Quel 4 novembre `66 cambiò il destino di Venezia

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GENTE VENETA | Venezia e isole

Giovedi, 3 Novembre 2016

Quel 4 novembre '66 cambiò il destino di Venezia

Cinquant'anni fa, l'attenzione mediatica si concentrò tutta su Firenze, limitando le notizie radio su Venezia a un messaggio - "acqua alta in piazza San Marco" - del tutto inadeguato a dare anche la più pallida idea del disastro abbattutosi sulla città e sulla laguna.

Cinquant'anni dopo, è opportuno allargare lo sguardo e parlare di un 4 novembre delle Tre Venezie, troppo spesso e troppo a lungo trascurato, e nel quale invece va correttamente sistemata la mareggiata che devastò Venezia.

Può bastare l'eloquenza di pochi numeri a dire l'entità dei danni provocati dalla combinazione di piogge torrenziali, rotte ed esondazioni di fiumi, mareggiate: 87 morti, dei quali 32 in Trentino-Alto Adige, 26 nel Bellunese, 18 in Friuli-Venezia Giulia (Firenze ebbe 35 morti); oltre 42 mila sfollati, dei quali 25.800 nel Veneto; 300 mila gli ettari allagati - sul litorale alle foci del Piave ampi tratti di campagna rimasero allagati per mesi e migliaia di sfollati poterono ritornare a casa soltanto a febbraio; la viabilità montana del Bellunese fu sconvolta dal crollo di 334 ponti...

Il sovvertimento delle regole naturali. Ciò che più colpì a Venezia, oltre al livello di marea mai prima raggiunto (194 cm sullo zero mareografico) così come la lunga durata dell'assedio (per 15 ore l'acqua rimase sopra i 120 cm), fu la rottura e il sovvertimento delle regole naturali - «sei ore cresce, sei ore cala» - che non si era mai verificato in passato e che appariva razionalmente impossibile.

Fu il vedere l'acqua crescere mentre doveva calare, quando già era allagata l'intera città, a diffondere sgomento, angoscia, disperazione, mentre l'energia elettrica veniva a mancare in tutta Venezia, che allora contava 120 mila residenti, e la rete telefonica saltava; mentre 16 mila abitanti in seimila piani terra perdevano ogni avere, e in oltre settemila negozi, esercizi pubblici, officine, laboratori, magazzini andavano perduti merci e macchinari: ci sarebbero voluti nove giorni di duro lavoro per smaltire le quattromila tonnellate di rifiuti ammassati in strada.

L'evacuazione di Pellestrina. Non si seppe, in città, quello che stava accadendo a Pellestrina: la violenza delle onde aveva aperto quattro falle sui colossali murazzi e l'acqua del mare devastava l'isola e raggiungeva direttamente la laguna. Molti erano fuggiti in barca, molti si erano riparati sui tetti delle case, e l'azienda di trasporti - si chiamava Acnil - aveva dirottato le motonavi e le navi traghetto, le sole che potessero affrontare le onde della bocca di porto, per evacuare la popolazione. Non si seppe - o forse qualcuno lo intuì e tacque - che l'acqua che colpiva le rive del bacino arrivava dritta dall'Adriatico. Non si seppe, e fu un bene: perché nessuno può immaginare che cosa sarebbe potuto accadere se il panico si fosse diffuso in città.

Ci volle una settimana per ripristinare in tutta Venezia l'energia elettrica e la rete telefonica: i danni furono valutati in 40 miliardi di lire (il settimanale diocesano costava 50 lire).

Il "prima" e il "dopo". L'alluvione mise a fuoco in tutta la drammaticità problemi che già erano stati discussi, quattro anni prima, in un convegno internazionale alla Fondazione Cini, ma sui quali il dibattito si era fermato a livello teorico. Ci fu chi capì subito che l'evento eccezionale richiedeva risposte immediate e impegnative: se era successo una volta, poteva succedere ancora. Ma la eccezionalità dell'evento produsse anche una reazione opposta: un fatto così impensabile era stato e sarebbe rimasto un unicum; lo dimostra il fatto che in molte case e in

molti negozi e spazi produttivi non si provvide neppure a piccoli accorgimenti, come il rialzo delle prese della energia elettrica. Ci sarebbero volute due acque alte anniversarie - 138 cm il 5 novembre 1967, 144 cm il 3 novembre 1968 - perché tutti si rendessero conto che l'alluvione aveva segnato un gomito storico. Da allora, si sarebbe parlato e scritto di una Venezia prima e di una Venezia dopo il 4 novembre. Ma ci sarebbero voluti altri cinque anni per avere una prima e insufficiente legge speciale.

Leopoldo Pietragnoli

Tratto da GENTE VENETA, n.41/2016

Articolo pubblicato su Gente Veneta

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