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Referendum e riforma costituzionale: le ragioni del SI | 1
venerdì 25 novembre 2016, 18:30
4 dicembre 2016
Referendum e riforma costituzionale: le ragioni del SI
Intervista a Carlo Fusaro, professore di Diritto elettorale, favorevole al Si
di Camilla Doninelli
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la
riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL
e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
88 del 15 aprile 2016?». Questo sarà il quesito che gli italiani, il prossimo 4 Dicembre, si troveranno di fronte sulla scheda
elettorale. Da mesi la lotta è serrata tra i sostenitori pro e contro la revisione della nostra Carta costituzionale,
anche i toni non sono da meno. Il Premier, Matteo Renzi, infatti, ha assicurato che «negli ultimi 7 giorni di campagna
elettorale è interesse abbassare totalmente i toni dello scontro. E' giusto ma abbiamo anche tutto da guadagnarci». Ha poi
aggiunto che «l’Italia ha affrontato un periodo di riforme strutturali di cui per decenni si è soltanto discusso, mentre oggi o
sono realizzate o sono alla libera scelta dei cittadini. In ogni caso la scelta delle priorità per le riforme istituzionali e
strutturali era obbligata e coerente con il dibattito degli ultimi trent’anni». Mancano solo otto giorni e siamo nel periodo che
è definito silenzio elettorale. Quasi il 15% della popolazione ha dei dubbi. A contribuire all’indecisione di una larga fetta
di persone è stata la personalizzazione dello scontro. Ne abbiamo parlato con Carlo Fusaro, professore di Diritto elettorale
e parlamentare all’Università di Firenze e tra i costituzionalisti che hanno aderito al Comitato del SI.
Per punti, quali sono le ragioni fondamentali del Si?
La riforma rimuove ostacoli al buon funzionamento delle istituzioni politiche (bicameralismo paritario), cerca una via per
affrontare la questione delle competenze legislative stato-regioni, semplifica l’ordinamento eliminando dalla Costituzione
province e Cnel, riduce di un terzo la classe politica nazionale.
Come rispondete all’obiezione del così detto ‘combinato disposto’ riforma costituzionale-legge elettorale?
E’ un merito delle due riforme di essere state concepite in parallelo. Tuttavia la riforma costituzionale non solo è
giuridicamente distinta da quella elettorale ma di essa vi è necessità comunque. Inoltre proprio se si cambiasse la legge
elettorale, ritornando indietro rispetto all’idea dell’esito determinato direttamente dagli elettori, ve ne sarebbe ulteriore
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/referendum-e-riforma-costituzionale-le-ragioni-del-si/
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necessità (perché la composizione e la stabilità della maggioranza sarebbero più difficili).
Tramite l’approvazione della Riforma costituzionale, come si tagliano i costi della politica (stimati intorno ai
500 milioni di euro all’anno)?
Il Comitato del No sostiene che questo non avverrà. Come risponde? E’ una disputa ridicola. A ben vedere han ragione sia gli
uni sia gli altri: dipende se ci calcolano i risparmi nell’immediato oppure a regime. Nell’immediato saranno intorno a 100
milioni, a regime intorno a 500. Calcoli comunque difficili.
E’ legittima questa Riforma?
La domanda non mi è chiara. Diciamo che la riforma è del tutto legittima dal punto di vista giuridico; dal punto di vista
politico o della legittimazione il discorso può essere diverse e le opinioni possono divergere.
I sostenitori del No affermano che il vero obiettivo della riforma è lo spostamento dell’asse istituzionale a
favore dell’Esecutivo, perché?
Va chiesto a loro. Immagino perché – pur non toccando la forma di governo – il governo si rafforza indirettamente attraverso
la rimozione di due ostacoli alla governabilità che sono un’esclusività italiana: doppia fiducia da due camera diverse, camera
politica (o bassa) che non prevale nel processo legislative sull’altra camera (alta).
Tra Senato e Camera che succede?
Succede che la Camera assume una posizione di netta preminenza anche se per alcune leggi (il 3-5%) il procedimento resta
bicamerale. E dunque governo e maggioranza dovranno negoziare con le rappresentanze territoriali nel Senato.
Il Comitato del No sostiene che con questa Riforma si accentua la conflittualità tra le competenze Stato e
Regioni, perché?
Non riesco a capirlo in effetti. Naturalmente può restare il dubbio su come la riforma funzionerà a regime: ma I presupposti
giuridici per meno conflittualità ci sono tutti.
Perché si sostiene che gli italiani all’estero possono decidere le sorti dell’esito referendario? Sulla base di
quali tecnicismi? Veramente potrebbe essere un voto ‘pilotato’?
Che possano decidere le sorti del referendum è ovvio: se no che li chiamiamo a votare a fare? La demonizzazione del voto
degli italiani all’estero è stato il punto più basso dell’intera campagna elettorale. Una vera ingiustizia. Come se si dicesse che
siccome in alcuni casi in alcune elezioni in una regione o nell’altra, I voti dei cittadini di quella regione non dovrebbero
contare. Aggiungo che I limitati casi di pasticcio col voto per corrispondenza si sono avuti fin qui solo alle elezioni politiche.
Qui non si elegge nessuno e per i referendum pasticcio non ce ne sono mai stati. Suggerisco di porre la domanda agli
800.000 italiani di Germania o ai 600.000 residenti in Svizzera.
Per quanto riguarda i cambiamenti previsti per gli strumenti di Democrazia diretta (come l'innalzamento a
150mila firme per le proposte di iniziativa popolare), quali sono i motivi del Si?
La domanda è mal posta. Gli istituti di democrazia diretta vengono modificati in tre punti: iniziativa legislative (firme alzate e
al tempo stesso garanzia che il Parlamento si pronunci), nuovi referendum propositivi e di indirizzo (definizione puntuale
rimandata a legislazione successive), variante del referendum abrogativo con quorum abbassato in caso di raccolta di 800
invece di 500.000 firme. Le ragione per alzare le firme sono due: a) tener conto del quasi raddoppio degli elettori rispetto al
1948; b) opportunità di limitare le iniziative a quelle che abbiano una base seria stante che con l’obbligo per il Parlamento di
occuparsene occorre evitare che una molteplicità di iniziative (comunque di minoranza) esproprino le Camere della loro
agenda.
Se il Referendum non passa, buttiamo nel cestino questa riforma. E poi? Che si fa? Lei crede davvero che in
pochi mesi, diciamo un anno, si riesca a partorirne una condivisa?
Beh, dopo 35 anni di sforzi e dopo aver constatato che ad ogni fallimento segue un decennio prima che credibili iniziative
riprendano, credo che sia ben poco credibile parlare di varo rapido di una riforma più condivisa. Chi ci vuol credere ci creda.
Io certo no: sulla base dell’esperienza.
C’è qualche elemento di criticità in questa Riforma: ci può elencare quali sono?
Di questa riforma non mi piacciono alcuni aspetti che reputo marginali: i cinque senatori di nomina presidenziale,
l’innalzamento del quorum per eleggere il presidente della Repubblica, il concorso degli elettori in forme da precisare
all’elezione dei senatori (avrei preferito un’elezione tutta di secondo grado).
di Camilla Doninelli
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