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Romania, il mar Nero e Trump | 1
venerdì 11 novembre 2016, 16:30
Elezioni USA viste da Est
Romania, il mar Nero e Trump
Il Paese non ha 'deriso' il nuovo presidente. E si guarda molto al tema sicurezza
di Davide Zaffi
Alla pari di tutti i suoi omologhi, anche il presidente rumeno Klaus Iohannis ha inviato mercoledì un conciso
messaggio di congratulazioni al vincitore delle elezioni statunitensi, Donald Trump. Iohannis ha in questa
occasione interpretato per davvero il sentimento del suo popolo, in quanto in poche righe è riuscito a citare tre volte la
questione della sicurezza come campo privilegiato delle relazioni fra la Romania e gli Stati Uniti. L’opinione pubblica rumena
ha in effetti seguito la lunga campagna elettorale americana con l’atteggiamento tipico della sua specifica cultura politica.
Non si è appassionato per uno schieramento o per l’altro, perché sente che la politica interna è questione che riguarda la
nazione rispettiva, perfino se si tratta della prima potenza mondiale (e, in cambio, poco accetta interferenze dall’estero in
questioni rumene). In Romania Trump non è stato fatto oggetto di disprezzo e di scherno come in altri Paesi
europei, né lo si è visto come il portabandiera di una democrazia nuova e più autentica, come è successo, per
buona parte, nella vicina Ungheria. L’unico punto che, molto pragmaticamente, per davvero stava a cuore ai
rumeni riguardava la questione della sicurezza, che dalla prospettiva rumena è un tutt’uno con la questione russa. Di
qui l’insistenza del messaggio, che pure è semplicemente protocollare, di Iohannis a Trump. In un discorso elettorale del 16
aprile il candidato repubblicano aveva sostenuto che intendeva «trovare un denominatore comune» con la Russia, ritenendo
che un miglioramento delle relazioni con questo Paese fosse 'assolutamente possibile' e aveva concluso: «Alcuni ritengono
che i russi non sono ragionevoli. Voglio verificarlo di persona». I rumeni, nella loro grande maggioranza, pensano di avere
fatto verifiche storiche sufficienti per giungere ormai a conclusioni definitive. E nonostante il cambio di maggioranze
parlamentari e di presidente (responsabile della politica estera e delle forze armate) nell’ultimo quarto di secolo, la Romania
costantemente puntato tutte le sue carte sulla NATO. E poiché l’idea di un sistema di difesa europeo non ha mai
convinto nessuno in Romania, questo Paese è, assieme alla Polonia e ai baltici, fra coloro che più insistono per
un rafforzamento della collaborazione nord-atlantica. Alle parole i rumeni accompagnano i fatti e dal vertice di
Cardiff del 2014, il primo dopo l’annessione russa della Crimea, si sono adottate misure concrete, come la
messa in servizio della base missilistica di Deveselu e la creazione del Quartiere di comando NATO del sud-est
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/romania-il-mar-nero-e-trump/
L'Indro è un quotidiano registrato al Tribunale di Torino, n° 11 del 02.03.2012, edito da L'Indro S.r.l.
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con sede a Bucarest (già in funzione, diventerà pienamente operativo nel 2018). Oltre a ciò, nonostante indici economici
poco incoraggianti, la Romania potrebbe l’anno prossimo arrivare a toccare la quota del 2% del budget per le spese per la
difesa, come richiesto a tutti gli stati membri dal citato vertice NATO. Insomma sono meritate le lodi che il vice segretario
generale dell’Alleanza, generale Rose Gottemoeller, ha rivolto durante la sua visita a Bucarest lunedì 7 novembre al
governo rumeno. S’intende che la Romania, dopo tutto questo, si aspetta analoghi segnali da parte dell’Organizzazione.
L’obiettivo primario della Romania è convincere la NATO e in particolare, ovviamente, gli Stati Uniti, del fatto
che il Mar Nero riveste un’importanza strategica per l’Alleanza. E l’ambizione di parte rumena sarebbe di
vedere non solo missili di difesa e unità o comandi militari nell’area bensì anche naviglio NATO. Su questo punto
gli americani, che dovrebbero fornire quasi tutto il finanziamento e molta parte del know how, non hanno preso ancora una
decisione e il motivo è che quando si parla di Mar Nero la sensibilità russa è particolarmente elevata. Basti considerare che
quasi tutti i conflitti nei quali la Russia è, a diverso titolo, coinvolta si trovano o direttamente su quel mare (Abchazia, Crimea
e, nell’appendice del Mar d’Azov, Donbass) oppure vi gravitano in termini geo-politici (Transnistria). A seguito degli eventi
in Crimea la NATO ha sospeso ogni collaborazione operativa con la Russia, tenendo aperti solo i canali
diplomatici, tuttavia un impegno diretto nel Mar Nero non apparirebbe come un semplice atto di protesta ma
sarebbe inevitabilmente visto come una misura offensiva. La candidata Clinton sembrava incline, pur senza aver fatto
dichiarazioni su questo specifico tema, a voler prendere in considerare un simile passo, mentre ora, sotto la presidenza
Trump, esso viene certamente rinviato sine die, a meno di sviluppi imprevedibili. Da parte rumena si fa notare che un
atteggiamento americano più prudente e distensivo nell’area del Mar Nero non riuscirà in ogni caso ad
ottenere dai russi la riparazione del vulnus da loro inflitto al diritto internazionale con l’occupazione della
Crimea e probabilmente neppure controprestazioni politico-militari di minore entità. Ai rapporti rumeno-statunitensi in
tema di difesa guarda con molta attenzione anche la vicina Repubblica Moldova, dove dopodomani si svolgerà
il secondo turno delle presidenziali. Sono arrivati al ballottaggio il candidato sostenuto da Mosca, il socialista Igor
Dodon, con il 48% dei voti, e la pro-occidentale Maia Sandu, col 37%, la quale ha nel suo curriculum un periodo di stage
presso la Banca mondiale a Washington. Dall’esito del voto pare dipendere in buona misura anche il prossimo
orientamento internazionale del Paese. Mentre Dodon si è dichiarato favorevole al proseguimento dello stanziamento di
unità militari russe su una parte del territorio nazionale (e perfino al reclutamento nell’esercito russo di cittadini moldavi), la
Sandu guarda alla NATO come a un possibile aiuto per ottenere il ritiro dei russi, i quali, anche qui, sostengono una soluzione
politica (la secessione della Transnistria) in contraddizione col diritto internazionale. Non sono questi problemi che Trump è
chiamato a risolvere già nei prossimi giorni, ma durante la sua presidenza i relativi dossier arriveranno di certo sulla sua
scrivania.
di Davide Zaffi
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