«C`è tensione? Abbracciamola»

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Transcript «C`è tensione? Abbracciamola»

BASKET
Varese, senti il tuo capitano
«Fuori orgoglio e attributi
Mercato? Non scherziamo»
BASKET L'onestà di capitan Cavaliere): «Dimostriamo di che pasta siamo fatti. Problemi tecnici? Parliamo d'altro»
«C'è tensione? Abbracciamola»
di Fabio Gandìni
n «0 Capitano! Mio Capitano! Il
nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni
ostacolo, l'ambito premio è conquistato, vicino è il porto, odo le
campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l'invitto scafo, la
nave arcigna e intrepida...».
Qui Varese: il porto è ancora
lontano, la tempesta è nel pieno
della sua forza, il viaggio risente
della fatica e non abbiamo ancora capito se la ciurma abbia voglia di affrontare le onde con tutta se stessa.
Nella commovente poesia
scritta nel 1865 da Walt Withman, però, si scorge una speranza, valida anche per il basket di
casa nostra: è quella che i marinai imparino, prima o poi, a seguire l'esempio di chi li guida, un
capitano che non ha avuto paura
di morire. «... Non risponde il mio
Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili, non sente il padre il mio braccio, non ha più
energia né volontà. Ma la nave è
all'ancora sana e salva, il suo
viaggio concluso, finitola nave
vittoriosa è tornata dal viaggio
tremendo, la meta è raggiunta...»
Come sta, capitan Daniele Cavaliero?
Bene, la spalla va meglio e non
mi dà problemi nel giocare, se
non qualche piccolo dolore ogni
tanto: il lavoro fatto insieme al
preparatore Marco Armenise e
al fisioterapista Mauro Bianchi
ha dato i suoi frutti.
Francamente si vede: quello attuale
sembra un ottimo momento di forma per lei...
Oltre al lavoro per la spalla, lo
staff - che non finirò mai di ringraziare - mi ha aiutato molto in
quello atletico, necessario a entrare "di rincorsa" dopo l'estate
che ho passato. Insieme abbiamo deciso di spingere e ora sto
iniziando a sentire il giusto feeling con il campo.
Veniamo al collettivo: Daniele, possiamo sinceramente chiederle cos'è
successo alla sua squadra prima a
Klaipeda e poi a Pistoia?
Non so se ci siamo resi davvero
conto che non possiamo perdere
due partite di fila di 30 punti. È in
primis una questione di orgoglio
personale e mi ci metto dentro
anch'io, che di questa Varese sono capitano. Tornare indietro
non sinnò'nra ninrrnstn pil momento di capire che squadra vogliamo essere e che squadra vogliamo diventare. Senza preoccuparsi eccessivamente, perché
i momenti difficili in una stagione capitano sempre.
Il risultato più "spiacevole" dei due
crolli è che una parte dell'ambiente
ha iniziato a mettere in dubbio le pecurialità e le affinità tecniche della
Openjobmetis versione 2016/2017.
Penso che prima di parlare di
tecnica, tattica e sistema di gioco, sia necessario parlare di caratteristiche morali. Caratteristiche che penso che tutti noi abbiamo, ma che per il momento
non abbiamo tirato ancora fuori.
Dopo il Neptunas, insomma, non
ci doveva essere una Pistoia...
Ora i campanelli d'allarme sono
suonati e si sente forte l'urgenza
di un cambiamento.
Pensa che questa urgenza sia condivisa da tutti?
Sono ottimista in tal senso: il nostro gruppo è formato da persone che sanno dove sono, sanno
che questa è Varese e che giochiamo due competizioni difficili. Ora, dopo gli ultimi match
che ci hanno visto sconfitti, c'è
ovviamente più tensione: bene,
abbracciamola. Ci servirà per
preparare la difficilissima partita contro Avellino, per vincerla o
almeno per dare buone sensazioni al nostro pubblico
Invertiamo i ruoli, per una volta: il
giudicato diventi il giudicante. Com'è
davvero questa Openjobmetis? Ha
tra i suoi elementi delle incompatibi-
lità che non possono essere risolte
semplicemente con il tempo e con il
lavoro in palestra?
A mio parere la dirigenza ha costruito un roster in maniera molto oculata, con persone "da Varese", con atleti complementari fra
loro e al sistema più congeniale
al nostro staff tecnico. Attenzione, però, perché non sempre si
riesce a trovare la pedina perfetta per un determinato gioco. Sta
all'intelligenza di chi allena, ma
soprattutto a quella di chi va in
campo, fare un passo verso il bene comune. Noi giocatori non
dobbiamo fare solo le cose che
rientrano nella nostra "zona di
comfort", ma metterci a disposizione della squadra, del compagno che ha bisogno di un aiuto
difensivo o che sta giocando un
pick and roll e necessita magari
di un determinato spazio o un
determinato passaggio. Solo così le imperfezioni si possono limare».
C'è chi invoca già il mercato, invece...
Sinceramente mi fa ridere sentir
parlare di cambiamenti... Siamo
un'ottima squadra, che ancora
però non gioca come dovrebbe
giocare.
La ricetta, in sintesi, è allora puramente mentale, capitano?
Sì, ritroviamo la voglia di buttarci su ogni pallone, per esempio, o
di non mollare le partite quando
andiamo sotto di 10-15 punti. Sta
a noi dimostrare di che pasta siamo fatti. Solo dopo essere usciti
dal campo con le ginocchia a
pezzi e madidi di sudore possiamo iniziare a parlare di tecnica e
di tutto il resto. Ora come ora,
non ce lo possiamo ancora permettere. •
«
Cambiare giocatori?
Mi viene da ridere...
Prima impariamo a
buttarci su ogni pallone
e a non mollare mai
«
Rendiamoci conto
che non si può perdere
due partite di 30 punti
È una questione
di orgoglio personale