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Le prospettive di crescita offerte dal mercato cinese sono troppo importanti perché
un’azienda del calibro di Facebook possa ignorarle ancora a lungo. La presenza in Cina,
però, implica l’accettazione delle imposizioni sul filtraggio e sulla censura dei contenuti del
governo di Pechino. Lo sanno bene Google, LinkedIn e le altre internet company americane
che operano regolarmente nella Repubblica Popolare e hanno accettato, più o meno di buon
grado, le direttive del ministero di Pubblica sicurezza. Un passaggio obbligato che anche il
social network di Mark Zuckerberg sembra ora pronto ad accettare.
A Menlo Park, secondo le rivelazioni del New York Times, è in corso di sviluppo uno
strumento software pensato appositamente per la Cina che permetterà di limitare la
visibilità dei contenuti in una specifica area geografica. Lo hanno reso noto tre dipendenti e
ex-dipendenti dell’azienda che hanno parlato con i giornalisti sotto stretto anonimato.
Per Facebook non sarebbe la prima volta. Il social network, nonostante numerose prese di
posizione pubbliche sulla difesa della libertà di parola, in passato ha già rimosso post e
pagine per rispettare le leggi illiberali di alcuni paesi in cui opera.
E’ anche per questo, ad esempio, che le autorità tedesche stanno imbastendo una crociata
anti-razzista contro l’azienda californiana, sfociata di recente in un’indagine della procura di
Monaco a carico di Zuckerberg e altri top manager europei. I vertici del Bundestag non si
capacitano di come Menlo Park possa accettare le richieste liberticide del Pakistan, della
Russia o della Turchia e allo stesso tempo decidere scientemente di limitare il proprio
impegno nel filtraggio di contenuti razzisti e xenofobi in Europa.
Il nuovo “tool” in corso di sviluppo per il mercato cinese funzionerà diversamente dalle
normali censure ex post: non serve a rimuovere i post già pubblicati, ma semplicemente li
nasconde in un’area specifica, in modo che alcuni contenuti non compaiano nella Sezione
Notizie degli utenti di una specifica nazione, pur rimanendo disponibili per chi accede a
Facebook da altre parti del globo.
Non sarà Facebook a sporcarsi le mani in prima persona con questo tipo di filtraggio, ma un
soggetto terzo – probabilmente una controllata o un’azienda partner locale – che potrà
monitorare le notizie più condivise e decidere quali far sparire silenziosamente dal flusso, in
ottemperanza alle direttive del regime.
“Diciamo da molto tempo che a Facebook interessa la Cina, e stiamo impiegando il tempo
necessario a capire e imparare più cose sul paese”, ha spiegato una portavoce dell’azienda,
specificando tuttavia che una riattivazione del servizio sul mercato cinese non rientra nei
piani a breve termine del social network.
Facebook non opera più in Cina dal 2009, quando
fu definitivamente bloccato in seguito alle sanguinose rivolte di Ürümqi, capitale dello
Xinjang. Gli indipendentisti della regione utilizzavano Facebook per comunicare e
organizzare le proteste.
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