Iperione di Holderlin

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Iperione. Note a margine per una (ri)lettura natalizia.
“Iperione o l’eremita in Grecia” è un romanzo in forma epistolare che Friedrich
Hölderlin compose tra il 1792 e il 1797. Si tratta di un romanzo in cui la vita
dell’autore si intreccia con la vita spirituale del personaggio protagonista: la coscienza
di Iperione, distillato di un romanticismo estetico-naturalistico di cui Hölderlin è uno
dei massimi rappresentanti. Badate bene che il protagonista del romanzo non è
Iperione, ma la coscienza di Iperione. Si tratta di una sorta di racconto spirituale e
filosofico in cui Hölderlin, ripercorrendo i ricordi del suo personaggio, “mette in scena”
il suo pensiero circa temi come l’arte (poesia, musica), la filosofia, il rapporto tra
uomo e natura, tra uomo e uomo e tra antico e moderno. Come sottolineato in classe,
l’andamento del romanzo è altalenante. Leggere l’Iperione significa, per certi versi,
impegnarsi in una navigazione, con tanto di onde e tempeste, ma anche di notti
stellate, di cieli sereni, di albe e tramonti. Il lettore sta dalla parte di Bellarmino, o
meglio, è colui che spia il carteggio tra Iperione e il suo amico Bellarmino, potendone
afferrare solo una parte, quella in cui è Iperione a scrivere. Quindi, si tratta in tutti i
sensi di spiare qualcosa dal buco della serratura, di intrufolarsi nello spettacolo della
coscienza di qualcuno senza essere visti e con una visuale parziale, tutta concentrata
su Iperione. Qui di seguito vi propongo alcuni estratti, ai quali ho affiancato brevi
commenti che possano rinfrescarvi la memoria sui concetti chiave affrontati insieme a
lezione. Potrete/dovrete usare tutto ciò come materiale per la vostra rilettura
natalizia. Naturalmente calibrate bene la vostra lettura. Quello che mi interessa (ma
forse sarebbe più appropriato che scriva “ci interessa”, giacché interessa me, il
Professor Ciccarone, e soprattutto, spero, voi, tu che leggi) è che abbiate modo di
sperimentare la vostra creatività. Leggere significa fare e rifare le stesse cose sempre
diverse. Per leggere è necessario mettersi in gioco con la fantasia e l’immaginazione.
Tra qualche tempo uscirete dal liceo, ed è importante che prendiate confidenza con
quei segnali che in voi possano aiutarvi, in futuro, ad affrontare la vita da esseri vivi, a
morire in piedi nel vuoto e nel deserto che ci spetta, piuttosto che vivere in ginocchio
di fronte ai troppi fantasmi con cui la nostra solitudine si inganna di non essere sola.
In Iperione potete trovare tutto questo, potete ammirare il dipanarsi di una coscienza
nei meandri e nelle rivoluzioni delle prese di coscienza. C’è sempre una ambivalenza,
una doppiezza nelle parole che Iperione impiega per raffigurarsi a se stesso. Si tratta
di una narrazione in cui sono molte le confessioni. Ciononostante, non si arriva mai a
capire quale sia il grado di sincerità di tali confessioni. La sincerità è sempre agognata
ma sempre arrogata a se stessi. Iperione, l’eroe romantico della vita immediata, è il
primo a tradire se stesso, si scopre mano a mano come la più mediata delle creature,
quella più complessa e compromessa con la miseria, con la quale deve
necessariamente entrare a patti. Dove sta la dignità di Iperione? Non so, questa
potrebbe essere una domanda a cui mi piacerebbe voi provaste a rispondere. Mi sto
sbrodolando però. Passiamo al dunque. Ecco a voi la selezione di passi e commenti:
In queste prime pagine Iperione narra all’amico dei moventi che lo hanno spinto a
tornare in Grecia. Si tratta di un viaggio ristoratore, alla ricerca di una serenità che
viene percepita già come “perduta”. Una delle caratteristiche dei romantici è la loro
costante tensione nei confronti di un mito che, la maggior parte delle volte, rimane
inarrivabile. Abbiamo visto che in Hölderlin questo mito si chiama o NATURA o
ANTICHITA’. In questo caso, però, prende il nome di GIOVINEZZA. Vi propongo alcune
domande: che cos’è la giovinezza? O, meglio, con quali parole qui Iperione parla della
giovinezza? Quali sono i caratteri propri della giovinezza? È importantissimo che vi
focalizziate sulla nozione di ILLUSIONE. Come potete notare, Iperione scrive
riferendosi a dei ricordi. Quando tra le righe compare il termine “illusione” si
percepisce bene quale sia il piano prospettico della narrazione. Cioè, si comprende
come non si tratta di una coscienza che si esprime immediatamente sul suo presente:
ma di una coscienza che si esprime sul passato di se stessa. Quindi abbiamo almeno
due livelli rappresentativi: quello dell’Iperione (leggi “coscienza di Iperione”) ricordato
e quello di Iperione che ricorda. Inoltre, vi faccio notare come la Natura, in questi
passi, subisca da parte di Iperione una forte PERSONIFICAZIONE. Cosa significa
personificare la natura? E perché personificarla? Alla luce degli appunti del Professor
Ciccarone, delle parole che abbiamo scambiato in classe circa l’importanza della
componente estetica della vita, per i Romantici, e per Hölderlin nello specifico, come è
possibile parlare di “personificazione” della Natura? Le altre domande le lascio a voi,
non vorrei rubarvi il lavoro. Provate ad interrogare il testo.
Queste che precedono sono tra le pagine più lungimiranti di tutto l’Iperione, almeno a
mio avviso. Qui Iperione ha appena perso l’amico Alabanda (per chi non ha la
pazienza, il tempo, la voglia di spendere sette euro e cinquanta centesimi prendendoli
magari dai regali di Babbo Natale, per comprarsi il libro, e leggerselo, questo è il mio
consiglio spassionato: consultate delle recensioni, dei riassunti, fate una letteratura
intorno alle vostre letture: createvi i contesti per poter parlare). Iperione si era illuso
di aver trovato un’anima gemella, uno spirito tanto alto da fargli quasi credere di non
essere più solo al mondo. Il periodo trascorso con Alabanda è per Iperione tutto
all’insegna della felicità e della speranza. C’è un episodio che però incrina il rapporto
tra i due, fino a portarlo alla definitiva rovina. Iperione piomba nella disperazione.
Nella condizione di essere umano privo di speranza, emergono delle considerazioni
notevoli sulla condizione umana. Fate attenzione alla ri-creazione a cui Hölderlin qui
sottopone i termini-chiave: natura, mondo, uomo, destino, essere. Qual è la
condizione umana che emerge da queste pagine?
Non abbiamo letto queste pagine in classe, tantomeno ci siamo soffermati sulla figura
di Diotima. Ma qui viene il bello, perché qui navigate in solitudine completa.
Assistiamo alla comparsa della figura di Diotima, che è un ricordo e una guida della
coscienza per Iperione. È nella sua immagine che Iperione ritrova tutti i caratteri della
bellezza. Una bellezza che è anche sacralità. Vi ricordo che per Hölderlin qualsiasi
riflessione che abbia a che fare con il Bello, richiama inevitabilmente il Divino. È divino
ciò che è bello e, il più delle volte, non è frutto dell’uomo la Bellezza. La Bellezza è
anzitutto una Bellezza della Natura, a cui l’uomo miseramente tende. Eppure, l’uomo
può comprendere la Bellezza perché comprende il Divino, perché il Divino alberga
anche dentro la sua miseria, come essere naturale. All’uomo tocca il peso del limite
come quello dell’illimitato. Finito e Infinito, Natura e Artificio convivono nell’uomo, ed
è in questa doppiezza che riposa la tragicità dell’Iperione. In queste pagine irrompe il
tema dell’Amore. Quali caratteri assume l’Amore? È possibile parlare di una salvezza
per l’uomo nell’Amore, oppure anche l’Amore è destinato a svanire? Cosa significa per
Iperione l’incontro con Diotima? Cosa sopravvive alla morte dell’amata?
Con questo credo di aver esaurito le risorse che sono in grado, per il momento, di
fornirvi. Vi consiglio di arricchire le vostre letture. Vi consiglio di acquistare l’Iperione,
per vari motivi, il principale dei quali è che si tratta di un’opera densissima, e per
quanto voi possiate credere di averlo esaurito, non lo esaurirete mai. Interrogate i
testi attraverso altri testi. Siate creativi.
Buone feste.
Marco Picciafuochi, 24.12.2016