Anno LVII | n. 15/16 | 10-25 agosto 2013

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Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/31/2012; “TAXE PERÇUE” “TASSA RISCOSSA”
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LOPPIANO
LOPPIANO
CENTRO INTERNAZIONALE
2013
20-22 settembre
Custodire l’Italia,
generare insieme il futuro.
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VICENZA
Il punto
ORIZZONTI POST-ESTIVI
di Marco Fatuzzo
QUEL CHE CI SUGGERISCE
PAPA FRANCESCO
N
el Movimento dei Focolari è in corso un
cammino di adeguamento organizzativo in
varie aree del mondo, all’interno del quale
un’attenzione prioritaria viene assegnata ai
“Paesi di frontiera”. Maria Voce allarga gli
orizzonti di questo processo, facendo proprie le
esortazioni del papa, in una lettera indirizzata a
tutti coloro che si riconoscono nello spirito dei
Focolari: «Francesco parla di periferie esistenziali
e questo mi sembra che allarghi di molto il
concetto di Paesi di frontiera. Periferia esistenziale
è qualsiasi punto dove l’uomo non trova più
il suo centro perché non trova più Dio. E tutti
noi che, per sola grazia, l’abbiamo incontrato,
siamo chiamati a stare lì, ad immergerci in questa
umanità sbandata per riportarla al suo centro».
Aggiunge come sia necessario «uscire incontro
agli uomini e riportare fra loro la vita della Trinità:
il Regno di Dio, vincendo ogni paura e ogni
angoscia». Maria Voce conclude la sua lettera con
una visione prospettica: «Potrebbe iniziare un
tempo nuovo, in cui essere e mostrarci realmente
discepoli autentici di Gesù e quindi rivoluzionari
del Vangelo, necessariamente “segno di
contraddizione” (Lc. 2, 34), “scandalo per i giudei,
stoltezza per i pagani” (1 Cor. 1, 23), per riportare
a Dio, dovunque ogni piccola o grande cellula di
questo corpo si trova oggi o si venga a trovare
domani, quei fratelli che sono tutti nell’orizzonte
del “che tutti siano uno”». Un messaggio
evidentemente sintonico con le parole del papa.
Era ancora cardinale, Jorge Mario Bergoglio,
quando affermava, durante una delle congregazioni
pre-Conclave: «La Chiesa è chiamata a uscire da
sé stessa e dirigersi verso le periferie, non solo
quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali.
Quando la Chiesa non esce da sé stessa per
evangelizzare diviene autoreferenziale e si
ammala. La Chiesa deve guardare alle periferie
esistenziali: quelle del mistero del peccato, del
dolore, delle ingiustizie, dell’ignoranza... del
pensiero, di ogni miseria». Poi, fin dai primi giorni
del suo pontificato, papa Francesco è ritornato
a fare appello ad una rinnovata attenzione a
tutte le periferie dell’umanità, non solo quelle
geografiche o urbane, ma anche a quelle spirituali
ed esistenziali. «Dobbiamo imparare ad uscire da
noi stessi per andare incontro agli altri, per andare
verso le periferie dell’esistenza, per primi verso
i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i più lontani,
quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più
bisogno di comprensione e aiuto» (27 marzo 2013,
prima udienza generale). E dà la sua chiave di
interpretazione: «La realtà la si capisce meglio non
dal centro, ma dalle periferie» (26 maggio 2013,
visita alla parrocchia romana dei Santi Elisabetta e
Zaccaria).
La predicazione di papa Francesco non resta
confinata alle parole, passa ai fatti. Lo testimonia
il suo primo viaggio a Lampedusa, periferia
d’Europa, dove ha affermato (specificando «mi
includo anch’io»): «Tanti di noi non siamo più
attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non
custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e
non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni
gli altri» (8 luglio 2013). Indicazioni, da posizioni
diverse ma convergenti, quelle del pontefice e
della presidente dei Focolari, in cui è difficile
non cogliere – accanto a suggestioni di carattere
spirituale – anche delle forti implicazioni sul
versante politico.
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20
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Città Nuova nel mondo Europa.
Risposte all’inverno demografico
a cura di Carlo Cefaloni
In copertina: La bollente estate
dei disoccupati (pagg. 8-12)
Opinioni
3
6
13
71
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Il Punto
di Marco Fatuzzo
Editoriali
di Luigino Bruni,
Giulio Meazzini
e Alberto Lo Presti
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Se posso
di Piero Coda
Penultima fermata
di Elena Granata
Quindicinale di opinione del Movimento dei focolari
fondato nel 1956 da Chiara Lubich
con la collaborazione di Pasquale Foresi
DIRETTORE RESPONSABILE – Michele Zanzucchi
CAPOREDATTORE RIVISTA – Paolo Lòriga
REDAZIONE Sara Fornaro – Maddalena Maltese - Giulio Meazzini
Aurelio Molè - Aurora Nicosia – Oreste Paliotti
EDITORIALISTI – Vera Araújo – Gianni Bianco - Luigino Bruni – Vincenzo
Buonomo - Gianni Caso – Roberto Catalano – Fabio Ciardi - Pietro Cocco
Piero Coda – Paolo Crepaz – Michele De Beni – Pasquale Ferrara - Alberto
Friso – Lucia Fronza Crepaz - Alberto Ferrucci - Anna Granata - Elena
Granata - Gennaro Iorio - Alberto Lo Presti – Iole Mucciconi - Nedo Pozzi
Alessandra Smerilli
Tra crisi e riscatto La Grecia a
sei mesi dalla presidenza di turno del
Consiglio dell’Ue di Pasquale Ferrara
Sommario
Attualità
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18
28
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L’ultimo volo di Gabriele Amenta
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Io madre di mia madre
di Aurora Nicosia
54
Solidarietà
a cura di Tomaso Comazzi
Guardiamoci attorno
61
Una sola Terra
di Giulio Meazzini
62
Media
di Claudia Di Lorenzi
68
Scuola e cyberbullismo
di Sergio Barbaro
Per una matura cultura del rischio
di Aurelio Molè
La fede di Francesco di Piero Coda
Passo a due di Giuseppe Distefano
Scienza e mistero di Giulio Meazzini
Un’isola alla fine del mondo
di Oreste Paliotti
Cinquant’anni fa su Città Nuova
a cura di Gianfranco Restelli
Invito alla lettura
di Elena Cardinali
Famiglia e società
25
Cittadinanza
di Carlo Cefaloni
COLLABORATORI – Ezio Aceti – Chiara Andreola - Raffaele Arigliani
Paolo Balduzzi – Mariagrazia Baroni - Giovanni Bettini - Maria Chiara
Biagioni – Riccardo Bosi – Elena Cardinali – Cristiano Casagni – Giovanni
Casoli – Marco Catapano – Francesco Châtel – Giuseppe Chella – Franz
Coriasco – Mario Dal Bello - Paolo De Maina – Raffaele Demaria – Claudia Di
Lorenzi - Giuseppe Distefano – Costanzo Donegana - Marianna Fabianelli
Luca Fiorani – Daniele Fraccaro - Tonino Gandolfo – Annamaria Gatti
Michele Genisio - Letizia Grita Magri - Benedetto Gui - Annalisa Innocenti
Pasquale Ionata - Walter Kostner - Maria Rosa Logozzo - Pasquale
Lubrano – Andrea F. Luciani – Roberto Mazzarella - Fausto Minelli Tanino
Minuta – Eleonora Moretti – Enzo Natta - Cristina Orlandi - Maria Rosa
Pagliari – Vito Patrono – Vittorio Pelligra - Lauretta Perassi - Maddalena
Petrillo Triggiano – Giovanna Pieroni – Adriano Pischetola - Stefano
Redaelli - Daniela Ropelato - Caterina Ruggiu – Lorenzo Russo - Maria e
Raimondo Scotto - Vittorio Sedini – Lella Siniscalco – Loreta Somma
CORRISPONDENTI DALL’ESTERO – Alberto Barlocci (Argentina)
Michel Bronzwaer (Olanda) – Luigi Butori (Thailandia) - Ed Herkes
(Belgio) – Antonio Faro (Brasile) – Carlo Maria Gentile (Filippine)
Frank Johnson (Gran Bretagna) – Silvano Malini (Uruguay)
Javier Rubio Mercado (Spagna) Jean–Michel Merlin e Alain Boudre
(Francia) - Liliane Mugombozi (Kenya) – Djuri Ramac (Slovenia)
Joachim Schwind (Germania) - Clare Zanzucchi (Stati Uniti)
CORRISPONDENTI IN ITALIA – Loreta Somma (Campania) – Tobia
Di Giacomo (Piemonte) - Silvano Gianti (Lombardia) – Patrizia Labate
(Calabria) – Emanuela Megli (Puglia) – Tiziana Nicastro (Emilia–Romagna)
Stefania Tanesini (Toscana)
PROGETTO GRAFICO – Umberto Paciarelli
GRAFICA E FOTOGRAFIA – Umberto Paciarelli
Priscilla Menin - Domenico Salmaso - Raffaella Pediconi
SEGRETERIA DI REDAZIONE – Carlo Cefaloni (responsabile)
Edoardo Mastropasqua – Luigia Coletta – Luciana Cevese - Roberta Ruggeri
ABBONAMENTI, PROMOZIONE E DIFFUSIONE – Marta Chierico
Silvia Zingaretti – Desy Guidotti – Antonella Di Egidio
COLLABORATORI SITO – Elena Cardinali – Paolo Friso – Paolo Monaco
Valentina Raparelli – Franco Fortuna - Antonella Ferrucci
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70
46
Africa e cooperazione In Burundi
l’Amu e la Casobu aiutano gli sfollati a
ritrovare identità e diritti di Sara Fornaro
Reportage La Biennale di Venezia
tra idealità e realtà
di Daniele Fraccaro
Trend Oltre al talento sportivo
servono altre doti, tra cui umanità
di Stella Chiu Yuen Ling
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Lo psicologo
di Ezio Aceti
Bambini e media di Maria Rosa Pagliari
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Buon appetito con…
di Cristina Orlandi
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27
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Vita in famiglia di Giovanna Pieroni
Alimentazione di Giuseppe Chella
Educazione sanitaria
di Andrea F. Luciani
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Fantasilandia
La O e il pentagramma arrabbiato
di Lauretta Perassi
Dal vivo e spiritualità
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Fare la cosa giusta per loro e per me
di Annamaria Gatti
Una prospettiva di libertà
di Igino Giordani
Arte e spettacolo
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L’arte di Ambrogio Sparagna
di Aurelio Molè
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Televisione
di Paolo Balduzzi
Radio di Aurelio Molè
Amare con i fatti di Chiara Lubich
Scoprire Cristo negli altri
di F.X. Nguyen Van Thuan
Vita sana
55
Un nuovo degradante “continente”
di Lorenzo Russo
56
Valentina e una sorpresa
dopo l’altra
di Marco Catapano
DIREZIONE e REDAZIONE
via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909
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UFFICIO PUBBLICITÀ
via Pieve Torina, 55
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UFFICIO ABBONAMENTI
via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3216212 - 06 96522231 | fax 06 3207185
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Cinema di Giovanni Salandra,
Raffaele Demaria e Cristiano Casagni
Teatro di Giuseppe Distefano
66
Musica leggera
di Franz Coriasco
CD e DVD novità
Musica classica di Mario Dal Bello
Appuntamenti
a cura della Redazione
Cultura e tendenze
72
Il mondo di Verdi e Wagner
di Mario Dal Bello
74
Il piacere di leggere
a cura di Gianni Abba
75
In libreria
a cura di Oreste Paliotti
In dialogo
78
La posta di Città Nuova
Questo numero è stato chiuso in tipografia
mercoledì 17-7-2013. Il numero 13/14 del 10/25-7-2013
è stato consegnato alle poste il 1°-7-2013.
Segnaliamo su www.cittanuova.it
SETTIMANALE
CN7 Estate a cura di Redazioneweb
NOVITA’ MUSICALI
L’amore di Baglioni per le “Isole del Sud” di Franz Coriasco
AZIONI CIVILI
Slot mob, fermiamo il gioco d’azzardo di Carlo Cefaloni
E d i tA ot truiaal iltià
Rilancio economico
Datagate
di Luigino Bruni
di Giulio Meazzini
In questa fase in cui l’Italia e buona parte
dei Paesi dell’Europa del Sud stanno cercando di trovare vie di uscita possibili alla
Intervistato sul perché abbia deciso di
diventare un «informatore che svela informazioni riservate», Edward Snowden, ex in-
loro crisi economica e civile, può essere utile ricordare
due princìpi-messaggi che sono alla base della scienza
economica moderna. E ci provengono proprio da colui
che è considerato il capostipite degli economisti moderni, lo scozzese Adam Smith, spesso evocato, erroneamente, come il paladino del capitalismo speculativo.
Quei princìpi li troviamo nella prima frase del suo trattato La ricchezza delle nazioni (1776): «Il lavoro annuale
di ogni nazione è il fondo da cui essa trae tutte le cose necessarie e utili per la vita». Il primo messaggio di
questa frase riguarda il lavoro: la ricchezza di un Paese è data da quanto lavoro riesce a generare. La misura
della vera ricchezza di un Paese è il lavoro, e quando
la “ricchezza” non nasce dal lavoro ma da scommesse
o speculazione non è buona e nasconde qualche bluff,
che prima o poi si rivela e ci chiede il conto, mai soltanto economico. Quella frase eredita un’antica tradizione
di pensiero e fa comprendere la gravità della disoccupazione, soprattutto quando raggiunge i livelli innaturali di
questi anni.
Il secondo messaggio è nell’aggettivo “annuale”. La
ricchezza di una nazione non è data dai patrimoni, dai
tesori, dalle terre, dai mari, e dalle risorse che ha in dotazione, ma dalla capacità di un popolo di trasformare,
grazie prima di tutto al lavoro della sua gente, quelle ricchezze e risorse in reddito, cioè in flussi annuali. Sono
in molti ad evocare le grandi risorse – artistiche, culturali, paesaggistiche … – del nostro Paese, per ripartire. Ma
le risorse e i patrimoni da soli non bastano: il problema
cruciale è interno al processo di trasformazione dei nostri patrimoni (cioè il dono dei padri: patres-munus) in
lavoro e quindi in vera ricchezza per tanti. I patrimoni
generano buon reddito quando un popolo sa creare sinergie tra tutte le sue componenti. Quando ciò non accade,
una generazione deteriora e deprezza i suoi patrimoni,
non crea ma distrugge lavoro, e così diventa ingrata verso i suoi padri e irresponsabile verso i figli.
formatico delle agenzie Usa per la sicurezza, ha risposto
che nella sua posizione aveva accesso a «cose inquietanti, veri e propri abusi», per cui si è sentito obbligato
a parlarne per salvare la democrazia. Attività di questo
genere, sostiene, dovrebbero essere decise dall’opinione
pubblica, non dal governo o da una agenzia di spionaggio, e conclude: «Un analista in qualsiasi momento può
decidere di tenere sotto controllo chiunque nel mondo».
Nelle ultime settimane Snowden è rimasto bloccato in
aeroporto a Mosca, per il braccio di ferro in corso tra
Putin e Obama sulla sua sorte.
Non è la prima volta che scoppia lo scandalo sulle intercettazioni globali non autorizzate (vedi Echelon nel
2000). Il problema è che la tecnologia diventa sempre
più sofisticata, dando un potere crescente non solo ai governi, ma anche a qualsiasi oscuro impiegato (analista)
provvisto delle necessarie parole chiave.
Allo stesso tempo cresce la paura (paranoia?) dei governi contro attentati e disordini di vario tipo.
Terzo ingrediente è l’assuefazione dei cittadini che non
esitano a perdere la privacy riversando, per esempio su
Facebook, i propri dati, interessi e sentimenti.
La tecnologia digitale non è facile da controllare e rischia in ogni momento di sfuggirci di mano per merito
dei soliti “furbetti”, governi o privati che siano. Ma non
possiamo più farne a meno, fa parte della nostra civiltà. Quindi dobbiamo batterci per un suo uso corretto ed
equilibrato, cominciando noi stessi.
Eppure questa storia qualche merito alla fine ce l’ha: ha
riportato in evidenza il diritto alla protezione dei dati
personali, libertà fondamentale a cui non possiamo rinunciare. Ha sottolineato che la comunicazione digitale
richiede onestà e trasparenza, visto che qualsiasi intrallazzo prima o poi viene alla luce. Infine ha stimolato
parole e concetti nuovi, come “rivoluzione della dignità”, “diritto fraterno”, “solidarietà globale” e “politica
dell’umanità”. Non è poco di questi tempi.
Più il lavoro
del patrimonio
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Il mondo
sotto controllo
Politica e civiltà
Perverse
alchimie italiane
tenzione: forse lo stiamo sopravvalutando. Egli sarebbe
un razzista se fondasse la sua scelta su una teoria delle
razze, contenente un principio capace di giustificare la
superiorità di una di esse, una descrizione del divenire
storico degenerativo, un’opzione politica (distorta) per
porvi rimedio. Questi è un razzista.
Fuori da tali requisiti, si è solo incivili, e ignoranti. Negli
ultimi mesi qualche esponente della Lega si è dimostrato
tale, qualcun altro – stavolta dal Pdl – ha invece pensato
fosse doveroso distinguersi dalle parole pronunciate da
papa Francesco a Lampedusa, e altri ancora si sono cimentati sui temi dello ius soli, dell’abolizione del reato
di clandestinità, con scarsa dottrina e penosa intellettualità. Rigurgiti razzisti? No, peggio (se è possibile trovare
qualcosa di peggio dal razzismo).
Quanto sta avvenendo è tipico delle società semplici, ad
uno stadio per niente avanzato della civilizzazione. Mentre ogni cosa pare sfasciarsi, e non si sa più chi è con
te e chi contro, meglio dirottare la rabbia su qualcuno
di fuori, così da ricompattarsi in vista di un comune nemico. È la cronaca di questi tempi: mentre ci troviamo
di fronte al declassamento subìto da parte di un’agenzia di rating, mentre il fior fiore del made in italy ripara
all’estero, mentre si profila un nuovo intervento autunnale sui conti pubblici dello Stato, meglio rispolverare
un razzismo ignorante, che fa sempre presa in tempi di
incertezza sociale. Aggiungiamoci un pizzico di scoramento e un vago senso di colpa – per avere in questi anni
dato fiducia a leader tanto sorridenti quanto arroganti,
a partiti democraticissimi incapaci di ascoltare la base,
a movimenti così nuovi da risuscitare i processi politici
del Politburo – e la perversa alchimia è fatta. Incertezza,
senso di colpa, dirottamento del rancore sociale: l’Italia
è una polveriera. A meno che non si riparta proprio dagli
stranieri, dalla gestione efficace delle migrazioni, dallo
ius soli, dell’abolizione del reato di clandestinità. Ne va
della nostra civiltà.
L’impegno di
tutti i lavoratori
produce la vera
ricchezza di un
Paese.
Edward
Snowden, ex
informatico
dell’Agenzia di
sicurezza Usa.
Il ministro
dell’Integrazione
Cecile Kyenge,
oggetto di
pesanti insulti.
D. Stinellis/AP
Essere razzisti è una cosa seria: sbagliatissima, terribile, ma seria. Quando incolpiamo qualcuno di razzismo, facciamo at-
M. Scrobogna/LaPresse
di Alberto Lo Presti
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
7
P r i m Aot t pu ai lai nt ào
ASPETTANDO LA RIPRESA
di Paolo Lòriga
LA BOLLENTE
ESTATE
DEI DISOCCUPATI
BREVI, VICINE, SOBRIE. QUESTE LE VACANZE
PER CHI PUÒ FARLE. MENTRE OLTRE METÀ
DEGLI ITALIANI SMALTIRÀ IL CALDO
TRA LE PARETI DOMESTICHE
N
on parliamo di ferie, per favore.
Almeno in questo periodo. È
inopportuno farlo in pubblico e
risulta disdicevole accennarne
in piccoli capannelli. Si può infatti ferire una persona o un’intera
famiglia credendo invece di entrare
in un argomento di totale amenità, su
cui scherzare. Quest’estate, infatti, il
tema rasenta un tabù. Prima di tutto
perché per andare in vacanza c’è ancora bisogno di disporre di un gruzzolo di soldi. Motivo sufficiente per
spiegare che oltre la metà degli italiani
non partirà per le ferie. Non siamo al
drammatico 73 per cento dei greci, ma
il dato registrato nel nostro Paese non
ha precedenti negli ultimi decenni. La
conferma della singolarità della situazione giunge pure da Viabilità Italia, il
contro di coordinamento del ministero
dell’Interno: in quest’estate non ci sarà
bisogno di partenze intelligenti, né per
andare, né per tornare. Già dai primi di
luglio non era prevista alcuna giornata
di traffico da “bollino nero”.
8
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Non sono programmate vacanze
lunghe o medie. Per tutto il periodo
estivo si opterà per tempi di svago
in dosi omeopatiche, da scaglionare
nei fine settimana. L’imperativo categorico obbliga alla sobrietà: si taglia sulla durata, si riduce la distanza
delle mete, si abbassa il livello degli
alloggi, si elimina ogni comfort.
Parlare di ferie vuol dire avere
le ferie. Disponibilità che rimanda
a un’assunzione. Mentre sono sempre di più quelli usciti dal circuito
produttivo. A maggio è stata toccata
la punta massima, con un 12,2 per
cento, il valore più alto degli ultimi 36 anni, e con un incremento
dell’1,8 per cento rispetto allo stesso
mese del 2012.
Ormai si viaggia ad una media di
28-30 mila posti di lavoro persi ogni
mese. Sono coinvolti soprattutto maschi adulti e capifamiglia, con quel
che ne consegue non solo in termini di
ferie. L’estate non arride nemmeno ai
Vacanze vicino a casa, prendendole
come un gioco. Anche se la spiaggia
non è un granchè.
giovani tra i 15 e i 24 anni, che ancora
in 650 mila provano a cercare lavoro.
Dovrebbe essere l’ultima estate di
una sin troppo lunga crisi, sfociata per
l’Italia in piena recessione. Incoraggianti previsioni giungono dalla federazione delle imprese elettroniche ed
elettrotecniche, che dichiara fiduciosa:
«Prevediamo 4 mila assunzioni entro
il 2013». Questa speranzosa affermazione non attenua tuttavia l’amarezza
con cui chi non ha lavoro vive questa
estate. Non tutti possono improvvisarsi animatori per villaggi turistici,
camerieri di sala e ai piani, pizzaioli
e portieri notturni – profili professionali richiesti in estate –, né trasferirsi
laddove si effettua la raccolta di frutta
e verdura, sino alla vendemmia di
settembre (100 mila posti, secondo la
Coldiretti).
Resta vero che proprio la stagione
estiva accentua la stato di malessere
di chi non ha lavoro. La situazione
è molto più dolorosa quando a perdere il lavoro sono (nella maggior
parte dei casi) i capifamiglia, perché si produce un effetto domino su
tutta la cerchia familiare. I progetti
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
9
Primo piano
LA BOLLENTE ESTATE DEI DISOCCUPATI
Veneto
Casa propria come meta estiva
estivi di tutti i componenti devono
spesso subire ridimensionamenti o
cancellazioni e il padre si trova talora pressato dal fatto di non poter
più garantire lo standard consueto né
delle ferie, né del tenore di vita.
Psicologi e sociologi concordano
nel descrivere lo stato mentale di profondo smarrimento che si produce in
chi non ha più occupazione. Se poi il
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
trauma investe una persona con una
fragilità soggettiva, il quadro si complica. Quando poi la rete di relazioni
umane è lacerata o, peggio, assente, lo
smarrimento diventa panico ed è quasi
automatico sfociare allora su versanti
più drammatici, come la perdita d’identità e i sensi di colpa, che fanno
balenare come risolutiva la decisione
di farla finita. Si ha vergogna di essere
M. Pinca/AP
Non è la sorte capitata a Mirco Castello, 58 anni, da quattro senza occupazione. Eppure per
vent’anni ha ricoperto un ruolo di responsabilità in una nota azienda di abbigliamento con
sede nella sua Vicenza. Viaggi all’estero, padronanza del francese e del rumeno, ma, quando
la crisi s’è fatta pesante, è stato messo in mobilità.
«Mi sono trovato senza identità, perché il lavoro ti fa essere. Ferito nell’autostima, perché
non sai più come mantenere i tre figli e uno standard di vita. Privato del futuro, perché non
governi più la tua vita». Al corso di riqualificazione, la doccia fredda: i dati indicavano che
in Veneto a 55 anni solo il 5 per cento ha la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro. Gli
chiedono se ha qualche passione su cui provare a riciclarsi. Mirco ha fatto mimo, conosce le
danze popolari. Ma come viverci?
«Mi sono specializzato in musiche e danze per l’educazione emotiva e relazionale dell’infanzia sino alle scuole primarie. Viaggio per l’Italia, ho aperto un sito apprezzato (www.ledanzedimirco.it), sono sempre più conosciuto. Questo mi consente di restare impegnato, ma
non ricavo che poche entrate nette». Meno male che un parente lo aiuta e periodicamente
si reca in Emilia a rifornirsi presso il Banco alimentare. Ha pure dovuto chiedere aiuto alla
Caritas del paese. Commenta: «Sono un ricco che fa fatica a diventare povero». Gli mancano
sette anni di contributi per andare in pensione, ma non sa dove trovare 6 mila euro all’anno.
Spera che il suo nuovo lavoro gli permetta maggiori entrate, ma sa bene che le scuole non hanno
risorse e che dietro agli altri inviti c’è spesso solo un rimborso delle spese vive. Come trascorre
l’estate? «Come tutte le altre famiglie con disoccupati che abitano qui vicino, cioè a casa. Con moglie e due figli che danno ripetizioni. Lo stipendio di lei ci permette di arrivare solo a metà mese».
A. Treves/LaPresse
Quale miglior augurio per la stagione estiva che trovarsi disoccupata il 15 giugno? Mariangela Manighetti cerca di farsene una ragione, ma è molto dura per chi si trova per la prima
volta senza lavoro qui a Treviso, nel mitico (un tempo) Nord-Est. Per di più a 51 anni, due
figli all’università e la non esaltante qualifica di impiegata amministrativa. «Mi sono sentita
disorientata, in preda al timore, chiedendomi chi mai ora avesse bisogno di me. È subentrata
la sfiducia nelle mie capacità, la paura del futuro, la preoccupazione degli otto anni di contributi da versare per andare in pensione». Il sostegno è arrivato dalla famiglia e dalla cerchia
delle amicizie autentiche. Ha puntato sul realismo del presente, in cui restare attiva, interessandosi subito dei corsi di riqualificazione. Come vive questa estate? «Eravamo abituati a
una vita senza sprechi, ma adesso c’è incertezza in famiglia. Ci stiamo interrogando se fare
e come fare qualche giorno di ferie. Se lo chiedono anche nella mia via, dove abitano tanti
disoccupati, soprattutto donne. Qui ritrovare lavoro è più facile per gli uomini».
senza lavoro, ci si sente non capiti, si
preferisce mentire nella speranza di
conservare un minimo di dignità.
Sembra paradossale, ma nei confronti di questi pesanti contraccolpi si
registra una migliore risposta dei giovani. Motivo? Le nuove generazioni
– chiariscono gli esperti – sono più
attrezzate a vivere nell’incertezza, a
mutare condizione e impiego, a stare
Baldieri/LaPresse
Caschetti gialli a Milano
per manifestare contro
i posti perduti. La Indesit
taglia migliaia di dipendenti.
nella precarietà quotidiana rispetto
agli adulti che hanno sempre lavorato
e poi si ritrovano a 45-50 anni senza
futuro professionale.
I capifamiglia, come già accennato, vivono la disoccupazione con
una sofferenza particolare: se i figli
sono piccoli, per una ragione, se sono
all’università, per un’altra. Cambiare
stile di vita è comunque imposto a
tutti. La disoccupazione mette alla
prova anche il rapporto coniugale,
tanto che non sono rare le tensioni
che portano alla separazione.
Per le donne, il vuoto del lavoro
esterno non è compensato da una
maggiore disponibilità per la famiglia,
né dal fatto che il marito porti a casa
un buon stipendio. Anzi, questa giustificazione non fa cogliere l’entità della
ferita che si produce in una moglie e
madre improvvisamente disoccupata.
Ebbene, il periodo estivo accentua questi drammi, che coinvolgono
non solo la dimensione professionale,
ma anche quella umana. È difficile
perciò approntare per i tanti senza
lavoro – che sono molti di più degli
oltre tre milioni e 140 mila disoccupati registrati – un presidio che possa
offrire qualcosa di più di un corso
di riqualificazione professionale, di
uno sportello di orientamento o delle
tante iniziative che cercano di favorire il reinserimento lavorativo.
Ben pochi gruppi di sostegno ai
senza lavoro o di auto-aiuto tra disoccupati esistono in giro per la Penisola,
tanto che nemmeno alcuni studiosi
consultati ci hanno saputo offrire in-
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
11
Primo piano
LA BOLLENTE ESTATE DEI DISOCCUPATI
La raccolta estiva di frutta
e verdura dovrebbe occupare
100 mila persone. Sotto:
la sociologa Rita Amatore.
dicazioni, valutazioni e ricerche. Abbiamo rintracciato gruppi che si incontrano con regolarità alla Camera
del lavoro di Milano. Sono piccoli percorsi ma dal grande significato, perché
viene riconsegnata all’ex lavoratore,
nella condivisione reciproca della
propria sorte, la dignità di persona. Si
tratta di una frontiera inedita e impegnativa, che costringe sindacati e
associazioni di tutela a rimodellare la
presenza sul territorio.
«Il fatto di venire ascoltati può sembrare banale – riferisce in tutte le occasioni Corrado Mandreoli, della Camera del lavoro di Milano –, ma tanta
gente che viene da noi ha l’urgenza di
essere ascoltata. Il gruppo, attraverso
la risorsa della relazione, possiede la
forza di rimettere in piedi le persone».
E aggiunge: «Sono scenari che stiamo
cercando di portare all’interno dell’attività sindacale, perché ci accorgiamo
che non c’è futuro se non ripartiamo
dalla cura della relazione, che vuol dire
la cura della condizione di vita delle
persone. Nei luoghi di lavoro vanno riportati i temi del clima, delle relazioni,
dei linguaggi, degli atteggiamenti. Ma
non è un approccio intimista, perché
si tratta proprio di riconsegnare alla
persona il suo valore».
Saremmo desiderosi di venire a
conoscere analoghe iniziative dai
lettori per farne una mappa nazionale. Costituirebbero l’occasione per
condividere meglio il dramma dei disoccupati e sollecitare come singoli e
come società civile tutte le opportune
misure per vivere con loro il doloroso
presente e per sollecitare iniziative
politiche ed economiche, nazionali e
locali, per far ripartire l’Italia. Con la
speranza che questa sia l’ultima estate
in cui è sconveniente parlare di ferie.
Paolo Lòriga
12
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Puglia
Mare vicino
lavoro ancora “lontano”
«Se parlo di persone che hanno perso il lavoro, mi riferisco agli
adulti. I giovani, qui a Foggia, non hanno generalmente mai avuto
un contratto», chiarisce la sociologa Rita Amatore, consulente, insegnante e collaboratrice delle Acli.
Quali sono a Foggia le tipologie dei disoccupati?
«La maggior parte lavorava nell’edilizia e quasi tutti sono padri di famiglia. Le donne sono le grandi escluse dal mercato del lavoro, soprattutto perché in gran numero il loro livello d’istruzione
è basso: svolgono prevalentemente impieghi precari e sono le prime a venire mandate a casa».
Quali gli stati d’animo da lei riscontrati su chi perde il posto?
«I più disorientati sono gli uomini. Si sentono inutili dopo una vita di lavoro e subentra uno
stato di isolamento. Vengono aiutati dai genitori o dalla moglie che fa qualcosa in nero, spesso assistendo gli anziani o pulizie domestiche. Gli uomini non sono abituati a dare un aiuto in
casa e così li consigliamo di rendersi subito utili in famiglia».
Ci sono iniziative estemporanee o programmi davvero efficaci?
«Ho collaborato a “Flexy family”, un progetto nazionale delle Acli per sostenere le famiglie in difficoltà. Abbiamo organizzato seminari sulla ricerca del lavoro e in tale percorso è sorta un’esperienza di aiuto tra disoccupati, accompagnata e sostenuta anche da esperti per offrire un sostegno
psicologico e soprattutto morale. Il progetto s’è concluso ma il gruppo non ha smesso di vedersi».
L’estate è la stagione più dura per i disoccupati pugliesi?
«La geografia della Puglia consente a tutti di abitare vicino al mare, per cui anche senza lavoro
e senza stipendio, tutte le famiglie si arrangiano e riescono a trascorrere qualche giorno sulla
spiaggia. Ma questo svago non è per loro di aiuto, anzi. Si acuisce il disorientamento. Quando
è stato comunicato ai componenti del gruppo che in agosto ci sarebbe stata una pausa, tutti
erano delusi e dispiaciuti, perché sarebbe venuto meno un riferimento per loro prezioso».
ANCHE I SASSI PENSANO
Ping Pong
di Vittorio Sedini
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
13
UFFICIALMENTE SCOMPARSO
IL RINOCERONTE NERO
Africa
L’ultimo
volo
AP
A
ppeso come un capretto, la testa
in giù, gli occhi bendati, l’aria
rarefatta su un paesaggio che non
ha nemmeno potuto ammirare.
È, probabilmente, l’ultimo volo
che trasporta un rinoceronte nero
nel tentativo disperato di evitare la
scomparsa della specie. Nel parco
nazionale del Limpopo in Mozambico, una
grande riserva naturale, estesa su oltre
un milione di ettari, i rinoceronti neri
sono ufficialmente estinti. Da gennaio
se ne sono perse le tracce e «molto
probabilmente significa – ha dichiarato il
direttore del parco Antonio Abacar – che
quelli che vivevano all’interno del parco
sono morti»: complici gli stessi addetti
al parco coinvolti nel bracconaggio per
il commercio illegale dei corni richiesti
sui mercati cinesi e vietnamiti per le
loro proprietà afrodisiache e curative.
Nel 1979 erano 65 mila gli esemplari che
pascolavano nel continente africano,
nel 1993 poco più di 2 mila, e oggi si
parla di rischio di estinzione anche
per il rinoceronte bianco dell’Africa
settentrionale e il rinoceronte dell’Asia.
Ogni corno di rinoceronte vale 60 mila
dollari, più del valore dell’oro e dopo il
traffico di armi e di droga, e i proventi
del bracconaggio sono il terzo mercato
illegale più redditizio della criminalità
organizzata.
Gabriele Amenta
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
15
PROTEZIONE CIVILE
di Aurelio Molè
LaPresse
Attualità
PER UNA MATURA
CULTURA DEL RISCHIO
T
erremoti, incendi, il naufragio
della Costa Concordia. Eventi, calamità, catastrofi imprevedibili che lo costringono ad
una vita costantemente sotto
stress per affrontare le emergenze
nazionali. Dal novembre 2010 il viareggino Franco Gabrielli, 53 anni, è a
capo del dipartimento della Protezione civile con compiti, come stabilito
dalla legge del 2012, solo di attività di
prevenzione, e non di messa in sicurezza strutturale del territorio.
Dal 2010 le risorse per la Protezione civile sono diminuite del 56 per
cento. Sono peggiorate la qualità e
l’efficienza degli interventi?
«Sono diminuite le risorse disponibili e la Protezione civile non è più
16
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
LA VERA PREVENZIONE DIPENDE DAL SINGOLO,
DALLA FORMAZIONE, DALLA SENSIBILIZZAZIONE
DEI CITTADINI. INTERVISTA A FRANCO GABRIELLI
competente per interventi strutturali, azione rimandata, come è corretto che sia, alle amministrazioni
competenti in ordinario. Nonostante
questi cambiamenti non semplici da
affrontare la qualità e l’efficienza
degli interventi non hanno subìto alcuno scossone, grazie alla professionalità e alla preparazione di tutte le
componenti e strutture operative del
Servizio nazionale della protezione
civile».
Pianificazione e prevenzione. Cosa
si può fare per limitare il fenomeno
degli incendi boschivi in estate?
«I singoli, le amministrazioni locali, le regioni avrebbero dovuto iniziare a occuparsene prima dell’inizio
della stagione estiva. Bisogna curare i
boschi, tenerli puliti, magari piantare
specie resistenti al fuoco, diradare la
vegetazione ed eliminare gli arbusti,
delimitare le zone con viali tagliafuoco, ripulire le scarpate e i margini
stradali e ferroviari. Fondamentale,
poi, è l’informazione alla popolazione, dai bambini agli adulti, che indichi con chiarezza i comportamenti
da tenere, prima, durante e dopo un
eventuale incendio. Inoltre, come previsto dalla legge quadro sugli incendi
boschivi, le regioni devono definire i
piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, avendo come obiettivo primario la riduzione delle superfici boscate
percorse dal fuoco».
Quali sono le criticità degli interventi per la “Costa Concordia”?
«Il progetto di rimozione della
Costa Concordia è pieno di criticità
perché fatto di numerose incertezze
e perché definito senza avere alcuna
letteratura precedente cui riferirsi.
La situazione nella quale si sta operando è estremamente complessa: la
nave si trova in mezzo al mare, in
balia delle condizioni meteo-marine.
A ciò si aggiunga la realizzazione
di opere davvero imponenti, propedeutiche per il raddrizzamento della
Concordia e il successivo galleggiamento. Tutto questo, ovviamente, sta
avvenendo in un ambiente marino
protetto, per preservare il quale è
necessario mettere in campo ogni
possibile azione di mitigazione del
rischio ambientale».
Terremoto – Io non rischio (www.
iononrischio.it): ha come attori principali i volontari di Protezione civile,
formati adeguatamente per scendere
nelle piazze della propria città e sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico. Credo, infatti, profondamente
alla capacità del volontariato organizzato di Protezione civile di essere
un positivo strumento di diffusione
di una matura cultura del rischio».
Come si può diffondere una cultura
della protezione civile?
«Innanzitutto armandosi di pazienza. Lavorando con costanza,
dandosi degli obiettivi raggiungibili
per gradi, credo si potranno apprezzare i primi frutti tra alcuni anni.
Bisogna coinvolgere il più possibile
tutte le strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, ma soprattutto i cittadini. Tra le
campagna di informazione ricordo
Quale il ruolo del singolo cittadino e
delle comunità nelle criticità elevate?
«La vera prevenzione, così come
un’efficace risposta in emergenza,
dipende grandemente dall’azione del
singolo. Egli, al posto di aspettare
messianicamente l’arrivo degli aiuti
dall’esterno, dovrebbe attivarsi in prima persona per mettere in sicurezza
la propria incolumità e quella dei suoi
cari, così da essere in prima persona
uno stimolo per quella che noi definiamo “comunità resiliente”».
Domenico Salmaso
Franco Gabrielli,
capo del dipartimento
della Protezione civile.
Sotto: l’alluvione
di Vernazza, in Liguria.
A fronte: per gli incendi
boschivi, frequenti in
estate, si può chiamare
il numero gratuito 1515.
In questi anni che idea si è fatto dei
volontari della Protezione civile?
«Sono la parte migliore del Paese.
Oltre a essere cittadini impegnati e
generosi, sono professionisti che si
formano, si preparano, si esercitano
per essere in grado, in ogni situazione, di intervenire ogniqualvolta sia
necessario per il territorio».
Con un incarico del genere la notte
si può dormire tranquilli?
«In ventotto anni di servizio nella
pubblica amministrazione ho avuto
il piacere e l’onere di svolgere molti incarichi di “frontiera”, ma quello
attuale si caratterizza per un specifica condizione di sollecitazione e di
stress, poiché basato per la gran parte degli argomenti sull’incertezza.
La tensione c’è sempre, così come i
pensieri verso le maggiori criticità
del Paese, ma le soddisfazioni umane
e professionali compensano di gran
lunga questo disagio».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
17
Attualità
N
on è una semplice coincidenza che la prima enciclica di
papa Francesco porti la data
del 29 giugno, festa degli apostoli Pietro e Paolo. Perché il
compito specifico di Pietro, di cui
il vescovo di Roma raccoglie l’eredità, è quello di confermarci tutti
nella fede. Mentre, dunque, volge al
termine l’anno dedicato alla fede, si
attendeva una parola autorevole dal
papa. E Francesco, a tre mesi dalla
sua elezione, l’ha voluta dire facendo suo il testo che, a grandi linee,
già era stato preparato da Benedetto XVI. Offrendoci così, tra il resto,
un gesto di convinta fraternità. Altrettanto significativo è il fatto che
questa enciclica veda la luce entro
la cornice del cinquantesimo anniversario del Vaticano II. Il quale –
sottolinea papa Francesco – è stato
«un Concilio sulla fede»: perché ha
richiamato i cristiani al primato di
Dio. Di qui il titolo dell’enciclica
che decisamente ne esprime il tono e l’obiettivo: lumen fi dei, la luce
della fede.
Quello della luce, in verità, è un
simbolo antico come il mondo che è
esploso nella coscienza dell’umanità
con l’avvento di Gesù. Perché è l’esperienza della fede in lui come Figlio del Padre, che ci fa figli con sé e
fratelli tra noi, il principio e il sigillo
dell’esperienza cristiana. Testimoniarlo oggi, con la vita e la parola,
è la grazia e la responsabilità che
investe i discepoli di Gesù. Anche
perché, nonostante molte e grandi siano state le esperienze di segno contrario, lungo i secoli della modernità si è potuti giungere al paradosso
di bollare la fede come principio di
oscurità e di chiusura.
No! Papa Francesco lo sottolinea
con forza, la fede è fonte di luce e
di libertà. Tanto che la sua formula
breve è riassunta così dall’apostolo
Giovanni: «Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio
18
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
PRIMA ENCICLICA
di Piero Coda
LA FEDE
DI FRANCESCO
LA “LUMEN FIDEI” APRE PROSPETTIVE
SU VERITÀ, CHIESA E CITTÀ.
RACCOLTO IL LAVORO DI BENEDETTO XVI
«La fede non è
intransigente,
ma cresce nella
convivenza che
rispetta l’altro.
Il credente
non è arrogante».
ha per noi» (1Gv 4,16). La fede è
esperienza di luce perché è esperienza di amore. Dell’amore gratuito e preveniente di Dio che ci
fa nascere a vita nuova e che, così
ricevuto e accolto, trasforma i cuori facendoci capaci di amare come
Gesù ha amato. È da questo centro
incandescente che si dipartono le
tre linee di approfondimento offerte
dall’enciclica alla nostra meditazione: il rapporto tra fede e verità, fede
e Chiesa, fede e città.
Fede e verità, in prima battuta.
In proposito, papa Francesco fa due
significative affermazioni. Dice, per
cominciare, che la fede non solo
«guarda a Gesù», ma «guarda con
gli occhi di Gesù». Chi vive di fede,
in altre parole, ha gli occhi illuminati dall’amore di Dio e con questa
luce negli occhi guarda alle persone, alle situazioni, alla sua storia
personale e alla storia del mondo.
Per scoprirvi la presenza, spesso
nascosta e contrastata, di questo
amore e per farla lievitare nel segno
della libertà e della giustizia. Proprio per questo – ecco la seconda
e conseguente sottolineatura – «la
fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta
l’altro», così che «il credente non è
A. medichini/LaPresse
arrogante» ma «umile, sapendo che,
più che possederla noi, è la verità
che ci abbraccia e ci possiede».
Di qui il significato del rapporto
tra fede e Chiesa. Perché nella fede
impariamo a conoscerci e amarci
gli uni come membra degli altri. A
cominciare da chi vive «nelle periferie della storia». La Chiesa, con
l’amore tenero e forte di una madre,
ci comunica la fede e così ci educa
all’esercizio della fraternità: col battesimo e l’Eucaristia, segni efficaci che ci rivestono di Gesù; con la
confessione convinta e consapevole
Il volto sorridente e costantemente
proteso verso gli altri.
Papa Francesco testimonia così la
sua fede in Dio che è Amore.
del Credo, che accorda il ritmo del
nostro cuore e della nostra mente al
cuore pulsante di tutto l’essere: l’amore della Trinità; con la preghiera
del Padre nostro, in cui sperimentiamo la nostra identità di figli veri
dell’Abbà; con la vita del decalogo
illuminato dall’annuncio delle beatitudini, che ispira il nostro cammino.
In tal modo – ecco il punto d’arrivo dell’enciclica – la fede traccia
un’architettura nuova e liberante
dei rapporti umani e sociali. E diventa, nella città, «luce creativa per
ogni momento nuovo della storia».
Un auspicio e una promessa che i
gesti di papa Francesco c’invitano
con coraggio e con gioia a tradurre
in realtà. Facendo nostro l’atteggiamento di Maria, icona viva e madre
premurosa della fede e della speranza, che con semplicità e fermezza
«c’insegna a guardare con gli occhi
di Gesù».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
19
Attualità
CITTÀ NUOVA NEL MONDO
a cura di Carlo Celafoni
EUROPA
AP
RISPOSTE ALL’INVERNO
DEMOGRAFICO
COSA FA IL VECCHIO CONTINENTE DAVANTI AGLI 11
MILIARDI DI ABITANTI PREVISTI SULLA TERRA
NEL 2050? IN GERMANIA, AD ESEMPIO…
20
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
D
i solito nel mese di agosto il quotidiano istituzionale italiano per
definizione (il Corriere della
Sera che accende continuamente
battaglie per il suo controllo) riporta l’appello di un noto politologo
che denuncia la necessità di fermare
AP
la crescita demografica del pianeta
per non andare verso la distruzione.
A giugno del 2013 le Nazioni Unite
hanno corretto al rialzo le previsioni
al 2050 della popolazione mondiale:
da 10,1 a 10, 9 miliardi di persone.
La questione, anche se regolarmente
rimossa, sollecita i più accesi dibattiti
sulla necessità di promuovere i mezzi
anticoncezionali soprattutto tra i Paesi
in via di sviluppo o, al contrario, di
fermare la speculazione sul prezzo del
cibo che, più dell’aumento delle bocche
da sfamare, genera grave sofferenza. In
questo quadro generale il continente
africano presenta una dinamica inversa
a quell’inverno delle nascite che contraddistingue l’Europa, Italia in testa. Il
tasso di fecondità di 2,1 figli a donna,
che può assicurare il mantenimento del
livello demografico di una nazione, è
lontano da essere lambito e non si vedono segni in controtendenza con problemi sociali crescenti: chi pagherà le
pensioni e i servizi sociali?
Come riportano le previsioni delle
Nazioni Unite, l’Africa raddoppierà il
numero di abitanti nel 2050 (da 1,1 a
2,4 miliardi) surclassando l’Europa.
Ogni simulazione ovviamente è da
prendere con le pinze anche perché
certi Paesi africani che si affacciano
sul Mediterraneo presentano tassi di
fecondità sempre più simili a quelli
del Vecchio Continente.
Le carrette del mare, che approdano a Lampedusa, lasciando un pesante carico di vite in mare, nei campi
di detenzione e nei deserti africani,
sono solo una parte esponenziale del
flusso migratorio che agita e interroga
l’Europa. Riportiamo il contributo
della redazione tedesca di Città Nuova
per capire come la grande Germania,
Paese guida del Continente che attira
anche la nuova emigrazione italiana,
sta affrontando questo fenomeno che
suscita intelligenti e mirate scelte politiche capaci di rispondere ad antichi
timori e prospettare nuovi orizzonti di
reciprocità.
Popolazione dell’Europa e dell’Africa: 1950-2100.
Stime Onu e previsioni
La cancelliera
tedesca Merkel,
a Berlino, presso
un centro dedicato
alle giovani
famiglie. A sinistra:
grafico Onu con la
previsione della
diversa tendenza
demografica in
Africa ed Europa.
A fronte: immagine
emblematica del
calo delle nascite
in Europa.
GERMANIA. SOLIDITÀ E CREATIVITÀ
ALLA PROVA DEI FATTI
di Bernd Klotz Neue Stadt – Germania
Il profilo demografico della Germania è caratterizzato dal fatto che,
sin dal 1972, il tasso di mortalità
è più alto di quello di natalità. La
popolazione pertanto è in continua
diminuzione dal 2003: alla fine del
2005 vivevano in Germania circa
82 milioni e 400 mila persone - di
cui quasi un terzo in città con più
di 100 mila abitanti -, mentre per il
2050 è prevista una popolazione di
69,4 milioni di persone. Ciò significa
13 milioni in meno di quella attuale,
con un ritorno ai livelli degli anni
Cinquanta.
Il cambiamento demografico ha
un impatto profondo sulla vita nelle
città e nei paesi. Questo è legato sostanzialmente alla misura in cui una
regione è più o meno catalizzatrice
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
21
EUROPA. RISPOSTE ALL’INVERNO DEMOGRAFICO
per l’immigrazione, a seconda
del suo sviluppo economico:
se una zona ha successo attrae
immigrati, mentre quelle con
una base economica debole
corrono in rischio di cadere,
a causa dell’ emigrazione, in
una spirale di crisi sempre più
accentuata. Qui però possono
offrire opportunità interessanti le moderne tecnologie di
comunicazione, consentendo
un’ organizzazione del lavoro
vantaggiosa sia per le aziende
che per la popolazione: il lavoro da casa è in questo senso
un concetto chiave.
Inoltre il cambiamento
demografico si ripercuote direttamente e sensibilmente
sull’ambiente di vita di molte
persone nelle aree di campagna: i pendolari devono affrontare trasferte più lunghe
per la scuola o per il lavoro,
mancano nuove leve per le
organizzazioni e i servizi di
soccorso mentre fornitori e rivenditori si tirano indietro, gli
edifici rimangono vuoti, e il finanziamento delle infrastrutture locali
diventa più oneroso.
L’aumento del costo della vita in
Germania si pone come una questione critica in relazione all’ invecchiamento della popolazione.
Sempre meno lavoratori si trovano
a sostenere sempre più pensionati, e
nonostante le misure di stabilizzazione varate dal governo, le pensioni
pubbliche non saranno più sufficienti
a mantenere il tenore di vita finora
conosciuto. La previdenza complementare sta quindi assumendo
un’ importanza sempre maggiore,
per quanto ancora non paragonabile a quella raggiunta in altri Paesi
dell’Europa meridionale.
Si pone quindi la domanda: come
sarà il futuro della comunità? L’
22
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
famiglia che al lavoro: asili
aziendali, il lavoro da casa e
corsi di formazione anche per
gli uomini. Il congedo parentale anche per i padri ha dimostrato di essere una soluzione
efficace per conciliare famiglia e carriera.
Anche i progetti di integrazione per immigrati stanno
richiedendo una rinnovata attenzione: fino ad ora, infatti,
l’impiego di professionisti immigrati spesso non ha avuto
successo, perché i titoli di
studio acquisiti all’estero non
vengono sempre riconosciuti
in Germania.
AP
At t ualità
Neonati di un reparto pediatria
in India. Per il 2050 l’Onu prevede
11,9 miliardi di abitanti sulla Terra.
Il tetto dei 7 miliardi è stato
toccato nel 2011.
analisi delle tendenze demografiche
pone l’attenzione su temi quali la famiglia, l’immigrazione e gli anziani:
saremo meno, più vecchi e multiculturali. Tutti concordano sul fatto che
le famiglie giovani debbano essere
tenute in maggiore considerazione:
soprattutto per le giovani madri altamente qualificate è importante poter
rimanere nel mercato del lavoro e
proseguire la propria carriera. Per
questo è in fase di elaborazione un
sistema di assistenza “dalla culla alla
scuola”, che garantisca un lasso di
tempo sufficiente da dedicare sia alla
L’evoluzione demografica
offre, tuttavia, anche l’opportunità di pensare a nuove
forme di welfare sia per le
strutture pubbliche che per
quelle private. Le comunità
rurali, ad esempio, possono
offrire la possibilità di assegnare una casa sia alle famiglie con bambini che ai pensionati, o diventare il luogo ideale per
l’ avvio di progetti cosiddetti on demand: autobus per lo shopping, servizi di trasporto verso gli uffici pubblici e le istituzioni, orari di apertura
di “uffici mobili” in loco. Soluzioni
del genere sono già avviate in diverse
zone del Paese.
Questi progetti dimostrano, tuttavia, che le sfide poste dal cambiamento demografico non possono
essere affrontate senza una cultura
della cittadinanza attiva. L’esperienza
insegna che i processi di identificazione sono più semplici nelle piccole
comunità: per questo è importante
avvicinare e attivare i cittadini nei
singoli quartieri. La gente impegnata
vuole rimanere: è questa la migliore
prospettiva demografica.
(traduzione dall’originale
di Chiara Andreola)
Rassegna dedicata a persone con esigenze speciali
e soprattutto, al
grande pubblico che
può interagire con
storie e proposte
attraverso i differenti
canali multimediali
(sito Internet www.
reatechitalia.
it, social network,
mail, newsletter)
e partecipare agli
eventi e alle iniziative
organizzate all’interno
della manifestazione».
Si scrive “Reatech”,
www.reatechitalia.it,
si legge “Autonomia
per tutti”. A Milano dal
10 al 12 ottobre 2013
sarà protagonista la
rassegna interamente
dedicata alle persone
con disabilità e con
esigenze speciali, il cui
obiettivo è mettere a
confronto soluzioni,
servizi e idee per
favorire una vita
davvero accessibile e
valorizzare il grande
potenziale delle
persone con disabilità.
Con questo scopo
preciso, Reatech vuole
infatti porsi come
importante punto di
incontro tra aziende,
associazioni, istituzioni,
istituti sanitari e
scolastici.
La nuova edizione di
Reatech, organizzata
da Fiera Milano
Congressi, si terrà al
Mi.Co Fieramilanocity,
uno tra i più grandi
centri congressi
d’Europa e del mondo
con un’area espositiva
Cosa si trova in
Reatech:
• suggerimenti per
vivere “al meglio”,
grazie a un ricco
palinsesto di eventi
e appuntamenti
formativi e
informativi rivolti a
tutte le fasce di età;
• occasioni di
formazione,
organizzate da realtà
prestigiose e di
grande esperienza,
per ogni categoria
professionale legata
al mondo della
disabilità: dagli
operatori sanitari
agli insegnanti, dai
formatori ai familiari,
con convegni
dedicati al mondo
della disabilità,
alle problematiche
più urgenti, alle
opportunità e alle
soluzioni innovative
disponibili sul
mercato;
• opportunità di
confronto con
centri di ricerca di
eccellenza, istituzioni,
associazioni;
a cura di
Reatech Italia 2013
di 54 mila metri
quadrati, oltre 70 sale
e capace di accogliere
20 mila persone.
Quest’anno, inoltre,
la grossa novità è che
all’interno di Reatech
si terrà l’inaugurazione
dell’ottava giornata
paralimpica del
Comitato italiano
paralimpico (Cip).
«Guardare
all’accessibilità e
all’inclusione significa
rendere veramente
efficiente ogni genere
di servizio, dal turismo
all’istruzione, dal
lavoro allo sport,
dalla salute alla
mobilità e aiutare a
vivere meglio adulti
e bambini disabili,
ma anche anziani
e famiglie», spiega
Francesco Conci,
direttore esecutivo di
Fiera Milano Congressi,
organizzatore di
Reatech Italia.
«Oltre a rivolgersi
a professionisti del
settore – operatori,
insegnanti, associazioni
mediche e scientifiche,
aziende del settore,
enti pubblici e scuole
– con convegni di alto
livello scientifico,
laboratori e seminari
nei vari settori di
riferimento, Reatech
si rivolge anche,
CITTADINANZA
di Carlo Cefaloni
• momenti per
incontrarsi,
socializzare,
divertirsi e “toccare
con mano”
soluzioni che
consentono una
vita autonoma;
• idee innovative per
la fruizione degli
spazi domestici
e pubblici;
• proposte per la
mobilità individuale
e per il settore auto
motive;
• suggerimenti per
il tempo libero:
turismo accessibile,
sport, iniziative
culturali.
Le aree di interesse
Oltre ad essere una
rassegna, Reatech
Italia è anche uno
spazio espositivo
dove trovare
soluzioni, progetti,
best practice e
servizi per persone
con disabilità e per
le loro famiglie
in diverse aree:
mobilità individuale,
ausilii; istituzioni,
istruzione e
formazione;
adattamento
ambienti; smart
city; auto motive;
lavoro; nutrizione;
sanità; sport; viaggi
e tempo libero;
ortopedia; banche e
assicurazioni; arte e
cultura; domotica.
Per approfondimenti e
maggiori informazioni:
www.reatechitalia.it
Referendum comunale
«Ho seguito il caso di Bologna, per cui chiedo se è possibile
dappertutto il referendum comunale. E che potere ha davvero?».
Giovanni Lubecca - Torino
La legge elettorale in vigore nei comuni permette ai sindaci di avere,
di solito, una forte maggioranza in consiglio con il rischio che le scelte
della giunta vengano ratificate dal consiglio comunale senza un vero
dibattito in aule, dove, per di più, la presenza dei cittadini è molto
rara. Grandi investimenti in denaro ed energie si hanno al momento
del voto con la conseguenza, però, di produrre, alla fine, una delega
irresponsabile.
Il referendum può essere un’occasione per entrare nel dettaglio delle
scelte concrete che una comunità cittadina è chiamata a compiere. Ogni
comune ha il suo statuto che può prevedere la consultazione popolare in
certe materie. Ovviamente anche un referendum può essere manovrato
con risposte preconfezionate oppure si può fornire a tutti la spiegazione
del caso da decidere (ad esempio, la destinazione di un’area pubblica)
investendo sull’informazione tutta la macchina organizzativa e rendendo
accessibile la conoscenza non solo ai tecnici.
Vicenza, ad esempio, da gennaio 2013, ha cambiato lo statuto comunale
affiancando al referendum consultivo (di semplice indirizzo ma non
vincolante) quello propositivo e abrogativo, arrivando a superare il
vincolo di raggiungere il quorum di un numero minimo di votanti per
avere valore. Ovviamente è, invece, significativo il numero di firme
(oltre 5 mila) richiesto per far aprire le urne.
L’esempio, che induce a non rimanere indifferente davanti alle questioni
cittadine, è giunto da alcuni piccoli comuni della provincia di Bolzano e
dallo stesso ente provinciale, ma si può immaginare la crescente pressione
che arriverà, verso forme di partecipazione dal basso, da parte delle tante
realtà presenti e attive nel tessuto sociale come testimonia il Forum italiano
dei movimenti per il territorio e il paesaggio (www.salviamoilpaesaggio.it).
[email protected]
Famiglia e società
LO PSICOLOGO
di Ezio Aceti
«Ho avuto un parto difficile, ma è nata Stella, è
bellissima, ma faccio ancora fatica a sorridere. Mi
sento strana, e spero che
la mia piccola non abbia
conseguenze».
Francesca,
mamma confusa
È arrivato il momento di rendere giustizia.
Sì, noi maschi dobbiamo
rendere giustizia alle nostre donne, a tutto quanto
loro sono e fanno. Vedi,
Francesca, non devi preoccuparti, perché penso
sia normale quello che
provi e ti garantisco che
me l’hanno raccontato
molte mamme. La nascita
di un bambino è sempre
un evento particolare per
la madre che si trova alle
prese non solo dei dolori
dovuti al travaglio, ma anche del conseguente stato
psichico dovuto alle emozioni contraddittorie che
si provano. Dal momento
in cui rimane incinta fino
a dopo il parto, la donna
subisce vari cambiamenti di identità che la fanno
rimanere confusa e fragile. Tutto ciò è normale e
va sostenuto non solo con
leggi apposite che garantiscano l’equilibrio fisico
BAMBINI E MEDIA
di Maria Rosa Pagliari
Chi è il malvivente?
«Quali sono i criteri che usano i bambini per giudicare le scene che vedono in tv?».
Giuliana - Genova
La televisione è una fonte importante per l’apprendimento del giudizio morale nei bambini, in quanto presenta un’ampia casistica del comportamento umano.
Poiché devono ancora interiorizzare gli elementi che
definiscono ciò che è “giusto o sbagliato”, i più piccoli
dipendono fortemente dai rinforzi esterni che insegnano
loro che cosa intenda la società in cui vivono, per ‘buono” o “cattivo”. E mentre guardano la televisione, chiedono spesso un riferimento in proposito, con domande
del tipo: «Quei personaggi sono buoni o cattivi?», nel
tentativo di interpretare il mondo nei termini contrapposti bene/male. I bambini man mano che si avvicinano
26
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
S. Sureck/AP
Le viscere della madre
e psichico alle madri e ai
neonati, ma anche con
una cultura che riconosca
alla maternità la grandezza che merita in termini
di valorizzazione e di promozione. Dal momento
del parto e per tutto il primo anno poi, la madre è
tutto per il bambino, tutto.
Quando il piccolo piange, ella lo accudisce, lo
tranquillizza, rispondendo
alla paura con l’amore,
intorno all’età di sette anni, diventano progressivamente
più capaci di esercitare il giudizio in modo autonomo e
un comportamento sarà giudicato positivo o negativo a
seconda della motivazione che ci sta dietro o delle circostanze in cui si determina. I bambini comprendono
gradualmente che i personaggi televisivi, proprio come
le persone che s’incontrano nella realtà, non sono né
buoni, né cattivi ma sono esseri complicati che possono
agire in modo corretto o scorretto nelle diverse situazioni e nell’ambito di norme culturali complesse.
Un esempio di sviluppo del giudizio morale potrebbe
essere questo: immaginate di presentare ai bambini un
programma in cui si vede una persona che premedita un
crimine. I bambini dai dieci anni in sù saranno in grado
di capire che si tratta di un “malvivente” quando le sue
intenzioni immorali diventano chiare (comprensione
delle motivazioni). Quelli di sette- otto anni lo identificheranno probabilmente come tale nel momento in cui
sta per compiere il suo crimine (dipendono da “indicatori” comportamentali), e i più piccoli capiranno chi
è quando viene arrestato dalla polizia, perché, “ovviamente”, una persona in manette scortata da un poliziotto deve essere un criminale (elementi esteriori).
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VITA IN FAMIGLIA
di Giovanna Pieroni
prendendo su di sé l’ansia
e il pianto del bambino.
Quando il piccolo sta bene, la mamma lo coccola,
lo vezzeggia, infondendo
in lui la gioia e la bellezza
del vivere. Insomma, è soprattutto grazie alla madre
che il bambino impara l’amore gratuito e disinteressato, che sarà fondamentale per il resto della sua
vita. Questo legame, unico
fra la mamma e il bambino, è fonte d’amore continuo e di conoscenza delle
emozioni più profonde,
così che quando poi, dal
settimo al nono mese, il
bambino interiorizzerà la
mamma, porterà in sé questa modalità d’amore. È
talmente importante questa esperienza che alcuni
studiosi francesi e tedeschi hanno affermato che,
quando «l’essere umano
si trova in gruppo con altri, rivive inconsciamente
questa esperienza, proiettando all’esterno l’ansia e
il disagio e introiettando il
positivo e l’amore». È per
questo motivo che a tutte
le donne e le madri, una
società che si rispetti, debba promuovere una cultura della vita e del sostegno
per sostenerle nell’infondere nel piccolo questo amore disinteressato,
specchio della tenerezza
di Dio. Del resto è scritto
nella bibbia che Dio ha in
sé l’autorevolezza del padre e ci ama con le viscere
della madre. Viscere che
sono ciò che di più intimo
uno possa provare e testimoniare.
[email protected]
Vacanza con i suoceri
«Dopo la prima settimana di vacanze al mare, ci hanno raggiunti i miei
suoceri. Durante l’anno stiamo spesso con loro, che bisogno c’era che ci
seguissero anche in ferie?».
Stefania - Livorno
Cara Stefania, i tuoi sentimenti si spiegano con il bisogno di indipendenza che
la necessità doverosa di costruire il vostro nuovo nucleo familiare richiede.
Un’eccessiva vicinanza avvallata magari dal bisogno di un aiuto richiesto
ai genitori può causare alcune volte un disagio nella coppia giovane, come
mi raccontavano due amici: «Noi dovevamo imparare a tagliare il cordone
ombelicale e loro dovevano essere aiutati a comprendere che il dono più
grande che potevano farci era il dono della libertà. L’amore tra di noi è
rifiorito riconquistando la nostra indipendenza. Come coppia adesso siamo
cresciuti, capaci di decisioni autonome, liberi e per questo in grado di amare
di più anche quegli stessi genitori dai quali ci siamo staccati».
Pensando al tuo caso, occorre però anche considerare che la visita non
preannunciata dei tuoi suoceri è pur sempre amore e anche se va privilegiato
il rapporto tra te e tuo marito e con la bambina (che durante le ferie può
trovare nuovo ossigeno), essi meritano comprensione.
Forse saresti stata più contenta di accoglierli quando foste voi ad invitarli, ma
alle volte bisogna anche saper fare quello sforzo di accogliere l’altro senza
remore. E poi, considera che ogni disagio può essere un’occasione di dialogo
e di crescita nel rapporto con tuo marito. Anziché fuggire e trincerarsi contro
qualcosa, rinforza l’intesa con lui. Parlate tra di voi con franchezza e rispetto
per capire come muoversi e costruire con le vostre famiglie un rapporto vivo,
cordiale e indipendente. Se si riesce a trovare nella vita di tutti i giorni un
equilibrio nella distanza/vicinanza e un dialogo rispettoso e sincero, il rapporto
con loro passerà su un piano diverso, in cui i nonni saranno più valorizzati in
quanto tali, diventando una fonte di crescita e sostegno per voi e i nipotini.
[email protected]
Performance
Passo
a due
È
ideatore di performance singolari
che spaziano nell’ambito
della danza contemporanea,
della moda, del cabaret, delle
conferenze-danzate, dello
spettacolo di strada. Dopo un esilarante
assolo in cui, ballando, raccontava
la storia della danza nel Novecento
con tanto di ironici vezzi dei “grandi
maestri”, e dopo un’altra performance
in cui la danza aveva come sfondo una
piscina, ha avuto la brillante idea di
creare un duetto per un danzatore e una
macchina escavatrice. Probabilmente
una fantasticheria dell’infanzia – quella
di avere tutta per sé una vera ruspa –,
ha spinto l’estroso coreografo francese
Dominique Boivin a comporre questa
pièce che mette a confronto un “gigante
pericoloso” con un corpo. Ferro e carne
in contrapposizione, grande e piccolo,
potenza e fragilità: gli opposti che
danzano. E non è da meno l’escavatrice
che, girando lentamente il suo grande
braccio meccanico, sembra eseguire un
elegante manège, suscitando vertigine
e insolita bellezza. Questo singolare
progetto “mobile” e poetico che ha
incassato successi in tutto il mondo (da
Rio de Janeiro alla Grecia, dal Belgio alla
Spagna, dal Sud Africa al Portogallo, agli
Stati Uniti) è stato rappresentato anche
in Italia al festival Bolzano Danza.
Giuseppe Distefano
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
SINGOLARE SPETTACOLO
TRA UN DANZATORE
E UNA MACCHINA
ESCAVATRICE
Attualità
TRA CRISI E RISCATTO
di Pasquale Ferrara
LA GRECIA
ALLA CONQUISTA
DELL’EUROPA
LA SITUAZIONE DEL PAESE ELLENICO A SEI MESI
DALLA PRESIDENZA DI TURNO DEL CONSIGLIO
DELL’UNIONE EUROPEA
«I
parchi elpida!» - C’è speranza! Questo lo slogan che mi
accoglie ad Atene, nella centralissima piazza Syntagma,
ove si svolge un’ordinata e
colorata manifestazione di un movimento evangelico. La mobilitazione
provocata dalla crisi ha anche queste
dimensioni, se vogliamo un po’ millenariste, oltre a quelle della protesta
violenta o dei cortei organizzati. Molto meglio, ovviamente, delle ronde
razziste di Alba Dorata, la formazione di estrema destra che continua a
compiere incursioni di stampo in perfetto stile squadrista, colpendo prevalentemente gli immigrati in nome
della “purezza” etnica e di un nazionalismo aberrante.
Torno ad Atene a vent’anni di distanza da un’esperienza professionale quadriennale, e trovo una città
molto cambiata. Paradossalmente,
il mutamento è avvenuto nella direzione del miglioramento: un nuovo
e moderno aeroporto, grandi arterie
stradali, una efficientissima e ramificata metropolitana, nuove infra-
30
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
strutture sportive e di accoglienza.
Il risultato degli ingenti investimenti compiuti per l’organizzazione dei
Giochi Olimpici di Atene del 2004.
Si tratta, lo so, di un’impressione superficiale. Nella città c’è un
clima dimesso, molti negozi hanno
chiuso nonostante l’industria del turismo, che rappresenta ancora oggi
una fonte di reddito per molte aree
del Paese. C’è poi una desolante ed
eloquente proliferazione dell’accattonaggio, che colpisce persone di
tutte le età ed etnie, compresi molti
giovani greci. L’argomento di cui si
continua a parlare è la chiusura della televisione nazionale greca, la Ert
(2656 posti di lavoro a rischio): una
controversa decisione assunta dal
governo di coalizione che ha provocato l’uscita dalla maggioranza del
partito della “sinistra democratica”
(Dimar) e portato alla formazione
di un esecutivo sostenuto solo da
Nuova Democrazia (centrodestra) e
Pasok (centrosinistra). Una maggioranza a forte rischio, visto che i due
partiti hanno solo 153 parlamenta-
Il restauro in corso del Partenone
è il simbolo del legame tra
Grecia e Unione europea. In alto:
manifestazione contro la chiusura
della tivù pubblica; il premier greco
Antonis Samaras con Merkel,
Hollande e Van Rompuy.
P. Giannakouris/AP
J. Elisele/AP
N. Giakoumidis/AP
ri su 300. Come in tutti i Paesi che
hanno subito l’impatto dell’austerità, c’è una sostanziale sfiducia nella
politica. «Dexià e aristerà (destra e
sinistra), sono tutti uguali», è la risposta standard alla richiesta di un
parere sul governo e sui partiti.
Vista da Atene, la crisi greca e la
tormentata vicenda della “troika”
(Fondo monetario internazionale,
Commissione europea e Banca centrale europea) sembrano il risultato di
una colossale miopia. La disoccupazione ha raggiunto in Grecia la cifra
record del 27 per cento, mentre quella
giovanile viaggia intorno al 64 per
cento; ciononostante, come condizione per assegnare una nuova tranche di aiuti da 8,1 miliardi di euro,
si continua a chiedere alla Grecia di
mettere in mobilità (in sostanza, fuori del mercato del lavoro) ben 12.500
impiegati del settore pubblico, senza
che vengano offerte prospettive di
ricollocazione. D’altra parte, il senso
dell’appartenenza alla storia europea
è molto forte; il restauro in corso del
Partenone, sull’Acropoli, è il simbolo
di questo legame e anche della voglia
di riscatto del popolo greco.
Come è stato possibile, viene da
chiedersi, anche solo ipotizzare di
“perdere la Grecia”? Quali meccanismi inesorabili dell’economia e
della tecnocrazia hanno reso plausibile l’impensabile, e cioè un’Unione
europea che decide di abbandonare
la Grecia al suo destino? Ironia della sorte, la Grecia eserciterà nel primo semestre del 2014 la presidenza
di turno del Consiglio dell’Unione
europea. In quali condizioni ci arriverà? Mentre visito il nuovo e modernissimo museo dell’Acropoli, con
le sue meraviglie, mi viene in mente che l’Europa ha un debito con la
Grecia. Il fregio del Partenone si
trova, per vicende storiche, al British
Musuem. Sarebbe un gesto di immenso valore restituirlo alla Grecia;
un gesto simbolico di una solidarietà
europea che sembra essere svanita
con la logica dei mercati finanziari e
l’assillo dello spread.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
31
Attualità
A
ndrea Carobene, laureato in fisica, ha studiato anche teologia
e filosofia. Giornalista professionista di scienza, ambiente,
finanza e politica, collabora alle
pagine scientifiche de Il Sole 24 Ore.
Lo incontro alla libreria Rizzoli, nel
centro di Milano, durante la presentazione del suo libro Diario di un monaco del XXI secolo (Città Nuova).
Perché un libro di scienza e fede?
«Vorrei restituire la mia esperienza: ho studiato fisica e me ne sono
innamorato; contemporaneamente
cerco di vivere nel quotidiano la mia
fede. Queste due dimensioni vivono
insieme dentro di me, una rispecchia
l’altra, e sento l’esigenza di comunicarle, esprimerle anche a chi conosce poco o la fisica o la fede».
Eppure ci sono scienziati e filosofi
della scienza che non sopportano i
credenti…
«Non è sempre così, ci sono buoni esempi di dialogo e tantissimi
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
NOVITÀ IN LIBRERIA
di Giulio Meazzini
SCIENZA
E MISTERO
UN GIORNALISTA SCIENTIFICO
CREDENTE RACCOGLIE
LA SFIDA DI COMUNICARE,
CON PROFESSIONALITÀ,
L’AVVENTURA POSSIBILE
DELL’ARMONIA TRA FISICA E FEDE
scienziati sono credenti. Credo che
la non comprensione reciproca sia
ancora retaggio di note vicende storiche. E forse anche della convinzione degli scienziati di possedere
un linguaggio che rende più capaci
di capire le cose, un linguaggio che
altri non possiedono perché si acquisisce solo dopo tanto studio. Quando
gli scienziati parlano tra loro, usano
spesso un linguaggio quasi esoterico, difficile da comprendere».
C’è presunzione anche da parte dei
credenti?
«A volte sì, in particolare quando
si ha paura che la scienza possa entrare in ambiti che vengono ritenuti di
sola competenza della fede o dell’esperienza etica. I cortocircuiti e le
scorciatoie tipo “siccome non capisco
una cosa, ci metto Dio che mi dà la
risposta” non servono proprio. In un
dialogo non si può partire costruendo
recinti in cui confinare l’altro. Ognuna
delle due esperienze può invece aiutare l’altra. Nel rispetto reciproco».
Quando la scienza fa un passo
avanti, Dio ne fa uno indietro?
«È esattamente il contrario. La
scienza ci permette non solo di capire qualcosa della realtà, ma anche
di “vedere” quanto è bella ed apre
al mistero. I grandi scienziati, come
Einstein, Bohr, Heisenberg, si stupivano della bellezza che ci circonda.
Siamo immersi in un mondo meraviglioso che capiamo solo in parte, ma
quello che capiamo ci fa percepire la
bellezza della realtà».
E la fede cosa regala alla scienza?
«Penso che la fede attenga alla dimensione più intima dell’essere umano:
aprirsi e cercare. Per cui aiuta a mantenere l’atteggiamento di stupore tipico
dello scienziato. Non voglio dire che
chi crede sia un ricercatore migliore,
ma è come nell’amore: uno può essere
innamorato di sua moglie o suo marito
anche se non crede. E tuttavia posso dire con molta umiltà che l’esperienza di
fede aiuta a vivere l’esperienza dell’amore in maniera più completa».
Come concilia dentro di sé il male
nel mondo con il Dio buono?
«L’unica risposta che trovo di fronte
al male è che anche Gesù l’ha affrontato fino in fondo, patendolo sul suo
corpo. Di fronte alla sofferenza, davanti alla sorella dell’amico morto, pur sapendo già che l’avrebbe risuscitato, lui
stesso si commuove e piange. Il male
nel mondo tocca il mistero di Dio, ma
Modello dell’espansione dell’universo,
iniziata 13,7 miliardi di anni fa con
il Big Bang. A fronte: Van Gogh,
“Notte stellata” (Museum of modern
art - New York) e Andrea Carobene.
so che Dio è accanto a chi soffre. Non
è una risposta razionale, lo so».
Chi è il giornalista scientifico?
«Un professionista che racconta le
scoperte della scienza, divulgandole
con linguaggio semplice. Il giornalista scientifico dovrebbe anche aiutare le persone a capire ciò di cui si
sta occupando la scienza, senza però
andare dietro a mode o sensazionalismi, ma mostrando il cammino che
gli scienziati di tutto il mondo stanno facendo insieme. La cosa entusiasmante della ricerca oggi è proprio il
lavoro in comunità, portato avanti da
migliaia di ricercatori di Paesi e culture diverse, che condividono questa
sfida. Il giornalista ha l’opportunità
di descrivere questo percorso che supera i confini delle nazioni».
Come si mantiene aggiornato dal
punto di vista scientifico?
«Fondamentalmente consulto i
preprint, cioè gli articoli che ogni
giorno i ricercatori del mondo mettono su un sito a cui tutti possono
accedere. E consulto le riviste scientifiche in Rete, tipo Science, Nature,
Physical review letters».
C’è un aggiornamento anche per
la vita di fede?
«Sì, per me prima di tutto vale la
vita in parrocchia, in comunità, poi
gli scambi con i miei amici gesuiti
e francescani. Frequento anche la biblioteca della facoltà teologica, oltre
a comprare i libri che mi interessano. È una questione di passioni».
Chi è Andrea Carobene?
«Una persona che non ha risposte
definitive, che cerca di accogliere
coloro che incontra, anche quando
fa fatica a comprenderne le scelte.
Una persona che cerca di vivere fino
in fondo le esperienze di lavoro, conoscenza e amicizia, prendendo sul
serio le persone e le loro storie».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
33
Attualità
POPOLI E CULTURE
di Oreste Paliotti
UN’ISOLA
ALLA FINE DEL MONDO
STORIA, COSTUMI E VALORI DI UNA COMUNITÀ
CHE HA SAPUTO COLONIZZARE UN ARCIPELAGO
INOSPITALE DEL SUD ATLANTICO: TRISTAN DA CUNHA
I
mmensamente distante da noi,
nell’emisfero australe, Tristan da
Cunha viene considerata la più
remota isola abitata del mondo.
Sperduta nell’Atlantico meridionale, a metà strada tra America Latina e Africa, venne scoperta nel 1506
da una flotta portoghese al comando
dell’ammiraglio Tristão da Cunha.
L’isolamento, la scarsità di risorse e
le condizioni meteorologiche proibitive avrebbero sconsigliato qualsiasi insediamento umano. Eppure
quell’unghia di terra vulcanica risulta abitata da ormai 200 anni.
«Una comunità – scrive in proposito Annamaria Lilla Mariotti nella
sua appassionante storia dell’isola e
dei suoi abitanti (1) – che è sopravvissuta a tutto: la fame, la povertà, le
tempeste, la solitudine, la perdita di
molti uomini, l’eruzione di un vulcano millenario, l’esilio in Inghilterra,
l’agognato ritorno, il benessere e poi
l’incendio e altri uragani che hanno
squassato l’isola e fatto ancora danni; ma tutto sempre vissuto con un’estrema dignità e un’unità d’intenti
difficile a trovarsi in qualsiasi altra
parte del mondo. Tutto ciò che viene
distrutto dall’inclemenza del tempo,
i tristaniani lo ricostruiscono».
Questo arcipelago di selvaggia
bellezza, oggi sotto la giurisdizione dell’Inghilterra, è composto da
34
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
cinque isole. Tristan, la principale,
dominata dal cono vulcanico del Peak alto più di 2000 metri, non ha un
proprio porto e neppure un faro, ma
solo un piccolo molo per l’approdo
di barche a motore o di longboats,
le tipiche imbarcazioni isolane in legno e tela incatramata. Vero paradiso per innumerevoli uccelli marini e
pinguini, vi sono poi le isole minori
Inaccessible, Nightingale, Middle e
Stoltenhoff.
Singolare è l’attaccamento all’isola dei tristaniani: molti di loro, pur
avendo potuto crearsi una esistenza
più agevole altrove, come quando nel
1961 l’improvvisa eruzione del Peak
costrinse la popolazione ad evacuare, preferirono poi ritornare in quella
che per loro era la “casa”. E degni di
nota sono i sentimenti di solidarietà,
aiuto reciproco e ospitalità riscontrati
presso questa società di uguali; come
pure il fatto che lì non si siano mai
verificati episodi di delinquenza e si
ignori cosa sia la “cultura dello scarto”, frutto di una società consumistica. Molto avremmo da imparare da
loro, come ad esempio l’importanza
di vivere in armonia con l’ambiente
naturale e di preservarlo.
I circa trecento abitanti, discendenti dei primi tre coloni, malgrado
i matrimoni tra consanguinei sono sani e longevi. Sette i cognomi,
sempre gli stessi da secoli: Glass,
Swain, Green, Rogers, Hagan, Repetto e Lavarello. Gli ultimi, italiani,
discendono da due marinai di Ca-
tuate da tristaniani a Camogli.
Edinburgh, il loro villaggio, si
estende sopra un inaspettato pianoro verde sulla costa nord-occidentale
dell’isola: un agglomerato di casette
bianche, ognuna circondata da una
siepe di flax, un’erba alta e resistente, e da muretti in pietra lavica per
difendere orti e giardini dal vento e
dal clima ostile.
Visione dal satellite di Tristan
da Cunha. A sin.: il villaggio
di Edinburgh. Sotto: francobollo
emesso dall’arcipelago.
mogli naufragati nel 1892 e accolti
sull’isola, dove poi hanno messo radici. Tuttora vivi sono i legami che
uniscono Tristan alla città ligure: lo
testimoniano il piccolo ospedale con
relative apparecchiature realizzato
sull’isola nel 1971 grazie ad una colletta dei camogliesi e le visite effet-
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, Tristan si è aperta
in parte al turismo. La modernità
ha portato anche qui i vantaggi e gli
svantaggi immaginabili, ma sostanzialmente il tipo di vita è rimasto
quello di sempre, legato ai valori tradizionali. Se in passato l’isola viveva
barattando i suoi scarsi prodotti con
generi di prima necessità forniti dalle
rare navi di passaggio, oggi la risorsa
principale è costituita dalla pesca delle aragoste e dalla vendita di francobolli locali e prodotti di artigianato.
La Mariotti documenta i naufragi
e le ospitalità date ai superstiti dagli
isolani, i rari passaggi di navi, i soggiorni di pastori per assicurare una
assistenza spirituale (la popolazione
professa la fede anglicana, ma esiste
anche una piccola comunità cattolica), i periodi di carestia e quelli di
abbondanza; ci informa su usi, costumi e feste locali (tra queste, il Ratting
Day, dedicato alla caccia ai topi che
qui si sono moltiplicati a dismisura).
E una nota simpatica: impossibile
fissare un appuntamento con i tristaniani. A motivo delle loro attività,
dell’imprevedibilità del tempo atmosferico e del diverso concetto del
tempo, risponderebbero sempre: «Sì,
un giorno o l’altro», «Può darsi domani, dipende da che tempo farà» o
cose del genere, rimanendo sempre
nel vago.
1) Annamaria “Lilla” Mariotti, Tristan da
Cunha. Storia e vicissitudini della più remota comunità umana, Magenes, euro 15,00.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
35
D a l D avl i vvi ov o
PERCORSI
di Annamaria Gatti
Fare la cosa
giusta per
loro e per me
«Siamo una squadra...».
Ma qualcosa s’era inceppato
nel rapporto con gli amici.
Luca ha saputo fare il primo passo
C
ondividere anni di liceo può rendere fratelli di vita.
E questo è un bel dono dell’esistenza. Questo il
sentire di alcuni amici e amiche che ormai hanno
da alcuni anni lasciato la scuola per intraprendere
gli studi universitari, in città diverse e lontane.
Nonostante questo sono sempre in contatto e stupisce
la fedeltà di queste amicizie fra persone diverse fra loro
per scelte di vita e convinzioni.
Aurora ha un momento difficile e crolla: gli
psicofarmaci vanno a braccetto con l’aiuto di questi
amici che le si fanno vicini.
Gigi ha un piccolo incidente: gli amici si prestano ad
accompagnarlo nella ripresa. Nonostante la lontananza, per
lui vi sono visite, sms, mail, incontri in skipe, telefonate…
Beatrix ha problemi in famiglia e sa dove trovare
ascolto, dove poter confrontarsi.
Toni non riesce a superare degli esami e si confida
con gli amici che si attivano per aiutarlo a capire… le
dinamiche scatenate da questi insuccessi.
«Siamo una squadra, e né il tempo , né i chilometri ci
fiaccheranno!», si ripetono, ricordando i tempi trascorsi
fra i banchi delle superiori.
Luca, che non ha mai nascosto né al liceo, né ora, la sua
fede e il percorso con un gruppo cattolico, vive questi
rapporti con la coerenza che gli viene dall’esperienza di
vita, suscitando talvolta ammirazione, curiosità, spesso
contestazione, ma privilegiando sempre il dialogo,
36
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
«Gli amici aprono gli occhi e il cuore. Per tutti, un invito
a dimenticare le incomprensioni e a ricominciare».
anche quando occorreva saper dire “no” o spiegare
posizioni scomode.
Il clima però ora s’incrina, chissà perché…
L’amicizia continua, ma… qualcosa si inceppa, forse
qualche crisi esistenziale tarpa le ali alla genuinità, alla
verità traversale dei rapporti umani.
Giuseppe Distefano
averli amati, aver loro dimostrato che i rapporti con
le persone nella vita sono la parte migliore da non
perdere, da coltivare e che loro restano per me persone
da amare, a cui lasciare aperta la porta del cuore». Si
avvicina un altro compleanno, quello dell’amico che
forse più di altri ha determinato quel rifiuto.
«Lascia perdere, Luca! Dai un segnale forte! Sono
egoisti e immaturi», qualcuno gli dice.
«Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te», gli
suggerisce qualcun altro, ricordandogli la “regola d’oro”
trasversale a tutte le religioni.
Luca parte per la festa. Porta con sé un dono preparato
con cura e un biglietto creato appositamente per
l’amico. Poi altri piccoli doni per ciascuno di loro.
Nulla dell’indifferenza e della sciatteria di cui è stato
oggetto trapela dal gesto con cui Luca incontra gli amici
e partecipa alla festa ascoltando e condividendo.
Gli amici aprono gli occhi e il cuore e il giorno dopo la
mail e il cellulare di Luca sono sommersi di messaggi e
di chiamate di ringraziamenti, di richiesta di perdono e
di inviti a ricominciare.
«Non so come questa cosa andrà avanti – spiega Luca
–, non mi illudo e non mi aspetto nulla, ma io so di aver
fatto la cosa giusta per loro e per me».
I compleanni erano sempre stati momenti di grande
festa e di vicinanza. Succede però che il giorno del suo
compleanno viene quasi dimenticato. Luca non se lo
aspettava proprio quel segnale così evidente. Altri fatti lo
inquietano: ignorati alcuni suoi messaggi, eventi a cui non
viene invitato.
Poi l’invito ad una cena: per riparare la dimenticanza.
Luca torna dall’incontro incredulo e con la solida
impressione che stia per finire qualcosa di bello:
indifferenza forzata e per lui un dono di pessimo gusto,
allusivo e offensivo alla sua fede.
A chi gli consiglia di lasciarli perdere e di ignorarli,
Luca risponde: «Lo farò forse, ma non senza prima
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Dal vivo
S
AFRICA E COOPERAZIONE
di Sara Fornaro
Il futuro
alla fontana
di Maramvya
A Bujumbura, in Burundi, l’Amu e
la Casobu insieme per aiutare gli
sfollati a ritrovare identità e diritti
(2) Stringer/AP
iamo a Mutimbuzi, nella provincia di Bujumbura,
capitale del Burundi. Qui, lontano dalla città,
in un’area rurale difficile da raggiungere, è
stato allestito un campo per sfollati chiamato
“Maramvya” dove vivono 350 famiglie, circa
1.750 persone, costrette per la terza volta dal loro
rientro in patria a trovare un alloggio di fortuna dopo
aver dovuto lasciare le precedenti sistemazioni a causa
dell’insalubrità dei quartieri dove risiedevano.
In queste campagne, su questi terreni, gli sfollati –
sono soprattutto donne sole con figli, prive di soldi e
di istruzione – potranno costruire le loro nuove case e
alcuni hanno già cominciato a realizzare piccoli alloggi
in mattoni, fango e paglia.
A rendere più difficile la situazione contribuisce la
mancanza d’acqua. Nell’area, infatti, «c’è un solo
punto di distribuzione pubblico, con una fontana che
dista circa mezzo chilometro dall’insediamento».
38
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Sfollati in fila per rifornirsi d’acqua a Mutimbuzi.
In basso e a fronte: rifugiati in un campo di accoglienza
in Burundi.
Lo racconta Stefano
Comazzi, responsabile del
settore progetti dell’Amu
(associazione Azione per un
Mondo Unito), organizzazione
non governativa italiana per
lo sviluppo dei popoli che in
Burundi collabora attivamente
con Casobu (Cadre associatif
des solidaires du Burundi),
un’organizzazione senza
scopo di lucro impegnata nel
sostegno alle comunità locali.
In viaggio di lavoro nella provincia di Bujumbura,
Comazzi ha incontrato gli sfollati di “Maramvya”.
Ha visitato il campo e alla fontana ha trovato
«una piccola folla di donne e bambini. Mi hanno
raccontato che le code cominciano al mattino presto,
anche alle 3, e l’attesa dura molte ore perché la
pressione dell’acqua è insufficiente e per riempire le
taniche occorre molto tempo». Serve un sistema di
distribuzione idrica adeguato (quello attuale era stato
creato per 3 mila persone, mentre oggi i residenti
sono 15 mila), ma i tempi per la realizzazione si
annunciano lunghi.
Oltre a cercare di aiutare l’amministrazione comunale
nella ricerca di soluzioni per i bisogni degli sfollati
(con un cofinanziamento della regione Veneto), i
volontari di Casobu a “Maramvya” sono impegnati
soprattutto nella legalizzazione dei documenti
degli sfollati. Soltanto con tutte le carte in regola
questi potranno essere riconosciuti a tutti gli effetti
cittadini del Burundi e usufruire, così, dell’istruzione
per i propri figli e dell’assistenza sanitaria. La
registrazione anagrafica nel campo è solo un esempio
delle attività svolte da Casobu che, dal 2000, cerca di
aiutare quanti, a causa dei conflitti socio-politici che
si sono verificati nel Paese, vivono in condizioni di
estrema povertà. Attualmente conta 87 membri, tra
cui 75 volontari e 12 giovani.
Tanti i progetti avviati sul territorio. Dopo aver
sostenuto la creazione di cooperative formate da
agricoltori ed allevatori e da piccoli commercianti,
Casobu è attualmente impegnata nella realizzazione
di iniziative sportive e nel campo dell’educazione
finanziaria e del microcredito comunitario. Ma
l’obiettivo principale di questa organizzazione è la
promozione della pace, della riconciliazione tra le
diverse anime del Paese, la valorizzazione della
dignità di ogni persona e la diffusione di valori quali
la solidarietà, la reciprocità, la fraternità.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
39
Letture
Commenti spirituali
Note esegetiche
Esperienze
Testimoni
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VERSO L’UNITÀ
di Igino Giordani
Spiritualità
Una prospettiva
di libertà
O
Domenico Salmaso
Scoprire nei
sotterranei
dello spirito
la fonte
nascosta
dell’amore
ggi più che in altri periodi storici, si tende a limitare
la fede alle cose di questo mondo, disertando il
soprannaturale. E tuttavia, molti oggi sono avidi della
purezza di quella corrente invisibile, ma insopprimibile,
che è il divino tra noi: il sacro. L’uomo, per natura, avido
di vita, è naturalmente spinto ad annullare le distanze infinite
che lo separano dal Creatore. La convivenza con Dio dà una
coscienza di forza e un alimento di energie divine. Se si ha la
costanza di coltivare la perfezione interiore, e non ci si arrende
all’assedio della futilità, si è in grado di fare dell’esistenza
fra gli uomini un’impresa di ricostruzione della fede, della
speranza e della carità anche negli altri. E quindi ogni azione
è beneficio; e con queste disposizioni ed energie, lavoro e
avversità, colloqui e vertenze quotidiane perdono l’asprezza,
si aprono a soluzioni razionali, umane.
Per mezzo d’un tal cristiano, la divinità assiste l’umanità, e
tutte le evenienze, spirituali e temporali, si fanno materia prima
di bene. Non è tanto difficile quanto pare. Occorre la coscienza
della perfezione, che dorme in fondo a ogni cuore, e ciò si
ottiene scoprendo nei sotterranei dello spirito la fonte nascosta
dell’amore, collocatavi dal Creatore, da Cristo che ha fatto e
fa tutti suoi fratelli. Per tal modo, l’esistenza d’ogni creatura
è collegata a Dio da un amore, che si spinge come raggio di
sole da cielo in terra. L’azione quotidiana dell’uomo, amando,
sta nel risalire a Dio lungo quel raggio, che si fa più ardente
e luminoso via via che si sale. È un’operazione alla portata di
tutti. Basta su ogni atto e pensiero aprire la valvola del divino
che dà subito alle cose terrene una prospettiva di libertà. Tutte
le cose, il lavoro, manuale e intellettuale, la sofferenza anche
fisica (un mal di denti, un dispiacere, un lutto…), l’opera
d’arte eseguita quale omaggio al Creatore, le prove come atti
di affinamento dell’anima compiuti o permessi dall’amore del
Padre, la solitudine come tempo elargitoci per colloquiare con
Maria, coi profeti, coi santi, con le persone care e per servire
in vari modi i fratelli, tutto assume un senso superiore. L’intera
giornata si fa un processo di saldatura tra eterno e contingente,
tra sacro e profano.
Da: L’unico amore, Città Nuova, 1974.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
41
Parola di vita
SETTEMBRE
di Chiara Lubich
Amare
con i fatti
«Non amiamo a parole né con la lingua,
ma con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18).
È
san Giovanni che scrive. Egli mette in guardia le sue comunità contro certuni, i quali
a parole esaltavano la fede in Gesù, ma a
questa fede non facevano seguire le opere.
Anzi, queste ultime venivano considerate
inutili o superflue, come se Gesù avesse già fatto
tutto. La loro era così una fede vuota e sterile,
perché lasciava mancare all’opera di Gesù l’apporto indispensabile che egli chiede a ciascuno
di noi.
«Non amiamo a parole né con la lingua, ma con
i fatti e nella verità»
Amare con i fatti. La vera fede, dice l’apostolo,
è quella che dà prova di sé amando come Gesù
ha amato e ci ha insegnato. Ora, la prima
caratteristica di questo amore è la concretezza.
Gesù non ci ha amati con dei bei discorsi, ma
è passato in mezzo a noi facendo del bene,
sanando tutti, essendo pienamente disponibile
42
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
verso quelli che gli si presentavano, a cominciare
dai più deboli, dai più poveri, dai più emarginati
e dando la sua vita per noi.
«Non amiamo a parole né con la lingua, ma con
i fatti e nella verità»
Dobbiamo amare poi, dice l’apostolo, oltre che
con i fatti, anche nella verità. L’amore cristiano,
mentre cerca di tradursi in fatti concreti, si
preoccupa di ispirarsi alla verità dell’amore
che troviamo in Gesù; si preoccupa di far
opere conformi ai suoi sentimenti ed ai suoi
insegnamenti. Dobbiamo cioè amare nella linea
e nella misura mostrateci da Gesù.
«Non amiamo a parole né con la lingua, ma con
i fatti e nella verità»
Come vivere allora la Parola di vita di questo
mese? Il suo messaggio è fin troppo chiaro. È
Pietro Parmense
Capoverde, isola di Santo Anta͂o, Ponta do Sol, il porticciolo
| Un richiamo
all’autenticità cristiana |
un richiamo a quella autenticità cristiana, su cui
Gesù ha tanto insistito. Ma questa non è anche
la grande attesa del mondo? Non è forse vero
che il mondo di oggi vuol vedere dei testimoni
dell’amore di Gesù?
Amiamo allora con i fatti e non con le parole,
cominciando dagli umili servizi che ci sono
richiesti ogni giorno da parte dei prossimi che ci
stanno accanto.
E amiamo nella verità. Gesù agiva sempre in
linea con la volontà del Padre; allo stesso modo
anche noi dobbiamo sempre agire in linea con
la parola di Gesù. Egli vuole che vediamo lui
stesso dietro ogni prossimo. Infatti, quanto
facciamo per ciascuno lo ritiene fatto a sé. Egli
vuole poi che amiamo gli altri proprio come noi
stessi, e che ci amiamo fra noi essendo pronti a
dar la vita l’uno per l’altro.
Amiamo dunque così per essere anche noi
strumenti di Gesù per la salvezza del mondo.
Pubblicata su Città Nuova n. 8/1988.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
43
Spiritualità
E SOCIETÀ
di F. X. Nguyen Van Thuan
Scoprire Cristo negli altri
A
mare gli altri non significa
che tu debba riversare
prove di affetto su di loro
o viziarli; in realtà, talvolta
puoi perfino essere costretto
a causare loro dolore per amore
della verità o per il loro bene.
Perché ogni giorno istituisci
un tribunale e costringi il tuo
prossimi a sfilare davanti ad
esso uno per volta? Perché ti
vedo sempre seduto al posto
del giudice e mai nella gabbia
dell’imputato?
L’amore per il prossimo è la più
convincente prova del tuo amore
per Dio.
Sia le opere di carità che quelle
sociali sono ambedue necessarie
e molto buone. Perciò, in questa
era atomica, non possiamo
dire che amiamo veramente
finché non ci dedichiamo alla
creazione di nuove strutture e/o
a dei cambiamenti in quelle che
hanno impedito la liberazione
dell’umanità, cambiamenti che
permettono all’umanità di vivere
in modo più umano.
Gesù non ti insegna ad amare
basandoti sulle tue emozioni:
infatti ti insegna ad amare
perfino i nemici. Amare gli altri
significa desiderare sinceramente
il loro bene e fare qualsiasi cosa
per assicurare la loro felicità.
Questo richiede che dimentichi
tutto te stesso.
Fare una donazione, acquistare il
biglietto di una lotteria, o dar via
dei vecchi abiti sono quegli atti di
carità che compiamo per evitare
di essere ulteriormente disturbati.
Ciò che è veramente difficile è
amare. Metti il tuo cuore nel libro
dove segni le tue donazioni, nel
biglietto della lotteria e nel pacco
dei vestiti vecchi!
Devi essere un dono nelle mani di
Dio, pronto ad essere donato a tutti
senza distinzioni. Questo è un dono
che tutti amerebbero e vorrebbero.
Il più grande errore è non
accorgersi che gli altri sono
Cristo. Ci sono molte persone
che non lo scopriranno che
nell’ultimo giorno.
Dobbiamo imparare a ringraziarci
a vicenda: chi riceve perché ha
ottenuto amore e aiuto, chi dà
perché ha una grande opportunità
di crescere nell’amore.
44
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Sarebbe stato più comodo se
Dio ci avesse comandato solo di
amarlo; ma ha aggiunto che il
comandamento dell’amore del
prossimo è altrettanto importante
di quello dell’amore di Dio: e
questo complica di molto le cose
per parecchia gente.
Perché incidi sulla roccia le
mancanze degli altri, mentre invece
scrivi i tuoi peccati sulla sabbia?
Un tempo, la vita spirituale
consisteva nel digiuno,
nell’alzarsi preso al mattino, nello
stare alzati fino a tardi la notte,
nel condurre una vita di silenzio.
Oggi, la vita spirituale consiste
nel vivere in una comunità,
nel riunirsi per incontri, nello
scambiarsi le rispettive opinioni,
nel lavorare insieme.
Pensieri da: Vivere le virtù. Alla luce
della Scrittura e del Concilio Vaticano
II, Città Nuova, 2012.
Essere un
dono nelle
mani di Dio,
quel dono
che tutti
amerebbero
e vorrebbero
50
ANNI FA SU CITTÀ NUOVA
INVITO ALLA LETTURA
a cura di Gianfranco Restelli
di Elena Cardinali
Dall’intervista di Gabri Fallacara ad Assunta
Roncalli subito dopo la morte di Giovanni XXIII,
apparsa su Città Nuova 18/1963. Ne riportiamo
la parte iniziale
Per chi vuole approfondire alcuni
degli argomenti di questo numero
con i libri di Città Nuova
pagg. 32-33
Con la sorella
di papa Giovanni
La signora Assunta, l’abbiamo trovata nella sua minuscola abitazione a Sesto
San Giovanni: la penultima casa a sinistra di una via lunga eguale di casoni alti
alti con il negozio a pianterreno: vive al secondo piano, in un appartamentino
minimo con la figlia Pierina, il genero e i tre nipotini. Ecco il cucinino e le tre
stanzette con il caffè corretto e la birra che ci offre generosamente; la povertà
regna tranquilla qui, amata nell’ordine in cui le poche cose sono composte. A lei
piacciono i fiori – sì, li abbiamo visti spuntare allegri da due vasi del terrazzino
che dà nella strada i suoi “gerani reali” – e le piace anche il canarino d’«el mé
Gioanì » (uno dei tre che cinguettavano nell’appartamento pontificio) e che,
appena lei si avvicina, ricomincia sempre a cantare.
Qui è facile capire la sua vita tutta rubata dal lavoro e da grosse fatiche.
A nove anni, alla filanda: «Stavo in piedi su uno sgabello per arrivare a
lavare i bozzoli››, e «correvo in mezzo alla neve a piedi scalzi per mezz’ora
portandomi le calze e le scarpe in mano per indossarle asciutte quando
arrivavo in fabbrica». Guadagnava venticinque centesimi al giorno, e
nel sacchetto del suo pranzo invariabilmente polenta e fichi secchi, due,
che però la sua mamma tagliava a metà perché sembrassero quattro. Ma
in filanda si cantavano canzoni gioiose per tutto il giorno, e le ragazze
pregavano la Madonna insieme con tanti rosari, perché c’era l’Assunta. Poi,
per diciassette anni, la lavandaia, e durante la guerra, dalla spaccalegna
alla improvvisata dentista. E quando si è sposata, c’erano i figli da crescere,
e appena erano grandi e capaci di lavorare «ricevevano la cartolina» del
richiamo alle armi, e due sono presto morti.
È una povertà vissuta da sempre, ora per ora; una povertà che stupisce oggi
che la povertà per tanti è un’altra cosa, ma che tutt’ora è la stessa per lei che
si contenta di ciò che rientra nella pensione del marito, e il resto considera
superfluo. La vive senza rancore, con qualcosa che ti sa di sacro. Quando la
gente le diceva: «Chissà quanti soldi ti dà ora il papa!». «Sì, due milioni al
mese!» rispondeva con un sorriso d’un sapore quasi naturale di bontà e di
gratitudine: «Neanche un fazzoletto ci ha lasciato!›› quasi che questo fosse il
più bel regalo che il fratello le avesse fatto, aver avuto il coraggio di lasciarla
nella povertà «onorata e contenta››. «Ti chiameranno nobildonna, Assunta,
adesso che sono papa; ma tu non ti montare la testa.
Morto io, ritornerete quelli di prima. L’umiltà... resta nella tua umiltà».
Gabri Fallacara
QUANDO FINISCE LA VITA?
Dov’è il confine tra la vita e la morte? Come assistere un malato “fino alla fine”? Alla domanda
complessa e delicata è dedicato il saggio curato
da Valter Giantin Quando finisce la vita? Il volume
inaugura la collana “Borderline” su argomenti
attuali e di frontiera con l’obiettivo di far dialogare punti di vista e competenze diverse.
pag. 41
PAROLE DI SPERANZA
Scritte nel corso dei suoi tredici anni di carcere, ricopiate clandestinamente, le pagine de Il
cammino della speranza del card. van Thuan
sono giunte fino a noi grazie ai boat people. La
ricchezza spirituale di un autentico maestro,
che ci guida giorno dopo giorno nella traversata
dell’esistenza.
pag. 52-53
I COLORI DELL’AUTUNNO
Come prepararci a vivere serenamente la vecchiaia? Come aiutare gli anziani che abbiamo
vicino? Con il contributo della psicologia, le
autrici de I colori dell’autunno ci presentano
uno squarcio sul mondo degli anziani fatto di
sofferenze e fragilità ma anche di opportunità,
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Reportage
BIENNALE DI VENEZIA
di Daniele Fraccaro - servizio fotografico di Giuseppe Distefano
U
n palazzo enciclopedico che
contenga tutto il sapere dell’umanità. È questa l’immagine
che ispira l’attuale Biennale
d’arte a Venezia. Il progetto
utopico è dell’artista Marino Auriti
che nel ’55 deposita presso l’ufficio
brevetti l’idea del suo museo immaginario costruendone anche il
modello plastico: un edificio che si
sarebbe elevato su 700 metri d’altezza. Il progetto di Auriti non verrà
ovviamente mai realizzato, ma oggi
il modellino è la prima opera che
accoglie i visitatori in visita all’Arsenale; un feticcio datato che testi-
46
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
L’ABC
DELLA CONOSCENZA
LA CINQUANTACINQUESIMA ESPOSIZIONE
INTERNAZIONALE D’ARTE INSEGUE,
TRA IDEALITÀ E REALTÀ, NUOVE FORME
DI CONOSCENZA GLOBALE
monia il desiderio, ancora attuale,
di conoscere tutto. La ricchezza e
la varietà del “tutto” esplode nel
padiglione nazionale del Cile, dove
Sonia Valente mette in scena un’esplosione di colori e di odori. Un
centinaio di vasi di argilla contengono polveri finissime di cacao, peperoncino, pepe, cannella, curcuma.
Lo spettatore intraprende un piccolo
viaggio, inondato dai profumi che
lo attirano e lo richiamano già da
lontano, molto prima che la sollecitazione olfattiva diventi anche scoperta visiva. Ai colori delle spezie
si aggiungono, infatti, le polveri di
Da sin.: i vasi di spezie dell’installazione di Sonia Valente nel Padiglione nazionale
del Cile; il modello dell’enciclopedico Palazzo del mondo di Marino Auriti.
pigmenti purissimi. Una tavolozza
accesa e brillante che, recuperando
lo scambio di merci sulle antiche vie
commerciali, diventa metafora della
bellezza insita nella diversità.
Apparizioni
e viaggi misteriosi
La diversità e l’identità non possono più essere contenute nel vecchio
e rigido schema dei padiglioni nazionali su cui ancora oggi si struttura la
Biennale. È questo il pensiero sotteso
all’opera di Alfredo Jaar che, nel padiglione del Cile, mette in scena una
misteriosa apparizione. Una grande
vasca metallica piena d’acqua si presenta come una tranquilla distesa
liquida. Improvvisamente inizia ad
emergere un albero, un edificio…
lentamente dalle acque affiora una
fedele riproduzione plastica dei
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
47
Giardini della Biennale con i suoi
28 padiglioni nazionali. Solo pochi
secondi di visibilità, giusto il tempo
per permettere allo spettatore di riconoscere la struttura più nota della
Biennale; poi giù, ritorna nella lenta e
inesorabile immersione. La gloriosa
struttura appare come il fantasma di
sé stessa. Che conoscenza globale
si può pretendere da una struttura
che, ad esempio, non contemplava
nessuno spazio per i Paesi africani?
Dall’acqua alla terra, ma sempre di
immersione si tratta.
Il padiglione del Kosovo ci invita
invece ad entrare in una galleria di
terra e di radici per ritornare a conoscere la propria natura. Un viaggio nel
sottosuolo è proposto anche da Gilad
Ratman che racconta con un filmato
il viaggio fisico ed interiore di un
gruppo di persone. Con torce e imbragature, i personaggi si fanno strada
nelle viscere della terra, si aiutano l’un
48
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Nel padiglione della Romania gli attori mettono in scena la contestazione
al sistema politicizzato dell’arte. Sotto: “Disposition” del cinese Ai Weiwei.
A fronte: “Danae”, installazione di Vadim Zakharov per il Padiglione Russia.
Sotto: l’opera multimediale di Studio Azzurro nel padiglione della Santa
Sede dal titolo “In principio”.
costruirsi in mare una piccolissima
isola su cui vivere e, solo con i propri
pensieri, sopravvivere.
Letture critiche del passato
l’altro per riemergere proprio all’interno del padiglione di Israele. Lì ciascuno modella un proprio autoritratto
a cui verrà prestata la voce con un
gioco di microfoni e mixer. Bisogna
tornare nuovamente alla luce, tornare
nuovamente al mondo ed esprimersi
con le mani con la voce, con le relazioni; anche questa è un’odierna necessità della conoscenza.
Altra direzione per chi vuole tornare a nuova vita è raccontata in
video nel padiglione finlandese. Invece che intraprendere un viaggio
comunitario, il protagonista trasporta
e accatasta da solo un certo numero
di sacchi, quel tanto che basta per
E la conoscenza porta a rileggere
il passato e la storia con coscienza
critica. La Russia interpreta il mito di
Danae con l’opera di Vadim Zakharov. L’ingresso al piano inferiore è
consentito al solo pubblico femminile
per mettere in scena la moderna lettura del mito. Armate di rassicuranti
ombrelli trasparenti, le donne trovano ai propri piedi una scintillante
montagna di monete dorate. Qualcuna arraffa qualche moneta prima
di uscire. Al piano superiore anche
il pubblico maschile può ammirare la seducente pioggia di monete
dorate che continuano a tintinnare
scendendo incessantemente dall’alto.
Poco più in là, dall’alto di un architrave, due figure maschili mangiano
arachidi lasciando cadere in basso
le scorze. All’uomo non restano che
le noccioline, una “pioggia” molto
meno nobile e seducente rispetto alla
spettacolare pioggia dorata dello spazio adiacente. Il significato dell’opera
è sostenuto dalle scritte che campeggiano sulle pareti del padiglione: «È
giunta l’ora di confessare la maleducazione, la lussuria, il narcisismo,
la demagogia, la falsità, la banalità,
l’avarizia, il cinismo, la ruberia, la
speculazione, lo spreco, l’ingordigia,
la seduzione, l’invidia e la stupidità
che risiedono in noi».
Una lettura critica del passato è
offerta anche dalla Romania. Con le
grida, le movenze, lo sforzo fisico e
l’intensità emotiva, cinque abili performer mettono in scena tutti gli atti
di contestazione che hanno animato
la storia della Biennale nell’intento di
ribellarsi allo strapotere dei curatori
e al sistema politicizzato e capitalizzato dell’arte.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
49
2013,
Speriamo
di incontrarvi
in uno dei nostri
viaggi
Salisburgo - Monaco - Augsburg
L’ Europa tra passato e futuro,
dalle divisioni alle prove di unità.
Castelli Bavaresi di Linderhof
e di Neuschwanstein
Trento e Cittadella ecumenica
di Ottmaring.
Un’immersione nella cultura di un grande
popolo, per visitare maestose residenze
reali, immensi parchi, fiabeschi castelli e
ripercorrere i sentieri del dialogo
ecumenico.
9 giorni - Viaggio in Pullman
Partenza da Napoli - Roma
Firenze - Padova
Dal 3 all’11 Agosto
EURO 1.200,00
Pellegrinaggio in Terra Santa
Sui passi di Maria.
Percorrendo le tappe della sua vita
da Nazareth a Gerusalemme.
Un viaggio affascinante all’incrocio tra
popoli culture e religioni.
Un itinerario tra luoghi suggestivi,
che parlano al cuore e alla storia.
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Cortocircuiti
della conoscenza
Altre opere portano poi a leggere i cortocircuiti della storia e della conoscenza. Nel padiglione
dell’Ungheria troviamo bombe di diverso tipo per
provenienza ed epoca storica. Gli ordigni bellici,
frutto di elevata conoscenza e ricerca scientifica,
sono ideati e realizzati per uccidere. Gli esemplari
esposti hanno però una storia particolare, deviata:
dopo essere stati lanciati non sono esplosi. L’accidentale malfunzionamento, l’errore – umano o meccanico − diventano causa di vita anziché di morte.
La conoscenza subisce in questo caso un cortocircuito e quegli oggetti di morte diventato paradossalmente il simbolo della vita che ha continuato a vivere. E un altro cortocircuito di conoscenza è quello
proposto dalla coreana Kimsooja. Un rivestimento
traslucido riveste la struttura metallica del padiglione permettendo il passaggio della luce esterna
che, dolcemente, si rifrange nei colori dell’arcobaleno. In quel luogo di luce, liberamente gli spettatori scalzi spaziano con lo sguardo e con il corpo in
tutte le direzioni. Il passo successivo è un ambiente
completamente buio e insonorizzato. Solo quattro
persone alla volta. La percezione cambia improvvisamente. L’unico modo per orientarsi in quel vuoto
è prestare ascolto, innanzitutto al proprio respiro e
a quello altrui; ai fruscii dei vestiti per capire in che
direzione si stanno muovendo gli altri. Ci si sposta rasenti alle pareti, ci si avventura un po’ nello
spazio, ci si sfiora; accidentalmente ci si tocca. La
conoscenza in questo momento di cecità passa attraverso la percezione di sé e degli altri in relazione
a sé stessi.
Uscendo per rientrare nel padiglione, il forte
riverbero di luce causa una nuova cecità. Lentamente e cautamente gli occhi si aprono, le ombre
diventano persone, ne vediamo i movimenti, gli
spostamenti, gli avvicinamenti, gli sguardi non più
indifferenti, come di chi vede per la prima volta
un proprio simile. Il black-out percettivo segna l’inizio di un nuovo modo di vedere e di conoscere.
È l’arte quindi a indicare una rotta: anche le crisi
storiche e quella del presente possono, loro malgrado, aprire a nuovi momenti di coscienza e di
conoscenza.
Daniele Fraccaro
Il Palazzo Enciclopedico, Biennale arte 2013, Venezia, fino al 24/11/2013
Se posso
LE IDEE FORZA DEL CONCILIO
di Piero Coda
DIALOGO
E MARTIRIO
Domenico Salmaso
U
na parola chiave del Vaticano II è senz’altro
“dialogo”, un atteggiamento che, per la fede
cristiana, scaturisce dall’idea di rivelazione
proposta nella Dei Verbum e dalla figura di
Chiesa tratteggiata dalla Lumen gentium.
E fa specie che ancora vi sia chi, di tempo in
tempo, prende le distanze dall’istanza dialogica
documentata dal Concilio: sia nella declinazione
della vita di comunione che qualifica la vita della
comunità cristiana, sia nella proposizione della
nuova evangelizzazione che ne esprime la missione.
Dialogo, in realtà, nell’ottica del Concilio e
dell’enciclica programmatica di Paolo VI Ecclesiam
suam, è concetto propriamente teologico chiamato a
dar corpo al significato del rinnovamento promosso
dall’assise conciliare. Siamo solo agl’inizi dello
scavo di questa intuizione e della sua concreta
incarnazione nello stile e nella prassi ecclesiale.
Essa implica infatti, innanzi tutto, il compito
esigente di rendere evidente e quasi palbabile la
forma del dialogo che deve qualificare l’annuncio
del Vangelo. Perché il dialogo non è qualcosa che
dall’esterno viene a determinarne la proposta, ma è
l’esplicitarsi dall’interno della sua più intima verità
ed efficacia.
È questa l’intuizione evangelica del Concilio: «Dio
parla agli uomini come ad amici e s’intrattiene
con essi per invitarli e accoglierli nella comunione
con sé». Di qui l’invito profetico di Paolo VI: «La
Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si
trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa
messaggio; la Chiesa si fa colloquio».
Il dialogo, in verità, definisce la misura alta – esibita
da Gesù nel donare la vita per i propri amici –
della coerenza del testimone (martire, in greco)
con la Parola che testimonia. È questa la forma di
martirio, a tutti oggi richiesta, cui invita la scelta e la
conformazione a Gesù abbandonato nell’ispirazione
di Chiara Lubich. Perché quel “farsi uno” con
l’altro – com’ella dice – che è la via privilegiata
del vero dialogo, chiede l’atteggiamento libero e
perseverante dello svuotarsi di sé.
Le giornate di preghiera per la pace di Assisi
(qui l’ultima edizione con papa Benedetto XVI)
svelano qualcosa della natura umana.
C’è chi ha sostenuto, in questa luce, che il punto di
svolta del Concilio è quello registrato, ad esempio,
al n. 44 della Gaudium et spes: «Come è importante
per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà
sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa
non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia
e dall’evoluzione del genere umano. L’esperienza
dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori
nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso
cui si svela più pienamente la natura stessa dell’uomo
e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di
vantaggio anche per la Chiesa».
Quanto tutto ciò può e deve significare per la missione
della Chiesa lo abbiamo presagito nella giornata di
preghiera delle religioni per la pace ad Assisi del 1986.
Anche in questa direzione papa Francesco è oggi
senz’altro un convinto e risoluto apripista.
Attualità
U
na fase della vita molto speciale, dura, a volte durissima,
ma che esperienza! Bisogna
solo viverla bene, fino in fondo, magari condividendola
in qualche modo con altri. Stiamo
parlando del momento in cui, nelle
situazioni più diverse, più o meno
complicate, ci si trova a diventare
madri delle proprie madri o di entrambi i nostri genitori.
Difficile descrivere la ricchezza
di sensazioni quando questi rapporti, a volte all’improvviso, si invertono. Sgomento, paura, incertezza,
speranza che la situazione migliori,
ricerca del da farsi, tranquillità momentanea di una soluzione, ricoveri
ospedalieri, sospensioni, corse al
pronto soccorso fino all’ultimo momento vissuto in diretta o da lontano, con quella telefonata che ti fa
sobbalzare ogni volta che vedi il numero di casa sul display.
Tutti vorremmo che la vecchiaia
dei nostri cari si svolgesse nel modo
migliore, magari sereno, per loro e
per noi, ma non sempre è così e può
darsi che la vita voglia donarci un’esperienza che ci segnerà per sempre.
Un’amica, che per quattro anni
ha seguito le vicissitudini dolorose della malattia della mamma, con
la morte improvvisa del papà dopo i primi due anni particolarmente
stressanti, mi racconta: «Mamma
mi ha sempre dato molto con la sua
vita: una donna paziente e forte,
sempre in donazione, umile e coraggiosa; ma allorché è stata affetta
da una malattia grave mi è sembrata di vederla… salire in cattedra, a
dispensare lezioni di stupenda umanità che ricorderò per sempre. Non
ha mai preteso nulla per sé, neanche
nelle situazioni più difficili e dolorose, ringraziando per ogni cura,
per ogni attenzione, adattandosi ad
ogni soluzione, mai lamentandosi. Le notti trascorse in ospedale, i
viaggi improvvisi da dove vivo io a
52
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
ANZIANI
di Aurora Nicosia
IO MADRE
DI MIA MADRE
COME VIVERE LA FASE IN CUI CI SI TROVA
AD ACCOMPAGNARE I GENITORI
NELL’ULTIMO TRATTO DI VITA
dove viveva lei per gestire le continue emergenze, il non aver lesinato
energie per accudirla, mi hanno arricchita. Quando mi trovo in difficoltà sento la sua voce dentro di
me che mi ricorda: “Ama come hai
amato me”. E quando sono in affanno mi ricordo di lei che è morta praticamente tra le mie braccia con una
crisi respiratoria. Allora mi dico:
“Dai, non è poi così grave!”».
Quanti di noi potrebbero raccontare le proprie storie su quest’argomento. È lo scopo di un blog, www.
mammaacarico.com, dove si condividono le esperienze di chi si imbatte in questa fase della vita che non
di rado sconvolge i piani personali e
familiari. Il blog, a dire il vero, nasce dopo un film, uscito di recente
(Tra cinque minuti in scena), che ha
per protagonista Gianna Coletti, attrice di teatro, e la sua mamma novantenne, attrice per l’occasione. Ad
andare in scena è la loro storia vera, come mi racconta la Coletti che
con alcune pennellate descrive bene
gli stati d’animo che si attraversano.
«Bisogna superare prima di tutto la
paura – afferma –. Io l’ho avuta per
moltissimi anni perché vedevo che
stava subentrando la vecchiaia, che
mamma stava cambiando, e poiché
è sempre stata una persona assolutamente ingestibile, molto libera, ero
proprio spaventata. L’altra difficoltà
è legata alla necessità di seppellire
eventuali conflitti, in poco tempo,
perché non è che tutti i legami sono
come quelli del Mulino bianco. È
terribile, ma combattere con i rancori non porta a niente».
L’attrice Gianna Coletti suona
la chitarra alla madre. Entrambe
sono le protagoniste della vicenda
riferita, da cui è stato tratto
il film “Tra cinque minuti
in scena” (in alto).
Si può avvertire un rifiuto infatti in
queste situazioni…
«Il consiglio è di lavorare su noi
stessi, prima di tutto per aiutare i
nostri genitori in questo tratto di
viaggio: tu sai che è l’ultimo e lo sa
benissimo anche la persona anziana.
Fondamentale, poi, è l’accettazione:
tu fai la mamma a tua madre con la
consapevolezza che la situazione
non migliorerà, anzi. Poi c’è la paura di chi a 50, 60 anni deve impiegare il suo tempo accanto ai genitori
ammalati e rischia di ritrovarsi anziana quando questa fase è superata.
E allora cosa fai, li fai morire così?
Non lo so, sono scelte molto personali».
Perché dopo il film è nato il blog
mammaacarico?
«Perché dopo aver presentato il
film a diverse rassegne, tantissime
donne venivano a ringraziarci, ci
scrivevano sulla pagina facebook
del film, raccontavano la loro storia: la gente ha voglia di parlare, di
condividere. Nel blog mi esprimo
in maniera ironica, perché non voglio che sia solo un contenitore di
dolore».
Il patrimonio di quest’esperienza
con sua madre?
«Ho imparato a dare maggior valore alla vita. Noi diamo tutto per
scontato, rincorriamo il futuro e
non viviamo il presente; invece bisogna centellinare ogni attimo, dare
valore alle piccole cose anche nei
momenti più devastanti. Mi reputo fortunata, mi creda, non l’avrei
mai detto, ma ad esempio rifiutare
dei lavori – da tre anni non faccio
più nessuna tournée -, mi fa dire
“che bello, ho potuto vivere l’arco
più difficile dell’accompagnamento
a mia madre”. Tutto questo mi ha
dato moltissimo. E poi ho superato
molte paure, perciò devo ancora dire grazie a mia madre».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
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Attualità
SOLIDARIETÀ
a cura di Tomaso Comazzi
Argentina
Coltivare l’amaranto
Dal 2009 l’ong Cipsi ha attivato
un progetto agricolo in una delle
regioni più povere dell’Argentina, al
fine di reintrodurre la coltivazione
dell’amaranto, una pianta autoctona
dalle eccellenti proprietà nutritive.
L’iniziativa ha coinvolto finora
circa 800 famiglie. Al fine di
garantire l’autonomia economica dei
coltivatori e svincolarli dalle logiche
di mercato dei grossisti, i promotori avviano ora anche la costruzione di
un impianto pilota per la lavorazione del prezioso cereale. Si cercano le
donazioni necessarie. Info: www.cipsi.it
Guardiamoci
attorno
Ringraziamo tutti i lettori e quanti hanno
contribuito con le loro offerte a soccorrere chi soffre; a sua volta chi è stato
aiutato sentitamente ringrazia.
Abbandonata con tre figli
«Mamma con tre figli, abbandonata dal
marito e rimasta senza nessun reddito:
il caso è particolarmente urgente, la signora si è rivolta a noi nella speranza di
ottenere un aiuto».
Lettera firmata
Con una pensione minima
Milano
Università in carcere
Cresce in Italia il numero di detenuti iscritti a
corsi universitari. «Qui abbiamo tanto tempo
libero, tanto vale spenderlo per il nostro
futuro reinserimento», sostengono in tanti. A
Milano, grazie a un accordo tra la Bicocca e il
provveditore regionale dell’amministrazione
penitenziaria, a Bollate e Opera arrivano i
primi corsi universitari dietro le sbarre. «Vogliamo coinvolgere tutte le aree
disciplinari – ha spiegato il prof. Giansanti, docente di Sociologia alla Bicocca
– da economia a giurisprudenza, fino a medicina e fisica». Info: www.unimib.it
Somalia
Lotta alla polio
A più di sei anni dall’ultima incidenza, in
Somalia riappare la poliomielite, con il rischio
di vanificare i progressi registrati finora. Per far
fronte alla nuova minaccia, sono state avviate
numerose campagne di vaccinazione, specie
tra i bambini. Maryan Qasim, ministro per lo
Sviluppo umano somalo, rassicura: «Abbiamo
attuato la prima fase nelle zone più colpite e ora stiamo cominciando a
vaccinare bambini in altre parti del Paese». Info: www.newsfromafrica.org
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
«Renzo usufruisce solo di una pensione
minima, appena sufficiente per pagare
l’affitto; per il resto deve arrangiarsi».
Lettera firmata
Costretta a mendicare
«Con la perdita del lavoro mio marito ora ha
una forte depressione; il medico lo riempie
di antidepressivi... Io mi arrangio a lavorare
presso alcune famiglie; a volte sono nella
condizione di dovere chiedere l’elemosina
presso alcuni amici. Sono disperata».
Lettera firmata
Per il viaggio in patria
«Senza lavoro e con gravi problemi di
salute, è temporaneamente ospitato
presso conoscenti. Per evitare, nelle sue
condizioni, il ritorno nella strada, l’unica
soluzione è trovargli i soldi del viaggio
nel suo Paese, la Tanzania».
Amici di Haidyn
Gli aiuti per gli appelli di Guardiamoci attorno
possono essere inviati a:
Città Nuova via Pieve Torina n. 55
00156 Roma - c.c.p. n. 34452003.
Le richieste di aiuto si accettano solo se convalidate da un sacerdote. Verranno pubblicate comunque a nostra discrezione e nei limiti
dello spazio disponibile.
Vita sana
AMBIENTE
Vita sana
di Lorenzo Russo
LaPresse
Anche tante spiaggie
sono ormai ridotte
a pattumiere
a cielo aperto.
O
rmai dobbiamo aggiornare tutti i libri
di geografia, perché
nel nostro pianeta si
è formato un nuovo
continente. Stiamo parlando di un continente di plastica, un’enorme isola galleggiante che si è formata
nel corso dei decenni nel
nord del Pacifico a causa
del gioco delle correnti. Bottiglie, reti, taniche,
spazzolini, imballaggi di
ogni tipo scaricati in mare, 5 milioni di pezzi di
plastica al giorno a livello
mondiale, secondo i dati dell’Onu, si addensano
proprio lì. Un immenso
continente galleggiante,
più grande dell’India, che
ha un’estensione di 3,4
milioni di chilometri quadrati secondo le stime del
Cnes, l’agenzia spaziale
francese che ha finanziato
Un nuovo
degradante
“continente”
Nel Pacifico galleggia la discarica
più grande del mondo
la spedizione dell’esploratore francese Patrick
Deixonne. Membro della
società degli esploratori
francesi ed ex pompiere,
Deixonne, 48 anni, è partito il 20 maggio scorso
dal sud della California,
per analizzare in maniera scientifica il “settimo
continente” (così è stato
battezzato dagli scienziati americani) e tracciarne
una prima mappa.
Quest’enorme
massa
di plastica venne scoperta
per la prima volta nel 1997
dall’oceanografo americano Charles Moore che la
definì «zuppa di plastica»,
e che raggiunge in certi punti lo spessore di una
trentina di metri. Da allora non sono mai stati fatti
studi approfonditi anche
perché l’enorme discarica
galleggiante «è situata in
acque, fra le Hawaii e la
California, poco interessate dalla navigazione mercantile o dal turismo – ha
sottolineato Deixonne – e
il fenomeno, per il momento, riguarda solo gli scienziati e gli ambientalisti».
È invece importante
studiare la provenienza di
questi rifiuti di plastica e
capire come fare per smaltirli anche perché i pezzi,
soprattutto quelli più piccoli, vengono scambiati
per cibo da cetacei, uccelli, pesci, tartarughe, che
poi blocca il loro sistema
digestivo. Inoltre, quell’habitat “non” naturale si è
rivelato propizio per la
riproduzione di un emittero, l’Halobate sericeus,
predatore di zooplancton
e di uova di pesce, ulteriore minaccia all’equilibrio
dell’ecosistema.
Deixonne si imbatté nel
problema nel 2009, attraversando il Nord del Pacifico durante una traversata
a remi in solitaria. Da allora ha deciso di farne una
crociata personale, per il
bene del nostro pianeta.
Indispensabile che trovi
sempre più sostenitori.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
55
Vita sana
SPORT
di Marco Catapano
H
a cominciato a praticare hockey intorno
ai dieci anni. E non
poteva essere diversamente. A Bra, la
cittadina in provincia di
Cuneo dove è cresciuta,
questo sport è una vera e
propria istituzione, tanto
che viene insegnato ai ragazzi sin dalle scuole elementari. Così, Valentina si
è via via appassionata sempre più a questa disciplina,
diffusissima nel mondo anglosassone ma che nel nostro Paese non gode certo
degli onori delle cronache.
Nelle file della squadra locale, la Lorenzoni, ha vinto
numerosi scudetti, e anche
in nazionale si è tolta diverse soddisfazioni, girando il
mondo con la casacca azzurra sin dalle prime convocazioni avvenute quando
aveva meno di sedici anni.
Oggi Valentina Quaranta di anni ne ha ventotto, e l’hockey rimane una
sua grande passione. Ma
non la sola. Nel 2011, infatti, ha deciso di lasciare
temporaneamente lo sport
e il nostro Paese per andare un anno in Tanzania. Il
motivo? Occuparsi di un
progetto promosso dalla
Co.Pe. (un’organizzazione
non governativa di Catania) per la tutela dell’infanzia e per la promozione
del ruolo della donna in
diversi aspetti sociali. Valentina è rimasta folgorata
da quell’esperienza: i volti
unici, espressivi e sorridenti dei bambini e delle
mamme che ha incontrato,
i caldi colori del continente nero... Insomma, dopo
56
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Valentina
e una sorpresa
dopo l’altra
Una delle migliori giocatrici italiane di hockey
ha lasciato tutto per andare in Africa ad aiutare bambini
e donne della Tanzania. Senza dimenticare il suo bastone
lo sport in lei è nata un’altra grande passione: l’Africa. E la sua gente.
Tornata in Italia dopo
dodici mesi di volontariato passati nel villaggio di
Msindo, un angolo remoto quasi al confine con il
Mozambico, oltre a riprendere a giocare Valentina
ha cominciato anche a lavorare (è laureata in psicologia). Il richiamo dell’Africa però è stato talmente
forte che, quando si è creata l’opportunità di tornare in Tanzania per seguire
un nuovo progetto, la Quaranta ha deciso di ripartire. Questa volta però, nel
viaggio verso Dar es Salaam, la capitale di questo
Stato dell’Africa orientale,
Valentina ha portato con
sé anche un borsone contenente palline e bastoni
da hockey. Non si sa mai...
L’ultima volta che era stata lì, infatti, aveva visto
dei ragazzi praticare il suo
Valentina Quaranta, 28 anni, nel suo nuovo impegno
con i bambini in Tanzania. A sin.: giovani allenati
dalla giocatrice italiana. In basso: Quaranta
con la maglia azzurra e con un’atleta tanzaniana.
amato sport. Giocavano a
hockey su un campo improvvisato, in terra battuta. E, ovviamente, non
ha resistito. Si è fermata
a fare quattro chiacchiere,
ha giocato una partita con
loro, e dentro di lei è rimasto indelebile il ricordo di
quel momento “magico”.
Giunta in Tanzania, Valentina ha ripreso a darsi
da fare per promuovere la
scolarizzazione dei bambini e favorire la possibilità di un lavoro autonomo
per le donne del posto. Nel
frattempo, ha cominciato a
far giocare a hockey i bambini e ha rintracciato quei
ragazzi incontrati per caso
due anni prima. Ha giocato con loro, divertendosi e
scoprendo che in pratica
si trattava della nazionale
del Paese. Inoltre, ha anche saputo che esisteva una
squadra femminile che però, per una serie di problemi, non giocava quasi mai:
motivi legati allo studio,
alla distanza esistente tra
i luoghi di residenza delle varie ragazze, oltre alla
mancanza dei materiali
adatti per praticare questa
disciplina.
Un giorno, discutendo
con alcuni funzionari governativi di progetti portati
avanti con l’ong per cui lavora, Valentina ha nominato anche il suo amato
hockey. Ed ecco che si è
aperta un’opportunità davvero imprevista: il ministero dello Sport, infatti, l’ha
nominata commissario tecnico della nazionale femminile di questa disciplina.
In cambio non le ha promesso molto, soprattutto a
causa delle scarse risorse
economiche a disposizione,
ma le ha chiesto ugualmente di provare a realizzare
un sogno: allenare le ragazze in tempo per farle partecipare all’African National
Cup, il campionato continentale che si disputerà a
settembre, in Kenya.
L’impresa appare quasi
impossibile, considerando
anche che per partecipare
al torneo occorre avere a
disposizione un fondo di
circa 10.000 euro. Valentina ci proverà comunque
fino all’ultimo (tra le altre
cose, anche con il sostegno
della federazione italiana
hockey, ha messo in piedi
un’apposita raccolta di denaro), ma vedere il volto
sorridente delle “sue ragazze” durante gli allenamenti
è già un grande successo.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
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Vita sana
BUON APPETITO CON...
di Cristina Orlandi
maggio fresco, 4 cucchiai di
olio extra vergine d’oliva, 80
grammi di parmigiano grattugiato, 1 bicchiere di vino
bianco secco, un bicchierino
di Rum, 1 scalogno, prezzemolo tritato, q.b. di sale e di
pepe nero.
Preparazione
Risotto gamberi e pesche
Un’idea fresca e colorata, un
primo piatto molto gustoso
e particolarmente coreografico, perfetto per coloro che
amano i sapori delicati.
Ingredienti (4 persone)
300 grammi di riso Carnaroli, 16 gamberi, 1 litro di
brodo vegetale, 2 pesche
gialle, 80 grammi di for-
In un tegame con dell’olio extra vergine d’oliva far
appassire lo scalogno finemente tagliato, prima che
prenda colore aggiungere il
riso e farlo tostare. Bagnare
con il vino bianco, alzare la
fiamma e lasciar evaporare
l’alcol. Abbassare quindi la
fiamma e, quando il fondo
di cottura si sarà asciugato,
versare nel tegame un paio
di mestoli di brodo bollente.
Continuare via via a unire il
brodo fino a raggiungere la
cottura perfetta del chicco.
Nel frattempo sbucciare le
pesche, tagliarne una e mezza a cubetti e aggiungerla al
risotto, l’altra metà tagliarla
a spicchi sottili e metterla da
parte per la decorazione dei
piatti.
In una padella con dell’olio
extravergine d’oliva, far saltare i gamberi, precedentemente puliti e lavati, regolare
di sale e di pepe e bagnare
con un po’ di Rum.
Un paio di minuti prima che
il riso sia cotto, aggiungere
12 gamberi sgusciati. Spegnere la fiamma e far mantecare con il formaggio fresco
e il parmigiano grattugiato, macinare del pepe nero,
quindi lasciar riposare.
ALIMENTAZIONE
EDUCAZIONE SANITARIA
di Giuseppe Chella
di Andrea F. Luciani
L’importanza
dell’attività fisica
La pesca
Recentemente negli Stati Uniti
alcuni ricercatori della Texas
agricultural experiment station
hanno studiato le proprietà salutari
della pesca e hanno scoperto che
questo frutto contiene sostanze di
straordinario interesse.
La pesca è molto più salutare di
quanto si ritenesse fino a pochi anni
fa e merita di essere considerata il
frutto della salute perché svolge una
eccezionale attività antiossidante e
antinvecchiamento. È il frutto ideale
della stagione calda: dissetante,
gustosa, ricca di vitamine e di diversi
sali minerali utili all’organismo,
potassio, fosforo, magnesio, ferro,
manganese...
Fu importata in Italia dalla Persia
nel primo secolo avanti Cristo e per
tale motivo prese il nome di Prunus
persica. La pianta è originaria della
Cina, dove era considerata simbolo
di vita eterna, e in alcune antiche
tombe cinesi si sono trovate ciotole
contenenti i suoi frutti. L’Italia è il
primo produttore europeo di pesche
e il secondo al mondo dopo la Cina.
La pesca è energetica, ricostituente,
diuretica, disintossicante, aiuta ad
eliminare le tossine; consumata
regolarmente, giova per le sue
proprietà lassative ed è consigliata
per chi soffre di costipazione
intestinale. Per avere il massimo dei
suoi benefici, deve essere mangiata
sempre da sola, lontana dai pasti.
Questa raccomandazione vale per
tutta la frutta.
Il ruolo dell’esercizio fisico, prima solo
un consiglio generico, sta diventando
importante per prevenire e anche curare
le malattie. Il passaggio da una società
agricola ad una post-industriale, in cui
il ruolo dell’uomo è contraddistinto
dal minimo sforzo muscolare, ha
determinato, insieme con un’esagerata
alimentazione, una serie di malattie
che però possono essere combattute
con il ritorno all’atavica attività fisica.
Inoltre l’invecchiamento è diventato
una caratteristica dei Paesi sviluppati:
in Italia si è passati da un’attesa di vita
di 47 anni nel 1900 a quella odierna di
79 per un uomo e 84 per una donna,
e le previsioni per il 2050 sono di 90
anni per entrambi. Ora assicurare il più
possibile il mantenimento della salute ad una popolazione così numerosa
ed avanti negli anni diventa una sfida non solo della medicina, ma di tutta
la società civile ed è un indice del suo livello culturale. Senza considerare
che anche le gravi attuali ragioni economiche richiedono individui sani
per ridurre la spesa sanitaria e aumentare il contributo della popolazione
in termini di produttività.
Per questi motivi la Comunità europea si è fatta carico del problema,
elaborando programmi e progetti d’intervento a vari livelli: terapeutico,
preventivo, comportamentale; in una parola educativo e formativo. In
proposito si veda il progetto europeo Change (Care of health adversiting
new goals for elderly people) che rientra nell’European learning
programme, il quale si pone come obiettivo prioritario l’individuazione e
la costruzione di un modello formativo, diretto ai mediatori socio-sanitari
e a tutti coloro che si occupano di salute, con particolare attenzione agli
anziani (www.changeonline.eu). Nel 2014 partirà uno stanziamento
di 446 milioni per il Growth for health che si pone identiche finalità.
Tali progetti s’impongono perché il mantenimento della salute, come
dimostrano studi epidemiologici, deriva per il 30 per cento dall’eredità
genetica, per il 20 per cento dai costi per la salute e per ben il 50 per
cento dai comportamenti personali. Di qui la necessità di intervenire sullo
stile di vita. Compito arduo poiché la società consumistica che viviamo
propone modelli di comportamento contraddittori: al richiamo a norme
salutari contrappone l’attrazione dei consumi. La trasformazione della
società da agricola in tecnologica dunque, riducendo l’attività fisica
eseguita per lavoro, l’ha resa necessaria per il mantenimento di uno stato
di salute accettabile e il più duraturo possibile. Nei prossimi numeri
approfondiremo l’argomento molto importante.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
59
IL NOSTRO PIANETA VISTO DALLA
STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
Nasa
Prospettive
Una sola Terra
U
n grande ammasso di nuvole
sopra l’oceano Atlantico. Un
cargo russo copre in parte la
bella foto, ripresa da uno dei
componenti della missione 36
della Nasa, da bordo della Stazione
spaziale internazionale (Iss).
Questa missione è importante per noi
italiani perché per la prima volta un
nostro astronauta, Luca Parmitano,
ha effettuato una passeggiata nello
spazio. Ma nella realtà i viaggi verso
la stazione orbitante sono ormai di
routine: durano sei ore, dal lancio
all’attracco.
Esperimenti scientifici internazionali,
trasporti commerciali, passeggiate
nello spazio, manutenzioni
programmate: sono tante le attività
portate avanti da scienziati di diverse
nazionalità che si alternano a bordo
della Iss.
Il fatto che i media ne parlino
poco, da una parte dispiace perché
questa è una delle attività di punta
dell’umanità, dall’altra dimostra che si
può collaborare, senza i litigi che fanno
notizia, anche in tempi di crisi: la ISS è
abitata da ben tredici anni!
Ha quindi ragione Parmitano ad
esclamare, ammirando dall’alto il
nostro pianeta: «Non esistono confini
nel mondo! Il mondo è uno!».
Giulio Meazzini
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
61
Attualità
MEDIA
di Claudia Di Lorenzi
Social network
Una risorsa per la P.A.
In tempi di spending review, web-democrazia e appelli alla trasparenza delle
istituzioni i social network si rivelano una risorsa preziosa per la Pubblica
amministrazione. Lo rivela l’indagine condotta dall’Osservatorio sui social
network nella P.A. che vede in crescita il numero degli enti locali che aprono
un profilo ufficiale su Facebook o Twitter, inteso come piattaforma di
comunicazione con i cittadini e gli interlocutori in generale. È l’evoluzione
dell’uso della Rete, non più intesa come strumento di informazione degli
utenti ma come luogo di interazione con la comunità: uno spazio di
dialogo dove i cittadini possono porre quesiti, fare commenti e proposte,
segnalare disagi e chiedere provvedimenti, e dove l’istituzione può offrire
informazioni, cogliere esigenze e capire come calibrare i suoi interventi. In
altre parole, un mezzo che consente alla P.A. di migliorare la produzione
e l’erogazione dei servizi pubblici. Accade dunque sempre più spesso che
i cittadini possano assistere in diretta streaming alle sedute del consiglio
comunale, re-twittare le segnalazioni offerte dal comune su argomenti di
interesse pubblico, condividere gli “eventi” promossi dall’Assessorato alla
cultura sulla propria pagina Facebook, o postare l’intervista al sindaco
caricata sul canale YouTube del comune. Tuttavia, l’uso del web 2.0 è
efficace solo a patto che si curino in maniera adeguata modalità, stile e
tempistica della comunicazione. A partire dal linguaggio, che deve adattarsi
a quello informale e sintetico dei social media. E poi la frequenza d’uso: un
profilo “muto” o non aggiornato dice che dall’altra parte non c’è nessuno in
ascolto. Infine la garanzia di una reale interazione: il comune “presente” sui
network sociali risponde in tempo reale ai post dei cittadini, dà spazio al
dissenso e replica a commenti, proposte, critiche e osservazioni, cura il botta
e risposta con i propri follower e ne re-twitta i cinguettii, segnala atri siti e
iniziative. Decreti a parte, la semplificazione comincia dal web.
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
TEATRO E CULTURA
L’archivio privato di De Filippo
In vista delle celebrazioni per il trentennale della scomparsa, che ricorre nel
2014, la biblioteca privata di Eduardo De
Filippo sarà trasferita presso la Biblioteca nazionale di Napoli. Da qui, l’archivio completo, composto di libri, copioni
manoscritti e fotografie, troverà “casa”
nelle sale di Palazzo Reale, ancora a Napoli, dove, a settembre, verrà presentato
il programma legato all’archivio eduardiano. L’iniziativa – spiega Luca De Filippo,
figlio di Eduardo e suo erede sul palcoscenico – nasce per favorire la conservazione
e divulgazione del materiale che appartenne al grande drammaturgo.
SANITÀ IN RETE
Un social network
per professionisti del settore
L’obiettivo è quello di favorire il confronto sul tema dell’innovazione nel mondo
della sanità, per favorire l’evoluzione
verso un sistema sanitario sempre più
competitivo, sostenibile e attento alle
esigenze dei cittadini. Lo strumento per
realizzare tutto questo è un social network dedicato agli operatori del settore,
dai dirigenti di assessorati alla sanità, ai
direttori generali, sanitari e amministrativi, dai funzionari di aziende sanitarie
pubbliche a medici e associazioni private. Si chiama “Motore sanità” e nasce
per intuizione dell’azienda Csi Piemonte:
«Abbiamo immaginato e costruito questo social – spiega il presidente Davide
Zappalà – per connettere un settore così
importante per la società e far emergere esigenze, valorizzare best practice e
avviare nuovi progetti». Il funzionamento di “Motore sanità” è analogo a quello
dei più noti social network: basta accedere a http://social.csi.it/motoresanita/
cms/index.php, registrarsi al sistema,
scegliere un gruppo e partecipare alle
discussioni avviate o iniziarne di nuove,
postando commenti, condividendo immagini e video, segnalando link di interesse
per la comunità.
MUSICA POPOLARE
di Aurelio Molè
A r t e e s p e t t a c olo
Arte e spettacolo
L’arte di Ambrogio Sparagna
G
Quali sono le origini della
musica popolare italiana?
«Affonda le sue radici
nei canti popolari sacri
e nella poesia in volgare
come le 93 laudae di Jacopone da Todi che sono
il fondamento della letteratura italiana e del teatro.
Nascono dalla necessità
di raccontare il Vangelo
in una società in cui la
scrittura era appannaggio
solo dei ricchi. Erano un
catechismo per i poveri,
s’imparava la melodia,
si ricordavano i testi e si
formava alla tradizione
della fede. La stessa forma della canzone, (strofa,
La passione per la nostra tradizione musicale gli fa
riscoprire e valorizzare un genere che torna di moda
Musacchio & Ianniello
hironda, zampogna,
mandoloncello, ciaramella, tamburello,
fisarmonica: sono alcuni dei meravigliosi
strumenti, che variano da
regione a regione, della
musica popolare italiana
che canta la fede, il lavoro
e l’amore. Una tradizione
antichissima che affonda
le sue radici nella canzone
sacra dialettale del tardo
Medioevo. L’etnomusicologo Ambrogio Sparagna
nel 1976 dà vita alla prima
scuola di musica popolare
contadina in Italia, compone opere, pubblica una
diecina di album, propone
spettacoli straordinari e
nel 2007 fonda l’Orchestra
popolare italiana dell’Auditorium Parco della musica di Roma.
Ambrogio Sparagna nello spettacolo “Chiara Stella”
presso l’auditorium Parco della musica di Roma.
ritornello e intermezzo
strumentale), come oggi
è conosciuta, fu inventata da sant’Alfonso Maria
de’ Liguori, autore di Tu
scendi dalle stelle».
I testi che caratteristiche
hanno?
«La musica popolare ha
testi diretti, lineari, non ci
sono tanti orpelli, esemplificano dei concetti anche
difficili come per esempio
la verginità di Maria paragonata ad uno specchio
lindo. La musica arriva al
cuore ed è un’alternativa
alla musica di plastica che
ascoltiamo oggi, anche
perché ha una sua estetica:
è semplice e complessa,
leggera e profonda. Genera, per sua natura, una sorta di comunione tra le persone perché è condivisa,
consumata, partecipata».
Possono considerarsi folklore?
«Assolutamente no. La
canzone popolare è un fenomeno che ha radici nella cultura di ogni Paese,
ma in Italia ha raggiunto
picchi di complessità,
costituisce l’identità nazionale, esprime un misticismo popolare, locale
e universale allo stesso
tempo, che raggiunge
anche quelli che non credono perché emana uno
stupore contagioso: usa
la semplicità della poesia,
provoca bene a tutti ed è
uno strumento di comunicazione diretto e profondo. Musica popolare non
vuol dire volgare, ma coniugare misticismo e universalità».
Per i prossimi spettacoli consulta www.ambrogiosparagna.it
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
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Arte e spettacolo
TELEVISIONE
di Paolo Balduzzi
Overland
C’è una trasmissione un
po’ particolare che propone l’estate di Raiuno, un
diario di viaggio appassionante, a tratti commovente, che da anni ci fa compagnia sotto l’ombrellone:
si tratta di Overland, giunta alla sua 14° edizione, in
onda ogni lunedì sera alle
23.15.
Beppe Tenti è un esploratore e produttore televisivo, e il programma che
cura è un vero e proprio
documentario, che si inserisce in un ampio progetto
per la riscoperta del viaggio over-land, letteralmente “via terra”.
Con
l’inconfondibile
camion giallo, quest’anno
la spedizione ha toccato
una terra poco conosciuta,
ma di straordinaria cultura
e dal fascino indimenticabile come il Caucaso, scoprendo un vero e proprio
museo a cielo aperto, poche volte così valorizzato.
Ecco dunque un primo
elemento caratteristico del
programma: la proposta di
un viaggio non tanto per
arrivare a una mèta, ma
per godersi un percorso
e scoprire insieme le innumerevoli ricchezze che
RADIO
di Aurelio Molè
Max Paiella
Tutto compreso
Nel solco della tradizione, ma senza quel pizzico
di brio e comicità in più che contraddistingue
Max Paiella. Nel suo ultimo programma Tutto
compreso su Radiodue, in onda per tutto il mese
di luglio, il Nostro, in una fase di stanca creativa,
si perde nei rivoli dell’originalità a tutti i costi
con alcuni tormentoni ottimi, come sempre, per
scrittura, giochi di parole, personaggi, e la possibilità di poter essere reiterati, con variazioni
sul tema, all’infinito. Come la pubblicità Ecofat,
e il cantante smemorato Mario la sai? Il meglio,
però, restano i monologhi celebri e le imitazioni
come quelle di Alemanno, Belpietro, uniche per
la flessibilità della modulazione della sua voce,
per le pregevoli inflessioni dialettali, per l’interpretazione spassosa della lingua e, soprattutto,
del pensiero. Non è un caso anche il fatto che la
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
rilettura della politica e dell’attualità passa attraverso i comici di un tempo, Stanlio e Ollio, Franco
e Ciccio perché Max Paiella è il meglio della tradizione italiana che da Ettore Petrolini, transitando
per Gigi Proietti, ci riporta nel teatro di varietà
e nell’avanspettacolo. Non valeva, comunque, la
pena di alzarsi alle otto dei fine settimana per
ascoltare Tutto compreso. Meglio il podcast o trasmissioni comiche come l’Ottovolante.
il cammino svela al viaggiatore, quando questo si
toglie i panni del turista
per calarsi con interesse
ed empatia in quelli dei
popoli che incontra.
Ogni spedizione sostiene anche progetti umanitari della regione visitata, ed è accompagnata
da giornalisti esperti del
luogo, interpreti e gente
comune della popolazione autoctona, che aiutano
a entrare dentro la cultura
quotidiana del popolo al
di là degli stereotipi. Stiamo scoprendo così come
il Caucaso sia una terra di
siti archeologici, chiese,
monasteri, castelli, torri, abitata da popoli fieri
e coraggiosi, custodi di
un’antica tradizione per la
lavorazione dei bachi da
seta, immersa in paesaggi
naturali pieni di contrasti
e di suggestione.
Overland documenta in
modo puntuale e accorto
l’economia, la vita quotidiana, la cultura dei vari
Paesi, facendoci partecipare a un viaggio che è soprattutto verso l’altro, oltre
noi stessi.
Grazie a riprese mozzafiato, un montaggio
eccellente e una scelta redazionale che privilegia
l’incontro con la diversità,
Overland propone un tipo
di comunicazione che si
fa condivisione di attese,
drammi e speranze dei
popoli del mondo, lasciando al telespettatore il gusto della riscoperta della
“strada” come occasione
privilegiata di crescita
personale e d’insieme.
TEATRO
CINEMA
di Giuseppe Distefano
L’uomo d’acciaio
C’è sempre bisogno di un messia. Il cinema
Usa ne sforna periodicamente qualcuno.
Ora tocca a Clark, che diverrà Superman,
ma in verità è nato nel pianeta Krypton
e da lì spedito dai suoi sulla nostra Terra
che salverà dal cattivissimo generale Zod in un duello all’ultimo sangue. Flirta
anche, ma non troppo, con la curiosa giornalista Lois Lane. Effetti speciali
stratosferici, duelli e corse vertiginose fra l’universo e la Terra. Ce n’è per la
fantasia e gli occhi. E un po’ di messaggio New Age fra le righe non poteva
mancare. Henry Cavill è Superman, più spesso malinconico, ma eroico e
sensato quanto basta a chiedersi: ma sono io, poi, davvero il messia?
Regia di Zack Snyder; con Henry Cavill, Amy Adams, Russell Crowe.
Giovanni Salandra
World war Z
Brad Pitt ha il comportamento ideale che,
infantilmente, desidereremmo assumesse un
uomo del nostro tempo di fronte ad un pericolo
globale. Legatissimo alla famigliola, ma unico
nel suo campo a poter validamente contribuire alla vittoria, si comporta da
eroe. C’è un’epidemia contagiosissima, che si diffonde velocemente sulla Terra.
I portatori, molto aggressivi, vengono chiamati zombi, ma la loro somiglianza
con quelli tradizionali è vaga e non tanto horror. Il film prende dall’inizio alla
fine grazie allo spessore dell’attore, alla suspense incalzante, alla suggestione
delle azioni con masse di zombi che avanzano inarrestabili come sciami di
insetti. Due ore assicurate di svago senza pretese.
Regia di Marc Forster; con Brad Pitt.
Raffaele Demaria
The Lone Ranger
Con la premiata ditta Deep-Verbinski-Bruckheimer
(quelli della saga de I pirati dei Caraibi, per
intenderci) a tirare le fila, la trasposizione sul
grande schermo delle origini del celeberrimo
eroe mascherato non poteva che diventare un film
lunghissimo, assurdo e caotico, dove generi e toni si
mescolano e sovrappongono senza sosta. Il risultato finale è tutto sommato godibile,
soprattutto per l’alchimia che si instaura tra la coppia di protagonisti, il ritmo
sostenuto e la magnificenza della messa in scena.
Regia di Gore Verbinski; con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Barry Pepper.
Cristiano Casagni
VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE FILM
L’uomo d’acciaio: Consigliabile, semplice.
World war Z: Consigliabile, semplice.
The Lone Ranger: Consigliabile, semplice.
I due Sik-Sik
Sik-Sik, l’artefice magico è uno dei
testi più leggeri di Eduardo, privo di
troppe implicazioni ideologiche. Di una
storica messinscena, al San Ferdinando
di Napoli nel ’79, con Eduardo De
Filippo, esiste un’audiocassetta di
questa versione breve della commedia,
35 minuti, diversa da quella del ’29.
Custodita dal critico Giulio Baffi che
la registrò segretamente, ha visto ora
la luce affidata al regista Pierpaolo
Sepe per uno sketch folgorante di quel
personaggio fallito ma desideroso di
riscatto, ieri come oggi, capostipite
di una parte della drammaturgia
futura di Eduardo. Interpretato da
un impeccabile Benedetto Casillo,
nella bella messinscena “senza
tempo”, con un’enorme scatolapalcoscenico che si apre come un
carillon. Sik-Sik è un illusionista
svogliato e un po’ cialtrone, ma pieno
d’entusiasta inventiva. Deve allestire
uno spettacolo di prestidigitazione,
ma ha perso il partner che deve
aiutarlo nell’imbroglio mescolato
tra il pubblico. Accanto a lui sono la
moglie e un imbranato collaboratore
passato lì per caso. Arrivato in ritardo,
l’aiutante abituale pretenderà di
riacquisire il suo ruolo. Rovinando i
numeri di magia, la scaramuccia tra
i pretendenti chiude la prima parte.
Continuerà nella seconda travolgendo
atti, parole e significati. Questa pièce
la si potrà vedere a settembre al
festival Benevento Città Spettacolo, in
un progetto di messa a confronto delle
due versioni.
Al Napoli Teatro Festival Italia
Arte e spettacolo
MUSICA LEGGERA
di Franz Coriasco
Neffa: leggerezza
o inconsistenza?
Neffa, salernitano di
Scafati, classe 1967, mancava all’appello discografico da ben quattro anni.
Già leader dei Negazione,
ma incamminato da tempo su un’onesta carriera
solista, s’è appena riaffacciato sui mercati con un
album sospeso tra levità
ed evanescenza, volatilità
gassosa e rilassatezza benemerita.
Molto Calmo si mostra,
fin dal primo assaggio, come un prodotto ben confezionato e dichiaratamente
facile: pop d’autore, moderno nei suoni, negli arrangiamenti, nel linguaggio, e segnato da una forte
propensione verso l’elettronica.
Un disco fatto apposta
per accompagnare le abbronzature di un’estate più
inquieta del solito e forse
per questo ancor più bisognosa di “innocenti eva-
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
sioni”. Il virgolettato battistiano non è ovviamente
casuale, poiché la parentela con l’indimenticabile
Lucio appare evidente in
più di un episodio, e più
ancora in quel certo modo
di scrivere canzoni melodicamente pregevoli, ma
sostanzialmente prive di
contrappesi valoriali o comunque contenutistici nei
testi: e come quelle ben
esprimevano le contraddizioni di un’Italia presa
in mezzo tra gli anni di
piombo e quelli di panna,
queste ne fotografano le
derive e gli smarrimenti
odierni. Epperò, al termine di Sopra le nuvole,
ecco una traccia fantasma
inattesa dove il Nostro
canta: «L’anima, prova
a chiederti quanto costa,
nessuno sa la risposta; l’anima, prova a chiederti se
è rimasta o se qualcuno se
l’è messa in tasca».
Tutto questo per dire
che il Nostro resta un ibrido non ancora perfettamente risolto, forse perché
non è neppure tra i suoi
obiettivi e preferisce galleggiare in questo limbo:
un ambiente sonoro ben
strutturato, dove sentimenti come l’amore e l’amicizia, i travagli dell’intimo e
quelli circostanti non permeano l’aria, ma sembrano piuttosto complementi
d’arredo disposti qua e là,
con molto stile ma senza
altro compito che quello
renderne variegato e piacevole il soggiorno.
Intendiamoci:
quanto
affermato fin qui non è necessariamente una critica.
Giacché, specie di questi
tempi non c’è bisogno solo
di canzoni che ci aiutino a
capire il presente, ma anche
di coadiuvanti che ci aiutino a sopportarlo. E Neffa proprio questo ha quasi
sempre prodotto, e continua
a produrre: con indubbio
mestiere, talento, e una buona dose di furbizia.
CD e DVD novità
ALESSANDRA AMMARA
La giovane pianista
interpreta nella
suggestiva cornice
di Palazzo Chigi
ad Ariccia – dove
Visconti girò Il
Gattopardo – una
selezione di brani pianistici. Autori come
Chopin (24 Preludi op. 28), Debussy (Clair
de lune) e Ravel (Gaspard de la nuit).
Il tocco preciso, il senso ritmico e la
passionalità controllata rendono preziose
queste incisioni, evocando atmosfere
romantiche o postromantiche suggestive.
Dvd Continuo. (m.d.b.)
KODALINE
“In a perfect world”
(B-Unique)
Un nuovo quartetto irlandese
da tener d’occhio. La
band formatasi negli anni
dell’adolescenza ha ovviamente
nell’immaginario le atmosfere
schitarranti e l’enfasi melodica
dei conterranei U2, pur senza
averne (ancora?) il carisma.
Un debutto comunque onesto,
gradevole, e promettente. (f.c.)
THE STROKES
“Comedown Machine” (Rca)
Casablancas e soci approdano
al quinto album. Tra garagerock, electro-pop e dancefloor
la band appare ancora a metà
del guado nel grande fiume
che separa l’irruenza creativa
dei loro esordi e la conquista
della completa maturità:
sia essa il segno di una
consacrazione o l’incipit di un
declino. (f.c.)
MUSICA CLASSICA
APPUNTAMENTI
di Mario Dal Bello
a cura della Redazione
Salviamo il Maggio!
G. Verdi, “Macbeth”.
Firenze, Maggio Musicale,
Teatro La Pergola.
Arrivano con uno striscione
a fine spettacolo: «Salviamo
il teatro!». Sono il cast e
i lavoratori fiorentini. Il
Maggio, che compie 80 anni,
rischia grosso. Il corpo di
ballo non c’è più, ci saranno altri tagli. Che peccato, perché questa è una
manifestazione di eccellenza internazionale: speriamo che si capisca – chi
governa – che la cultura “tira” economicamente. I fiorentini non si sono
scoraggiati. Hanno celebrato Verdi con il Macbeth dato proprio qui nel
1847: la prima versione, eseguita quasi mai. Un evento perciò. Graham
Vick ha attualizzato il re scozzese: è un politico corrotto con soldati e
donnine. James Conlon ha diretto con piacere un’orchestra motivata.
Dario Solari (Macbeth), Marco Spotti (Banco) erano eccellenti cantantiattori, brava attrice anche la Lady (Raffaella Angeletti). La musica?
Tagliente, patetica, e dolorosa molto. Con la pietas verdiana che guarda
l’uomo vittima del potere. Per risentirla, c’è l’edizione live Dynamic del
1997 diretta da Marco Guidarini. Un’occasione per un confronto con il
Macbeth “restaurato” da Verdi nel 1865, quello che si ascolta sempre.
Drammaticamente, vince il 1847.
ROSSINI OPERA
FESTIVAL
Guglielmo Tell, Italiana
in Algeri, Il viaggio a
Reims, La donna del
lago, questi i principali
appuntamenti di una
edizione gloriosa. Fra
gli interpreti, il tenore
Jaun Diego Flòrez.
Dal 10 al 23/8, Pesaro,
varie sedi.
ZURBARÀN
Il mistico pittore del
Seicento nella prima
rassegna italiana con
capolavori da tutto
il mondo per una
riscoperta preziosa
di un grande a lungo
trascurato. Zurbaràn.
Ferrara, Palazzo dei
Diamanti. Dal 14/9 al
6/1/2014. (catalogo
Ferrara Arte).
THE IMPOSSIBLE
Di Juan Antonio Bayona;
con Evan McGregor e Naomi
Watts. Una coppia soggiorna
in Thailandia per le vacanze
natalizie, giunge lo tsunami.
Morte e distruzione, ma se la
caveranno. La Watts candidata
all’Oscar. Extra interessanti con
scene tagliate. Eagle. (m.d.b.)
PIETA
Di Kim Ki-duk; con Cho Min-Soo,
Lee Juyng-Jin. Il giovane Kangdo è un killer spietato, arido
e solo. Ma una donna che si fa
credere sua madre gli rivela
un altro modo di vivere. Duro
e coinvolgente. Leone d’oro
a Venezia 2012. In italiano e
coreano. Ciakfilm. (m.d.b.)
UN CALCIO IN BOCCA FA MIRACOLI
Di Marco Presta. Il “vecchiaccio”
in questione è scorbutico
e cleptomane. Un amico lo
coinvolge in una missione
segreta: fare innamorare
due giovani del quartiere. Un
romanzo irresistibile, letto
dall’autore. CD Mp3 Emons
audiolibri (g.d.)
FESTIVAL LOCARNO
La 66esima edizione
presenta il premio
alla carriera al nostro
regista-attore Sergio
Castellitto. Festival
del cinema di Locarno.
Dal 7 al 17/8.
JUDI HARVEST
Un’installazione
montata sul muro,
lunga 6 metri con
90 sculture ispirate
al miele e alle arnie,
realizzate insieme con
maestri soffiatori di
vetro di Linea Arianna.
“Denatured: Honeybees
+ Murano”, Venezia,
Scuola dei Tiraoro e
Battioro, fino al 31/10
FRANCO MULAS
Con un titolo che
rimanda al senso delle
parole “paesaggio”
e “spaesamento”,
i 45 olii su tavola
testimoniano la
pratica artistica di
un “modernissimo
pittore all’antica”.
“S-paesaggi. Opere
dal 1980 al 2013”,
Roma, Museo Bilotti,
fino all’8/9.
ÉCOLE DE PARIS
Una rassegna
costruita attorno
all’Ecole de Paris
e a Modigliani,
con capolavori
dell’avanguardia
di quegli anni.
“Modigliani e l’École
de Paris”, Martigny
(Svizzera), fino
al 24/11
Attualità
BILANCI DI FINE ANNO
di Sergio Barbaro
U
n gruppo di studenti insulta una
professoressa su Facebook. Altre ragazze su Internet attaccano con insulti una compagna di
classe fino a costringerla a chiudere i propri profili FB e Twitter, dopodiché esultano per l’impresa: «Siamo riuscite a cancellarla dalla Rete!».
Per ogni scuola ormai viene creata in Rete la pagina spotted, dove
i maldicenti possono pubblicare dicerie e cattiverie, per lo più false, su
studenti e professori, avendo la garanzia dell’anonimato. È una forma
di vigliaccheria gratuita che produce
e moltiplica rabbia, frustrazione, ritorsioni, odio.
Anche quest’anno dunque ci è
accaduto di entrare tra i banchi di
scuola dei ragazzi, non per sentire o
leggere belle notizie, ma per fatti di
cronaca nei quali erano presenti episodi di bullismo, perpetrati in classe
attraverso l’utilizzo di cellulari o altri apparecchi elettronici. Si parla di
cyberbullismo quando le azioni sono
effettuate mediante l’utilizzo di Internet (posta elettronica, social network,
chat, blog, forum), o attraverso il telefono cellulare.
Secondo Telefono Azzurro, le
modalità specifiche con cui i ragazzi
realizzano atti di cyberbullismo possono consistere in particolare nel:
• diffondere pettegolezzi attraverso
messaggi su cellulari, mail, social
network;
postare
o inoltrare informazioni,
•
immagini e video imbarazzanti,
anche falsi;
• rubare l’identità e il profilo altrui, o
costruirne di falsi, al fine di mettere
in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima;
• insultare o deridere la vittima
attraverso messaggi su cellulare,
mail, social network, blog o altri
media;
• minacciare fisicamente la vittima
attraverso un qualsiasi media.
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Città Nuova - n. 15/16 - 2013
SCUOLA
E CYBERBULLISMO
COME CONCILIARE PRIVACY, RISPETTO
DELLE PERSONE E DISPOSITIVI ELETTRONICI
SUI BANCHI DI SCUOLA? LE INIZIATIVE
DEI GARANTI EUROPEI
Sempre secondo Telefono Azzurro,
un’autorità in materia, le aggressioni
fisiche possono far seguito proprio a
episodi di bullismo. Tali aggressioni
possono determinare conseguenze
anche rilevanti sul piano penale a carico dei minorenni che ne sono autori,
e anche dei loro genitori, i quali per
legge sono responsabili in ogni caso
del comportamento dei figli.
Il ministero dell’Istruzione ha emanato nel 2007 una specifica direttiva che stabilisce alcuni importanti
principi: in primo luogo l’importanza
della responsabilizzazione dei ragazzi sull’utilizzo corretto dei dispositivi
I danni possono essere gravissimi
per i ragazzi. Sotto: una pubblicità
di Telefono Azzurro, sempre
in prima fila nella difesa
dei minori, e una manifestazione
di giovani contro il bullismo.
elettronici. Poi la necessità di regolamentare l’utilizzo dei cellulari a scuola
e, da ultimo ma non meno importante,
la rilevanza che deve assumere la collaborazione tra genitori e insegnanti
per prevenire tali fenomeni.
Il Garante per la protezione dei dati
personali, cioè l’autorità amministrativa indipendente deputata a garantire
la tutela della riservatezza, ha emanato
nel giugno 2010 una specifica guida
denominata La Privacy tra i banchi di
scuola. Nel documento si prevede che
l’utilizzo di apparecchi per la registrazione di suoni e immagini sia in genere consentito nelle scuole, ma esclusivamente per fini personali, e sempre
nel rispetto dei diritti e delle libertà
fondamentali delle persone coinvolte, in particolare della loro immagine
e dignità. Le istituzioni scolastiche
possono comunque regolare o inibire
l’utilizzo di registratori audio-video e
cellulari all’interno delle aule di lezione e nelle scuole stesse. In concreto il
Garante precisa che, in ogni caso, non
è possibile comunicare sistematicamente, o diffondere, dati personali di
altre persone (come ad esempio immagini o registrazioni vocali) senza
che queste siano state informate adeguatamente e abbiano prestato il proprio esplicito consenso.
A livello europeo, nel 2009 il
gruppo di lavoro composto dai garanti per la tutela dei dati personali
degli Stati membri ha espresso un
parere sulla protezione dei dati personali dei minori che si sofferma in
particolare sulla tutela della privacy a
scuola. Il documento invita le scuole
a dotarsi di misure precauzionali dirette a inibire l’uso di videomessaggi
e registrazioni audio e video che possano diffondere dati personali di terzi
senza che questi ne siano al corrente.
Le scuole devono inoltre sensibilizzare gli studenti al rispetto della privacy e dei dati personali altrui.
I documenti citati sembrano sottendere come non possa essere considerato sufficiente a disincentivare
l’uso improprio dei cellulari a scuola
il semplice divieto sancito dai regolamenti scolastici. Appare invece necessario formare i ragazzi al rispetto della
dignità e della libertà altrui, rispetto
che si manifesta anche nell’uso corretto delle nuove tecnologie. Gli stessi
genitori non possono semplicemente delegare alle autorità scolastiche il
controllo su tali fenomeni, ma devono impegnarsi a conoscere meglio gli
strumenti tecnologici utilizzati dai propri figli, cooperando con gli insegnati
per garantirne l’uso corretto a scuola.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
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C u l t Cuurlat u er a t ee nt ede
nze
ndenze
M
di Stella Chiu Yuen Ling
nella nazionale di tennis a
15 anni e diventa professionista a 17. Scala la classifica mondiale fino al numero
136, poi per problemi fisici
scende al 303. Dopodiché
sparisce dal circuito per
due anni, non si sa bene
perché. Si laurea in giornalismo. Con le sue vittorie
piega le regole granitiche
del sistema sportivo statale cinese, prendendosi per
allenatore il marito, ottenendo di gestire le proprie
trasferte e incassare i premi
che vince: prima il 65 per
cento del guadagno andava
al governo. Numero 5 del
mondo, Li è la prima tennista cinese a entrare fra le
prime 10, la prima ad aver
disputato i quarti di finale
di tutti i tornei del Grande
Slam, la prima a vincerne
L’eccellenza
nello sport
e nella vita
Aumenta l’età media degli atleti
migliori. Oltre al talento servono
fiducia in sé, auto controllo,
sacrificio, equilibrio. E umanità
uno: Roland Garros 2011,
su Francesca Schiavone.
Nel mondo del tennis
la rivoluzione è il cambiamento della velocità. Sempre più spesso assistiamo
a partite a livello di gioco
stratosferico che possono
durare 5-6 ore. A Wimbledon l’incredibile sfida tra lo
statunitense Isner e il francese Mahut, ha segnato il
R. Pierse/AP
elbourne, Australian
Open 2013. Victoria
Azarenka, allora numero uno mondiale,
conquista il titolo
superando la cinese Na Li.
Una finale dai risvolti drammatici per quest’ultima:
cade, si rovina la caviglia,
continua a giocare mettendo in difficoltà la bielorussa. Nel terzo set Li cade di
nuovo e sbatte la testa. Interviene il medico, le chiede
di seguire il movimento del
dito con lo sguardo. Na Li
lo segue per qualche istante
e all’improvviso... scoppia a
ridere! Grande sollievo per i
14 mila spettatori presenti e
per i milioni di appassionati
davanti alla tv. Il match dura 2 ore e 40 minuti.
Nata nella Cina Popolare nel 1982, Na Li entra
TREND
70
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
H. Blair/AP
L.J.Man/AP
I tennisti Isner e Mahut al termine della
partita di tennis più lunga della storia:
11 ore e 5 minuti. A sinistra: la rovinosa
caduta di Lu Xiang nella corsa olimpica
dei 110 a ostacoli. A fronte: la smorfia
di Na Li per il dolore alla caviglia dopo
la caduta all’Australian Open 2013.
match più lungo della storia
del tennis: 11 ore e 5 minuti
di gioco con un quinto set
che è già leggenda.
Tale exploit è reso possibile dall’evoluzione sempre più sofisticata degli
attrezzi: il telaio, le corde,
le palle e perfino le scarpe,
che permettono stabilità e
favoriscono gli spostamenti
su tutti i tipi di superficie.
Ma alla base di tutto stanno
gli aspetti tecnico, fisico e
mentale. Non ci si indirizza
infatti solo alla programmazione agonistica, si cura
anche la crescita sana e la
formazione integrale della
persona.
Ciò non è un trend esclusivo del tennis. Le persone vivono più a lungo, con
tante risorse e potenzialità.
Roger Federer, oggi numero 3 nel mondo, e Serena
Williams, la tennista più
forte del pianeta, hanno 31
anni. L’età media dei primi
100 giocatori aumenta costantemente: per gli uomini
siamo a quota 27 anni, contro 24,6 nel decennio scorso, e per le donne 25 contro
22 nel 2002.
Certamente il talento
conta, ma per reggere una
lunga carriera sportiva servono esperienza, perseveranza, concentrazione, volontà, creatività e coraggio.
Oltre a fiducia in sé, auto
controllo, umiltà, sacrificio
e soprattutto grande equilibrio nella vita.
Il sistema sportivo cinese, basato sulla rigida struttura di tipo socialista degli
anni Settanta, inizia ora ad
essere criticato anche dalla società cinese stessa. Si
è parlato molto ad esem-
pio di Wu Min Xia, oro
nel tuffo sincronizzato a
Londra 2012, prima donna
nella storia a vincere tre ori
olimpici consecutivi. Suo
padre ha dichiarato di aver
nascosto alla figlia due terribili drammi familiari per
consentirle di allenarsi con
tutta la serenità necessaria.
Purtroppo il famoso detto
«l’importante è partecipare» può trasformarsi in ossessione per la vittoria e gli
atleti, uomini e donne, in
macchine da guerra.
Eppure emergono e ci
danno speranza altre figure, come Na Lì, Yao Ming,
Lu Xiang, che si distinguono per la loro umanità.
Durante la scorsa edizione
delle Olimpiadi, Lu Xiang
crolla sul primo ostacolo
della batteria dei 110 ostacoli. Si rialza e saltellando
su un piede solo torna in
pista. Percorre comunque i
110 metri senza ovviamente
saltare gli ostacoli. Arriva
al traguardo per onorare gli
avversari della batteria, che
lo aspettano oltre la linea
del sogno. Un sogno che per
lui non si avvererà più. Sulla tribuna londinese piangono tutti! Si sa che nello
sport l’atleta non è mai solo,
ci sono sempre gli altri –
concorrenti o compagni che
siano – che costituiscono lo
stimolo per imparare, confrontare, correggere e progredire, e lo sport è anche
l’occasione di offrire il meglio di sé per una meta nobile. I cinesi che credono in
questa prerogativa potranno
accompagnare il Paese in
corsa verso «la democrazia
con il carattere cinese, in
una società armoniosa».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
71
Cultura e tendenze
ANNIVERSARI
di Mario Dal Bello
R
igoletto piange e si
dispera, Violetta si
sacrifica per amore e Aida muore
sognando il cielo
con il suo amato. Quanta
passione nei personaggi
di Verdi! Lottano, pregano, imprecano, muoiono.
Ma in tempi rapidi. Il teatro verdiano infatti ama
la sintesi, vuole arrivare
presto alla conclusione
del dramma, qualsiasi
dramma umano, anche
la politica e la religione
(Don Carlo), la commedia
amara (Falstaff) o la follia
della gelosia (Otello). Non
c’è parte del sentimento umano che sfugga allo
sguardo implacabile e ben
poco ottimistico di Verdi.
Altro che compositore
risorgimentale – un titolo
affibbiatogli dopo l’unità
d’Italia –, o musicista dello zum-pa-pa. È un autore
tragico, scespiriano, potente. Un emiliano chiuso, che
ama la sua terra, si compra
casa e tenuta nella Bassa,
governandola da possidente terriero implacabile.
Lohegrin viene su un
cigno alato a salvare la
principessa Elsa, Tristano
raggiunge senza raggiungere l’amata Isotta, Sigfrido muore tradito e Parsifal
approda alla fine alla luce
paradisiaca. Richard Wagner non ha mai fretta. Si
compiace di lunghi racconti, riflessioni metafisiche
e storiche, cerca nel mito
nibelungico o trobadorico
il senso del destino umano:
l’amore e la morte, la vita e la vittoria. Tedesco di
72
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
Il mondo
di Verdi
e Wagner
Duecento anni fa nascevano
i due grandi musicisti. Stili diversi,
identico amore per l’uomo
Fabio Parenzan
Rappresentazione del “Lohengrin” (Teatro Colón – Buenos
Aires) e, a fronte, del “Rigoletto” (Teatro Verdi – Trieste).
In basso: Verdi (a sinistra) e Wagner.
Lipsia, fa il rivoluzionario,
è braccato dalla polizia,
inventa un teatro “totale”
e finisce, con l’aiuto del
re Luigi di Baviera, per
costruirsi una sorta di città ideale a Bayreuth dove
rappresenta la sua immensa Tetralogia. I nazionalisti e i nazisti ne amano
la sintesi eroica, il senso
immenso del destino umano, il sentimento di gloria
sempre sotteso ad ogni suo
lavoro. Ma Wagner è ben
più di questo: riflette, con
sguardo potente e mitico,
sul destino ultimo dell’uomo e della storia.
L’italiano sanguigno e
passionale, il tedesco filosofico e (pseudo) mistico.
In vita non si sono mai
incontrati. Né si sono amati. Anzi. Wagner, appena
udita qualche nota del Requiem verdiano, uscì dalla
sala insieme alla moglie,
con evidente disgusto. Verdi annotò sulla partitura del
Lohengrin – ascoltato di
nascosto a Bologna – giudizi non troppo lusinghieri.
Erano entrambi personalità coriacee, temperamenti
musicali diversissimi. Tanto che per decenni molti (pseudo) intellettuali e
musicofili nostrani hanno
anteposto Wagner a Verdi
– qualcuno c’è tuttora –,
ovvero la vera musica colta a quella rozza e bandistica dell’emiliano.
Mentre in area tedesca
si è guardato con sufficienza a questa musica
“popolare” italiana (salvo
però ascoltarla di continuo, e con evidente piacere). Pregiudizi e gelosie,
anche nazionalistiche, che
allontanano dalla verità.
La quale è sempre semplice. Si tratta di due autori
entrambi geniali che, in
modo diverso e sotto an-
golazioni differenti, hanno ciascuno compiuto un
proprio cammino artistico,
avendo una sola meta: indagare l’uomo. Il cuore
soprattutto, in Verdi; la
mente, in Wagner.
Quale l’approdo finale?
Per quanto possa stupire, è
identico. Verdi chiude con
il Te Deum nei Pezzi Sacri, vecchissimo, con una
grande attesa di pace, stupenda. Wagner, che muore
diciotto anni prima, con
l’incantesimo sublime di
Parsifal davanti al Graal.
Tutte le passioni, il sangue, le lotte e gli amori, il
mito e la storia, sembrano
scomparire davanti alla
porta di una dimensione altra, diversa. È il cammino
dell’uomo che i due geni
hanno percorso su vie differenti, arrivando allo stesso
fine. Vale la pena riscoprirli.
E, se si vuole un consiglio, per Verdi preferire
interpreti come Toscanini,
Giulini, Muti e Abbado. Per
Wagner: Furtwängler, Karajan, Keiber e Baremboin.
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
73
Cultura e tendenze
IL PIACERE DI LEGGERE
a cura di Gianni Abba
Con un po’ di autoironia
ANDREA BALLARINI
Fenomenologia
del cialtrone
Laterza
euro 14,00
Il libro si conclude con
un test per capire se il lettore è un cialtrone, o piuttosto
in che grado lo sia, perché
tutti lo siamo, almeno un
po’. Ballarini, curriculum
a dire il vero al limite del
cialtronismo, s’è messo a
studiare questa tendenza
innata del maschio italico
(ma anche le virago peninsulari non ne vanno esenti).
E lo fa con non poca lucidità e cinismo, aiutandoci ad
addomesticare quel po’ di
cialtronismo che alberga in
noi. Come? Sorridendone, e
talvolta ridendone.
«Egli dubita di sé stesso e ricerca continuamente nell’immagine di sé
che gli altri rimandano
(feedback) la conferma
del proprio valore». Così
l’autore, in una delle cen-
74
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
tinaia di definizioni che
dà del cialtrone. O ancora: «Se però proprio non
è possibile distogliere
l’aspirante cialtrone dalla
scelta universitaria, è almeno importante riuscire
a orientarlo verso le facoltà cosiddette materasso:
quelle cioè che consentono di giungere alla laurea
con un impegno relativo».
Un’altra nota appare
condivisibile: «La cialtroneria è una disciplina che, per
quel poco o tanto che è suscettibile di essere insegnata o imparata, necessita del
rapporto umano diretto tra
vecchio e nuovo cialtrone,
tra docente e discente, tra
maestro e apprendista». Il
contagio è facilissimo. Tocca stare in campana, perché,
comunque, il cialtrone è individualista: «Questo cosa
significa? Che il cialtrone è
smascherabile, ma richiede
un tasso di attenzione superiore a quello che mediamente si è disposti a concedere alle normali interazioni
sociali. Non dico alle normali interazioni televisive,
dove il tono di quel che si
dice è tutto e il contenuto è
irrilevante, ma persino alle
conversazioni da salotto».
Ecco la conclusione: ognuno di noi ha in sé un lato
cialtronico, il più delle volte
controllabile. Ad una condizione: sapersi far correggere
dagli altri, avendo una buona dose di autoironia. Un
buon libro per la spiaggia.
Pietro Parmense
HELEN STEPHENS
Come nascondere
un leone
Nord Sud edizioni
euro 12,00
Se avete un bambino
dai 3 ai 7 anni questo è un
libro sugli stereotipi, semplice ed eccezionale allo
stesso tempo, che fa leva
sui sentimenti di empatia
e simpatia, sulla sorpresa
e l’ironia sana che deve
accompagnare la crescita
dei nostri bambini.
Poi, se siete capaci di
tornare bambini anche voi,
il libro sorriderà al vostro
cuore e alle vostre menti,
garantendovi 15 minuti di
gioia pura nello scoprire in
quanti modi queste immagini, e le parole che le accompagnano, possono interagire con il bambino, i suoi
sentimenti e lo stupore.
Come tutti i libri che azzardano l’assurdo (dall’elefante nel frigorifero, al
cammello nella palestra
della scuola), accarezza la
mente bambina, capace di
sorvoli incauti sulla normalità e sulla pedanteria
adulta.
Un modo per continuare un dialogo con il bambino. O per conoscerlo,
condividere, farsi attenti
e… “alzarsi” alle sue altezze.
Scrittura
essenziale,
efficace, illustrazioni degnissime: le espressioni
del leone nelle varie situazioni paradossali sono
piccoli capolavori. (Ah!
dimenticavo: il volumetto
mi è stato consigliato da
un tipetto di 5 anni, che ha
idee molto decise in fatto
di libri).
Annamaria Gatti
JEAN BLANCHAERT
Un santo al giorno
Rizzoli
euro 30,00
365 esempi noti e meno noti di virtù e coraggio
cristiani (cui si aggiunge
un’appendice sulle festività mobili più note): chi si
trova a sfogliare il libro di
questo gallerista milanese
specializzato in vetri e ceramiche lo troverà decisa-
mente insolito e divertente.
Ogni santo o beato è infatti
qui raffigurato con un disegno che cerca di non discostarsi dall’iconografia
tradizionale, mentre la sua
vita e il significato della
sua opera vengono sintetizzati con tratti di penna
stilografica e pennarello,
secondo l’originale calligrafia dell’autore. Risultato: una sorta di codice
miniato moderno, che avvicina ai nostri tempi quel
dato personaggio, segnalandone talvolta episodi
poco noti e poco reperibili
nelle “normali” agiografie.
Una curiosità: in qualche
caso in cui mancava il ritratto di un santo, Blanchaert si è permesso di rappresentarlo col volto di un
amico con lo stesso nome.
Oreste Paliotti
IN LIBRERIA
FRANZ CORIASCO
Papa Francesco:
prima di tutto un uomo,
l’uomo prima di tutto
Ebook HK Media
euro 1,99
Fin dalla sera del debutto, dalla loggia di San Pietro, e ancor più nei giorni
seguenti, ad esempio dopo
l’udienza nella Sala Nervi ai giornalisti di tutto il
mondo, il Bergoglio-style
– tutto cuore, spontaneità,
Vangelo vissuto – ha destato interesse, simpatia e
sincere aspettative pure fra
i non credenti. Questa agile
biografia (solo in digitale)
di papa Francesco, scritta a
caldo da un autore teatrale,
radiotelevisivo e musicale
che «non sa, non può o non
riesce a credere» (come ci
dice), è un’eloquente conferma di questa attrazioneattenzione del mondo laico
per Bergoglio.
Pure se qui la “musa”
di Coriasco è stata prima
di tutto la stima per questo successore di Pietro,
ciò non gli ha impedito di
scrivere un libretto onesto
e documentato, frutto di
letture, ricerche e riscontri
puntuali. In queste pagine (virtuali o no) i lettori
troveranno una sintetica
ma accurata ricostruzione sia della personalità
che del percorso umano,
ecclesiale e spirituale di
Jorge Mario: dallo sbarco
dei genitori piemontesi a
Buenos Aires nel primo
Novecento alla scelta sacerdotale coi gesuiti, dalla
“carriera” nell’Ordine e
poi nel governo pastorale
della diocesi della capitale argentina ai retroscena
dei due conclavi (2005 e
2013), fino alla cronaca di
questi mesi di pontificato.
Lo stile di Coriasco è
giornalistico e accattivante,
ma non disdegna voli lirici
e spirituali, come quando
scrive che Bergoglio come papa e come uomo può
«allagare e allargare il cuore di chiunque con l’ambrosia della speranza».
Mario Spinelli
a cura di Oreste Paliotti
ANNO DELLA FEDE
Arturo Cattaneo
(cur.), “Sorpresi dalla
fede”, Elledici, euro
16,00 - Dall’attrice
al calciatore, dalla
madre di famiglia
all’astronomo, 46
testimoni del nostro
tempo dalla fede
gioiosa, convincente.
DIVAGAZIONI
Giacomo Biffi,
“Pinocchio, Peppone,
l’Anticristo”,
Cantagalli, euro 14,90
- Raccolta di saggi
di calda umanità che
sconfinano dall’ambito
ecclesiastico, ma non
da quello della visione
evangelica.
LETTERATURA
E. Fusrer/J. Wauch
(cur,), “Scrittori del
Novecento e mistero
cristiano”, Edusc, euro
28,00 - Autori anche
non esplicitamente
credenti su temi
come: dolore, amore,
coscienza, grazia,
peccato e redenzione.
NARRATIVA
Aleksandr Solženicyn,
“L’uomo nuovo”,
Jaca Book, euro
10,00 - I protagonisti
di questi tre racconti,
inediti in italiano, ci
riportano agli anni ’20
del Novecento. Una
ricerca nell’abisso
dell’umano.
FILOSOFIA
Michele Marchetto
(cur.), “Buber. La vita
come dialogo”, La
Scuola, euro 13,50 - Il
percorso speculativo
di questo ebreo
(1878-1965) che fu
uno dei maestri del
pensiero filosofico del
Novecento. Con brani
antologici.
SPIRITUALITÀ
Aelredo di Rielvaux,
“L’amicizia spirituale
& Gesù a dodici anni”,
Ares, euro 13,00 - In
un unico volume
vengono riproposte
due “perle” del
Medioevo monastico,
che hanno nutrito
la spiritualità di
generazioni.
SIMBOLI
I. Becherucci/P.
Martino (cur.), “La
croce. Un simbolo
attraverso i tempi e
le culture”, Studium,
euro 22,50 - Indagine
sul segno che più di
tutti, nel corso dei
secoli, ha diviso il
mondo in infuocate
battaglie ideologiche.
PERSONAGGI
Vincenzo Bertolone,
“Padre Pino Puglisi
beato”, San Paolo,
euro 9,90 - La
verità sul sacerdote
assassinato dalla
mafia nel 1993
ricostruita dal
postulatore della
sua causa di
beatificazione.
Illustrazione di Eleonora Moretti
PER BAMBINI DA 3 A 99 ANNI
di Lauretta Perassi
Fantasilandia
La
o
t
ia
b
b
a
r
r
a
a
m
e il pentagram
N
el mondo dell’alfabeto la vita
delle vocali non è sempre
facile. Esse sono poche e
necessarie per comporre
tutte le parole. Un giorno la
vocale “O” era in crisi, spesso le
sue colleghe e le consonanti la
prendevano in giro per via della
sua forma rotonda. Piangendo, la
“O” disse: «Sono troppo grassa,
perfino lo zero è più magro di me
e i numeri lo rispettano!». Così
la lettera “L” diede un calcio alla
“O” ed essa cominciò a rotolare;
percorse discese e salite e si fermò
in un prato, decidendo di non
tornare più tra le vocali. La povera
vocale si sentì ancora più giù. La
sua amica “K” l’aveva raggiunta
e le si era messa vicino, ma dalla
parte sbagliata, così la “O” era
decisamente “KO” (Kappa O”).
Questa fuga della “O” ebbe
conseguenze disastrose sia nel
mondo animale che tra gli esseri
umani: molte parole avevano perso
la vocale finale! Infatti il “gatt”
mangiava il “tp”, un pesce aveva
fatt un bel tuff, un bambin gustava
il gelat!
Ad un certo punto la “O” sentì
cantare malissimo. Le si parò
davanti un intero pentagramma
arrabbiato! «Adesso mi chiamano
chiave di vilin o di sl, e me chiave
di bass!», raccontarono la chiave
di violino e quella di basso.
«Nessuno riesce a cantare e a fare
i vocalizzi!» affermò un accordo,
stonando. La “O” era allibita, tutto
il pentagramma protestava, creando
un vero e proprio inquinamento
acustico; inoltre osservando le
cinque righe, vide che il do e il
sol erano spariti. Il si cantò: «Da
quando lei, cara “O”, è scappata, il
d e il sl hanno fatto la ritirata». Il la,
stonando, cantò alla O: «Ci guardi
bene: anche noi note siam rotonde
eppure non ci siam mai sognate
di scappar dal pentagramma ed
è grazie a quelli tondi come noi
e come lei che esiste quella cosa
meravigliosa chiamata musica!».
La O cominciò a capire, non si era
mai resa conto di quanto poteva
arrivare in alto e decise di tornare
tra le vocali, ignorando le prese in
giro. Disse la K alla O: «Come va
adesso?». La O rispose: «Tutto OK».
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
77
Storie di riscatto ed
emancipazione
dalla logica della violenza,
della sopraffazione,
del malaffare, dell’omertà.
Per una cultura della vita,
della legalità, della libertà.
Storie di uomini e donne
che ce l’hanno fatta.
Che hanno alzato la testa.
Insieme.
Perché insieme si può.
«In queste pagine si racconta
con grande forza
come sia stato il “noi”,
in certi territori,
a fermare un sopruso
che si faceva forte
della solitudine e dell’isolamento
delle sue vittime…
dove il “noi” non è inteso come
mera somma d’individui,
ma come insieme delle loro
relazioni,
tessuto sociale a partire dal quale
ciascuno di noi può trovare e
realizzare a fondo
la sua dignità e libertà di essere
umano».
dalla prefazione di
don Luigi Ciotti
via Pieve Torina, 55 • 00156 ROMA • tel. 06 7802676 • [email protected] • www.cittanuovaeditrice.it
In dialogo
Droni
«Nell’epoca dei social
network, crescono le confessioni, gli outing, anche di
categorie di persone che in
precedenza erano obbligate
al silenzio. Parlo ad esempio
dei soldati: recentemente
un marine in Iraq ha detto
di aver ucciso col suo fucile 2.457 iracheni, mentre
un altro, un pilota di droni,
confessa di aver ucciso
1.626 persone a distanza.
“Troppi”, dice. Alla faccia
delle guerre a costo zero!».
Paula Green - Ginevra
La guerra è sempre
guerra. Si possono creare
armi che non mettono a
rischio le vite degli attaccanti, ma il costo umano
non può essere evitato.
Le confessioni dei soldati
Usa sono agghiaccianti:
si capisce come gli Stati
Uniti siano pieni di cliniche per il recupero psicologico dei combattenti in
missione. Quando la vita
viene calcolata con due
pesi e due misure, dietro
l’angolo c’è una dissociazione psicologica grave.
Ogni persona umana vale
quanto un’altra, Obama
quanto l’ultima vittima
delle inondazioni indiane.
Solo quando avremo tutti
raggiunto tale certezza la
guerra scomparirà.
@
Palatucci
«Ho saputo che Giovanni
Palatucci, lo “Schindler italiano”, inserito nella lista
79
Città Nuova - n. 15/16 - 2013
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
di Michele Zanzucchi
dei “Giusti tra le nazioni”,
non ha in realtà svolto quel
ruolo di salvataggio di tanti
ebrei dalla deportazione,
quando era funzionario di
polizia a Fiume. Secondo il
Centro Primo Levi di New
York si tratta della mistificazione messa in atto dallo
zio, Giuseppe Maria Palatucci, vescovo di Avellino.
Che ne dite?».
Paolo Loreti - Fermo
Aspettiamo riscontri
puntuali alle accuse di mistificazione. Certamente
qualche falsità storica è
stata probabilmente artificialmente creata. Comunque, pur essendo un fido
poliziotto a servizio dei nazisti e poi della Repubblica
di Salò, Palatucci avrebbe
comunque salvato alcuni
ebrei ed è morto a Dachau,
arrestato perché sarebbe
stato in contatto coi servizi
segreti inglesi. Aspettiamo
maggiori delucidazioni. Ma
ci preme ricordare come
tanti funzionari italiani,
francesi e anche tedeschi,
pur rimanendo “fedeli” al
loro regime, hanno operato
per salvare non pochi ebrei,
così come zingari e altri
perseguitati dal regime nazista e anche da quello fascista. Facciamo chiarezza,
certamente, ma non crediamo che i “giusti” d’Israele siano solo quelli inseriti
nella famosa lista.
5 per 1000 violato
«Ho versato il mio 5
per mille ad Azione per
Famiglie Nuove ma ora
leggo che la Ragioneria
dello Stato ha fatto un prelievo forzoso ai fondi che
gli italiani dedicano alla
ricerca e alle attività sociali, in tutto più di 90 milioni “rubati” per coprire
altri buchi. Sembra che si
vogliano punire i cittadini
che cercano con le loro risorse di ovviare alle deficienze dello Stato!».
Andrea Fraschetti
Giulianova
@
Non si può definire tale
prelievo forzoso altrimenti
che come un “furto di
Stato”. Il settimanale Vita
ha proposto una class action contro lo Stato, il deputato Luigi Bobba ha chiesto spiegazioni al governo.
Siamo in piena spending
review, come si dice, cioè in
periodi di tagli al bilancio
dello Stato. Ma possibile
che non si capisca che, tagliando questi soldi, poi lo
Stato dovrà versarne altri
per coprire quei servizi che
non possono più essere assicurati dalla società civile
responsabile?
Cairo
«Sono un appassionato
di passeggiate in montagna,
quelle che oggi si dicono
trekking. Ho recentemente
letto un libro e ho visto un
documentario su una delle
invenzioni più importanti
che l’uomo abbia mai escogitato nella sua plurimillenaria storia: i mucchi di sassi
che indicano la direzione di
Si risponde solo
a lettere brevi, firmate,
con l’indicazione del luogo
di provenienza.
Invia a:
[email protected]
oppure:
via degli Scipioni, 265
00192 Roma
In dialogo
LA POSTA DI CITTÀ NUOVA
Città Nuova
GRUPPO EDITORIALE
marcia, che da noi vengono
chiamati “ometti”, tecnicamente definiti “cairn”. Esistono in tutto il mondo, dal
Deserto del Gobi alla Patagonia, alle nostre Dolomiti.
L’uomo è grande quando inventa cose semplici e utili».
Domenico Bruzzone
Ginevra
libertà di competere non
è mai amica dell’associazionismo”, scriveva Roger
Abravanel il 19 giugno
scorso. Robe da chiodi!
Come se l’associazionismo, il mettersi insieme,
la società civile fossero un
cancro per la società!».
P.M. - Roma
È proprio così. Direi
di più: bisognerebbe che
anche oggi l’uomo inventasse qualcosa di simile
a questi “mucchi conici
di pietre” per indicare la
via ad un’umanità in difficoltà. Da parte mia, vedo
nelle sentenze evangeliche
– sempre semplici, utili e
vivibili – i “cairn” che possono, giorno dopo giorno,
tirarci fuori dai guai.
Condividiamo al cento
per cento quanto da lei
detto. Senza domenica di
riposo, il cervello e l’anima si stancano troppo e
non hanno più tempo per
ricrearsi e poi creare!
@
La ripresa
della domenica
«Un editorialista del
Corriere della Sera titolava un suo pezzo: “Negozi
aperti la domenica. Un segnale utile per la ripresa”.
È il trionfo del consumismo primario, è la sconfitta di chi crede che la vita
sociale non sia fatta solo
di scambi di merci e di
pensieri economicisti, ma
scambio di idee, rapporti,
relazioni e apertura alla
spiritualità. Si reputa che
aprire i commerci la domenica sia un passo in avanti
della democrazia, mentre
non ci si rende conto che
è un arretramento gravissimo, perché impedisce
all’uomo di mantenere
quel ritmo della vita che
non è solo business. “La
80
@
Foto di assassini
«Ho tra le mani il n°
11/2013. A pag. 18 ho letto
l’articolo “Che bella gente
in zona Niguarda”: dal
punto di vista contenutistico non posso dir nulla,
ma mi ha colpito la scelta
delle foto. Ho avuto come
l’impressione di essermi
imbattuta in una delle
tante riviste che fanno
colpo proprio perché le
pagine sono tappezzate
da foto. Mi chiedo se era
proprio necessario inserire la foto di Adam e lui
con il piccone (tra l’altro
di non buona risoluzione).
Secondo me immagini di
questo tipo non aiutano a
coltivare la cultura della
fiducia».
Silvia Scatragli
Budapest
La comunicazione è
siffatta che ormai si legge
solo quello che attira l’attenzione, nella valanga
di idee e articoli che si
possono leggere ovunque. Così quell’immagine
sfuocata – quando la foto
è un documento unico,
se ne ammette la scarsa
qualità – voleva semplicemente ricordare la tragica vicenda del ghanese
che, per strada, di mattina
presto, aveva ammazzato
tre persone in un delirio di
alcol e droghe. Forse, per
rispetto al giovane assassino si sarebbe potuto evitare di pubblicare la sua
foto. Ma la foto va sempre
integrataa con il testo, e
viceversa.
@
Omosex
«A proposito dell’articolo di Rino Ventriglia
sull’omosessualità (Città
Nuova n. 11/2013, p. 68).
L’argomento, come dite voi,
è molto complesso: l’averlo
approcciato con un taglio
tecnico mi è sembrato corretto, almeno come primo
momento di discussione.
Ho apprezzato l’intelligenza
dell’amore. Mi auguro vivamente che altri articoli con
esperienze di accoglienza
verso gli omosessuali siano
proposti per diffondere una
cultura di rispetto, accoglienza e amore reciproco».
Giovanni Gravina
In effetti all’articolo di
Ventriglia seguiranno altri
articoli sull’argomento, a
cominciare dalla nota di
Maria Giovanna Rigatelli
sui matrimoni tra persone
dello stesso sesso, apparsa
sul n° 13-14/2013.
DIRETTORE RESPONSABILE
Michele Zanzucchi
DIREZIONE e REDAZIONE
via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA
tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909
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UFFICIO ABBONAMENTI
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MEETING
INTERNAZIONALE
SULL’EDUCAZIONE
learningfraternity@new-human
ity.org
6-7-8 SETTEMBRE 2013_CASTELGANDOLFO_ROMA
con il patrocinio della
Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO
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Una società globalizzata, liquida, dinamica.
È una realtà che il mondo dell’educazione deve avere
presente nel formare le nuove generazioni.
Il volume offre uno strumento utile ad insegnanti e formatori
su Globalizzazione, Intercultura, Economia,
Ecologia e consumi responsabili.
Ciascuno articolato in 4 sezioni (spunti teorici, proposte
didattiche, schede per attività e buone prassi).
*
Viviamo in un momento di cambiamenti culturali e
sociali epocali che chiede di ripensare i fondamenti della
pedagogia. Partendo dall’originale esperienza della giovane
maestra Silvia Lubich, fondatrice del Movimento dei
Focolari, più nota come Chiara, il volume si apre a tematiche
pedagogiche attualissime: il valore della tradizione e
dell’innovazione, la formazione delle coscienze, le questioni
aperte dai nuovi saperi, il bisogno di rinnovamento della
didattica, la centralità della relazione educativa.
Accompagna il testo un prezioso dvd che raccoglie
testimonianze di alunni di Chiara Lubich.
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Città Nuova diffusione via Leonardo da Vinci, 8 - 00015 - Monterotondo (RM)
ISBN 978-88-311-2843-8, pp. 184, euro12,00
q Cecilia Landucci / Patrizia Mazzola (edd.)
CAMBIA...MENTI
percorsi formativi su globalizzazione, intercultura, economia, ecologia
ISBN 978-88-311-7504-3, pp. 192, euro 12,50
q Michele De Beni (ed.)
ESSERE EDUCATORI
coraggio di una presenza
ISBN 978-88-311-5164-1, pp. 152, euro 19,00
q Roberto Mazzarella
L’UOMO D’ONORE NON PAGA IL PIZZO
ISBN 978-88-311-7354-4, pp. 184, euro 13,00
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saranno addebitati euro 3,00 per la spedizione
q Gianni Bianco / Giuseppe Gatti
LA LEGALITÀ DEL NOI
le mafie si sconfiggono solo insieme
prefazione di Luigi Ciotti
CN
Penultima fermata
PERIFERIE DELL’ANIMA
di Elena Granata
Dimmi da dove guardi
ti dirò cosa vedi
zioni in campo, è decidere da quale prospettiva
morale guardare il mondo e da dove provare a
raccontarlo.
Papa Francesco, nel suo primo viaggio a Lampedusa, ci ha insegnato che è irrinunciabile per
un cristiano scegliere “da dove” osservare e
pensare il mondo. Conducendoci nella periferia
più estrema del continente, affaccio d’Europa
sul mondo, egli ha voluto portarci nel cuore
delle «periferie esistenziali: quelle del mistero
del peccato, del dolore,
delle ingiustizie, dell’ignoranza del pensiero,
di ogni miseria». Solo
se sapremo immergerci
senza paura nelle periferie dell’anima, luoghi
del male di vivere, della
fatica quotidiana, della disuguaglianza, dei
diritti negati, dell’alienazione e della povertà,
potremo uscire «da quelle bolle di sapone che ci
rendono insensibili e indifferenti alle grida degli
altri». Un’esortazione, a parole vive e gesti concreti, gravida di implicazioni.
Non costruiamo realtà parallele, rassicuranti e
protette. Mettiamoci in ascolto degli altri, recuperiamo la capacità di vedere da vicino le sofferenze e le angosce, con particolare predilezione
per i poveri, gli ultimi, gli oppressi, gli spaesati. Impariamo a riconoscerci poveri, bisognosi,
stranieri e dunque compagni di viaggio – tra
pari – degli uomini di questo tempo affaticato e
disorientato. Ne saremo capaci?
Domenico Salmaso
«N
oi dobbiamo certamente dare voce
a chi di solito non ha voce, ma non
dobbiamo dimenticare di dare voce
soprattutto a chi di solito ha voce».
La frase, pronunciata dall’organizzatrice di un prestigioso convegno su temi sociali, mi sveglia dal torpore come uno schiaffo.
Passo il restante tempo della riunione a ruminarla in testa come una
mucca: riordino verbi,
avverbi, sostantivi. Mi
ripeto che devo aver capito male, voleva dire
esattamente il contrario, che «noi dobbiamo
dare voce non solo a
chi di solito ha voce, ma
soprattutto a chi non
ce l’ha», ma la signora,
ahimè, si ripete ed io
debbo fare i conti con
la realtà.
C’è una radicata e fallace idea di pluralismo
che vorrebbe sempre
dare voce a tutti, all’oppresso come all’oppressore, al debole come al
forte, all’indifeso come all’indifendibile, al debole come al forte. Come se il ruolo della cultura e della comunicazione fosse quello di imbastire una bella tavola e lasciare che i commensali giochino ciascuno la propria partita. Come
maestri di tavola che non si schierano per non
offendere alcun ospite.
Eppure, lo sappiamo, le risorse di partenza non
sono uguali per tutti. Dare voce ai più poveri,
agli oppressi, agli stranieri, ai deboli non è solo
scegliere di dare voce a una delle possibili posi-
LOPPIANO
CENTRO INTERNAZIONALE
LOPPIANO
2013
3° LABORATORIO NAZIONALE
Custodire l’Italia,
generare insieme il futuro
Open Citpyiano
p
r vivere Lo
20-22 settembre
Pe
pori
musica e sa
poi
tra cultura
lle ore 19 in
Laboratorio centrale sui temi del lavoro e della legalità
21 settembre ore 15.30-18.30 Auditorium di Loppiano
bre da
21 settem
Open City
durante l’
Gen Verdnei ora
og
In concerto
oi
9,30 in p
dalle ore 1
Prima di LoppianoLab al Polo Lionello Bonfanti
18-20 settembre Progettare il lavoro, costruire il futuro
Workshop-School per giovani
17-20 settembre Governare i carismi oggi
Metodologie, visioni e strumenti per la gestione
delle persone, delle comunità e delle opere
agevolati
io
g
g
o
ll
a
i
Pacchettvani, famiglie e gruppi 2
per gio
zioni: 055
nota
info e pre
905110
media partner
Expo 2013
20 settembre 2013
Auditorium di
Loppiano
ore 21.00
“Una serata a Sophia.
Custodire l’Uomo”
a cura degli studenti
dell’Ist. univ. Sophia
20-22 settembre 2013
Polo Lionello Bonfanti
Gruppo Editoriale
Città Nuova
Inventare, innovare, intraprendere,
incontrarsi: Aziende insieme
1. spazi espositivi dedicati a imprese
private e non profit che operano
nell’ambito della sostenibilità e
dell’economia responsabile
2. incontri one to one tra aziende
3. seminari e tavole rotonde sulle
principali aree di business per
condividere problemi e soluzioni
4. servizi alle imprese
21-22 settembre 2013
Auditorium di Loppiano
venerdì 20 ore 15.00
“Una buona notizia per l’Italia: è
nata la Scuola di Economia Civile”
sabato 21 ore 9.30-13.00
Convegno annuale nazionale
del Gruppo editoriale Città
Nuova. Laboratori su: politica e
legalità, integrazione e
intercultura, famiglia, musica e
cinema, arti figurative e poesia.
Le riviste del Gruppo Editoriale
svolgeranno il proprio
laboratorio
domenica 22 ore 9.30-12.00
Seconda sessione dei laboratori
Convention
EdC Italia
21-22 settembre 2013
Polo Lionello Bonfanti
“L’Economia di
Comunione al tempo
della crisi: sperare e
ricominciare tra
esperienze ed idee”
sabato 21
ore 9.30-13.00
domenica 22
ore 9.00-12.30
Info e prenotazioni Aziende per l’Expo: www.pololionellobonfanti.it - [email protected] - reception: 055 8330400
Info e prenotazioni alloggi: 055 9051102 - [email protected]
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