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Giovedì 27 Ottobre 2016
PRIMO PIANO
Raniero La Valle guida i contrari al referendum, Melloni e Castagnetti sono invece per il Sì
I dossettiani si dividono su Renzi
Non tutti sono per il no. Ci sono illustri defezioni
un manifesto per la nascita di
RAFFAELE PORRISINI
una sinistra cristiana), La Vall referendum costituzionale le si è detto convinto che Dosdivide il fronte della sinistra setti oggi si sarebbe espresso
cattolica. Anzi, forse sareb- (e impegnato in prima perbe più azzeccato dire che è sona) contro questa riforma
proprio Matteo Renzi a crea- costituzionale, proprio come
re scompiglio in quell’area del aveva fatto quando a govercattolicesimo democratico in nare era il centrodestra con il
cui lo stesso premier è cresciu- primo governo di Silvio Berto e che oggi si trova piutto- lusconi. Lo seguono in questa
sto spacchettata. Si va infatti avventura gli storici compagni
dagli iper-renziani sostenitori di battaglie dei Comitati dossettiani come
della riforma
il giurista
e schierati
Luigi Ferraper il Sì in
joli, attivo nel
vista del 4 difronte del il
cembre a chi
No, e lo stesso
esprime un
ex presidente
Sì più critico
della Corte
e pacato (ma
Costituziopur sempre
nale Valerio
Sì) fino a chi
Onida.
ha deciso di
A Bologna,
mettere su le
culla del dosbarricate per
settismo itail No rispolveliano ai tempi
rando i tempi
del cardinale
della discesa
Giacomo
in campo di
Raniero La Valle
Lercaro, c’è
don Giusepun’altra figura
pe Dossetti
nel 1994 in chiave antiberlu- importante del cattolicesimo
democratico schierata per il
sconiana.
Ed è proprio l’eredità po- No: si tratta di don Giuseppe
litica del padre costituente a Nicolini, storico direttore deltenere banco. Il giornalista la Caritas felsinea e parroco
Raniero La Valle ha mo- alla Dozza (vicino al carcere),
bilitato per il No i Comitati fondatore della comunità delDossetti per la Costituzione, le Famiglie della Visitazione e
richiamando alle armi (in punto di riferimento per i catsenso metaforico, s’intende) tolici progressisti bolognesi. In
quel gruppo di intellettuali un suo recente intervento, don
formatisi sul pensiero del sa- Nicolini per motivare la posicerdote reggiano. Già diretto- zione contraria al referendum
re del Popolo e dell’Avvenire ha scomodato lo stesso Dossetd’Italia ai tempi del Concilio ti. «Senza ombra di dubbio - ha
Vaticano II nonché deputato scritto don Nicolini - Dossetti
della Sinistra indipendente avrebbe combattuto questa
(qualche anno fa lanciò pure riforma prima di tutto perché
DI
I
PUNTURE DI SPILLO
Incalza era un mostro. No, è innocente
DI
GIULIANO CAZZOLA
I
nvito chi non ne avesse avuto l’opportunità a leggere l’articolo di Giuliano Pisapia su La Repubblica di sabato scorso,
intitolato «La strada per firmare la pace
tra politica e giustizia». L’ex sindaco di Milano,
avvocato di fama e già presidente della Commissione Giustizia della Camera e, soprattutto, persona perbene, prende le mosse dall’assoluzione da accuse infamanti per dei politici,
di Ignazio Marino e Roberto Cota; ricorda
i capisaldi di una cultura garantista sottolineando il vero significato di atti giudiziari (come
l’iscrizione nel Registro degli indagati o l’invio
di un avviso di garanzia) che, emanati a tutela
del cittadino, si sono trasformati in una presunzione, spesso assoluta, di colpevolezza e in
un’occasione di gogna mediatica che rovina,
per anni, la vita dei malcapitati e delle loro
famiglie. In tale contesto, Pisapia invita, tra
le altre significative considerazioni, gli uffici
giudiziari a perseguire le solite fughe di notizie e i giornalisti a rispettare il codice etico e
deontologico della loro professione.
***
Nello stesso giorno, sul Corriere della Sera,
un colonnino di una ventina di righe a pagina
23 in basso a destra, dava la notizia dell’aroperazione illegittima e pericolosa: un parlamento eletto
con legge dichiarata incostituzionale che si arroga il diritto
di cambiare un’ampia parte
della Costituzione con stretta
maggioranza politica».
A questo punto viene da
chiedersi: possiamo definitivamente arruolare Dossetti
nel pantheon dei contrari alla
riforma Renzi-Boschi? Non
tutti sono d’accordo con questa
impostazione. A partire dall’ex
chiviazione per l’accusa di associazione a
delinquere per corruzione a carico di Ercole
Incalza, già a capo della Struttura di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dell’imprenditore Stefano Perotti.
L’inchiesta aveva preso il nome di: i due erano
stati accusati di essere al centro di una rete di
malaffare che coinvolgeva le principali opere
pubbliche del Paese. Nel decidere l’archiviazione anche di tutti gli altri fatti contestati, il
gip di Firenze, su richiesta dei pm, ha scritto
che «gli elementi emersi dalle indagini preliminari non sono sufficienti a fondare l’accusa
in giudizio». Bene. Andatevi a rileggere i titoli
di prima pagina e i servizi di centinaia di righe
che commentarono, a suo tempo, la vicenda.
Messo a confronto con Incalza, Al Capone
faceva la figura del rubagalline.
***
A «8 e ½» il Procuratore Nicola Gratteri
ha dichiarato che per combattere la criminalità organizzata ci vorrebbero altri
codici penali e di procedura penale e un
diverso regolamento del sistema carcerario allo scopo di rendere non conveniente
delinquere. Bontà sua, ha aggiunto «nel
rispetto della Costituzione». Chi scrive,
però, ha avvertito un brivido nella schiena.
segretario del Ppi e già parlamentare del Pd Pierluigi
Castagnetti, allievo e amico
del sacerdote reggiano, che ha
chiesto proprio di tenere Dossetti fuori dal dibattito per
rispetto alla sua figura e per
non farne motivo di divisione
tra i suoi allievi. Castagnetti,
schierato per il Sì, è stato in lizza per diventare portavoce del
Comitato principale a trazione
renziana, ruolo che poi ha preferito non ricoprire (declinando
l’invito offerto dal premier) proprio per evitare dissapori con gli
amici dossettiani. In campo per
un Sì definito pacato tramite un
appello firmato da oltre 300 persone tra docenti universitari,
studiosi e scienziati, c’è anche
lo storico Alberto Melloni,
oggi firma di Repubblica e alla
guida della Fondazione per le
Scienze Religiose Giovanni
XXIII fondata a Bologna dallo
stesso Dossetti.
© Riproduzione riservata
PERSE TRIESTE E PORDENONE, IL PD È DIETRO AL CENTRODESTRA IN ALTRI QUATTRO COMUNI FRIULANI
Nuova batosta in arrivo per Debora Serracchiani
Aumentano i cattivi presagi in vista delle elezioni regionali 2018
DI
A
GAETANO COSTA
lla larga dalle urne. Per il
Pd, in Friuli Venezia Giulia,
è un brutto periodo. Dopo
aver perso Trieste e Pordenone in favore del centrodestra alle
elezioni dello scorso giugno, il centrosinistra esce sconfitto alle amministrative di Ronchi dei Legionari
e di Nimis e va al ballottaggio, col
centrodestra avanti, a Monfalcone e
a Codroipo. Non un buon segno per
il governatore dem della Regione,
Debora Serracchiani, in vista del
2018, quando la vicesegretaria del
Nazareno, salvo sorprese, cercherà
la riconferma sulla poltrona più importante del Friuli.
Sono passati quattro mesi da
quando l’attuale sindaco di Trieste,
il forzista Roberto Dipiazza, ha
preso il posto del renziano Roberto
Cosolini. Stesso lasso di tempo che
è intercorso da quando, dopo 15 anni
d’amministrazione a Pordenone, il
Pd, con Daniela Giust, s’è arreso
al nuovo primo cittadino di centrodestra, Alessandro Ciriani. «Non
siamo riusciti a confermare le amministrazioni uscenti: questa sconfitta brucia di più», disse all’epoca
Serracchiani.
La possibilità di rifarsi, almeno in parte, il centrosinistra l’ha
avuta la scorsa domenica, quando gli
elettori sono stati chiamati al voto a
Ronchi, a Monfalcone, a Codroipo e
a Nimis. Nel primo caso, a Ronchi
dei Legionari, paese con meno di
15mila abitanti e quindi non soggetto al secondo turno, la coalizione di
liste civiche di centrodestra guidata
dal nuovo sindaco, Livio Vecchiet
(35,5%), ha sconfitto il democratico
Enrico Masarà (33,7%). A Nimis,
la civica Gloria Bressani (46,9%)
s’è imposta sull’esponente di centrosinistra e sindaco uscente, Walter
Tosolini (29,7%).
È a Monfalcone, però, che il Pd
ha rischiato la disfatta. La candidata
della Lega Nord, Anna Maria Cisint,
ha raggiunto, grazie anche all’appoggio
di Fi e Fdi, il 49,5%. Più di 15 punti
in più dell’esponente del Pd, Silvia
Altran, che andrà al ballottaggio con
la base, risicata, del 34%. Un’impresa sfiorata per il centrodestra e una
rimonta quasi impossibile per il centrosinistra, che rischia di perdere una
propria roccaforte conquistata, prima
d’ora, solo dalla Dc, con una breve parentesi tra la fine del 1980 e l’inizio
degli anni ‘90. Anche a Codroipo, il
sindaco uscente, Fabio Marchetti,
appoggiato da una coalizione di centrodestra, al secondo turno è nettamente
favorito sul dem Alberto Soramel:
47,4% contro 35,5%.
Il centrodestra, col senatore
Maurizio Gasparri, ha subito chiamato in causa Serracchiani. «Dopo Pordenone e Trieste, altri avvisi di sfratto
per Serracchiani», ha detto Gasparri.
«Sono contento di aver partecipato alla
campagna elettorale coi nostri militanti della regione». Dall’altra parte, il Pd
tenterà di ribaltare i pronostici che lo
vedono indietro nei ballottaggi a Monfalcone e a Codroipo. «La sfida è difficile, ma lavoreremo sodo per vincerla»,
ha spiegato al Messaggero Veneto la
segretaria regionale dei dem, Antonella Grim. «Dobbiamo riportare al
voto larga parte di quegli elettori di
centrosinistra che non si sono sentiti
sufficientemente coinvolti».
Oltre alla conferma del centrodestra e alle ulteriori difficoltà del Pd,
le amministrative della scorsa domenica hanno certificato che M5s, in Friuli,
non attecchisce. I suoi candidati hanno ottenuto buoni risultati, ma, come
a Trieste e a Pordenone, sono rimasti
fuori dai ballottaggi. Tra due settimane, il Pd, per avere una speranza al
secondo turno, dovrà convincere anche
gli elettori grillini.
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