Responsabilità “231”: quando è ignoto l`autore del reato presupposto.

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Transcript Responsabilità “231”: quando è ignoto l`autore del reato presupposto.

Cass. Pen., Sez. VI, 10 novembre 2015 (dep. 7 luglio 2016),
n. 28299, Pres. Milo – est. Fidelbo
Procedura Penale – Responsabilità degli enti
Dalle
corti
L’ente risponde del reato anche se l’autore non sia stato
identificato o non sia imputabile o il reato si sia estinto giacché la responsabilità dell’ente è autonoma da quella della
persona fisica ma non dalla obiettiva realizzazione di un
reato – solo se il giudice è in grado di risalire anche a livello
indiziario ad una delle due tipologie cui si riferiscono gli articoli 6 e 7 del d.lgs. 231/2001
potrà pervenire ad una decisione di affermazione della responsabilità dell’ente anche in
mancanza dell’identificazione della persona fisica responsabile del reato.
Il testo integrale della sentenza è accessibile sul sito della rivista.
Responsabilità “231”: quando è ignoto l’autore del
reato presupposto.
1. La vicenda e il decisum della Corte.
La pronuncia in commento trae origine dalla contestazione di plurimi episodi corruttivi
nell’ambito di appalti indetti da alcune società a partecipazione pubblica operanti nel settore
energetico. Il ricorso proposto dalla difesa di una delle società ritenute responsabili dell’illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25, comma 3, si è incentrato,
tra l’altro, sull’erronea interpretazione dell’art. 8, comma 1, lettera a) del Decreto, che, come
noto, sancisce che la responsabilità dell’ente sussiste anche quando l’autore del reato non è
stato identificato. Secondo la tesi difensiva, tale disposizione non escluderebbe la necessità
di accertare l’ascrivibilità di una condotta penalmente rilevante ad un soggetto interno alla
società; in conseguenza di ciò, la difesa ha lamentato la mancanza di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici di secondo grado si sono limitati ad affermare
genericamente che “altri hanno fatto fronte” agli obblighi derivanti da un accordo corruttivo
avente valenza meramente preparatoria al pagamento della tangente, stipulato da un intraneus alla società, in epoca precedente all’entrata in vigore del d.lgs. 231/2001.
I Giudici di legittimità, nell’accogliere in parte le doglianze dei ricorrenti, hanno adottato un’interpretazione restrittiva del principio di autonomia della responsabilità dell’ente, affermando che, nell’ipotesi in cui l’autore del reato-presupposto resti ignoto, ai fini dell’accertamento dell’illecito amministrativo deve comunque risultare individuabile,
quantomeno a livello indiziario, a quale categoria appartenga l’autore del reato – se, cioè,
si tratti di un “apicale” o di un “sottoposto” ai sensi degli artt. 6 e 7 del Decreto – e deve
altresì potersi escludere che questi abbia agito nel suo esclusivo interesse.
Valeria Raimondo
2. La ratio del principio di autonomia ed i precedenti
giurisprudenziali.
La decisione della sesta sezione della Suprema Corte fornisce rilevanti indicazioni sui
limiti di operatività di una disposizione definita tra le più “ardite” ma anche tra le più
qualificanti della nuova disciplina1. Nella relazione ministeriale al d.lgs. 231/2001 si legge
che essa “chiarisce in modo inequivocabile come quello dell’ente sia un titolo autonomo
di responsabilità, anche se presuppone comunque la commissione di un reato”. Ai sensi
dell’art.8 si può infatti pervenire ad un’affermazione della responsabilità dell’ente anche
quando l’autore del reato non è stato identificato ovvero non sia imputabile o quando
intervenga una causa estintiva del reato diversa dall’amnistia. Se la possibilità di fondare
un addebito a carico dell’ente, anche in caso di mancato accertamento della responsabilità
della persona fisica autrice del reato, trova la sua legittimazione teorica nella diversità dei
presupposti integranti la responsabilità della persona giuridica - che si fonda su una colpa
“normativa” in quanto di organizzazione - rispetto a quelli fondanti la responsabilità penale monosoggettiva; le ragioni di politica criminale sottese all’introduzione della previsione
sono riconducibili ad esigenze di effettività di tutela che si profilano ogniqualvolta “per la
complessità dell’assetto organizzativo interno, non sia possibile ascrivere la responsabilità
penale in capo ad un determinato soggetto e nondimeno risulti accertata la commissione
di un reato”2. L’impossibilità di muovere rimproveri nei confronti di singoli agenti assurge,
inoltre, a fenomeno tipico della responsabilità di impresa, tanto più in relazione a determinate tipologie di reati – si pensi ai reati colposi d’evento o ai reati informatici – legati ad
attività svolte all’interno di organizzazioni complesse, caratterizzate da una molteplicità di
centri decisionali e strutture operative3.
Posto che appare condivisibile la scelta di declinare la responsabilità dell’ente quale
“per fatto proprio” – in linea con il disposto dell’art.27, comma 1, della Costituzione – e
non già come sussidiaria, nondimeno la previsione dell’art.8 del Decreto solleva numerosi
interrogativi.
Già precedenti pronunce dei giudici di legittimità4 si erano soffermate sulla valenza di
detta norma affermando che, ove non si possa pervenire a una sentenza di condanna della
persona fisica perché non compiutamente identificata (ma comunque riconducibile alla
società), il principio di autonomia della responsabilità dell’ente legittima ad accertare il
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Così Di Giovine, Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in Lattanzi (a cura di), Reati e responsabilità degli enti, Milano,
2010, 139.
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Relazione ministeriale al d.lgs. 231/2001.
3
In tal senso, De Simone, I profili sostanziali della responsabilità cd amministrativa degli enti: la parte generale e la parte speciale del
d.lgs. 8 giugno 2001/231, in Garuti (a cura di), Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, Padova,
2002, 114.
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Cfr in particolare, Cass. Pen. Sez. V, 4 aprile 2013-9 maggio 2013, n.20060 in Rivista penale 2013, 7-8, 790, e Cass. Pen. Sez. I, 2 luglio
2015-2 settembre 2015, n.35818 in Diritto & Giustizia 2015, 3 settembre.
Responsabilità “231”: quando è ignoto l’autore del reato presupposto.
reato presupposto incidenter tantum, al fine di sanzionare l’ente nel cui interesse o vantaggio l’illecito sia stato commesso.
A livello dottrinale, si è osservato che tale ipotesi può venire in rilievo sia nel caso in
cui si pervenga a una sentenza di assoluzione della persona fisica, che comunque accerti
incidentalmente la responsabilità di un altro soggetto qualificato ai sensi degli artt.6 e 7
del Decreto; sia all’esito della fase delle indagini preliminari, quando queste non abbiano
consentito di raccogliere elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio nei confronti di
una determinata persona fisica e sia stata pertanto disposta l’archiviazione del procedimento penale5.
Sulla scorta di tali premesse, la Suprema Corte ha, in un caso, censurato qualsiasi automatismo tra assoluzione della persona fisica – dipendente della società non personalmente
responsabile di un reato accertato nella sua consistenza oggettiva – ed esclusione della
responsabilità dell’ente6; nell’altro, ritenuto immune da vizi la sentenza di secondo grado
che, pur non pervenendo ad un identificazione “anagrafica” dell’autore del reato di aggiotaggio, aveva condannato l’ente sulla base dell’accertamento della materialità del fatto
reato-presupposto e della sua ascrivibilità a funzionari interni alla società7.
I precedenti giurisprudenziali da ultimo ricordati non sembrano dirimere completamente i dubbi di compatibilità dell’ambito applicativo così riservato all’art. 8 lettera a) con
l’intero sistema della responsabilità da reato degli enti. In primis, nel caso in cui non sia
possibile identificare il reo, verrà meno pure l’accertamento circa l’elemento soggettivo del
reato, sicché quest’ultimo andrà inteso in senso oggettivo, quale fatto tipico e antigiuridico.
Ed invero la stessa sentenza in commento non manca di rilevare che “nelle ipotesi
prese in considerazione dall’art.8 cit., soprattutto con riferimento al caso della mancata
identificazione della persona fisica, può venire a mancare uno degli elementi del reato,
cioè la consapevolezza del soggetto agente, ma quando si parla di autonomia ciò che deve
precedere, in via pregiudiziale, l’accertamento della responsabilità dell’ente è sì il reato,
ma inteso come tipicità del fatto, accompagnato dalla sua antigiuridicità oggettiva, con
esclusione della sua dimensione psicologica”.
All’accoglimento di tale conclusione osta, tuttavia, la stessa Relazione ministeriale al
Decreto, che subordina la configurabilità di un’autonoma responsabilità della persona
giuridica all’esistenza di un “reato completo di tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi
giudizialmente accertato”, nonché la ricostruzione dei rapporti tra illecito amministrativo
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3. Criticità applicative. Il concreto ambito di operatività
dell’art.8 del Decreto nell’ipotesi di autore ignoto.
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Così Amato, Autore ignoto e responsabilità dell’ente, in Rivista 231, Plenum, n. 4 del 2015.
Cass. Pen. Sez. V, 4 aprile 2013-9 maggio.2013, n.20060 in Rivista penale 2013, 7-8, 790
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Cass. Pen. Sez. I, 2 luglio 2015-2 settembre 2015, n.35818 in Diritto & Giustizia 2015, 3 settembre.
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e reato operata dalle Sezioni Unite, le quali hanno affermato che “il fatto della persona
fisica, cui è riconnessa la responsabilità anche della persona giuridica, deve essere considerato fatto di entrambe, per entrambe antigiuridico e colpevole”8.
L’incidenza del profilo soggettivo si coglie, inoltre, rispetto a un ulteriore elemento
della fattispecie complessa che radica la responsabilità dell’ente, ossia il criterio dell’interesse. Come noto, l’art. 5 esclude la possibilità di muovere un addebito all’ente nel caso
in cui il reato sia stato commesso nell’esclusivo interesse del reo o di terzi. A ben vedere,
nonostante quello dell’interesse sia un criterio oggettivo di ascrizione della responsabilità
amministrativa, il suo accertamento postula un’indagine sul movente psicologico dell’agente, indagine che risulta preclusa nell’ipotesi in cui non sia individuabile una persona
determinata9.
Il secondo ordine di problematiche destinato a emergere ove l’agente resti ignoto inerisce all’incertezza circa la riconducibilità del reo alla categoria degli apicali (art.6 d.lgs.
231/2001) ovvero dei sottoposti (art.7); inquadramento dal quale discendono conseguenze
differenti sul piano del regime probatorio previsto per l’accertamento della colpa di organizzazione, che si atteggia diversamente a seconda che il reato sia stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente
ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione10. Deve pertanto condividersi la soluzione
adottata dalla Suprema Corte nella sentenza in esame, che sancisce che “solo quando il
giudice è in grado di risalire, anche a livello indiziario, ad una delle due tipologie cui si
riferiscono gli artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001 potrà pervenire ad una decisione di affermazione
della responsabilità dell’ente, anche in mancanza dell’identificazione della persona fisica
responsabile del reato”11. Ad argomentare diversamente si rimetterebbe alla discrezionalità
del giudice l’opzione tra i due diversi regimi di prova, con conseguente compromissione
dei diritti difensivi dell’ente e, a monte, violazione del principio di legalità di cui all’art.
2 del Decreto12. Egualmente dovrà essere accertata la ricorrenza dell’interesse/ vantaggio
della persona giuridica, dovendosi escludere che la persona fisica non individuata abbia
agito nel proprio esclusivo interesse.
Se tale lettura risulta l’unica compatibile con la ratio complessiva del sistema, occorre
interrogarsi sul concreto ambito operativo dell’autonomia della responsabilità dell’ente.
Nel caso in cui non si possa pervenire a una sentenza di condanna perché l’autore del reato non è stato identificato, la ricorrenza dei presupposti di cui agli artt.5, 6 e 7 d.lgs. 231
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Cass. Pen., Sez. Un., 27 marzo 2008-2 luglio 2008, n.26654 in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale 2008, 4, 1738.
Così Potetti, Interesse e vantaggio nella responsabilità degli enti (art.5 del D.Lgs. 231 del 2001) con particolare considerazione per
l’infortunistica del lavoro, in Cass.pen., 2013, 2036.
10
Cfr Bellacosa, Autonomia delle responsabilità dell’ente, in Levis-Perini (a cura di), La responsabilità amministrativa delle società e degli
enti, 2014, 222.
11
Cass. Pen., Sez. VI, 10 novembre 2015-7 luglio 2016, n. 28299 in C.E.D. Cass. Pen. 2016.
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In tal senso, Pecorella, Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità, in Aa.Vv., La responsabilità amministrativa degli
enti, Milano, 2002, 80.
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Responsabilità “231”: quando è ignoto l’autore del reato presupposto.
sembrerebbe infatti poter formare oggetto di accertamento giudiziale nei soli casi di cd.
imputazione soggettivamente alternativa, cioè quando ad esempio il reato risulti senz’altro
riconducibile ai vertici dell’ente (e, dunque, a due o più amministratori) ma manchi o sia
insufficiente la prova della responsabilità individuale di costoro13. Quando invece l’autore
non sia riconducibile ad una cerchia delimitata di soggetti, l’autonomia della responsabilità
dell’ente ci sembra non possa tradursi in una “scorciatoia”14 volta a legittimare l’attivarsi
della risposta sanzionatoria nei confronti della persona giuridica, a fronte delle complessità processuali insite nell’accertamento della responsabilità penale della persona fisica.
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Rel. Min. d.lgs. 231/2001.
Carmona, Premesse a un corso di diritto penale dell’economia, Padova, 2002, 216.
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