Piazza Affari, istituzionali più «presenti

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Piazza Affari, istituzionali più «presenti»
–Antonio Criscione
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| Venerdí 02 Dicembre 2016
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rove di dialogo tra investitori e società quotate. Ieri all’Italy
Corporate Governance Conference 2016, organizzata da
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Assonime ed Assogestioni, in collaborazione con l’Ocse,
uno dei temi trattati è stato proprio quello dell’applicazione
dei principi di stewardship (ovvero le modalità di partecipazione degli
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investitori istituzionali alla vita delle società in cui investono). E dopo
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il “chiarimento” intervenuto sul punto quest’estate, con la revisione
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del codice da parte di Assogestioni, il clima registrato ieri era
decisamente molto disteso.
Al confronto tra società e investitori istituzionali è stato dedicato uno
dei momenti della prima giornata della Conference, con una tavola
rotonda coordinata da Stefano Micossi, direttore generale di
Assonime, e a cui hanno partecipato, tra gli altri, Andrea Ghidoni,
presidente del Comitato per la corporate governance di Assogestioni e
Maria Patrizia Greco, presidente di Enel. Ghidoni ha sottolineato che
ormai sono già più di 130 i consiglieri nominati dagli investitori
istituzionali nelle società quotate italiane e che quando un fondo
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entra in una società è perché ci crede, non per assumerne il controllo,
perché i fondatori. Greco ha ricordato l’esigenza che gli investitori
istituzionali nel loro dialogo con la società individuino i giusti
interlocutori, quali l’amministratore delegato e il direttore finanziario.
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La ricerca degli interlocutori appropriati per gli investitori sul quale
quest’estate c’era stata un’intesa, con una revisione del codice di
stewardship. Un passaggio che appunto ha reso più disteso il clima(si
veda Il Sole 24 Ore dello scorso 21 luglio) e che viene ritenuto un
passaggio fondamentale per rendere più intenso l’engagement degli
investitori. I quali, proprio con l’elezione di parte degli amministratori
danno prova anche di un impegno nelle società di lungo termine.
La Conference 2016 è il secondo appuntamento organizzato dalle due
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associazioni italiane che raggruppano imprese ed investitori.
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L’apertura dei lavori è stata affidata a Gabriele Galateri di Genola,
presidente del comitato italiano per la corporate governance (oltre che
di Generali), secondo il quale: «La corporate governance è un
elemento chiave per ristabilire la fiducia nei mercati dei capitali, ma
anche per colmare il gap tra flusso in aumento dei risparmi e il
crescente bisogno di investimenti necessari per sostenere la crescita».
Ed ha sottolineato la necessità di calibrare le regole per le growth
companies, in modo che ne siano rispettate le caratteristiche,
restando capaci di dare fiducia al mondo degli investimenti». Anche il
messaggio inviato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella,
sottolineava: «Un ruolo attivo degli investitori istituzionali, nel
rispetto delle migliori pratiche, può, infatti, definire orizzonti di
progresso collettivo e a migliorare il governo societario delle imprese
in cui investono».
Ma la giornata di ieri ha registrato anche l’effervescenza recente su un
tema che sembrava ormai viaggiare su binari piuttosto tranquilli,
nonostante le polemiche sui casi singoli che si registrano a scadenze
regolari. Ovvero la remunerazione dei manager. Guido Ferrarini,
dell’Università di Genova, ha spiegato: «Due governi conservatori
stanno andando in direzioni diametralmente opposte. Mentre negli
Usa l’amministrazione Trump annuncia una deregolamentazione, in
Inghilterra, Teresa May ha annunciato una stretta molto decisa, con
un voto vincolante degli azionisti sulle politiche di remunerazione.
Anche se poi con un successivo green paper sembra aver attutito la
presa di posizione iniziale». Anche in Francia è stato introdotto un
voto vincolante sulla parte variabile della remunerazione. Una
soluzione “mediana”. Tanto che Ferrandini si è chiesto a questo
punto che fine farà la direttiva europea sui diritti degli azionisti, di cui
si sente parlare sempre meno e che prevede un voto vincolante solo
sulla policy, restando “indietro” rispetto alle scelte che si vanno
facendo nei singoli paesi.
Sul tema delle remunerazioni interviene anche la relazione annuale
di Assonime ed Emittenti titoli sull’attuazione del codice di
autoregolamentazione in materia di Corporate governance in Italia,
edizione 2016, anticipata sul Sole 24 Ore di ieri (si veda anche la
tabella qui accanto). L’autoregolamentazione, ha spiegato Galateri,
«ha fornito uno strumento dinamico per identificare le migliori
pratiche ed aggiornarle alle nuove sfide e opportunità indotte
dall’evoluzione dei mercati dei capitali e dalle pratiche societarie».
Un dato curioso che emerge dalla relazione è la situazione dei sindaci.
Mentre quella degli amministratori delegati quest’anno registra una
crescita, in media nelle società di qualsiasi dimensione, per i sindaci,
nonostante l’impegno e le responsabilità, la remunerazione
diminuisce costantemente. Essi percepiscono infatti in media 47mila
euro l’anno, con una discesa di 7mila euro nell’ultimo quadriennio.
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Data pubblicazione: 02/12/2016