L`Etiopia accusa l`Egitto di sostenere la rivolta degli Oromo

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L’Etiopia accusa l’Egitto di sostenere la rivolta degli Oromo | 1
venerdì 04 novembre 2016, 17:30
La denuncia
L’Etiopia accusa l’Egitto di sostenere la rivolta degli
Oromo
Tattica di destabilizzazione contro la mega diga 'Grand Renaissance' a cui lavora la Salini-Impregilo
di Fulvio Beltrami
Kampala - Il Ministro etiope degli Affari Federali Kassa Tekleberhan ha accusato il governo egiziano di essere
coinvolto nelle recenti proteste di massa degli Oromo esplose nella regione Amhara che hanno provocato 600
morti, secondo un bilancio ancora provvisorio delle vittime. Una ribellione divenuta presto una minaccia nazionale
costringendo il governo etiope a imporre lo stato di emergenza su tutto il territorio dalla durata di sei mesi. Secondo le
indagini condotte dai servizi segreti etiopi, il Cairo finanzierebbe e addestrerebbe militarmente il Fronte di Liberazione
degli Oromo - FLO, un movimento politico militare fuorilegge autore di vari attacchi a postazioni militari e di polizia nella
regione di Oromia. L’accusa è stata formulata durante una visita ufficiale del Ministro Tekleberhan in Sudan. Per l’occasione
ha incontrato il Presidente Omar El Bashir per discutere di problematiche legate a dispute territoriali sui confini e per
rafforzare gli accordi presi un anno fa sull’utilizzo delle acque del Nilo. In verità l’accusa di appoggiare la guerriglia Oromo è
stata rivolta al Cairo allo scoppio della rivolta (ottobre 2016), costringendo il Presidente Abdel Fattah al-Sisi di negare ogni
coinvolgimento dell’Egitto negli affari interni dell’Etiopia. «Voglio assicurare i fratelli etiopi che l’Egitto non ha mai offerto
qualsiasi forma di sostegno alla opposizione e non intende attuare piani cospiratori contro l’Etiopia» aveva pronunciato il
Generale Presidente Al Sisi lo scorso 13 ottobre. Le stesse rassicurazioni sono ora state offerte dal Ministro egiziano degli
esteri: «La sovranità dell’Etiopia è inviolabile. L’Egitto è estraneo a tutte le interferenze nella politica interna etiope» recita il
comunicato stampa. Le indagini condotte dai servizi segreti etiopi sembrano solide. Il governo egiziano
ospiterebbe al Cairo parte della leadership politica del FLO garantendo importanti finanziamenti per la
propaganda, l’acquisto di armi e il reclutamento di giovani Oromo. L’esercito egiziano tra il febbraio 2015 e luglio
2016 avrebbe addestrate le giovani reclute Oromo in campi militari collocati in località remote del Sinai. Questi campi di
addestramento sarebbero ancora attivi. Il sostegno al Fronte di Liberazione degli Oromo sarebbe inserito in una
tattica di destabilizzazione attuata dal governo egiziano contro la mega diga 'Grand Renaissance' i cui lavori di
realizzazione sono stati affidati alla ditta edile italiana Salini Construction. A lavori completati questa diga
diminuirà del 30% le acque del Nilo che confluiscono in Egitto mettendo in serio rischio le attività agricole,
industriali e l'approvvigionamento di acqua potabile per uso domestico. La costruzione della Diga della Grande
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
http://www.lindro.it/letiopia-accusa-legitto-di-sostenere-la-rivolta-degli-oromo/
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Rinascita ha creato una vera e propria guerra fredda tra Cairo ed Addis Abeba, scoppiata nel 2007. All’epoca l’esercito
egiziano aveva minacciato di bombardamenti aerei sui cantieri della diga. La disputa aveva preso dimensioni regionali
legate alla revisione del trattato coloniale britannico che stabilisce il diritto per Egitto e Sudan di usufrutto del
70% delle acque del famoso fiume sacro. Gli altri Paesi firmatari dell’antico trattato (Uganda, Burundi, Rwanda, Kenya,
Etiopia) intendevano rivedere gli accordi per garantire una migliore distribuzione delle acque del Nilo. L’Etiopia aveva
approfittato della Primavera Araba e del successiva situazione di instabilità politica provocata dai Fratelli
Mussulmani per avviare i lavori presso la mega diga presentandola come un dato di fatto. La Primavera Araba
aveva costretto esercito e governo egiziano a diminuire le loro pressioni sulla revisione del trattato coloniale per dedicarsi
alle gravi problematiche interne evitando per un soffio una guerra regionale per le acque del Nilo. Nel 2015 i Paesi africani
che condividono le acque del Nilo avevano convinto il Sudan a esprimere un parere favorevole sulla revisione del trattato. Al
momento attuale il governo egiziano è ancora debole sulla scena continentale per imporsi con la forza contro il
progetto idrico etiope, di cui la Grande Diga della Rinasciata è la più imponente realizzazione di una serie di dighe in fase
di costruzione per sfruttare le acque del fiume africano per produzione di energia elettrica. Di fronte alla impossibilità di
impegnarsi nella prima guerra per l’acqua in Africa, l’esercito egiziano sotto indicazioni del Generale Al-Sisi, starebbe
attuando una politica di destabilizzazione contro l’Etiopia utilizzando il Fronte di Liberazione degli Oromo. Una tattica
micidiale che si inserisce nelle rivendicazioni degli Oromo (60% della popolazione) sullo strapotere della etnia
Tigrina che controlla governo, istituzioni, polizia ed esercito. Il Fronte Popolare Tigrino di Liberazione dopo aver
conquistato il potere scacciando il dittatore stalinista Mengistu Haile Mariama nel 1991, avrebbero creato un complesso
network politico militare economico per controllare l’intero Paese e sottomettere le due principali etnie: Oromo e Amara
recentemente alleatesi contro Addis Abeba. Oltre alla rivendicazioni di maggior rappresentanza politica, gli Oromo
accusano il governo centrale di applicare una politica di land-grabbing a favore di multinazionali straniere tra
le quali la ditta edile italiana Salini-Impregilo. La politica segreta di land grabbing intrapresa dal 2008 dal
governo tigrino è considerata una palese violazione degli accordi presi tra le varie comunità etiopi nel 2005.
Accordi che prevedevano un trasferimento di potere alle comunità locali sullo sfruttamento delle terre e risorse naturali. Al
contrario il governo centrale ha letteralmente rubato con la forze centinaia di migliaia di ettari attuando deportazioni forzate
di massa inaugurando la politica di Agro Imperialismo per mettere a disposizione delle multinazionali le terre fertili degli
Oromo senza il consenso delle comunità locali. La ditta edile Salini-Impregilo è coinvolta nelle violenze attuate dal
governo etiope. Ad attirare l’attenzione in Italia su questa politica repressiva fu l'atleta olimpico Feysa Lilesa
lo scorso 21 agosto. Arrivato al traguarda della maratona dopo 42 km di corso alza le mani al cielo a pugni chiusi,
mimando le manette di un arresto. Con questo tragico gesto Lilesa ha voluto attirare l’attenzione pubblica mondiale sul
dramma degli Oromo di cui fa parte. Una brutale repressione si è abbattuta in queste ultime settimane contro le città Oromo
di Bahir Dar, Ambo, Adama, Asassa, Aweday, Gimbi, Haromaya, Neqemte, Robe, Shashemene. Una repressione occultata
dalla dichiarazione dello stato di emergenza che limita molto la libertà di indagine dei giornalisti etiopi e stranieri. Le
indagini condotte dalla associazione italiana in difesa dei popoli indigeni Survival puntano i riflettori sul ruolo
dell’Italia nella repressione degli Oromo che coinvolgerebbe la ditta italiana Salini-Impregilo. Per permettere
l’inizio dei lavori presso la Grande Diga della Rinascita il governo etiope ha deportato migliaia persone dalla
Valle dell’Omo, mettendo a rischio l’autonomia alimentare di 500.000 Oromo. Le accuse di Survival trovano una
netta smentita proveniente dall’ufficio pubbliche relazioni della Salini-Impregilo che difende a spada tratta la discussa
realizzazione della Grande Diga della Rinascita. La multinazionale italiana sostiene che, una volta realizzata, la diga
innalzerà la qualità e l’attesa di vita media delle popolazioni, stimolando relazioni commerciali pacifiche con i paesi
confinanti. «Effetti benefici che porranno fine alle osservazioni strumentali di Survival» recita un comunicato stampa dello
scorso marzo in reazione della denuncia contro il colosso italiano della edilizia, sottoposta alla OCSE da Survival. Una
denuncia avvenuta qualche giorno dopo le visite ufficiali in Etiopia dal Primo Ministro Matteo Renzi e del Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella. Entrambi avevano elogiato la Salini-Impregilo per il suo impegno nel Continente africano,
definendo la multinazionale edile come un ‘orgoglio italiano’.
di Fulvio Beltrami
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