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giovedì 24 novembre 2016, 15:30
Guerra al terrorismo
Il ritorno di al-Qaida nel terrorismo internazionale?
ISIS si ritira, ma chi riempie il vuoto lasciato?
di Redazione Documents / N.D.D.
L'Isis si ritira dal campo, assediato e teoricamente distrutto, e perde il suo prestigio ideologico. Quest’ultimo,
specialmente, è il dato più pericoloso, visto il frammentarsi della sua base. La regressione dello ‘Stato Islamico’ in questo
campo è chiara: è stato attaccato nel suo centro in Iraq e Siria, sono state minate le reti di comunicazione internazionale su
cui faceva affidamento per attrarre combattenti stranieri, capitali e risorse finanziari. È stato sconfitto anche un gran numero
di leader dell’organizzazione. Tuttavia l’ISIS è ancora vivo, e seguito da cellule e gruppi presenti in 25 Paesi (24 dei quali
considerati suoi ‘vassalli’), anche se in declino - stando al report del Global Terrorism Index, che, pubblicato mercoledì
scorso, indicava un calo delle vittime del terrorismo del 10% nell'ultimo anno. La fine dello Stato Islamico non è
imminente, nonostante lo sia la liberazione della città di Mosul. Malgrado le sconfitte in Libia e Iraq, la probabile disfatta
dell’assedio della sua capitale al-Raqqa - prossimo bersaglio della guerra mondiale contro il Califfato - la possibilità di
una rinascita è ancora presente. Le probabilità del suo rinnovo e condizionamento con le nuove crisi stanno ancora lì,
nonostante tutto. Dabiq cadde il 17 ottobre di quest’anno nelle mani dell’opposizione siriana nell’operazione ‘Scudo
sull’Eufrate’ dopo poche ore di battaglia. Questa sconfitta ha privato l’ISIS di enorme credibilità e legittimità, nonostante i
leader del movimento abbiano provato a minimizzare l’accaduto. La dissoluzione dell’ISIS, possibile ma non probabile,
potrebbe in ogni caso rivelarsi un’opportunità per il risorgere di al-Qaida. L’organismo di cui si parla non conosce
autocritica né tolleranza, e nemmeno il concetto di ‘scusarsi’ è presente nell’ottica jihadista, i cui seguaci, all’occorrenza,
finirebbero col radunarsi attorno alla figura di al-Dawahiri, meno carismatico successore di Osama Bin Laden - fondatore
di al-Qaida. Alcuni report occidentali hanno posto nelle ultime settimane la questione del ritorno di al-Qaida in
caso del scioglimento dell'Isis. Tra questi figurano il report settimanale del centro studi americano 'Stratfor' pubblicato
il 3 novembre, e quello di Samuel Mariro, responsabile esecutivo del Centro del Vicino Oriente e del Sud d'Asia per gli Studi
Strategici, parte del Ministero della difesa americano, ad agosto scorso. Le previsioni dei due report concordano riferendosi a
quanto accaduto in Medioriente: La forza dell'Isis è stata corrosa grazie alle cruente campagne militari, ed il numero dei suoi
soldati è sotto le 20mila unità, in seguito all’eliminazione di almeno 45 mila combattenti fino all’agosto scorso. La tesi si
basa su 7 assunti. 1) Al-Qaida è più prudente. Secondo il report di 'Stratfor ' del 3 novembre in corso, la perdita
imminente della città di Mosul, nucleo dell'Isis, condurrà a un aumento dell’importanza di al-Qaida. Molto
del prestigio dello Stato Islamico stava nell’uso di profezie religiose che sembravano avverarsi man mano che le vittorie
aumentavano. Questo ha permesso, insieme alla promessa di creare uno stato islamista canonico, di reclutare un
grandissimo numero di fedeli-soldati. Dal momento in cui, però, le vittorie sono venute a mancare, la ‘profezia’ ha perso il
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/il-ritorno-di-al-qaida-nellterrorismo-internazionale/
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suo effetto ipnotico e si è trasformata in motivo di delegittimazione per l’ISIS. Questa caduta fornisce una nuova
opportunità ad al-Qaida. 2) La permanenza dell'Isis in maniera diversa. Il report ribadisce che lo Stato Islamico
non si scioglierà completamente ma costituirà comunque un pericolo, e occuperà una parte dello scenario radicale
internazionale, senza però una solida leadership, processo già osservato con la sua costituzione e il suo adattamento allo
scacchiere internazionale nel 2008. 3) L'Isis si ritira laddove al-Qaida avanza. I due report sostengono che i gruppi
seguaci dell'Isis abbiano iniziato a ritirarsi laddove sopravanza il potere di al-Qaida. Casi simbolici sono quelli
dell’Afghanistan e del Pakistan dove sono localizzate le aree centrali della leadership di al-Qaida. 4) La natura di al-Qaida
è più elastica. Secondo il report di Mariro, Al-Qaida è più elastica dell'Isis, il che la rende in grado di sopravvivere e
adattarsi alle diverse società e ai diversi Paesi, di cui ha maggiore conoscenza. In questo ha potuto continuare a esistere
anche dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001, così come ha avuto la capacità di coordinarsi con gli altri gruppi radicali
in Afghanistan come ad esempio i Talebani, contrariamente alla condotta 'radicale' dell’Isis. 5) L'appoggio all'Isis. Mariro
ritiene anche che l’Isis non abbia previsto il supporto di ‘Boko Haram’, ‘Il movimento dei giovani somali’, e di tutta la rete
Daesh che potrebbe venire a mancare in seguito alla scarsità dei finanziamenti e degli aiuti che lo Stato Islamico investe per
‘comprare il sostegno’. I due report americani indicano inoltre la separazione del “fronte al-Nusra” da al-Qaida come
una prova importante dell’elasticità di quest’ultima organizzazione in confronto alla rigidità dell’Isis. 6)
L'esperienza di al-Qaida nel comprendere le società e gli abitanti locali. Il fatto che al-Qaida fosse più razionale
e capace dell'Isis era chiaro anche dal suo approccio con gli altri gruppi armati e non, soprattutto con le forze
dell'opposizione in Siria. L'esperienza di al-Qaida nel comportarsi con gli abitanti locali è migliore. La leadership
centrale, per esempio, aveva criticato la filiale irachena, guidata da Abu Mosaab al-Zarqkaoui, per aver preso di mira i
santuari sciiti e aver assassinato persone per l'identità settaria o altro. Ciò riflette inoltre la capacità di al-Qaida di
comprendere le società e gli abitanti locali. 7)Il ritorno della priorità di combattere il nemico lontano. La
concentrazione di al-Zarkawi e il suo successore al-Baghdadi sulla concezione di un vero e proprio ‘Stato’ e sulla
fondazione del ‘Califfato’ è in aperta controtendenza con l’approccio di al-Qaida, che intende ‘globalizzare la jihad’
per sconfiggere i nemici più remoti prima di concentrarsi sulle questioni interne del Mondo Islamico. Nonostante le
solide basi su cui regge l’ipotesi del rafforzamento di al-Qaida a discapito dell’Isis, è difficile accettarla questa possibilità
come vera o probabile. La perdita di Bin Laden e del suo carisma, di importanti centri di potere e leader tra il 2008 e il 2011,
sono stati colpi il cui peso si fa ancora sentire. Inoltre l’allergia di tutti questi gruppi per la ‘moderazione’ fa si che scissioni,
divisioni ed esagerazione ne minino la stabilità. La lezione di questi anni e dell’Isis, tuttavia, ha insegnato molto a chi, come i
Talebani in Afghanistan, al-Qaida e il Daesh, sogna - in un modo o nell’altro - di fondare un emirato o uno stato teocratico.
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