Legge sulle aree naturali, scontro con le Associaizoni

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Legge sulle aree naturali, scontro con le Associazioni | 1
venerdì 28 ottobre 2016, 17:30
Legge sulle aree naturali, scontro con le Associazioni
Le Associazioni ambientaliste vogliono dire la loro sulla Riforma della legge quadro sulle Aree Protette
di c.d. / f.a.
Dopo l’approvazione, lo scorso 20 Ottobre, della riforma della legge quadro 394/91 sulle Aree protette alla Commissione
ambiente del Senato, le maggiori Associazioni ambientaliste (tra cui Legambiente, Lipu, Italia Nostra e Wwf) hanno firmato
un documento unitario che contiene osservazioni e proposte sul testo che i senatori si apprestano a discutere in Aula.
Le Associazioni hanno sottolineato che «la legge 394/91, purtroppo dopo 25 anni mai pienamente applicata, nella sua
originaria versione è servita a costruire un sistema integrato di aree protette, nazionali e regionali, grazie alle
quali nel nostro Paese si sono attuate politiche di conservazione della biodiversità fino ad allora impensabili. Tutto questo
non va ridimensionato ma va trasformato in un modello basato su buone pratiche da allargare a quelle porzioni di territorio
italiano che sono uniche per il contesto paesaggistico e di biodiversità che rappresentano ma ancora non godono di
sufficiente tutela».
E’ stata la prima grande legge italiana sulla conservazione diretta della natura, approvata dal Parlamento nel
dicembre del 1991, e ha rappresentato una svolta per la storia della conservazione della natura nel nostro Paese. La legge
giunse, dopo decenni di tentativi, ad ottenere un sistema giuridico adeguato per la conservazione dello
straordinario patrimonio di parchi e riserve che erano pur presenti nel nostro territorio nazionale.
L’importanza e la novità della legge dei primi anni ’90 stava nell’aver affermato la concreta necessità di sottoporre a
protezione dinamica lo straordinario patrimonio naturale italiano e persino internazionale, fino ad allora esposto
ad abusi e a forme insostenibili e talvolta distruttive di sfruttamento. Un protezione fondata sull’utilizzo di strumenti
innovativi quali la Carta della Natura (articolo 3, comma 3), sullo sviluppo di studi e ricerche finalizzate alla conoscenza e
alla conservazione della natura, nonché ad un sistema di concertazione permanente tra portatori di interessi istituzionali e
sociali.
Secondo le Associazioni, «il dibattito, a cui si assiste da anni, e le modifiche già apportate alla legge, assecondano una
tendenza che spinge le aree protette sempre di più sotto il controllo degli enti territoriali e quindi, inevitabilmente, delle
politiche e degli interessi che li governano. Non v’è dubbio che gli Enti locali debbano attivamente partecipare alla gestione
di un’area protetta, ma parimenti non v’è alcun dubbio che questo non possa avvenire con un sistema in cui lo Stato recede
rispetto alle sue evidenti competenze costituzionali. Occorre riaggiornare e saper interpretare il principio della leale
collaborazione in questa materia e saper ritrovare un equilibrio tra i diversi poteri, senza che l’uno sconfini nelle competenze
altrui o che qualcuno rinunci ad esercitare le proprie o (peggio ancora) le eserciti male».
Ci sono state delle inadempienze (come era immaginabile prevedere), come: la mancata realizzazione di cinque
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/riforma-della-legge-sulle-aree-naturali-protette/
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parchi nazionali (Gennargentu, Egadi, Iblei, Eolie e Costa Teatina); la mancata gestione unitaria del Delta del Po; le
grandi difficoltà delle Aree Marine Protette e fenomeni sintomatici quali il bracconaggio nell’area marina protetta del
Plemmirio; l’innaturale smembramento del Parco dello Stelvio; la vita difficile di tantissimi parchi regionali; le croniche
difficoltà di personale; la rigidità dei bilanci. Questi sono solo alcuni esempi di come sia «acuta la crisi delle aree
protette italiane e quanto sia necessario coinvolgere tutte le migliori energie e competenze per realizzare un sistema delle
aree protette che permetta di custodire e valorizzare il patrimonio, unico, di biodiversità».
Con il nuovo testo si riconosce all'ente parco personalità di diritto pubblico, la cui sede legale ed
amministrativa è sottoposta alla vigilanza del Ministro dell’ambiente. Si interviene, quindi, ad integrare alla norma
vigente alcuni articoli specifici che regolamentano le attuali condizioni socio-economiche che coinvolgono le aree naturali
protette. I principi generali della legge saranno quindi riconfermati e a questi emendamenti si sono aggiunti diversi subemendamenti stabiliti tenendo conto delle norme europee e in base ai piani di intervento ambientale a livello internazionale.
Di fatto emendamenti e sub-emendamenti formano la cosiddetta 'governance', quel complesso di strutture, regole e
strategie che garantiscono l'esistenza stessa dei parchi naturali protetti, la cui classe dirigente osserva, controlla e gestisce
flora e fauna del parco.
In un clima di polemiche, e non poche, il Senatore Democratico Massimo Caleo, nonché vicepresidente della Commissione
e relatore al provvedimento, ha affermato che "la commissione Ambiente del Senato ha completato il quadro di riforma della
legge 394/91; si tratta di riforme da tempo proposte e revisionate in quanto l'ambiente è un bene comune da tutelare e non
solamente una risorsa dalla quale trarre benefici. L'elaborazione del provvedimento da finalmente respiro ad un quadro
normativo moderno. L'obiettivo principale della legge non si esaurisce con l'applicazione di norme e sanzioni penali", ed ha
aggiunto che "come legislatori siamo impegnati a fare prevenzione, cercando di tutelare l'ambiente e la salute delle
persone".
Le modifiche apportate alla 'governance' dei parchi, ci ha spiegato Massimo Caleo, “prevedono l'abrogazione dell'albo dei
direttori di parco, si avrà una nuova e più trasparente procedura per la nomina del direttore del Parco, cioè per selezione
pubblica tra profili di comprovata esperienza nella gestione delle aree protette e dell'amministrazione pubblica. Sono
previste inoltre nuove e più lineari procedure per la delimitazione e la gestione delle aree marine protette”.
Per quanto riguarda l’aspetto della criminalità organizzata che 'investe' sull'inquinamento, il senatore Caleo ha
sottolineato che: “la legge prevede aggravanti e pene severe in caso di delitto ambientale; tutto questo riguarda l'omessa
bonifica, l'impedimento dei controlli, il traffico e l'abbandono di materiale ad alta radioattività”. Con questa legge le forze
dell'ordine potranno effettuare indagini approfondite, anche mediante l'utilizzo di intercettazioni. A tal proposito ha precisato
il Senatore democratico, “molti eco-processi, svolti prima dell'approvazione della legge, erano trattati come semplici
contravvenzioni al codice civile, le pene erano minime e gli strumenti d'indagine inadeguati a reati di simile gravità”. Si
tratta quindi di un disegno di legge in risposta a tutte quelle imprese bersagliate da imprenditori senza
scrupolo, che ledono il principio di concorrenza leale.
Marco Perini, presidente di Italia Nostra, in un’intervista rilasciata di recente, ha dichiarato che quella del 1991 era
sicuramente una buona legge, di partenza. Purtroppo nel corso degli anni ci sono stati degli intoppi o non sono stati
raggiunti gli obbiettivi prefissati. “Eravamo consapevoli che si stava mettendo mano ad un testo sacro della storia della
tutela del nostro patrimonio paesaggistico, naturale e faunistico. Una legge considerata da tutti come gioiello normativo e
che, in un primo momento da molti di noi , era difficile immaginarla diversa come obiettivi e principi enunciati. Eravamo
altresì consapevoli che in questi 25 anni qualcosa non aveva funzionato e gli ambiziosi obiettivi che la legge si proponeva di
toccare non sempre erano stati raggiunti. Cambiare per migliorare era importante ma non facile perché bisognava in primo
luogo mettere in luce perché la Legge, pur avendo messo al sicuro una importante porzione del nostro territorio (62% circa) ,
poi raramente fosse stata percepita come un’opportunità o fiore all’occhiello dalle comunità che abitano le aree protette”.
Il Presidente di Italia Nostra ha elencato le modifiche necessarie richieste dalle associazioni:
- nei consigli direttivi dei parchi si avrà una decisa maggioranza delle rappresentanze degli Enti Locali a scapito di coloro che
in consiglio rappresentavano il mondo delle competenze scientifiche dedite alla tutela dei parchi. Si compromette così la
reale visione strategica che garantisce la tutela della biodiversità delle aree protette;
- la dequalificazione dei requisiti dei Presidenti dei parchi nazionali, per i quali con la nuova normativa è richiesta una
generica 'comprovata esperienza nelle istituzioni'. Anche la procedura per la nomina non offre garanzie sulle capacità di chi
è chiamato a svolgere questo importante ruolo. Il Ministro dell'Ambiente propone una terna che, se entro quindici giorni non
raggiunge l'intesa con le Regioni, lo autorizza (dopo aver sentito le Commissioni parlamentari competenti) a poter scegliere
tra le persone di sua fiducia;
- Non è chiaro nemmeno il tema delle royalties (impianti fotovoltaici, trivellazioni, centrali a biomasse di potenza installata
superiore a 50 kilowatt, impianti di derivazione dell'acqua per la produzione di energia elettrica di potenza superiore a 100
KW, oleodotti, metanodotti ecc...) che derivano da impianti e attività esistenti nelle aree protette. Quindi come le
Associazioni hanno scritto nel documento: «il tema dell'autofinanziamento non può essere legato all'ipotesi di royalties
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derivanti da attività impattanti presenti nelle aree protette, perchè si finirebbe per condizionare gli Enti nel rilascio di
eventuali pareri relativi a tali attività»;
- sull'attribuzione a Federparchi (Federazione italiana parchi e riserve naturali) della titolarità della rappresentanza
istituzionale in via generale degli enti di gestione delle aree protette. La proposta va contro l'art 18 della Costituzione (libertà
di associazione) e al momento non è rappresentativa di tutti i parchi italiani;
Ci sono anche degli aspetti positivi nella nuova legge, e sono stati evidenziati dal professore Carlo Alberto Graziani
dell’Associazione Mountain Wilderness:
- la possibilità di confrontarsi con il Ministero dei beni ambientali, delle attività culturali e del turismo nella elaborazione del
piano del parco;
- l'applicazione della disciplina che regole le aree marine protette contigue al parco terrestre;
- il collegamento tra la Rete Natura 2000 ( siti di interesse comunitario, zone di protezione speciale) e il sistema delle aree
protette ai fini della conservazione della biodiversità;
- il conferimento di un ruolo determinante all’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per le aree
protette;
- aver fissato le scadenze per la nomina del Presidente dei parchi nazionali e per l’approvazione del piano del parco;
- aver finalmente sancito l’incompatibilità del Presidente con incarichi elettivi e con incarichi nella pubblica amministrazione;
- attribuire maggiori poteri al Presidente che non solo coordina l’attività dell’ente, ma esercita anche le funzioni di indirizzo e
programmazione, fissa gli obiettivi ed effettua la verifica della realizzazione di essi.
Certo è che dialogare (prima invece che dopo) con le Associazioni che da sempre si occupano di ambiente e tutela di questo
sarebbe il passo fondamentale.
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