PDF Button - net:politics

Download Report

Transcript PDF Button - net:politics

2 SHARES ShareTweet Un rubinetto, dal quale esce un getto di lavoratori autonomi (dagli autisti agli addetti alle pulizie) e di liberi professionisti. Gli esperti la chiamano “on demand economy“.

Potremmo definirlo “lavoro alla spina”, parafrasando la celebre copertina con cui l’Economist inaugurò il 2015. Gli esempi più recenti, anche per il clamore mediatico suscitato, sono almeno due: 1.

2.

I fattorini di Foodora (con la bicicletta di proprietà) pagati a consegna e non più all’ora.

E gli autisti di Uber (con l’auto di proprietà) appena reduci, a Londra, da una storica sentenza che li definisce dipendenti e non più autonomi.

La rappresentazione plastica del boom dell’economia dei servizi (di qualunque servizio, ormai intermediato da piattaforme web) è il coworking. Spazi di lavoro condiviso. In cui i prestatori di servizi (spesso per più committenti) lavorano gomito a gomito, disponibili su chiamata, a prestare la loro opera per fare ciò che serve, quando serve e finchè c’è bisogno.

Talent Garden, a suo modo, è il campione della “on demand economy“. E’ ormai più di una startup. E’ italiana.

Ha aperto coworking ovunque: da Barcellona a Tirana fino a Kaunas in Lituania.

Si è aperta a investitori di varia estrazione (dalla banca d’affari di Giovanni Tamburi all’incubatore Digital Magics, di cui Marco Gay, dei Giovani di Confindustria, ne è il vicepresidente).

Il fondatore è Davide Dattoli, giovanissimo. La particolarità è che Tag sta diventando un centro pedagogico. Quasi un’università del digitale. La sua accademia ha scovato 1.300

talenti. Enrico Ferrari ne è l’animatore.

Ieri a “Italia digitale“, organizzato dal Corriere della Sera, ascoltato da una nutrita platea di studenti di quinta superiore, ha parlato di 450 mila posti vacanti nell’innovazione nel nostro Paese. Competenze che le aziende cercano, ma non trovano: tra le prime dieci professioni più ricercate dai datori di lavoro su LinkedIn, otto non esistevano meno di dieci anni fa.

Programmatore Ios, programmatore Android, Social Media Intern, Data Scientist (esperto nella gestione di dati), UI/UX designer (gli architetti del web, coloro che si occupano di come un prodotto venga percepito dagli utilizzatori su Internet), Cloud services specialist (specialisti dei servizi sulla Nuvola), Digital marketing specialist, che si occupa anche di come un prodotto o un’azienda vengano indicizzati sui motori di ricerca. Ma la scuola (e l’università) li formano?

Content retrieved from: http://www.corriere.it/economia/16_novembre_09/programmatori-social-media-analisti-otto professioni-che-aziende-cercano-9e78728e-a5f0-11e6-b4bd-3133b17595f4.shtml?refresh_ce cp .