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Cass., Sez. IV, 11 maggio 2016 (dep. 6 giugno 2016), n. 23283 – Pres. Blaiotta – est. Montagni

Omicidio colposo – Responsabilità medica

L’articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189 (legge Balduzzi, in tema di responsabilità del medico), secondo cui l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento del la propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, va inteso nel senso che la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dall’imperizia.

Il testo integrale della sentenza è accessibile sul sito della rivista.

La Cassazione detta alcune “linee guida” in tema di responsabilità medica

1.

Breve premessa.

La sentenza in commento ha il duplice merito di delineare in maniera chiara ed orga nica la disciplina della responsabilità medica relativamente ai reati di omicidio e lesioni colpose e di estendere a tutte le ipotesi di colpa generica la portata della novella legislativa del 2012 (c.d. Decreto Balduzzi).

L’occasione è offerta da una vicenda processuale che vede imputato un chirurgo del de litto di cui all’art. 589 c.p., per aver omesso di attuare tempestivamente ogni possibile attività diagnostica e terapeutica – la TAC venne eseguita solo quando la rottura dell’aorta era ormai conclamata – nei confronti di un paziente che, già al momento del ricovero, presentava una sintomatologia riferibile a fessurazione dell’aneurisma dell’aorta addominale, così cagionan done la morte, nonostante l’effettuazione dell’intervento di rimozione dell’aneurisma.

2.

Questione di diritto intertemporale.

Preliminarmente il Supremo Collegio si occupa di ribadire l’incidenza intertemporale

Federico Emiliani della novella normativa introdotta dall’art. 3 L. 189/2012 1 : limitando la penale responsa bilità alle sole ipotesi di colpa grave – per i reati di lesioni ed omicidio colposo ad opera dell’esercente una professione sanitaria che si sia attenuto alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica – si sarebbe in presenza di una

abolitio cri minis

parziale delle norme incriminatrici in commento, con applicazione del disposto di cui all’art. 2 comma 2 c.p.

2 Da ciò deriva come, nell’ambito di procedimenti che occupino le tematiche in oggetto, il giudice dovrà “

procedere d’ufficio all’accertamento del grado della colpa, giacché le con dotte qualificate da colpa lieve sono divenute penalmente irrilevanti

”.

Sulla base di tale principio di diritto la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata così che il giudicante di merito possa verificare, nel caso di specie, la sussi stenza dell’elemento psicologico richiesto dalla norma incriminatrice alla luce del mutato quadro normativo di riferimento – ossia, se vi sia la colpa e, se sì, se non sia lieve.

3.

Individuazione del grado della colpa.

Il merito di tale decisione si disvela nel prosieguo della motivazione laddove, invece di limitarsi a rinviare al giudice di merito sulla base della prima assorbente argomentazione trattata, ritiene di orientare in punto di diritto la futura complessa, ed in parte inedita, valu tazione rimessa alla Corte territoriale, facendo chiarezza su alcuni profili di criticità relativi alle fattispecie in esame.

Per quanto attiene all’individuazione del grado della colpa il Supremo Collegio afferma che, nel solco dei principi già in precedenza tracciati 3 , andrà verificata l’entità dello sco stamento tra la condotta effettivamente tenuta dall’agente e quella che era lecito attendersi sulla base della regola cautelare da osservare. Nella misurazione della gravità del rimprovero dovranno necessariamente esser bi lanciati tutta una serie di indicatori, sia soggettivi che oggettivi: le specifiche condizioni dell’agente, il grado di specializzazione, la situazione ambientale in cui questi si sia trovato ad operare, l’accuratezza nell’effettuazione del gesto clinico, l’urgenza dell’intervento, l’o scurità del quadro a sua disposizione, l’eventuale atipicità o novità della situazione clinica.

278

1 Art. 3 Legge 8 novembre 2012, n. 189: “

L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve

”.

2 Cass. Sez. IV, 29 gennaio 2013 (dep. 9 aprile 2013), n. 16237, Cantore in

CED, Rv. 255105

: “

Tale struttura della riforma da corpo ad

3

un tipico caso di

abolitio criminis

parziale. Si è infatti in presenza di norma incriminatrice speciale che sopravviene e che restringe l’area applicativa della norma anteriormente vigente. Si avvicendano nel tempo norme in rapporto di genere a specie: due incrimi nazioni di cui quella successiva restringe l’area del penalmente rilevante individuata da quella anteriore, ritagliando implicitamente due sottofattispecie, quella che conserva rilievo penale e quella che, invece, diviene penalmente irrilevante. Tale ultima sottofattispecie è propriamente oggetto di abrogazione. La valutazione non muta se, per controprova, si guardano le cose sul piano dei valori: il legislatore ha ritenuto di non considerare soggettivamente rimproverabili e quindi penalmente rilevanti comportamenti che, per le ra gioni ormai più volte ripetute, presentano tenue disvalore. Il parziale effetto abrogativo, naturalmente, chiama in causa la disciplina dell’articolo 2 comma 2 c.p., e quindi l’efficacia retroattiva dell’innovazione”.

Cfr. Cass. Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16327,

Cit.

La Cassazione detta alcune “linee guida” in tema di responsabilità medica Con tali elementi a disposizione chi giudica dovrà compiere un’operazione ermeneu tica di bilanciamento non dissimile da quella che compirebbe in tema di circostanze del reato.

Da ciò deriva – comunque ferma la discrezionalità della valutazione del giudi ce – che la gravità della colpa ricorre laddove “

si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente”

; al contrario invece, “

quanto più la vi cenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata da impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del professioni sta che, pur essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la negativa evoluzio ne della patologia

”.

Per fare ulteriore chiarezza circa la distinzione tra colpa lieve e grave, la Cassazione effettua un breve

excursus

dei precedenti orientamenti sviluppatisi in seno alle Corti; al riguardo si consideri che l’attenzione rivolta al tema si giustifica con il fatto che fino ad og gi, nel complesso quadro normativo che regola la materia penale, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave rilevava esclusivamente – salvo rarissime eccezioni, vedi art. 217 n. 4 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 – ai fini della dosimetria della pena

ex

art. 133 c.p. e non anche ai fini dell’individuazione del perimetro della penale responsabilità.

Secondo un primo risalente orientamento, ispirato al principio di unitarietà dell’ordi namento giuridico, si riteneva che, a fronte di situazioni comportanti la soluzione di pro blemi tecnici di particolare difficoltà, si potesse parlare di responsabilità del professionista solo al ricorrere di profili di colpa grave derivanti da imperizia (non anche per le ipotesi di negligenza o imprudenza), richiamandosi in tal modo alla disposizione di cui all’art. 2236 c.c.

4 .

Di diverso avviso la giurisprudenza successiva che, negando decisamente l’estensibilità in campo penale del principio sancito dall’art. 2236 c.p., riteneva di dover avere esclusivo riguardo agli ordinari criteri di valutazione della colpa di cui all’art. 43 c.p.

5 Al termine di questa breve rassegna, la Corte sottolinea la ritrovata centralità assunta dalla questione circa la distinzione tra

culpa levis

e

culpa lata

all’indomani dell’entrata in vigore della novella più volte richiamata; tematica che viene necessariamente ad intrecciar si con quella relativa alle linee guida ed alle buone pratiche accreditate.

4 Orientamento avallato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 28 novembre 1973 n. 166.

5 Tra le altre Cass. Sez. IV, 28 ottobre 2008, n. 46412 in

CED, Rv. 242251

.

279

Federico Emiliani 4.

Natura e definizione delle linee guida.

In coerenza con l’interpretazione consolidatasi la Corte, sotto il profilo definitorio, fa propri gli approdi della comunità scientifica internazionale 6 , secondo la quale le linee gui da rappresentano delle “

raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche

”. Altrimenti detto, si tratta di una serie di indicazioni comportamentali le quali, a seconda del grado di cogenza, hanno la funzione di ridurre per quanto possibile la variabilità e la soggettivizzazione delle condotte cliniche.

È bene sgombrare il campo da possibili errori: non potendo offrire

standard

legali pre costituiti queste non assurgono a rango di regole cautelari e, pertanto, la loro eventuale violazione, non integra un’ipotesi di colpa specifica.

Le ragioni sottese a tale conclusione sono molteplici: la loro varietà ed il diverso grado di qualificazione; l’assenza di prescrittività tipica della regola cautelare, vista la loro natura di strumenti di indirizzo ed orientamento; la pluralità delle fonti dalle quali promanano (circolari, piani sanitari, regolamenti interni) 7 . Ed infatti, considerata la loro valenza meramente orientativa, da un lato la loro viola zione non integra

ipso facto

un profilo di colpa; dall’altro il loro pedissequo rispetto non manderà in ogni caso esente da responsabilità il professionista nell’ipotesi in cui, le spe cificità del caso concreto, avrebbero suggerito di discostarsene.

5.

Riferibilità del novum normativo a tutte le ipotesi di colpa generica.

L’audacia commendevole – si consenta e il termine e l’attributo – della sentenza in commento si rinviene nell’ulteriore parte motiva, laddove il Collegio tenta di risolvere la questione del perimetro di operatività dell’esonero di responsabilità per colpa lieve nell’ambito della colpa generica.

Preliminarmente viene dato atto del contrasto sul punto in seno alla Corte di legittimità: a fronte di un orientamento prevalente per il quale la novella sarebbe riferibile esclusi vamente alle ipotesi di imperizia 8 , altre pronunce la ritengono estensibile anche quando si debba avere riguardo, quale parametro valutativo della condotta, alla diligenza tenuta

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6 Institute of Medicine.

Guidelines for clinical practice: from Developement to Use

. Washington DC: The National Academies Press, 1992; 7 IOM.

Clinical Practice Guidelines: We Can Trust

. Washington DC: The National Academies Press, 2011.

Cfr. Cass. Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16327,

Cit

.

8 Tra le altre Cass. Sez. IV, 25 giugno 2015, n. 26996, in

CED, Rv. 263826

: “

In tema di responsabilità medica, la limitazione della re sponsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (conv., con mod., dalla legge 8 novembre 2012, n. 189), operando soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida, non si estende agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza, perché le linee guida contengono solo regole di perizia

”.

La Cassazione detta alcune “linee guida” in tema di responsabilità medica dall’agente (come nel caso in cui le raccomandazioni contenute nelle linee guida si riferi scano espressamente all’accuratezza da tenere in un determinato contesto) 9 .

Come anticipato, la soluzione adottata dalla Corte si discosta significativamente dai pre cedenti sopra richiamati e si fonda su tre ordini di ragioni: 1. dato testuale, per cui la riforma, sia in rubrica che nel contenuto, si riferisce generica mente agli “esercenti la professione sanitaria” e dunque non è indirizzata al solo perso nale medico ma a tutti i professionisti del settore sanitario; 2. la circostanza per cui le numerose linee guida oggi a disposizione (si fa ad esempio ri ferimento a quelle in tema di gravidanza fisiologica), oltre a contenere regole di perizia, includono anche raccomandazioni che attengono ai parametri della diligenza, e dunque dell’accuratezza nella prestazione delle cure; 3. l’assenza di tassatività, affermata dalla scienza penalistica, nella distinzione tra le diverse ipotesi di colpa generica. Si sottolinea infatti come parte della dottrina 10 , con specifico riferimento all’attività medica, ritenga troppo labile il confine tra imperizia, negligenza ed imprudenza; la liquidità di tali concetti impedirebbe dunque di limitare l’operatività dell’esimente alle sole ipotesi di imperizia.

Tali valutazioni portano alla conclusione per cui l’accertamento che sarà chiamato ad effettuare ogni giudicante di merito dovrà inevitabilmente avere ad oggetto il grado della colpa dell’agente secondo gli indicatori più sopra richiamati e dunque, sintetizzando, do vrà esplorare l’entità della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era lecito attendersi nella fattispecie concreta, da individuarsi sulla base delle regole da osser varsi. Valutazione che, si badi bene, non dovrà limitarsi alle sole ipotesi di colpa caratteriz zata da imperizia, posto che il Decreto Balduzzi non fa alcun riferimento esplicito ad essa.

In conclusione, la Corte afferma il seguente principio di diritto: “

la limitazione di re sponsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida ed alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia

”.

9 Cass. Sez. IV, 16 novembre 2015, n. 45527, in

CED, Rv. 264897

: “

In tema di responsabilità professionale del medico, la normativa introdotta dall’articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui «l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve», pur trovando terreno di elezione nell’ambito dell’imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell’agente sia quello della diligenza, come nel caso in cui siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera della accuratezza di compiti magari particolarmente qualificanti, che quella della adeguatezza professionale

”.

10 Si veda D i G iovine ,

In difesa del c.d. Decreto Baluzzi. Ovvero: perché non è possibile ragionare di medicina come fosse diritto e di diritto come se fosse medicina

, in

Arch. Pen. on line

, 2014, 7: “

In medicina sfuma, perdendo la sua restante importanza (ammesso che ne avesse ancora), la distinzione tra imperizia, da una parte e negligenza ed imprudenza dall’altra... Prescindendo pure dall’ob solescenza della tripartizione (soppiantata dalla consapevolezza della natura costitutiva dei giudizi di prevedibilità ed evitabilità dell’evento), mi sembra che tale opzione potrebbe avere ancora senso, al limite, ove si abbracci una visione dell’attività medica come riflessione teorica da realizzare a tavolino, casomai mediante computi di stampo ragionieristico. Ciò che (fortunatamente) non è. Nella realtà dei casi complessi, il confine tra conoscenza, uso appropriato della cautela, avventatezza o trascuratezza nella scelta di quella adatta mi pare troppo sottile, e troppo pericolosa una distinzione che voglia essere dirimente ai fini penali

”.

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Federico Emiliani 6.

Considerazioni finali.

Riepilogando, la sentenza in commento, oltre a fornire delle valide ed autorevoli indi cazioni all’interprete su come muoversi nel terreno sabbioso della responsabilità medica, si spinge fino ad estendere la portata applicativa della norma introdotta con la novella del 2012 a tutte le ipotesi di colpa generica.

A modesto parere di chi scrive, l’approdo cui giungono i giudici di legittimità ha il meri to del risultato di giustizia, di conseguire l’armonia fra l’istituto della responsabilità medica e la realtà socio-sanitaria, ma, forse, non anche del percorso argomentativo attraverso il quale vi perviene.

Gli orientamenti affermatisi all’indomani dell’entrata in vigore del Decreto Balduzzi hanno l’insuperabile pecca di aver ingiustificatamente forzato il dato testuale; non vi è infatti alcun riferimento alla sola perizia nel tessuto della riforma: la limitazione di respon sabilità riguarda genericamente la

colpa lieve.

Nessuna attuale giustificazione pare potersi attribuire a tale scelta ermeneutica, alla luce in particolare del fatto che, come ben sottolineato dalla sentenza in esame, sarebbe erroneo ed anacronistico considerare le linee guida come dei meri recipienti di regole di perizia (a titolo di esempio si pensi agli obblighi informativi che, è evidente, richiamano regole di diligenza).

Si consideri peraltro come, all’interno del variegato panorama delle linee guida dispo nibili, siano contenute raccomandazioni che non sono riferite esclusivamente al personale medico, ma anche a tutti i professionisti che operano nel settore della sanità, a ciascuno secondo il proprio ambito d’intervento.

Tali considerazioni sarebbero già di per sé sufficienti a giustificare il principio di diritto affermato dalla Quarta Sezione che, però, rappresenta l’epitome di un ragionamento par zialmente non condivisibile. Spingersi, come fanno in questo caso i giudici di legittimità – ed anche la dottrina alla quale implicitamente si richiamano – fino al punto di conside rare quasi come superata la distinzione fra le tre classiche categorie della colpa generica risulta, questa pure, una forzatura del dato normativo: l’art. 43 c.p. è fin troppo esplicito nel considerare negligenza, imprudenza ed imperizia come le tre fonti della colpa gene rica per poterle degradare ad un

unicum

interscambiabile. Altrimenti detto, l’assunto per cui “

si registra una intrinseca opinabilità, nella distinzione tra i diversi profili della colpa generica, in difetto di condivisi parametri che consentano di delineare, in termini tassa tivi, ontologiche diversità, nelle regole di cautela

” mal si concilia con quanto solidamente affermato dalla tradizionale dottrina penalistica 11 .

Ad ogni modo, come già ribadito in premessa, la via imboccata sembra quella più

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11 Tra gli altri si veda M antovani ,

Diritto penale. Parte generale,

Padova, 2001 4 , 350; a ntolisei ,

Manuale di diritto penale. Parte generale,

Milano, 2003 16 , 368.

La Cassazione detta alcune “linee guida” in tema di responsabilità medica corretta e rispondente ai crismi della materia, ragion per la quale sarebbe auspicabile un consolidamento di tale interpretazione. La speranza è che, da un lato il Legislatore possa prendere spunto da tale conclusione in modo tale da fornire a tutti gli operatori del diritto un percorso più lineare; dall’altro la giurisprudenza possa affinare l’

iter

evitando di scon volgere in parte le fondamenta della materia penale.

F eDerico e Miliani

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