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N. 9 - dicembre 2016
ARTE / FORMAZIONE / RICERCA / SCUOLA / UNIVERSITÀ
FEDERAZIONE LAVORATORI
DELLA CONOSCENZA
Direttore Domenico Pantaleo
Edizioni Conoscenza
Direttore responsabile Ermanno Detti
PROMEMORIA PER LA NEOMINISTRA
LE EMERGENZE E LE PRIORITÀ
DELLA CONOSCENZA
a nuova Ministra dell’Istruzione Università e Ricerca, Valeria Fedeli, è l’unica novità del Governo Gentiloni. Sarà nuovo il suo approccio ai problemi? Noi chiediamo discontinuità nelle politiche
del MIUR e chiediamo rispetto del personale, ascolto e condivisione.
Cose del tutto assenti nell’operato del precedente Capo del governo e
della precedente Ministra. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’affastellarsi di norme e misure calate dall’alto non hanno risolto i problemi
delle istituzioni della conoscenza, anzi, in molti casi, li hanno aggravati,
aumentando il divario tra l’Italia e gli altri Paesi Ocse.
L
Difficoltà e criticità si presentano su tutti i fronti, dalle questioni organizzative e gestionali ai sistemi di governo e valutazione, dallo stato
del personale ai finanziamenti. La FLC Cgil ha sintetizzato le questioni
più urgenti e quelle strutturali che vanno affrontate secondo una strategia lungimirante che accompagni il rilancio dei nostri sistemi di istruzione e di ricerca. Tra i primi atti della nuova ministra i sindacati si
aspettano, ovviamente, l’emanazione dell’atto di indirizzo all’Aran per
l’avvio del rinnovo contrattuale del comparto. L’intesa del 30 novembre scorso spiana la strada dopo sette anni di blocco.
LA SITUAZIONE DELLA SCUOLA
a scuola italiana esce stremata da una lunga stagione di
tagli al personale e alle risorse e, di recente, dal tormentato iter
di approvazione e applicazione della
legge 107/15, che sta rivelando tutti i suoi contenuti fallimentari (tra cui
il bonus per la valorizzazione professionale e la “chiamata diretta”).
Occorre un deciso cambio di passo, cominciando dal rispetto e dall’apprezzamento per il lavoro della
scuola e per chi dentro la scuola lavora. Ogni cambiamento va condiviso con chi deve farsene carico e non
imposto. Anche per questo è indispensabile ripristinare da subito
corrette relazioni sindacali con le organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori del mondo dell’istruzione, che possono fornire un
contributo positivo all’innovazione.
Spedizione in abbonamento postale | Art. 1, c. 1, DL n. 353/2003 (conv. in L. n. 46/2004) DCB - Roma
L
La contrattazione. Il 30 novembre 2016 è stato approvato l’accordo sul rapporto di lavoro sul pubblico impiego che pone le condizioni
necessarie per restituire al tavolo
negoziale le materie che la legge
107/15 ha sottratto alla contrattazione: salario, organizzazione del lavoro, valutazione, formazione. In
quella sede bisognerà adeguare la
retribuzione dei lavoratori. Occorrono stanziamenti coerenti con le
somme previste dall’Intesa, a partire dagli 85 euro medi nel triennio,
con salvaguardia del bonus degli 80
euro di bonus fiscale.
In questi giorni si sta lavorando
per il contratto sulla mobilità degli
insegnanti. Per la FLC CGIL un buon
contratto vuol dire superare la cosiddetta “chiamata diretta” – i cui
fallimentari esiti stanno pesando
sulle scuole – e ridare alla trattativa
la piena titolarità sulla materia. Si
tratta di un punto irrinunciabile perché, se non si correggono immediatamente tutte le storture provocate
da una delle più deleterie previsioni
della legge 107/15, si rischia di trasformare profondamente i rapporti
all’interno delle scuole e lo stesso
ruolo dei dirigenti scolastici, chiamati a svolgere compiti e funzioni di
reclutatori, assolutamente estranei
al loro profilo professionale. Nessuna discrezionalità va lasciata alla dirigenza. L’assegnazione dei docenti
dall’ambito alla scuola deve basarsi
su una tabella di requisiti oggettivi e
trasparenti da contrattare nazionalmente. Occorre anche un chiarimento sulla natura di salario accessorio del bonus premiale per la valorizzazione del personale docente,
del resto dichiarata dalla stessa legge, riportando questo istituto nell’alveo della contrattazione di istituto:
una buona parte dei dirigenti e praticamente tutti i docenti sono d’accordo con questa soluzione. Si dimostrerebbe così concretamente la volontà di fare le cose con gli insegnanti e il personale ATA e non contro, come si è fatto finora.
Va emanato al più presto il regolamento, peraltro già pronto, sul concorso per la dirigenza scolastica. Urge anche aprire il confronto con il
sindacato sulla valutazione della dirigenza, materia, anche questa, da
ricondurre alla contrattazione. Così
si dimostra ai dirigenti la volontà di
promuovere effettivamente lo sviluppo della loro professionalità e
non di subordinarli alla volontà dei
direttori generali.
Le deleghe della legge
107/15. Il MIUR sta elaborando in
questi mesi senza un vero confronto
con i sindacati l’attuazione delle nove deleghe previste dalla legge
107/15. Periodicamente sulla
stampa trapelano notizie non confermate su presunte innovazioni che
riguardano in particolare la valutazione, il riassetto del segmento zerosei, la riorganizzazione degli istituti
professionali, il sostegno, senza che
le organizzazioni sindacali rappresentative del mondo della scuola,
che dovrebbero essere i naturali e
più diretti interlocutori dell’amministrazione, abbiano ricevuto le previste informative. Il confronto è necessario, anche se comporterà uno slittamento dei tempi di attuazione,
finora la comunicazione è stata per
lo più unidirezionale.
Va riaperta la anche discussione
sulla riforma degli organi collegiali,
per realizzare quel coordinamento
tra gli organi di governo della scuola
previsto nel Regolamento dell’autonomia (DPR 275/99) e restituire
pienezza alle prerogative degli organi collegiali intaccate dalla legge
107/15 che ha imposto una supremazia del dirigente scolastico nella
formulazione degli indirizzi del Piano
Triennale dell’Offerta Formativa
(PTOF), propria del Consiglio di istituto, e nella definizione di compiti e
funzioni afferenti alla discrezionalità
tecnico-professionale del Collegio
dei docenti.
Le scuole autonome devono avere
una rappresentanza, che oggi non
hanno, garantendo la partecipazione delle diverse componenti scolastiche alla governance della scuola.
Va bloccato il tentativo di scaricare
sulle reti di ambito compiti impropri
di gestione amministrativa e limitazione dell’autonomia delle singole
istituzioni scolastiche. Il MIUR, >
il giornale della effelleci Aut. Trib. di Roma n. 17.260 del 9.5.1978 n. 9 - dicembre 2016 Valore Scuola coop. a.r.l. via Leopoldo Serra, 37 – 00153 Roma www.edizioniconoscenza.it - FLC Cgil - centralino 06.83966809/0 - Tipolitografia CSR - Roma,
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1
Le emergenze e le priorità della conoscenza
> tramite gli USR, sta forzando le
scuole ad aggregarsi in reti di ambito in nome di un’obbligo che la
legge 107/15 non prevede. Si sta
prefigurando una situazione tale
per cui l’adesione alle reti di ambito diventa presupposto per accedere alle risorse per la formazione del
Piano Nazionale di Formazione di
docenti e nel contempo si stabilisce che proprio l’adesione alle reti
di ambito peserà sulla valutazione
dei dirigenti scolastici. L’adesione
alle reti non è nella disponibilità
esclusiva dei dirigenti, ma comporta una delibera dei Consigli di Istituto e, per la parte organizzativa e
didattica, dei Collegi dei docenti. Il
MIUR, in un recente incontro di informativa sindacale, si era impegnato a fare chiarezza, ma poi non
ne ha fatto di nulla.
Precariato e organici. Occor-
re proseguire nella eliminazione del
precariato che le immissioni in ruolo
finora effettuate non hanno prodotto, vanificando totalmente le previsioni della legge 107/15 e non rispettando tutti i diritti acquisiti. La
stabilizzazione nell’organico di diritto dei posti che adesso vengono gestiti in organico di fatto potrebbe essere una misura molto utile alla risoluzione del problema. Si tratta di
una questione molto delicata perché chiama in causa la continuità
didattica. Vedi il caso dei circa
30.000 posti di sostegno gestiti nelle situazioni di fatto.
Vanno ridefinite le modalità di utilizzo dell’organico potenziato, eliminando le incertezze e le ambiguità
presenti nella norma e nelle note
esplicative successivamente emanate. Sono necessarie delle linee di
orientamento ministeriali per supportare OO.CC. e dirigenza nelle
scelte da operare. È fondamentale
fare riferimento al ruolo delle rappresentanze sindacali di istituto.
La formazione del personale è
strumento strategico per il miglioramento delle professionalità. Occorre
riprendere il confronto con sindacato su questo tema per dare forza, coerentemente agli indirizzi condivisi
nell’Intesa del 30 novembre, ai processi di innovazione. Anche la formazione deve ritornare nell’alveo
contrattuale per quel che riguarda
diritti e doveri del personale.
Il personale Ata. Bisogna restituire dignità al personale ATA, che finora il Governo ha quasi del tutto
ignorato, e ripristinare l’efficienza
dei servizi amministrativi delle scuole. L’organico ATA ha subito il taglio
di 2.020 posti che debbono essere
ripristinati.
La legge finanziaria del 2015 ha
2
imposto il divieto di sostituzione degli assistenti amministrativi e tecnici
assenti per malattia anche per lunghi periodi, paralizzando di fatto il lavoro delle segreterie. Una nota ministeriale interpretativa del vincolo imposto dalla finanziaria che renda
possibile la sostituzione degli assenti nei casi di comprovato disagio della funzionalità delle segreterie, sarebbe di aiuto, visto che per i collaboratori scolastici esiste già.
Occorre istituire una forma di coordinamento tra i diversi centri ministeriali, per evitare che le segreterie
scolastiche siano costrette a eseguire per vie diverse le medesime procedure. Non si fanno assunzioni di
DSGA da 10 anni. Si deve subito
bandire il concorso. E ai Dsga che
reggono due scuole non si pagano
le indennità perché manca l’atto di
indirizzo. Circa 12.000 posti di collaboratori scolastici e assistenti amministrativi e tecnici attendono dal
1999 di essere internalizzati. (L’esperienza “scuole belle” è stata un
fallimento). Occorre istituire la figura dell’assistente tecnico anche
nelle scuole del primo ciclo, come ci
era stato promesso prima che la caduta del Governo ne bloccasse la
discussione.
L’alternanza scuola-lavoro.
Sull’alternanza scuola-lavoro occorre un ripensamento complessivo
delle modalità previste dalla legge
107/15, in particolare sull’imposizione delle ore (200 ore ai licei e
400 agli altri). Riteniamo che, per
com’è articolata, l’alternanza scuola-lavoro non sia orientata alla crescita della persona ma sia esclusivamente funzionale al mercato e
all’impresa. Nell’immediato ci sono
alcune questioni urgenti da affrontare per dare alle scuole le migliori
condizioni operative di sicurezza, ad
esempio dare copertura assicurativa per la responsabilità civile e lega-
le ai docenti impegnati come tutor
interni nell’attività di alternanza. Essa oggi è affidata a convenzioni
troppo diverse tra loro e spesso
omissive.
La semplificazione amministrativa. Le scuole sono som-
merse da iquelle che abbiamo chiamato “molestie burocratiche”. Ecco
punto per punto alcuni atti necessari per facilitare il lavoro amministrativo e renderlo più efficace ed efficiente.
- La legge 107/15 prevede la riforma del Regolamento di contabilità
(DI 44/01) entro il 15 gennaio
2016: è passato un anno ma non è
successo niente. Occorre riprendere
il confronto con il sindacato, che pure ha sollecitato questa riforma, e
condividerne i passaggi.
- Le pratiche seriali (la compilazione delle graduatorie di istituto, la ricostruzione di carriera, le pratiche
pensionistiche, la liquidazione del
TFR) vanno tolte alle scuole e riassegnate alla competenza degli uffici
scolastici provinciali, lasciando alle
segreterie delle scuole la gestione,
già di per sé molto complessa, delle
pratiche amministrative direttamente legate allo svolgimento del servizio di istruzione (la gestione delle
assenze del personale e delle supplenze, delle numerose rilevazioni,
delle attività di alternanza, dell’arricchimento dell’offerta formativa,
dell’implementazione dell’innovazione tecnologica, degli acquisti didattici, dei rapporti con enti e associazioni, ecc.).
- Le graduatorie di istituto del personale vanno compilate, alla scadenza triennale, entro il 31 agosto,
tempo utile per l’avvio dell’anno scolastico, altrimenti si deve farne slittare la compilazione di un anno, per
evitare il disordine delle supplenze
di inizio d’anno.
LA SITUAZIONE DELL’AFAM
Alta formazione artistica e
musicale è la cenerentola
nel nostro sistema di
istruzione. La FLC denuncia da
tempo questa situazione paradossale proprio nel paese che è la culla dell’arte e del bel canto.
I problemi irrisolti sono tanti e
complessi, come si vede dall’elenco delle priorità che abbiamo provato a proporre di seguito.
L’
1. Stabilizzazione dei docenti
precari che da anni garantiscono
la continuità dell’offerta formativa.
2. Ricondurre alla gestione statale gli istituti musicali pareggiati e
le accademie storiche ormai in situazione pre-fallimentare.
3. Ridefinire le dotazioni organiche in stretta connessione con l’offerta formativa. Vanno individuati
precisi vincoli affinché ai percorsi
di studio autorizzati sia garantita
obbligatoriamente una percentuale minima di docenti strutturati.
4. Ridefinire i percorsi di studio
e i settori artistico-disciplinari all’insegna della semplificazione e
della diversa finalità fra diplomi
accademici di I livello e diplomi accademici di II livello.
5. Riorganizzare la rete delle
- Occorre supportare le scuole nei
rapporti con le banche e le assicurazioni (nel confronto con istituzioni
più forti le scuole hanno un potere
contrattuale più basso e rischiano
continuamente di soccombere alle
loro richieste).
- È necessario emanare una chiara direttiva, che da tempo immemorabile è stata annunciata, per l’utilizzo del MEPA (Mercato elettronico
delle pubbliche amministrazioni).
- In materia di sicurezza le figure
obbligatorie per legge (medico competente, responsabile del servizio di
protezione e prevenzione) devono
essere a carico degli USR o degli Enti locali.
- Il controllo di regolarità sugli atti
contabili delle scuole soggetti a registrazione va esercitato sulla base di
direttive del Mef comuni a tutte le
Ragionerie territoriali, che oggi spesso assumono comportamenti contraddittori e diversificati nei diversi
territori.
La scuola non è un ufficio
amministrativo. Vi è una speci-
ficità dell’istituzione pubblica scolastica rispetto alle altre pubbliche
amministrazioni. L’anno della scuola ha vita dal 1. settembre al 31 agosto dell’anno successivo. Tutte le
leggi, gli atti, i provvedimenti che
vengono varati in corso d’anno debbono valere per la scuola dal primo
settembre dell’anno successivo.
Considerare la scuola come le altre
amministrazioni dello stato provoca
danni alla funzionalità delle istituzioni scolastiche. Occorre istituire, a livello centrale del MIUR, un gruppo
di lavoro a cui partecipino anche le
rappresentanze sindacali, per esaminare preventivamente tutte le leggi che riguardano l’amministrazione
dello stato: ciò eviterà la solita querelle se le norme siano applicabili o
meno anche alle scuole e a partire
da quando.
istituzioni e implementare e sviluppare le attività di ricerca, ampliando l’offerta formativa.
6. Definire un sistema di reclutamento strutturato e coerente
con un’offerta formativa che preveda anche dottorati di ricerca.
7. Definire norme di settore specifiche per il diritto allo studio e aumentare le risorse a esso finalizzate.
8. Indire al più presto le elezioni
del Consiglio Nazionale per l'Alta
Formazione Artistica e Musicale
(CNAM) per una rappresentanza
scientifica qualificata.
Le emergenze e le priorità della conoscenza
LA SITUAZIONE DELL’UNIVERSITÀ
egli ultimi otto-nove anni il
sistema universitario ha
subito una contrazione in
termini di finanziamenti e personale molto rilevante.
servizio ai fini giuridici ed economici e, eventualmente, il recupero di
quanto perso. La misura ha colpito
maggiormente le retribuzioni più
basse e i più giovani tra i docenti.
Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università è sceso da 7.571.000.000 del
2009 a circa 6.700.000.000 del
2016 con una perdita di quasi
900.000.000 di euro. Il 30% di questo fondo è poi distribuito “in maniera premiale”, attraverso decreti ministeriali che ogni anno modificano
le regole di distribuzione. Questa
modalità ha accresciuto il divario tra
atenei, e tra atenei in zone del paese con caratteristiche socio-economiche differenti. Per questo non
condividiamo la scelta della Legge
di Bilancio di stanziare risorse, finalmente aggiuntive, solo a favore dei
“dipartimenti universitari di eccellenza”. È necessario incrementare il
numero dei dipartimenti beneficiari
garantendo che tutte le aree scientifiche e tutti gli atenei abbiano eguali
possibilità. Lo strumento dell’indicatore unico “di eccellenza” che vorrebbe mettere in un'unica classifica
tutti i dipartimenti universitari (indipendentemente dalla loro natura e
composizione) deve essere cancellato e deve essere cancellato il riferimento alla VQR che diventa un
“moltiplicatore” di eccellenza. Le risorse disponibili per il finanziamento ordinario devono essere riportate
almeno a livello del 2009. Le politiche di “premialità” devono attingere
a risorse distinte e aggiuntive a quelle per il finanziamento ordinario.
Nel frattempo è
cresciuto il ricorso al lavoro precario con un pre-ruolo che si svolge
in un tempo lunghissimo producendo allontanamenti e dispersione di risorse umane. In assenza di
un reclutamento organico e programmato nel tempo, il periodo
massimo di 12 anni per il lavoro
precario previsto dalla legge
240/2010 (la cosiddetta riforma
Gelmini) si traduce in uno standard de facto che impone l’espulsione dei precari senza dare loro
opportunità di reclutamento. Si è
già dovuti intervenire con una proroga per allungare tale termine e
probabilmente lo si dovrà fare ancora in assenza di politiche strutturali. La pletora di forme contrattuali precarie, in particolare per la docenza, andrebbe ricondotta a
un’unica figura con contratto di lavoro di tipo subordinato, con adeguate tutele e garanzie. Bisogna rivedere la figura del ricercatore a
tempo determinato “di tipo A”
(senza tenure) e ampliare i requisiti di accesso alla figura di ricercatore a tempo determinato “di tipo
B” (processo avviato con la recente legge di stabilità”. Allo stesso
modo, è necessario rivedere le politiche nazionali sul dottorato di ricerca: la riduzione complessiva dei
dottorati e delle borse, e l’esistenza del dottorando “senza borsa”
sono inaccettabili.
Sono questioni urgenti, queste,
perché, al di là delle proroghe che
si rendono via via indispensabili
per evitare di mandare via giovani
su cui lo Stato ha investito ingenti
risorse (assegnisti di ricerca e ricercatori a tempo determinato) e
ai quali non ha offerto sbocchi
adeguati, non ha senso questa organizzazione del lavoro. Serve in
prospettiva una riforma che preveda un’unica figura pre-ruolo – meglio se armonizzando i sistemi universitario e degli enti di ricerca – riportando in questo modo nella
media europea l’età di accesso alla docenza (professore associato e
professore ordinario).
N
Le risorse.
Il personale docente. Il personale docente è passato in 10 anni da 61.974 a 50.354 unità (ultimi
dati disponibili dall’ufficio statistico
del MIUR) pregiudicando la capacità degli atenei di offrire una didattica dignitosa (abbiamo il più elevato
rapporto docenti/studenti d’Europa
e l’età media dei docenti universitari più alta tra i principali paesi OCSE). La consistenza numerica attuale del personale docente è in Italia inferiore di almeno il 25% alla
media dei valori di Germania, Francia, Spagna e Regno Unito, solo per
limitarsi ai Paesi più simili al nostro
per dimensioni e tradizioni.
Le retribuzioni e l’anzianità di
servizio dei docenti universitari
(unico caso tra il personale in regime di diritto pubblico) sono state
congelate dal 2010 fino al 1° gennaio 2016. È urgente garantire intanto il recupero dell’anzianità di
Il precariato.
Il personale tecnico-amministrativo e bibliotecario. Il
personale tecnico-amministrativo
è passato dalle 56.603 unità del
2008 alle 49.382 unità a tempo
indeterminato di oggi. Anche in
questo caso, il moltiplicarsi dei
servizi e delle funzioni richieste all’università (internazionalizzazione, trasferimento tecnologico, accoglienza e sostegno agli studenti
disagiati, progettazione…) richiedono un rafforzamento e una qualificazione di queste figure professionali. Il rinnovo contrattuale è un
momento decisivo.
C’è infine un dossier aperto da
tantissimi anni al MIUR e che riguarda i Lettori di madre lingua
straniera e i collaboratori ed
esperti linguistici. È una vicenda
intricata su cui sarebbe importante aprire un tavolo di confronto
MIUR-Sindacati che cerchi soluzioni mettendo fine a un annoso contenzioso giudiziario. A dispetto di
diverse sentenze europee a loro
favorevoli, questi lavoratori continuano ad avere in molti atenei
contratti inadeguati alla loro qualificazione professionale e condizioni economiche precarie. Una revisione del loro stato è solo in parte
prevista dalla riforma Gelmini e
inadeguatamente attuata. Serve
un piano straordinario di formazione e reclutamento.
Il diritto allo studio. Il dato in
assoluto più preoccupante è che
gli immatricolati sono scesi da
338.036 (nel 2003-2004) a
255.294 (nel 2014-2015), con un
calo di 83.000 studenti pari al
25% degli immatricolati del 2003.
Il calo delle iscrizioni è un fenomeno che ha riguardato tutto il territorio nazionale e, salvo limitate eccezioni, la gran parte degli atenei.
Gli ultimi dati forniscono un quadro in leggerissima controtendenza con un piccolo incremento di
immatricolazioni.
Anche qui qualche primo segnale di attenzione per provare a cambiare rotta si è avuto con la recente Legge di Bilancio, anche se, soprattutto le cosiddette “superborse” non sembrano rispondere
a una esigenza reale ma piuttosto
a “spot” pubblicitari. Parzialmente
positivi invece gli interventi sulle
“no-tax area” per gli studenti e i
dottorandi senza-borsa.
Le cattedre “Natta”. Le uni-
versità hanno subito negli ultimi
anni un attacco mediatico pesante, teso a descrivere il sistema come irriformabile e corrotto. In realtà si tratta di patologie del sistema,
non della sua fisiologia. Certamente esistono fenomeni di corruzione
e di inefficienza ma rappresentano
solo una piccola e marginale fetta
del sistema. Questa campagna ha
però probabilmente implementato
l’idea che non si possa rifinanziare
l’intero sistema, ma che, per avere
il consenso dell’opinione pubblica,
si debbano fare interventi a spot. In
questa logica si può anche leggere
l’istituzione delle “cattedre universitarie del merito Giulio Natta”.
Queste cattedre prefigurano un
diverso stato giuridico all’interno
della docenza e un attacco all’autonomia universitaria. Dopo il parere negativo del Consiglio di Stato
sarebbe un segnale molto forte e
crediamo apprezzato dalla comunità accademica, se si riflettesse
sull’inopportunità di tale norma. Il
sindacato, unitariamente, ne ha
chiesto il ritiro, ma se questo non
fosse possibile, sarebbe importante aprire un confronto prima di
emanarne il decreto applicativo.
In particolare, il Consiglio di Stato
ha ribadito la necessità di equiparare le procedure concorsuali a quelle
della “chiamata per chiara fama” e
di non differenziare in alcun modo
lo stato giuridico dei nuovi reclutati
da quelli già in ruolo. È quindi da garantire una distribuzione quanto più
possibile omogenea di questo reclutamento per evitare che vada a
beneficio di pochi atenei in poche
zone del paese, o di alcuni settori
scientifici a scapito di altri.
L’Anvur e la valutazione.
Un tema di grande delicatezza è
quello della valutazione e in particolare del ruolo che ha assunto
l’ANVUR. Senza addentrarsi troppo
nella questione, che merita approfondimenti veri e fuori da ogni semplificazione, non si può non rilevare
come l’ANVUR abbia fagocitato il sistema, imponendo meccanismi di
valutazione che finiscono per indirizzare e conformare la ricerca. Le
procedure per l’accreditamento,
per la certificazione della qualità e
di valutazione si sono rivelate irragionevoli e iperburocratiche, aggravando il carico di lavoro negli atenei senza alcun reale beneficio.
Tutto ciò è avvenuto a scapito sia
del MIUR, francamente ridotto ai
minimi termini anche per quanto riguarda gli organici, i funzionari, i dirigenti e le competenze, sia degli
organi dell’autonomia universitaria, in primis il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) i cui pareri, se
fossero stati ascoltati, avrebbero
evitato le più macroscopiche canto(continua a pag. 4)
3
Le emergenze e le priorità della conoscenza
LA SITUAZIONE DELLA RICERCA
l processo di riforma avviato con
la delega Madia (D.lgs 218/
2016) sul sistema degli Enti
pubblici di ricerca non cancella le
lacune e le debolezze del sistema
Italia causate da un continuo disinvestimento attraverso i tagli lineari
operati sui bilanci degli Enti, dall’assenza di una governance unitaria, dalla precarietà dilagante che
ha raggiunto ormai il 40% del totale, dall’assenza di valorizzazione
delle professionalità, dalle basse
retribuzioni. Il D.lgs 218/2016 (semplificazione del sistema degli EPR)
rappresenta un punto di partenza
per invertire la rotta e rilanciare
l’intero settore su una strategia
politica chiara in tema di R&S con
obiettivi strategici di medio e lungo
periodo.
I
Governance. È indispensabile,
proprio al fine di definire una politica unitaria della ricerca in sinergia
con le strategie di sviluppo, realizzare una governance unitaria del
“sistema ricerca” che superi la distinzione artificiale tra strutture
che svolgono attività di servizio e
strutture che svolgono attività di ricerca cosiddetta non strumentale.
Dovrà perciò essere attuata quanto prima la revisione degli Statuti
degli EPR, come da D.lgs
218/2016, e costituita la Consulta
dei Presidenti, del Comitato di
esperti e del Consiglio Nazionale
dei ricercatori e tecnologi (art. 8),
per favorire la riforma della struttura di governo del sistema degli enti
di ricerca e garantire forme di partecipazione dei ricercatori alla determinazione delle regole, delle
priorità, dei criteri per la program(segue da pag. 3)
nate. Un rapporto più stretto tra
Ministro e CUN è senz’altro necessario.
Il sistema
universitario è bloccato da una pluralità di vincoli normativi e regolamentari che rendono il lavoro di ricerca e l’internazionalizzazione difficili e lenti. Il CUN ha prodotto un
ottimo documento nel quale sono
proposti interventi, molti dei quali
non richiedono modifiche legislative. A nostro parere, è necessaria e
urgente anche una revisione del
meccanismo dei cosiddetti “punti
organico”. Anche solo una rimodulazione dei costi finanziari associa-
Semplificazione.
mazione delle attività di ricerca. In
questo percorso si deve realizzare
una sinergia più forte tra enti di ricerca e atenei finalizzata a rafforzare la capacità di ricerca e innovazione di tutta rete delle istituzioni
scientifiche esistenti.
Risorse finanziarie. La spesa
nel settore ha subito drastici tagli
negli ultimi anni, occorre invece rilanciare i finanziamenti ordinari in
R&S. Ormai gli Enti raccolgono sul
mercato, attraverso progetti, le risorse per la sopravvivenza e il funzionamento delle infrastrutture. L’VIII programma quadro Horizon
2020 rappresenta per il nostro
paese una grande opportunità, ma
non è sostitutivo degli investimenti
statali diretti nella scienza fondamentale. Il rafforzamento delle infrastrutture e degli strumenti in
materia di organizzazione deve
passare per il rifinanziamento dei
fondi ordinari, che vanno incrementati, degli Enti.
Reclutamento e precariato.
Le modifiche attuate dal Dlgs
218/2016 vanno nella direzione
giusta, ma ora occorre avviare una
nuova stagione di reclutamento
straordinario per aumentare il numero di ricercatori e di addetti alla
ricerca in Italia, fanalino di coda fra
i paesi con cui compete a livello internazionale. Bisogna anche stabilizzare il precariato degli Enti, che
ha ormai superato il 40% degli addetti, con un storia ultradecennale
di proroghe e rinnovi. La sentenza
della Corte Europea di Giustizia,
che ha condannato l’Italia per la
ti ai punti organico permetterebbe
di liberare risorse in bilancio degli
atenei per il reclutamento e il turnover senza aggravi di costi.
Le retribuzioni. Il perdurare del
blocco degli stipendi della pubblica
amministrazione, che ha coinvolto
ovviamente tutto il personale universitario, sia docente che tecnicoamministrativo, coniugato con la riduzione dei finanziamenti e delle risorse disponibili, non ha certo
aiutato a evitare la cosiddetta “fuga
di cervelli”.
Sarebbe urgente un intervento
sulla parte economica del personale universitario, che è sostanzialmente tripartito come segue:
- docenti universitari di ruolo e a
reiterazione dei contratti a tempo
determinato, ha portato “benefici”
al sistema scolastico con le assunzioni di 80.000 docenti, ora bisogna intervenire sul precariato della
ricerca.
Il D.lgs 218/2016 porta un significativo avanzamento del quadro
normativo del sistema. L’aspetto
più rilevante riguarda l’autonomia
di spesa e la possibilità di assumere personale per chi ha risorse proprie entro un unico limite di spesa
senza ulteriori vincoli. Il corollario
di questo dispositivo avrebbe dovuto essere il recupero della norma
contrattuale (l’art. 5 dl CCNL 20022005), bloccata dalla 150/08, che
consentiva l’immissione in ruolo
del personale a tempo determinato
(che abbia superato una prova concorsuale e abbia determinati requisiti), allargandone l’applicazione
alle altre forme di precariato
(co.co.co., assegnisti di ricerca,
borsisti). Si tratta quindi di rendere
praticabili e operativi da subito, finalizzandoli all’immissione in ruolo
del personale precario, gli strumenti del D.lgs 218/2016, attraverso il ricorso a una norma specifica in un decreto milleproroghe.
Il rinnovo contrattuale. Il
processo di riforma si accompagna
alla necessità di valorizzare la specificità del modello contrattuale. La
norma riconosce che le peculiarità
della professione di ricercatore devono trovare nel modello contrattuale una risposta adeguata, che si
ispiri ai principi della Carta e nell’European Framework. Il richiamo
alla Carta dei ricercatori si estende
agli aspetti della contrattazione su
tempo determinato;
- personale tecnico-amministrativo (penalizzato ulteriormente da
tagli e blocchi nelle disponibilità
della parte accessoria del salario);
- precari, in gran parte impegnati
nella ricerca e anche nella didattica
(borsisti, assegnisti di ricerca, professori a contratto, co.co.co., ecc.).
Un piano di assunzioni. Con-
testuale dovrebbe essere un piano
straordinario di assunzioni che riporti il personale universitario complessivamente almeno a quello di
8-10 anni fa. Altrimenti anche l’investimento di risorse per il diritto allo studio e il contestuale innalzamento del numero degli studenti
universitari (e dei laureati) resterà
diritti, doveri, obblighi, retribuzione, precarietà o stabilità della posizione lavorativa, reclutamento e
meccanismi di carriera per i quali
devono essere assicurati “apertura, trasparenza, equità e condivisione”. Questo tema investe la
nuova tornata contrattuale del
pubblico impiego recentemente
aperta, che potrà essere il luogo in
cui carriere, condizioni di lavoro,
autonomia professionale, retribuzioni, precarietà vengono trattati
insieme alla necessità di una maggiore integrazione nazionale (tra
enti e università) ed europea, indirizzata alla costruzione di un sistema più aperto e attrattivo per i ricercatori che lavorano nel nostro
paese. Per fare questo occorre
che, già nell’Atto d’Indirizzo per il
rinnovo del contratto del Comparto
dell’Istruzione e della Ricerca, siano garantiti adeguati spazi di contrattazione e valorizzazione delle
specificità dei singoli settori di provenienza, in coerenza con quanto
previsto dal CCQ sulla definizione
dei comparti di contrattazione.
L’avvio della stagione contrattuale
rappresenta una tappa importante
per ridare dignità al lavoro di ricerca, se saprà cogliere le novità intervenute in questi anni nell’organizzazione del lavoro di ricerca e creare le condizioni per un miglioramento delle condizioni retributive,
di carriera e di valorizzazione professionale.
Va, inoltre, ridato spazio al secondo livello contrattuale, rimuovendo i vincoli che la riforma Brunetta e le successive finanziarie
hanno imposto alla contrattazione
integrativa.
lettera morta. Tutti gli indicatori concordano che la produttività e la qualità dei nostri ricercatori in ambito
europeo è tra le più alte, ma quello
che ci penalizza è il loro basso numero.
Università e Enti di ricerca.
Bisogna ragionare in concreto di un
avvicinamento anche normativo tra
il comparto degli Enti Pubblici di Ricerca (tutto giustamente contrattualizzato) e l’Università. Il prossimo rinnovo dei contratti nazionali potrebbe
essere la sede giusta per affrontare
il tema. Aiuterebbe in questo la recente istituzione del comparto unico
dei lavoratori della scuola, dell’università, della ricerca e dell’AFAM.
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