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LINEE GUIDA ATTO DI PENALE - A cura dell’Avv. Laura Piras
Tizio e Caio si accordano per commettere una rapina ai danni del gioielliere Sempronio
del quale hanno studiato le abitudini. Nel giorno prefissato, dopo aver atteso a volto
coperto che quest’ultimo, chiuso il negozio, salga sulla propria autovettura, entrano in
azione: mentre Tizio fa da palo all’angolo della strada, a circa duecento metri di
distanza, Caio entra nell’auto di Sempronio e, dopo averlo colpito al viso con diversi
pugni, si impossessa della sua valigetta per poi darsi alla fuga seguito da Tizio.
Le indagini successive consentono di individuare in Tizio e Caio gli autori del
fatto.
Sottoposti a processo vengono entrambi condannati alla pena di anni 7 e mesi 6
di reclusione ed euro 2000,00 di multa per il reato di rapina aggravata in quanto
commesso da più persone riunite e con il volto travisato, ritenuta la sussistenza della
recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale contestata dal pubblico ministero in
considerazione dei precedenti a carico di entrambi risultanti dal certificato penale. Nel
determinare il trattamento sanzionatorio il Tribunale ha fissato la pena base in anni 4 e
mesi 6 di reclusione ed euro 1200 di multa di cui all’art. 628, comma 3, n. 1, c.p. e su
questo ha applicato l’aumento per la recidiva.
Tizio si reca immediatamente dal
proprio legale e lo incarica di assumere immediatamente la propria difesa.
In tale veste il candidato rediga l’atto ritenuto più opportuno evidenziando le
problematiche sottese alla fattispecie in esame e soffermandosi anche, in particolare,
sulla natura giuridica della recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p. e sulle conseguenze
in punto di pena.
CORTE D'APPELLO DI …
SEZ. ….PENALE
P. P. N. <...>/<...> R.G. N.R.
P. P. N. <...>/<...> GEN. TRIB.
ATTO DI APPELLO
Nell’interesse di Tizio, nato a <...>, il <...>, residente in <...>, via <...>, domiciliato, ai
fi ni del presente procedimento, a <...>, in via <...>, il sottoscritto difensore di fiducia,
giusta nomina in atti,
dichiara
di proporre appello avverso la sentenza di condanna n. <...> emessa dal Tribunale di
<...> il, nell’ambito del procedimento penale n. <...> R.G.N.R. e n. <...> R.G.Trib., con
la quale il sig. Tizio è stato dichiarato responsabile, del reato di cui all'art. 628, commi
1 c.p. e, per l'effetto, condannato alla pena di 7 anni e 6 mesi di reclusione ed euro
2.000,00 di multa, per i seguenti
Motivi
1. Il giudice non avrebbe dovuto ritenere sussistente l’aggravante di cui all’art.
628, comma 3, n. 1 c.p. e pertanto avrebbe dovuto riqualificare il fatto ai sensi del
comma 1 dell’art. 628 c.p..
Il giudice, nell’ambito del proprio provvedimento, ha, condannato Tizio e Caio per il
delitto di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628, comma 3, n. 1 c.p., avendo ritenuto
erroneamente sussistente l’aggravante speciale delle “più persone riunite”.
Invero, dalla ricostruzione dei fatti di causa è emerso che, mentre Caio entrava
nell’auto di Sempronio e, dopo averlo colpito al viso con diversi pugni, si impossessava
della sua valigetta, Tizio, faceva da palo all’angolo della strada, fuggendo poi,
successivamente alla rapina, insieme a Caio.
L’errore del giudicante riguarda proprio la ritenuta applicazione, al caso di specie, della
fattispecie circostanziale sopra indicata.
Invero, come stabilito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, “in tema di
rapina, la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la
simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di
realizzazione della violenza o della minaccia, a nulla rilevando che la persona offesa
non abbia percepito la presenza anche di un secondo soggetto” (Cass. pen. Sez. II,
19/11/2014, n. 50696).
È evidente che la circostanza aggravante di che trattasi non possa sovrapporsi o
identificarsi con il diverso istituto del concorso di più persone nel reato, richiedendosi,
invero, un elemento ulteriore, che secondo la Corte di Cassazione è proprio
rappresentato dalla “riunione”, intesa in senso letterale, di più persone, nel luogo in cui
si realizza la violenza o la minaccia.
Secondo quanto emerso, invece, Caio e Tizio avrebbero concorso, ai sensi dell’art. 110
c.p., nel reato di rapina, l’uno in qualità di esecutore materiale e l’altro facendo da
“palo”, così agevolando con la propria condotta la riuscita del proposito criminoso di
entrambi.
Il concorso di persone nel reato, invero, richiede per la sua configurabilità, la pluralità
di soggetti, la partecipazione di ciascun concorrente nella determinazione dell’evento
e l’elemento soggettivo che si sostanzia non solo nella consapevolezza di porre in
essere un fatto illecito, ma anche di compierlo insieme ad altri soggetti.
Tali elementi sono certamente presenti nell’ambito della condotta posta in essere da
Tizio, il quale ha sicuramente, attraverso un accordo finalizzato alla commissione della
rapina nei confronti di Sempronio, concorso nella condotta materiale realizzata da
Caio.
Per tali motivi, dunque, è all’evidenza di come se, da un lato, possa ritenersi
configurato l’istituto del concorso di persone, dall’altro, debba, invece, escludersi il
riconoscimento della circostanza aggravante delle più persone riunite, non
riscontrandosi, alla stregua delle risultanze processuali, nella condotta posta in essere
dall'imputato Tizio e dal correo Caio, il requisito oggettivo-materiale richiesto dalla
consolidata giurisprudenza di legittimità.
2. Il giudice avrebbe dovuto applicare l’attenuante del contributo di minima
importanza di cui all’art. 114 c.p..
Sulla scorta di quanto emerso dagli atti di causa, deve poi evidenziarsi come la condotta
posta in essere da Tizio debba, in effetti, considerarsi di minima importanza. Lo stesso,
infatti, si sarebbe limitato a stare a distanza e dare un contributo assolutamente
marginale nella esecuzione della rapina nei confronti di Sempronio.
Non possono, infatti, non evidenziarsi alcune circostanze fattuali come il travisamento
di Caio e la fuga a piedi di Tizio appresso a Caio.
Caio avrebbe, infatti, ben potuto portare a termine il proprio proposito criminoso a
prescindere dall’opera prestata da Tizio.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, esclude l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., solo
quando il contributo del soggetto che abbia svolto il ruolo di “palo”, abbia, comunque,
agevolato in qualche modo la condotta di altro o altri soggetti concorrenti, ad esempio,
guidando un’auto per consentire la fuga dei correi.
Nel caso di specie, invece, si può ritenere che la condotta di Tizio abbia inciso sul
risultato finale dell'impresa criminosa in maniera del tutto marginale, o quasi nulla, tale
da poter essere addirittura avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie
causale produttiva dell'evento, così come previsto dalla giurisprudenza della suprema
Corte (Cassazione penale, sez. V, 13 aprile 2004, n. 21082).
L’essere fuggito insieme a Caio, successivamente al compimento della rapina, non
pone certo la condotta di Tizio nell’alveo di quelle condotte agevolatrici che la
giurisprudenza ritiene possano contribuire alla realizzazione dell’evento.
Pertanto, il giudice, ritenuta la sussistenza dell’attenuante del contributo di minima
importanza di Tizio, avrebbe dovuto diminuire la pena prevista per il reato contestato
e ritenuto in sentenza.
3. Il giudice, ritenuta l’insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3
n. 1 c.p., avrebbe dovuto rideterminare la pena base e applicare solo un aumento
per la recidiva prevista dall’art. 99, comma 4 c.p..
Invero, il giudice avrebbe dovuto applicare a Tizio, partendo dalla pena base di anni 3
di reclusione ed euro 516 di multa prevista per il delitto di cui all’art. 628 comma 1,
c.p., una pena finale di anni 5 di reclusione ed euro 1204 di multa.
Infatti, ritenuta unicamene la sussistenza della aggravante della recidiva reiterata
specifica infraquinquennale di cui all’art. 99, comma 4 c.p., avrebbe dovuto operare un
unico aumento della pena base pari a 2/3.
4. Il giudice, ritenuta provata la personale responsabilità per il delitto di rapina
aggravata ai sensi dell’art. 628 comma 3 c.p., ha comunque errato nella
determinazione dell’aumento previsto per la recidiva, ai sensi dell’art. 99, comma
4 e 5, c.p..
Il giudice, invero, ha condannato Tizio alla pena finale di anni 7 e mesi 6 di reclusione
ed euro 2000 di multa.
Ha peraltro riconosciuto nei confronti dell’imputato Tizio l’aggravante ad effetto
speciale di cui all’art. 99, comma 4 c.p..
E’ evidente che, stando al calcolo operato dallo stesso per raggiungere tale pena finale,
ha praticato un aumento di pena previsto per la fattispecie più grave (la rapina
aggravata) di oltre un terzo, secondo quanto stabilito dall’art. 99, comma 5 c.p. per i
casi di recidiva reiterata quando il delitto commesso sia uno tra quelli previsti dall’art.
407 comma 2 lett. a) c.p.p. (norma che ricomprende, per l’appunto, tra gli altri, anche
la ipotesi di rapina aggravata di cui all’art. 628, comma 3 c.p.)
Tuttavia, la Corte di Cassazione, nel massimo Collegio, ha recentemente stabilito che
la recidiva, allorché comporta un aumento di pena superiore ad un terzo, è circostanza
ad effetto speciale, come tale soggetta, in caso di concorso con altre circostanze ad
effetto speciale, alla disciplina di cui all’art. 63, co. 4 c.p. (Cass., Sez. un., 24.2.2011,
n. 20798).
Ciò significa che, la recidiva, allorchè comporta un aumento di pena superiore ad un
terzo, e quindi anche nel caso di cui al comma 5, concorre con le altre circostanze
aggravanti ad effetto speciale. Pertanto, si applica solo l’aumento di pena previsto per
la circostanza più grave, e laddove il giudice operi un ulteriore aumento di pena, lo
stesso non può superare la misura massima di un terzo.
Ebbene, operando un calcolo matematico, sulla scorta del principio testè richiamato, il
giudice avrebbe dovuto, partendo dalla pena base di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed
euro 1200 di multa praticare un aumento massimo di un terzo, arrivando così alla pena
finale di anni 6 di reclusione ed euro 1800 di multa.
Pertanto, ove si ritenga acclarata la responsabilità penale per il reato di rapina
aggravata, la pena andrà comunque rideterminata secondo quanto sopra.
Per questi motivi , il sottoscritto difensore
Chiede
che l'Ecc.ma Corte d'Appello di <...> Voglia, in riforma della sentenza impugnata
In via principale
escludere la circostanza aggravante delle più persone riunite, in tal guisa pervenendo a
una riduzione della pena irrogata;
In via subordinata
concedere, l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., riducendo, altresì, la pena;
ed ancora, in subordine, ove si ritenga provata la personale responsabilità di Tizio,
rideterminare la pena irrogata secondo i principi di diritto richiamati.
Luogo e data <...>
Avv. <...>
A cura dell’Avv. Laura Piras