Omelia del vescovo

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Transcript Omelia del vescovo

Anno che si chiude, anno che comincia, sotto lo sguardo della Madre di Dio. Il volto di Maria è benedizione garantita. Ci apre il cuore alla speranza. Il titolo mariano dell’odierna festa liturgica ci aiuta a mettere a fuoco il mistero dell’incarnazione. Dio, in Gesù, si è fatto veramente uomo. Al punto tale che la donna che ha generato Gesù può dirsi Madre di Dio. Tempo ed eternità sono agganciati per sempre. Dio non sarà più senza l’uomo. L’uomo non sarà più senza Dio. Maria fa da garante. È nel suo grembo che avviene questo sposalizio. Se il cielo è sceso fino in terra, la terra si innalza fin al cielo. Per questo riaccogliamo, come nel giorno di Natale, il Bimbo di Betlemme dalle braccia della Madre. Egli – come ci diceva san Paolo - è il figlio nato da donna, che ci schiude le profondità di Dio. Egli ci mette sulle labbra, come per contagio, la sua parola più dolce, intima e personale: la parola Abbà, Padre. In altri termini, ci introduce nel cuore di un Dio papà, ci fa scoprire il dono sempre nuovo dello Spirito, ci regala sua madre come volto di tenerezza, che riflette la tenerezza paterna e materna di Dio. Gioia grande. Benedizione senza limiti. La prima lettura ci ha fatto ascoltare la benedizione che l’Antico Testamento pone sulla bocca ai sacerdoti di Israele: «Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace». Quanto ha bisogno di pace il nostro mondo! Il primo giorno dell’anno è anche giornata mondiale della pace. Papa Francesco ci ha donato un messaggio che ci aiuta a individuare concreti percorsi di pace, additando la “non violenza” come stile di una politica per la pace. Vi invito ad approfondire questo messaggio. Ma torniamo alla benedizione biblica. L’Antico Testamento non poteva sospettare che quel volto benedicente di Dio avrebbe preso forma nel volto del Bimbo di Betlemme. Sì, Gesù è la grande benedizione di Dio per l’umanità. La Chiesa ne deve fare esperienza e la deve irradiare. È questo il nostro impegno. È qui il senso degli auguri di inizio d’anno quando sbocciano sulle labbra e nel cuore di un cristiano. In forza di questa visione della storia, tutta avvolta dalla benedizione, questo ultimo giorno dell’anno si propone anche come momento del ricordo, per elevare a Dio il grazie e la benedizione per quanto egli ci ha dato. “

Te Deum laudamus

”. È il classico canto di lode che eseguiremo alla fine della Messa, ponendoci in sintonia con la lode del cielo. Lode e grazie. Un grazie che non è scoraggiato nemmeno dal dolore. L’anno passato non è stato senza dolori. Tanti hanno sofferto, personalmente, in famiglia, in situazioni di malattia, di lutto, nelle circostanze più diverse. Pensiamo ai fratelli duramente colpiti dal terremoto. Tanti hanno continuato a soffrire per la perdurante crisi economica, che rende scarso il lavoro, e getta tante persone e famiglie nella precarietà e nel bisogno. Tanti hanno sofferto per le difficoltà di una famiglia in cui le relazioni diventano sempre più fragili e l’amore è provato dall’infedeltà, a scapito del dono della vita e a svantaggio dei bambini sempre più esposti alla solitudine e alle tensioni degli adulti. Tanti hanno sofferto le più svariate forme di indigenza: penso in particolare agli immigrati, ciascuno con la sua storia segnata da traumi e ferite che difficilmente si rimargineranno. La lista dei dolori potrebbe continuare.

Ringraziare anche nel dolore? Certamente. Non per il dolore, che va lenito e curato, ma perché Dio è stato presente dentro il nostro dolore. Anche quando non ce ne siano accorti, lui soffriva con noi, camminava con noi. La nostra croce era la sua croce. Grazie, Gesù, per esserti caricato fino in fondo la croce della nostra umanità! La memoria non può tuttavia indugiare solo su ciò che è brutto e negativo. Tante cose sono state per noi fonte di gioia. Magari le dobbiamo scoprire, facendo un esercizio di positività al quale purtroppo tante volte non siamo incoraggiati da un’informazione unilaterale. I media presentano alla nostra attenzione più il brutto che il bello, e difficilmente aprono per noi la finestra del bene. Ma il bene c’è. Ciascuno deve saperlo riconoscere nella sua vita, nella sua esperienza, nei tanti doni che ha ricevuto. Vi invito a fare questo esercizio di memoria del bene e a ringraziare per i tanti doni di cui quest’anno abbiamo goduto, a partire dal dono della vita. Mi preme però sottolineare alcuni doni che hanno reso quest’anno più bella la Chiesa. Siamo responsabili di farli fruttificare. Il primo dono è stato sicuramente, nell’orizzonte universale, l’Anno della misericordia, che ha visto anche la presenza, per ben due volte, del Papa nella nostra Assisi. Un anno che ci ha fatto riscoprire quanto Dio è buono, quanto ci possiamo fidare di lui pur tra le macerie del nostro peccato, quanto è bello ritornare a lui per fare esperienza del suo perdono. Il secondo dono è più nostro: è la conclusione del nostro Sinodo, con il Libro che ci offre, all’insegna della gioia, la tabella di marcia del nostro cammino ecclesiale. Le sfide che dobbiamo affrontare sono grandi, ma avere una traccia del cammino da compiere è di grande aiuto e conforto. Ringraziamone il Signore. Un terzo e un quarto dono sono proprio di questi giorni natalizi. Il giorno di Natale ho annunciato, con una Lettera Pastorale, la nascita a Santa Maria Maggiore del Santuario della Spogliazione. Assisi riscopre questa icona decisiva della vita di Francesco e, attraverso di lui, torna al senso del Natale come mistero della spogliazione di Dio: un Dio che, per amore mette, in qualche modo, da parte il suo splendore per stare alla nostra portata, per insegnarci il segreto di un amore vero e senza limiti, che ci apra gli uni agli altri nel dono reciproco. Proprio questa bellezza dell’amore ha caratterizzato l’ultimo dono, l’inaugurazione, solo due giorni fa, della Casa della Misericordia, che si caratterizza, tra le tante opere-segno della Caritas, come casa di accoglienza delle mamme dei nostri immigrati bisognose di portare avanti con serenità la loro gravidanza, per dare alla vita, ad ogni vita, tutto il rispetto e il calore che essa merita. Potremmo soffermarci su altre cose. Ho additato questi quattro doni per la loro esemplarità. Aspettiamola così la mezzanotte. Accogliamo così l’Anno nuovo: con la sensibilità cristiana che non si lascia sciupare dalla banalità, ma si fa preghiera, implorazione e solidarietà, come cercheremo di fare tra qualche ora alla grande cena dei nostri poveri a Bastia, e come mi auguro avvenga in ogni famiglia cristiana. Lodiamo e ringraziamo. Sia l’Anno Nuovo per tutti un tempo di benedizione. Buon Anno!