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ANNO 2, NUMERO 11
DICEMBRE 2016
www.igeia.it
LE BUONE NOTIZIE
ASSOCIAZIONE CULTURALE IGEIA
Cure palliative, un diritto per tutti
18 NOVEMBRE 2016 | di Giangiacomo Schiavi dal Corriere.it
La dignità del paziente e il coraggio del medico si incrociano nel
messaggio di speranza al quale la
Federazione delle cure palliative
ha affidato la sua campagna di informazione: “Vivila tutta, la tua
vita, anche nella malattia”. Se è
vero che la vita significa ricerca di
momenti felici, felicità di amare, di
credere, di fare, felicità di leggere,
scrivere, dipingere, suonare, condividere, perché lasciare al dolore,
alla crudeltà di una sofferenza riducibile, il potere di aggiungere male al male?
Le cure palliative in Italia sono un diritto. Offrono sollievo dal dolore e
controllo dei sintomi invalidanti. Si possono ricevere a casa, in hospice, in
ospedale. La legge 38 del 2010 ne garantisce l’accesso gratuito. Aver aiutato
qualcuno a uscire dalla vita senza accanimento, ma con assistenza, comprensione, pietas, fa parte dei doveri di una società giusta. Purtroppo, dice Luca
Moroni, presidente della Federazione cure palliative, “questo diritto resta ancora un’aspettativa delusa per la maggior parte dei malati”. Oggi si cerca di
voltare pagina e aiutare i cittadini ad esigere l’accesso ai servizi. Il mondo del
volontariato e le Onlus si stanno mobilitando. E questo è un fatto positivo. Se
il medico ha il dovere di lenire il dolore, non può non essere messo nelle condizioni di poterlo fare.
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Quando il malato grave sta per morire una certa medicina dice che non
c’è più niente da fare. Invece c’è molto da fare. Far vivere la persona malata nel modo più dignitoso possibile, per esempio. E’ un atto di grande umanità. Ho conosciuto Sandro Bartoccioni, un medico di cui si può trovare su Youtube un intervento in tv nella trasmissione “Dall’altra parte”. Malato di cancro,
chiedeva ai suoi colleghi non parole di circostanza, ma un po’ di qualità della
vita, l’aiuto ad apprezzare quel poco che gli restava da vivere, la comprensione della sofferenza. Rifiutare il dolore e pretendere dignità umana non sono
traguardi impossibili. “Terminale” è una parola che ricorre spesso nel linguaggio medico, ormai è diventata di uso comune. Bisognerebbe abolirla. E’
un’ espressione orrenda per una sanità che si pone l’obiettivo di rivedere il
concetto di malattia e la sua presa in carico. Fateci caso: sembra messa lì a
giustificare il fatto che la sofferenza e il dolore hanno una gradazione inferiore rispetto ad altre urgenze mediche.
Invece la terapia del dolore è una conquista da difendere e da estendere, che ha
valore universale. Non è destinata unicamente ai malati di tumore, come spesso si
crede. Vale per le tante malattie invalidanti,cronicizzate, sempre più presenti in una
società che invecchia.
Gianni Bonadonna, un altro grande medico, colpito da ictus, aveva il dolore come inseparabile compagno. Ogni tanto
recitava davanti al terapista: “ Si smarriscono
le parti e sul mio palcoscenico si aggira soltanto il fantasma del dolore. Il monologo della sofferenza riempie la scena”. Le cure adeguate gli hanno permesso di continuare a vivere, scrivendo libri e mantenendosi attivo anche dalla sedia a rotelle. Viveva a Milano: qui le cure palliative
hanno avuto impulso e spinta da alcuni medici pionieri, dalle associazioni come Vidas e Floriani, dalla regione Lombardia.
Il riferimento al territorio non è casuale. Al Sud la terapia del dolore è
rimasta indietro. Il miglior medico rimane l’Alitalia. Bisogna ridurre
queste distanze, culturali e anche economiche. Per questo “Vivila tutta” è una
campagna da sostenere. Perché è un messaggio che allarga la tenda della
medicina: la rende più vicina alle persone. La rende umana.
@CorriereSociale
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Il Solstizio d’Inverno
21 Dicembre 2016 ore 11:44
Con il Solstizio d’inverno si entra nel segno del capricorno, ultimo segno di
terra. La terra del
segno del capricorno appare arida,
spoglia, dura, fredda. E’ la terra invernale che non offre i
suoi frutti, che non
si abbellisce esteriormente perché
tutte le sue energie
sono rivolte all’interno per il lento
processo della natura sulla vegetazione.
La morte apparente
che vediamo all’esterno corrisponde
al massimo momento spirituale, alla maggiore ingegnosità dell’uomo, libero dagli ordinari
lavori stagionali. Rappresenta la spoliazione, la concentrazione verso una
meta, ma anche la vetta della montagna e la profondità della grotta dove l’individuo, addestrando la volontà e controllando l’istinto, giunge al dominio di
sé.
Con questa cerimonia si intende vivere questo passaggio in se stessi. Si incomincia meditando, dalla “spoliazione”, analoga alla preparazione della
terra prima della semina, spogliandoci del superfluo e del negativo, per tornare all’essenza.
Con questo processo si mette ordine nella propria vita, verificando l’ordine
delle priorità e le energie che vi si dedicano. Per superfluo si intendono anche i “sospesi” nei rapporti interpersonali, nelle situazioni non chiarite, che
si dovrebbero riportare allo stato di serenità. L’acquietamento che ne segue
è la condizione ideale di ricettività per le intuizioni, le idee e per far attecchire i propositi.
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