persistere continuerà ad astenersi dal farlo, quantomeno non senza garanzie finanziarie adeguate. L’unica
centrale elettrica di Gaza, bombardata durante gli attacchi israeliani del 2014, continua a non essere in grado di
sopperire adeguatamente al fabbisogno energetico degli abitanti della enclave ed il blocco continuato per oltre dieci anni da
Israele (Israele ha occupato Gaza nel 1967, le sue forze si ritirarono nel 2005 mantenendo un blocco sul territorio) limitando
l'importazione di materiali combustibili e da costruzione necessari per riparare le infrastrutture, tra cui la centrale elettrica
stessa, continua a costringere la popolazione ad utilizzare le risorse ‘di emergenza’ per la routine quotidiana in ogni ambito,
specialmente in quello medico.
L’attacco di Israele contro la centrale non ha fatto che peggiorare i già seri problemi con il rifornimento idrico di Gaza, il
trattamento delle acque reflue e di quelle in dotazione alle strutture sanitarie. La grave crisi di carburante continua a
mettere a repentaglio la vita fuori e all’interno degli ospedali, tanto da smuovere il Ministero della Salute di Gaza, che
ha invitato «tutte le autorità competenti ad intervenire velocemente fornendo il combustibile per gli ospedali
di Gaza».
Fortunatamente Gaza risulta ricca di una risorsa fondamentale, la luce del sole, ed avendo una media di 320 giorni soleggiati
l’anno potrebbe effettivamente avvalersi dell’utilizzo dell’energia solare come fonte alternativa, plausibile nel breve periodo.
Proprio per questo motivo alcuni medici canadesi collaborarono per lanciare una campagna chiamata ‘Empower Gaza’ su
indiegogo (sito di crowdfunding), mirata ad installare pannelli solari nei principali ospedali di tutto il territorio.
Gli organizzatori hanno raccolto oltre 215.000 dollari, sufficienti per finanziare l'installazione di pannelli solari per
l’ospedale al-Aqsa. Anche l’IRC (Islamic Relief Canada) ha contribuito donando 1,5 milioni di dollari, volti a
finanziare sei dei principali ospedali in totale tra cui al-Aqsa stesso. Il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite sostiene il
progetto Empower Gaza trasportando batterie e pannelli a Gaza da Israele. L'UNDP ha anche installato pannelli solari
in scuole, cliniche sanitarie e impianti di acqua a sostegno della Solar Initiative palestinese mirata a soddisfare
il 30 per cento del fabbisogno energetico nell'enclave costiera tramite fonti rinnovabili entro il 2020. Ci sarà
comunque luce all’orizzonte, bisognerà soltanto aspettare che finisca la notte.
di Marco Testino
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/gaza-crisi-energetica-tutti-contro-hamas/
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