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Domenica, 8 Gennaio 2017
L’intervista
«Sul Vietnam del Tunnel fui
facile profeta, ora Avellino
rischia di fallire e conosciamo i
responsabili»: Gengaro a tutto
campo
«I sindaci Giuseppe Galasso e Paolo Foti, ma
anche gli ex assessori, a cominciare da
Maurizio Petracca, i responsabili unici dei
procedimenti e le ditte»: Antonio Gengaro fa
nomi e cognomi. Questi, secondo il politico
che, con Di Nunno, programmò i fondi per il
Tunnel, sono i responsabili del disastro della
più controversa opera pubblica cittadina.
«Pagheremo più del prezzo del progetto
iniziale, 27 milioni di euro, per un’opera
dimezzata. E’ il risultato degli errori e dei
contenziosi generati negli anni. - accusa L’idea iniziale, che andava studiata, è stata
stravolta. - ricostruisce - Sono stati commessi
errori incredibili da persone che poi hanno
fatto carriera. Come ebbi a dire, è stato un
Vietnam»
Autore: Flavio Coppola
Data di pubblicazione: Venerdì, 30 Dicembre 2016
«Piazza del Popolo non avrebbe la forza di resistere ad un eventuale contenzioso con la D’Agostino costruzioni. Le
opere che avrebbero dovuto far rinascere Avellino, oggi rischiano di farla fallire». Il grido d’allarme di Antonio
Gengaro è dei più vibranti. Esponente di spicco dell’esperienza politica del compianto Antonio Di Nunno, in veste
di assessore ai Fondi Europei, nei primi anni del 2000, gettò le basi per la realizzazione di quella che sarebbe
diventata l’opera più scandalosa della storia della città: il tunnel.
Oggi, mentre la D’Agostino costruzioni, ditta incaricata di chiudere i lavori dopo un decennio di intoppi e sprechi,
chiede la rescissione del contratto e si profila l’ipotesi di un nuovo e dissanguante contenzioso, ripercorre tutte le
fasi del disastro consumatosi sotto le amministrazioni seguenti: le due successive di Giuseppe Galasso, e quella
attuale di Paolo Foti. Senza sottrarsi alle domande più insidiose, ed individuando precise responsabilità tecniche e
politiche, rilancia il suo j’accuse al centrosinistra cittadino. Come un anatema che ancora risuona nella sala
Consiliare di Piazza del Popolo.
Gengaro, nella prima amministrazione di Giuseppe Galasso, lei fu protagonista di un intervento che oggi
sembra profetico. «Il tunnel – disse rivolgendosi al centrosinistra che ancora oggi governa la città – sarà il
vostro Vietnam». Che pensa dell’ultimo e clamoroso sviluppo della vicenda della controversa opera pubblica
cittadina?
«Ricordo a me stesso che l’idea iniziale dell’opera, contenuta nel vecchio Puc, è stata completamente stravolta.
Soprattutto, ma non solo, dall’amministrazione Galasso. Originariamente, l’idea era costruire una viabilità NordSud, che partisse dall’attuale «Viva Hotel», e servisse a risolvere molti dei problemi legati al traffico in quella zona,
oltre a collegare la città, appunto, da Nord a Sud. Ma sin dall’inizio quel progetto fu dimezzato. Eravamo nel 2006. I
lavori andavano appaltate entro il 31 dicembre. Era necessaria una variante al Piano regolatore vigente all’epoca
e, nonostante ciò, si appaltò l’opera senza passare per il Consiglio comunale. Tutto per fare in fretta e non perde
fondi. Poi l’idea originaria è stata ulteriormente modificata, con il sottopasso a servizio dei parcheggi interrati, in
particolar modo quello di Piazza Libertà. Con Foti, infine, non si è deciso di fare nemmeno il parcheggio. Il risultato
è che, per avere un’opera a metà, che non è ancora finita, si supererà certamente la spesa finale di 27 milioni
prevista per l’intero progetto iniziale. In questa storia ci sono responsabilità politiche e tecniche, I sindaci Galasso
e Foti, l'assessore Petracca, l'ingegnier Masi. E poi la ditta, che opera in conflitto di interessi perchè è parte della
maggiorazna Tutto per colpa degli errori e dei contenziosi. Solo il primo è costato 10 milioni. Ricordo anche che lo
sbocco originario era previsto in via Ferriera, senza la correzione che oggi interferisce anche con il Ponte.
Insomma, è vero: fui facile profeta, ma lo sarebbe stato chiunque masticasse un po’ di amministrazione. Il grado di
approssimazione con cui si è operato su tunnel, senza una gara europea per l’aggiudicazione della progettazione
che poi andava appaltata, fu notevole. Per fretta, non voglio pensare ad altre questioni, si è proceduto con
l’appalto integrato che, mette tutto in mano all’impresa. E questo è stato il risultato».
Lei disse anche che un giorno i responsabili sarebbero venuti fuori. Oggi è possibile indicarli con chiarezza?
«Certo. In questa storia ci sono state responsabilità politiche, legate alle due amministrazioni Galasso ed questa di
Foti. Ma anche tecniche, dell’impresa che ha eseguito i lavori, e che oggi opera in conflitto di interessi perché il
titolare, D’Agostino, è parte della maggioranza di questa amministrazione. Quindi dei responsabili unici del
procedimento. Bisognerebbe chiamare, per esempio l’ingegnere capo Masi. Ma ci sono anche tutti gli assessori ai
Lavori pubblici ed alla Riqualificazione urbana che si sono succeduti. Compreso Maurizio Petracca. Ci si accorgerà
che è tutta gente che ha fatto carriera o che, in qualche modo, è stata premiata».
Nel secondo Galasso, anche lei ricoprì una carica importante, quella di presidente del Consiglio comunale.
Ha avuto la sua parte di critiche per questo.
«Questo non c’entra proprio niente. Solo ad Avellino ci si insospettisce se un ruolo di garanzia, come quello del
presidente del Consiglio, viene dato ad un esponente dell’opposizione, che non ha mai votato a favore del
Bilancio. Oltre tutto, in quella posizione, ho fatto ancora più battaglie per la mia città. Alcune sono all’attenzione
della Procura. Come presidente del Consiglio comunale ho fatto ancor più battaglie. Alcune sono in Procura. Come
assessore programmai l'opera e trovai i fondi. Ma per colpa dell'operazione Canaglia altri li hanno spesi male Cito
l’impegno sulla Dogana, con l’indicazione della procedura corretta per l’esproprio, che poi non fu seguita, oppure
il concorso di architettura internazionale per la riqualificazione di Piazza Libertà. La verità è che puoi fare mille
battaglie, ma se quelli che vengono dopo cancellano tutto, non basta».
Come assessore ai Fondi Europei nell’amministrazione Di Nunno, però, fu lei a creare le premesse per la
realizzazione del Tunnel. Lo rifarebbe?
«E’ stato il nostro errore. Lo rifarei per la mia città. Purtroppo, la famosa operazione «canaglia» ha prodotto questi
ed altri effetti negativi. In città, dopo Di Nunno, è cambiata la sensibilità ed il livello della cultura politica ed
amministrativa. Noi inaugurammo la grande stagione dei fondi europei. Abbiano ottenuto e lasciato i fondi, altri li
hanno spesi e gestiti male. Attorno a tutto questo sono sorte clientele, affari. Decine di incarichi ad amici e
professionisti non sempre adeguati al livello dei lavori da realizzare sono stati elargiti. Noi avevamo incaricato
Vigiani, il tecnico che doveva correggere l’inclinazione della Torre di Pisa, e nessuno lo ha più coinvolto nella fase
progettuale. Come se un medico, rispetto ad un paziente che abbia un problema allo stomaco, anziché fargli prima
una Tac, cominci ad operare e tagliare a casaccio. In questo caso, la Tac serviva per il sottosuolo. Ogni qual volta
l’opera è stata modificata, è stato creato un disastro. Noi avevamo avuto solo un’idea, un tracciato su una cartina.
Non stava scritto da nessuna parte che, senza gli studi necessari ed un progetto credibile, l’opera dovesse essere
realizzata. E poi era un’opera integrata, che prevedeva un parcheggio integrato e una nuova piazza. Oggi,
ribadisco, è stata completamente stravolta».
Consulenze, clientele e incarichi sono stati affidati ad amici e tecnici poco esperti. Gli imprevisti si potevano
calcolare. Invece si è preferito agire come un chirurgo che opera e taglia a casaccio
Lei parla di una sorta di screening del sottosuolo. Crede davvero che tutti gli imprevisti che hanno fatto
lievitare alle stelle i costi dell’opera e i disservizi ai cittadini potevano essere calcolati?
«Certo. Servivano indagini geotecniche e geognostiche. Se si fosse proceduto con acume e perizia, prima di
affrontare l’opera, tutto ciò non sarebbe avvenuto. Si è preferito mettere tutto nelle mani delle imprese: di quella
che ha rescisso ieri, con un contenzioso da 10 milioni, e di quella che rescinde oggi, e magari chiederà
paradossalmente i danni al Comune».
Dopo oltre 10 anni di disastro, crede che ci libereremo mai del cantiere e degli strascichi del tunnel?
«Spero di sì, ma molto dipende dalla capacità degli amministratori. Già oggi abbiamo la Corte dei Conti europea su
Piazza Libertà. Il tunnel rischia davvero di far fallire il Comune. Non credo, infatti, che Piazza del Popolo abbia la
forza economica per resistere ad un contenzioso. Le opere che dovevano far rinascere la città rischiano oggi di
farla fallire. Come dissi allora, è un Vietnam. Ma voglio essere fiducioso. Dal Vietnam, seppure malconci, gli
americani riuscirono a tornare».
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e conosciamo i responsabili»: Gengaro a tutto campo