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ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Venerdì 11 Novembre 2016
In Francia scatta l’allarme: rischio black-out dopo la chiusura di 18 centrali nucleari
Giro di manopola ai termosifoni
Previsti distacchi a imprese energivore e linee ad alta tensione
Areva, l’azienda controllata
da Edf specializzata nella costruzione di centrali nucleari,
un tempo leader mondiale
oggi piegata dai debiti, la stessa che ha fornito gli identici
componenti per la centrale di
seconda generazione, Epr, european pressurized reactor, che
funziona con una nuova tecnologia ad acqua pressurizzata,
attualmente in costruzione a
Flammanville, in Bretagna, e
bloccata anch’essa per le identiche anomalie.
da Parigi
GIUSEPPE CORSENTINO
D
élestage è una parola francese meno
ansiogena dell’inglese black-out, ma in
sostanza vuol dire la stessa
cosa: taglio, riduzione e, nei
casi più gravi, sospensione
dell’erogazione di energia
(elettrica). Quindi, case al
buio, fabbriche ferme, riscaldamento spento.
In Italia abbiamo cominciato a familiarizzare con il
black-out nel lontano autunno del 1973, ai tempi del governo Rumor e della guerra
del Kippur, quando l’Opec
decise di aumentare in modo
spropositato il prezzo del
greggio e la conseguenza furono le domeniche a piedi, le
targhe alterne, i regolamenti
di condominio severissimi (e
spesso stupidi) nel fissare le
date di accensione e spegnimento delle caldaie.
Per i francesi, in questo
ancor tiepido autunno 2016
(e speriamo che duri) il délestage energetico è una vraie
première, una prima assoluta
come scrivono in prima pagina tutti i giornali con avvisi
allarmanti che vanno dalla
«alérte» al «plan d’urgence»
alla «haute surveillance» per
evitare di finire al freddo con
i termosifoni (quasi tutti elettrici) spenti causa crollo della
produzione elettrica, 12 mila
megawatt in meno rispetto ai
63 mila che rappresentano il
livello normale di fornitura e
Ségolène Royal, ministro dell’ambiente e dell’energia
di consumo, per il blocco, questo sì reale e davvero preoccupante, di 18 centrali nucleari
su 58 (si veda ItaliaOggi del
20 ottobre).
Una situazione mai vista
prima e che sta creando inquietudine in un paese che,
grazie al suo parco centrali
(realizzate in tutta la Francia,
dalla Bretagna alla Provenza,
alla fine degli anni ’60 quando
non c’erano vincoli ecologici e
ambientali e l’autarchia energetica era considerata quasi
un corollario della force de
frappe nucleare), non ha mai
avuto problemi di approvvigionamento, anzi è stato sempre
esportatore netto di energia.
Ora la situazione si è
letteralmente ribaltata: il
parco centrali, arrivato a fine
vita dopo quasi mezzo secolo
di attività, è in condizioni di-
sastrose (si veda ItaliaOggi
del 4 maggio) e abbisogna di
una energica manutenzione
(carenage) che costa miliardi
di euro mentre l’Asn, Autorité pour la sûreté nucleaire,
l’Agenzia per la sicurezza
nucleare, guidata da PierreFranck Chevet ha accertato anomalies sériueses, anomalie abbastanza serie nelle
cuves, le caldaie che producono il vapore che alimenta le
turbine, e ha chiesto a Edf,
Electricité de France, l’Enel
francese, di bloccare altri cinque reattori, tra cui quelli di
Fessenheim al confine con la
Germania e quelli di Cruas
e Tricastin, in Provenza, a
qualche decina di chilometri
dal confine italiano.
Si tratta di componenti
realizzate da un’azienda metallurgica giapponese, la Jcfc,
Japan Casting&Forging Corporation, su commissione di
La conseguenza di tutto
questo è un deficit di 12
mila megawatt, come si diceva prima e il rischio che i francesi siano costretti, quest’inverno, a ridurre i consumi
per evitare il black out. Che,
nei casi estremi e secondo il
plan d’urgence illustrato da
François Brottes in persona, il presidente di Rte, Réseau du transport d’électricité
(la Terna francese), potrebbe
verificarsi nelle aziende energivore come le acciaierie e le
fabbriche metallurgiche e chimiche (si tratta di 21 siti industriali tra cui Rio Tinto Alcan
a Dunkerque, sulla Manica, e
Arkéma nell’Isère) a cui Rte
potrebbe sospendere l’erogazione di energia con un mini
preavviso di qualche decina di
secondi con un risparmio stimato di 1.500 megawatt (ma
con un esborso di 70 mila euro
a megawatt come indennità di
risarcimento per il blocco della produzione).
Altri 4 mila megawatt,
l’equivalente del consumo di
elettricità di Parigi e Marsiglia messe insieme, potrebbero essere risparmiati
riducendo del 5% la potenza
delle linee ad alta e altissima
tensione.
Infine, l’appel aux gestes
citoyens, l’appello ai cittadini perché riducano i
consumi, abbassino di un
paio di gradi radiatori termici e caldaie, accendano meno
lampade e spengano sempre
tutti gli elettrodomestici dopo
l’uso. Se tutti i particuliers,
i padroni di casa, facessero
così si risparmierebbero altri
3 mila megawatt come spiegherà una app (Eco2mix) che
Edf invierà nei prossimi giorni per mail o via smartphone
a tutti i suoi clienti.
E pensare che solo qualche
giorno fa, intervistata dalla
rete tv Europe1, la ministra
dell’ambiente, Ségolène
Royal, considerata una delle responsabili di questa situazione per aver dato troppo
spazio alle cosiddette energie
alternative (sole e vento) che
producono poco (1.800 megawatt in tutto) rispetto al
nucleare, aveva dichiarato
che «la France ne connaîtra
pas de pénurie d’électricité cet
hiver», non ci sarà penuria di
energia elettrica. Forse, oltre
alla luce bisognerebbe spegnere anche l’audio quando
parla la Ségolène, ironizza il
settimanale satirico Le Canard Enchaîné.
@pippocorsentino
IL PAESE ASIATICO DIVENTERÀ IL PRIMO MERCATO MONDIALE PER L’INDUSTRIA AERONAUTICA CIVILE
La Cina acquisterà seimila aerei per 869 miliardi entro il 2035
DI
quelle di Airbus.
ANGELICA RATTI
A
irbus Group ha rivisto al
rialzo le sue previsioni per
la Cina. E ha affermato
che l’ex Impero di Mezzo
diventerà il primo mercato mondiale per l’industria aeronautica.
I costruttori di aeromobili vedono
il paese asiatico come il loro nuovo Eldorado. Secondo gli esperti
di Airbus i cinesi acquisteranno
5.970 apparecchi per un valore totale di circa 869 miliardi di euro
(945 miliardi di dollari) entro il
2035. Il costruttore europeo, che
ha venduto 158 aerei in Cina nel
2015, aveva previsto all’epoca che
i cinesi avrebbero acquistato 5.470
apparecchi nei prossimi venti anni.
Questa cifra è stata rivista al rialzo e costituisce più della metà dei
10 mila aeromobili consegnati da
Airbus in 42 anni.
Il traffico passeggeri nella
Cina continentale è quadruplicato negli ultimi 10 anni. «Il
paese diventerà il mercato leader
del trasporto aereo» ha specificato
a Le Figaro John Leahy, diret-
La battaglia commerciale si
annuncia piuttosto aspra sul
mercato degli aerei a corto raggio
che saranno quelli più venduti,
con 4.230 apparecchi. Airbus, con
il suo A320, dovrà vedersela con il
737 dell’americana Boeing. Dovrà
anche combattere contro il cinese
Comac che sta lavorando su un proprio aeromobile, il C919, presentato al pubblico un anno fa, durante
una manifestazione a Shanghai.
Airbus A320 all’aeroporto di Tianjin
tore commerciale di Airbus. «Nei
prossimi vent’anni la domanda più
consistente di aeromobili arriverà
dalla Cina». La grande potenza
economica mondiale per il momento è il secondo mercato mondiale
per gli aeromobili civili, dietro gli
Stati Uniti. Le sue tre più grandi
compagnie aeree (Air China, China Southern, China Eastern) sono
classificate tra le maggiori del mon-
do quanto a numero di passeggeri
trasportati.
Il costruttore cinese Comac stima che il mercato locale dell’aviazione civile crescerà del 6,1%
l’anno nel periodo 2016-2030. E
prevede che le compagnie aeree
cinesi acquisteranno 6.865 nuovi
apparecchi per un valore di 845
miliardi di euro. Cifre diverse da
Il programma dell’aereo C919
ha accumulato un notevole ritardo negli ultimi quattro anni, ma
Comac conta di poter effettuare
il primo volo di prova nei prossimi mesi, prima del lancio vero e
proprio sul mercato previsto nel
2018.
Il primo cliente del C919 sarà la
compagnia China Eastern Airlines.
Intanto, Comac ha consegnato a
gennaio a Chengdu Airlines il suo
primo aereo da trasporto regionale,
l’Arj-21, in ritardo di una decina
d’anni sul programma.
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