Il confronto sul voto non appassiona i giganti della

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Transcript Il confronto sul voto non appassiona i giganti della

Il confronto sul voto
non appassiona
i giganti della Dinamo
Johnson Odom: non mi piace nessuno dei due candidati
Josh Carter: meglio lei, ma Obama era un'altra cosa
di Andrea Sini
» SASSARI
Nel computo totale dei voti, la
loro preferenza non ci sarà.
Un po' per disinteresse, molto
perché sono convinti che i due
pretendenti, comunque vada,
faranno rimpiangere Barak
Obama. Nelle ore in cui verrà
deciso il destino della loro nazione per i prossimi quattro
anni, Darius Johnson Odom,
Trevor Lacey e Josh Carter saranno in Grecia, impegnati
con la Dinamo Banco di Sardegna nella trasferta di Champions league in casa dell'Aek
Atene.
I Uè giocatori americani, tutti di colore, sono arrivati a Sassari quest'anno e in poco tempo si sono integrati perfettamente in quel piccolo melting
pot che è lo spogliatoio della
Dinamo. Dove trovano posto,
offre a loro, un nero britannico, un croato nato in Slovenia,
un serbo nato in Croazia, un lituano e cinque italiani, uno
dei quali ("Tatù" Ebeling) di
padre statunitense.
Johnson Odom, Lacey e Caiter hanno seguito la campagna elettorale dalla Sardegna
attraverso i canali satellitari e i
social. E non si sono fatti
un'idea positiva. «Ho seguito i
dibattiti e tutto il contomo di
questa campagna elettorale e
penso che sia tutto uno scherzo - taglia corto Johnson
Odom, 27 anni, nato e cresciu-
to in South Carolina -. Non ho
votato ma non avrei votato per
nessuno dei due. Né la Clinton
né Trump mi convincono.
Penso che Obama abbia fatto
un buon lavoro, ha realizzato
molte delle cose che i cittadini
gli hanno chiesto e per le quali
lo avevano votato. Parlo di cose importanti, che cambiano
la vita delle persone, e non di
ciò che serve soltanto per accrescere il potere delle persone che hanno il potere del denaro».
Trevor Lacey, 25 anni appena compiuti, è il più giovane
della comitiva sassarese ed è
solo alla sua seconda stagione
da professionista. «In tutta la
mia vita non ho mai visto una
campagna per le elezioni presidenziali come questa, è una roba da matti», dice il cestista nato ad Huntsville, Alabama, nel
profondo sud in cui storicamente la scelta tra repubblicani e democratici è caratterizzabile sulla base del colore della
pelle. «Ho sentito da parte di
enttambi i candidati cose che
non mi sono piaciute e che secondo me non piacciono a
molta gente - aggiunge Lacey
-. Non ho votato e devo dire
che non ho seguito la campagna elettorale con la necessaria attenzione per poter decidere chi dei due avrei votato.
Posso però dire che nessuno
dei due mi pare all'altezza di
Obama, che secondo me ha lavorato bene ed è stato uno dei
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migliori presidenti di sempre
degli Stati Uniti».
Anche Josh Carter, 30 anni,
arriva da uno stato del sud. Il
giocatore biancoblù, che vanta esperienze professionali in
Germania, Israele, Russia, Turchia e, appunto, Italia, è l'unico dei tre americani della Dinamo che saprebbe quale preferenza esprimere. «Voterei
per Hillary Clinton per il semplice motivo che dall'altra parte c'è Donald Trump. Questo
mi pare un motivo più che sufficiente. Il dibattito? Sì - dice
Carter -, sfortunatamente ho
seguito questo disastro di campagna elettorale. C'è poco da
dire. Rimpiangeremo Barak
Obama? Non saprei dirlo, però
penso che il presidente uscente abbia fatto un discreto lavoro. Non cose grandiose, ma comunque non ha certamente
fatto male».
Una curiosità: quattro anni
fa il voto nello spogliatoio della Dinamo risultò polarizzato:
da un lato gli americani bianchi, tutti provenienti da stati
del nord (Travis e Drake Diener e Tony Binetti) strizzarono
l'occhio al candidato repubblicano Romney. Dall'altraparte,
i due giocatori di colore, Tony
Easley (Alabama) e Bootsy
Thornton (Maryland), scelsero Barak Omama insieme a
Dan Diliegro, proveniente dal
Massachusetts e democratico
convinto.
Gli americani Josh Carter e Trevor Lacey a colloquio con l'allenatore Federico Pasquini
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