Moldova: vincono i filorussi con Dodon

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venerdì 18 novembre 2016, 17:00
Moldova: vincono i filorussi con Dodon
Vittoria che manifesta una netta diminuzione di interesse a coltivare i rapporti del Paese con l'UE
di Davide Zaffi
Quando nel 1944 l’Unione sovietica si annesse la parte orientale della Romania, ovvero la Bessarabia, operò su quel
territorio una sapiente operazione chirurgica: gli sottrasse la parte meridionale, con la lunga costa sul Mar Nero, e ne
fece dono alla vicina Repubblica Ucraina. In compenso, gli unì una porzione di territorio pianeggiante, con popolazione a
maggioranza slava, verso la più settentrionale Podolia e ad est del fiume Dniepr. Così, in luogo di una regione compatta,
cresciuta storicamente, ci si ritrovò con un capriccio geografico ed etnografico. Ma era appunto quel che Iosif Stalin
voleva: comunità sradicate e disomogenee sono più facilmente manipolabili. Gli effetti di quella lobotomia
staliniana sul corpo della Bessarabia, di cui l’erede politico è la Repubblica Moldova, si fanno sentire anche oggi. Già al
momento del crollo dell’Unione sovietica, nel 1991, era diffusa l’idea che la Moldova sarebbe tornata a far parte
della Romania, ma non era chiaro che sarebbe avvenuto del territorio al di là del Dniestr, cioè della Transnistria, che il
diritto internazionale riconosceva a quel punto a pieno titolo come moldavo, e i cui abitanti non intendevano a nessun prezzo
accettare l’unione con la Romania e nemmeno imparare un’altra lingua oltre al russo (il moldavo, lingue neolatina, è
pressoché identico al rumeno). Molti altri elementi concorrono a spiegare come mai la Moldova sia oggi uno stato
moralmente inesistente, ma non è forse sbagliato ritenere che anche questi (corruzione, bassa produttività del lavoro,
instabilità politica) siano legati in maggiore o minor misura alla spaccatura esistente fra la vecchia Moldova storica e la
nuova Moldova imposta da Mosca, che paralizza di fatto la vita pubblica e impedisce ai cittadini di identificarsi con
lo Stato, facendo drammaticamente mancare ogni solidarietà collettiva. E’ su questo complicato sfondo che va inteso
l’esito delle elezioni presidenziali moldave di domenica scorsa, che hanno visto prevalere il candidato
socialista Igor Dodon sulla candidata indipendente Maria Sandu, sostenuta da una coalizione di destra. Dodon, oltre
a quello moldavo, ha il passaporto russo; la Sandu, oltre a quello moldavo, ha il passaporto rumeno. Dodon, che ha un
curriculum di apparatchik di partito, ha fatto una campagna elettorale totalmente orientata su Mosca e ha parlato
degli interessi moldavi solo in quanto si identificano con gli interessi russi. La Sandu, che ha più esperienza
internazionale ed ha fatto stages alla World Bank di Washington, ha usato un linguaggio meno primitivo ed aggressivo di
Dodon ma non ha lasciato dubbi sul fatto che neppur lei ritiene la Moldova uno stato capace di avere un futuro
indipendente e che perciò occorre appoggiarsi su Bucarest. Diverso è stato però il sostegno che i due hanno ricevuto
dai rispettivi padrini politici. Mosca non ha lasciato dubbi sul fatto che Dodon fosse il suo candidato, verosimilmente
favorendolo anche in termini di finanziamento della ricca campagna elettorale, che è parsa fuori dalle possibilità sue e del
suo partito. L’Unione europea e la stessa Romania, invece, hanno manifestato appoggio alla Sandu, ma senza
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/moldova-vincono-i-filorussi-con-dodon/
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molto calore, come se fosse un compito da svolgere, un dovere poco sentito. E questo non certo a causa della
candidata, che anzi rappresentava una novità senza macchia nel panorama politico moldavo. Il fatto è che l’Unione
europea non si sente più in grado di disegni politici generosi e di ampio respiro. Avere in Moldova una
Presidente che avrebbe certamente chiesto all’Unione più impegno, più presenza e più finanziamenti in un’area
che avrebbe aggiunto altra conflittualità nel rapporto con la Russia, non era una prospettiva che entusiasmava
i vertici di Bruxelles. Per la Romania la freddezza verso la Sandu, aveva ragioni più materiali. Al di là di certa fraseologia
unionista poco impegnativa, ai rumeni è noto che la Moldova si dibatte in difficoltà finanziarie assai maggiori di quelle del
loro Paese. L’unione dei due stati rumeni (lasciando per un attimo da parte l’irrisolta questione della Transnistria)
comporterebbe sacrifici economici non piccoli che, come sempre e dovunque succede in questi casi, andrebbero a
pesare soprattutto sulle classi più deboli e svantaggiate. E dunque, in previsione di queste difficoltà, il Presidente
Klaus Iohannis e in genere i dirigenti rumeni hanno preferito invocare il rispetto della sovranità del vicino orientale e hanno
fatto poco o nulla per sostenere concretamente la Sandu. Nessun effetto possono avere ora le denunce che la Sandu e i suoi
collaboratori avanzano sulla regolarità delle elezioni di domenica. Osservatori esteri imparziali hanno riconosciuto la
sostanziale correttezza di quanto avvenuto. I disagi in alcuni seggi per i moldavi all’estero, dove, pare, non sono
arrivate schede in numero sufficiente, rappresentano quasi inevitabili nei (non tutti i moldavi all’estero sono regolarmente
registrati) che non hanno influito sull’esito della consultazione, che è piuttosto netto: Dodon ha vinto infatti con oltre il 52%
dei suffragi. Comunque lo si voglia valutare nel merito, il voto di domenica ha almeno il merito di aver fatto chiarezza,
e ciò resta vero anche se, formalmente, il Presidente in Moldova ha poteri più limitati rispetto ad altre Repubbliche
presidenziali e nell’attuale Parlamento di Chişinău, il Partito socialista non ha la maggioranza. Con la vittoria di Dodon,
tuttavia, la Moldova manifesta una netta diminuzione di interesse a coltivare i suoi rapporti con l’Unione europea
sul piano politico, militare, economico, e culturale. Non si arriverà forse alla denuncia dell’Accordo di partenariato e libero
scambio sottoscritto appena due anni fa, ma si cercherà di ridurre i suoi effetti al minimo. E’ del resto dubbio se la
liberalizzazione in alcuni settori commerciali con l’UE abbia davvero beneficiato i moldavi. Oltre a ciò, l’agenda russa per il
Mar Nero riceve un appoggio politico che va oltre il modesto peso internazionale della Moldova. Dodon ha dichiarato di
voler riconoscere l’annessione russa della Crimea, poco temendo, evidentemente, eventuali ritorsioni da parte della
vicina Ucraina, e di cercare un compromesso con la Transnistria secondo le linee del piano avanzato dal Governo di Mosca
fin dal 2003, in base al quale alla regione transnistriana, che anche oggi come nel 1944 è una creatura russa, viene
riconosciuto il diritto di veto sulla politica estera dell’intero Paese, e quindi di determinarla. Si configura insomma una
situazione netta, dopo decenni di incertezze e oscillazioni. Fatta eccezione per la minoranza che ha votato la Sandu,
nessuno in Moldova e, soprattutto, fuori della Moldova sembra rammaricarsene oltre misura.
di Davide Zaffi
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