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Giustizia & Sentenze
Il commento alle principali sentenze
N. 70
27.10.2016
Omessa IVA: l’estinzione del debito
cancella il reato
Per la nuova causa di non punibilità opera il favor rei
A cura di Paola Mauro
Categoria: Contenzioso
Sottocategoria: Reati tributari
Rispetto al reato di omesso versamento di IVA, ex art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000, il D.Lgs. n. 158/2015 ha
introdotto una causa di non punibilità che opera laddove il debito verso l’Erario sia stato estinto prima
dell’apertura del dibattimento di primo grado.
Questa importante novità è al centro della sentenza n. 40314/2016 della Terza Sezione Penale della
Cassazione secondo la quale, nei soli procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n.
158/15, il reato di omesso versamento dell’IVA non è punibile, ove l’imputato abbia provveduto
all’integrale pagamento del debito tributario anche dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, ma prima del giudicato.
PREMESSA
Ai sensi dell’articolo 13, primo comma, del D.Lgs. 10/03/2000 n. 74, come
riformato dal D.Lgs. n. 24/09/2015 n. 158, in vigore dal 22 ottobre 2015:
 “i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono
punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e
interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi
dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di
adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del
ravvedimento operoso”.
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Dunque il decreto di riforma dei reati tributari (D.Lgs. n. 158/15) ha introdotto
una causa di non punibilità in relazione ai reati di:
 omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta (art.
10-bis);
 omesso versamento di IVA (art. 10-ter);
 indebita compensazione, limitatamente ai crediti non spettanti (art. 10quater co. 1).
SENTENZA
N. 40314/2016
Su questa importante novità si sofferma la sentenza n. 40314/2016 della Terza
Sezione Penale della Cassazione chiarendo che, nei soli procedimenti in corso
alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158/15, il reato di omesso
versamento dell’IVA non è punibile ove l’imputato abbia provveduto
all’integrale pagamento del debito tributario anche dopo la dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, ma prima del giudicato.
Si può ritenere che tale principio valga anche per i reati di omesso versamento
di ritenute e di indebita compensazione; ma in questo secondo caso
limitatamente all’ipotesi (meno grave) di utilizzo di crediti “non spettanti” (resta
fuori la compensazione di crediti “inesistenti” di cui al comma 2 dell’art. 10quater).
Fatta questa premessa, passiamo a esaminare il pronunciamento della
Suprema Corte con riguardo al reato di omessa IVA.
Per i reati che restano fuori dal campo di applicazione della causa di non
punibilità prevista dal riformato articolo 13, il pagamento del debito tributario
“prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”
comporta ai sensi del neo-introdotto art. 13-bis la diminuzione “fino alla
metà” della pena, nonché la non applicabilità delle sanzioni accessorie di cui
all’articolo 12, quali l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche
e delle imprese, l’incapacità di contrattare con la P.A., l'interdizione dalle
funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria etc. (a tal
proposito si veda Cass. pen. Sez. 3 n. 38850/2016, relativamente al reato di
dichiarazione fraudolenta ex art. 2).
IL CASO
Il legale rappresentate di una Srl è stato condannato dai giudici di secondo
grado alla pena della reclusione (4 mesi), in relazione al reato di omesso
versamento di IVA per l’anno d’imposta 2007.
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In pendenza del giudizio di legittimità, il difensore dell’imprenditore ha
provveduto alla trasmissione di una memoria con cui ha richiesto
l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna per intervenuta
estinzione del debito con l’Erario.
Alla suddetta memoria difensiva è stata allegata un’attestazione di Equitalia
circa il versamento dell’intero debito tributario, in ottemperanza al piano di
pagamento
rateale concordato
con
l’Amministrazione Finanziaria. La
circostanza del pagamento così documentata ha determinato l’annullamento
della sentenza di condanna, con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.
LA S.C. INTEPRETA LA RIFORMA
Fino al 21 ottobre 2015 - e cioè prima dell’entrata a regime della riforma del
sistema sanzionatorio penal-tributario -, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74/00
(vecchia formulazione), l’estinzione del debito tributario prima dell’apertura del
dibattimento non era causa estintiva del reato, ma garantiva solamente uno
sconto di pena (diminuzione “fino a un terzo”), accompagnato dalla
inapplicabilità delle sanzioni accessorie e dalla possibilità di formulare
richiesta di patteggiamento (art. 444 cod. pen.).
Ebbene, i supremi giudici nella sentenza n. 40314/2016 osservano che la
diversa natura assegnata dalla riforma al pagamento del debito tributario,
quale fatto che non riguarda più soltanto il “quantum” della punibilità, ma
l'“an” della punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia
stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dal riformato articolo
13 del D.Lgs. n. 74/2000, l'imputato debba essere considerato nelle medesime
condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva; il principio di uguaglianza,
che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, impone, infatti, di ritenere
che, sotto il profilo sostanziale, il pagamento del debito tributario assuma la
medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore del D.Lgs. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purché prima del
giudicato.
Secondo la sentenza in esame, dunque, la preclusione assegnata all’apertura
del dibattimento non può operare nei confronti degli imputati che hanno
provveduto al pagamento integrale del debito tributario, nel caso in cui la più
favorevole disciplina è stata introdotta in pendenza del procedimento, e
allorquando la predetta scansione processuale era stata già superata; e ciò in
applicazione del principio del favor rei.
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Pertanto, si legge in sentenza, “nei soli procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore del d.lgs. 158/2015, deve ritenersi che l’imputato sia nella medesima
situazione giuridica che fonda, allorquando non vi sia ancora stata l’apertura del
dibattimento, l’efficacia estintiva prevista dalla nuova causa di non punibilità;
viceversa, si registrerebbe una disparità di trattamento in relazione a situazioni
uguali in ordine alla quale sarebbe prospettabile una questione di legittimità
costituzionale”.
Insomma, la nuova disposizione indica nella dichiarazione di apertura del
dibattimento il limite della causa estintiva. Tuttavia nei procedimenti - come
quello di specie - in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto di
riforma, si giustifica l’applicabilità della causa di non punibilità ai casi
d’integrale pagamento nel corso del giudizio degli importi dovuti al Fisco. Con
l’unico limite del giudicato.
La Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha quindi annullato la sentenza
impugnata, con rinvio alla Corte d’appello affinché valuti se il pagamento
documentato dall’imputato sia stato comprensivo anche delle sanzioni
amministrative e degli interessi come richiede il riformato articolo 13 del
D.Lgs. n. 74/2000, ai fini della non punibilità.
Previgente ART. 13
Rubricato: Circostanze del reato
1. Le pene previste per i delitti di cui al presente
decreto sono diminuite fino ad un terzo e non si
applicano le pene accessorie indicate nell'articolo
12 se, prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi
ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati
estinti mediante pagamento, anche a seguito delle
Testo in vigore
fino al 21/10/2015
speciali procedure conciliative o di adesione
all'accertamento previste dalle norme tributarie.
2. A tale fine, il pagamento deve riguardare anche le
sanzioni amministrative previste per la violazione
delle norme tributarie, sebbene non applicabili
all'imputato a norma dell'articolo 19, comma 1.
2-bis.
Per i delitti di cui al presente decreto
l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444
del codice di procedura penale può essere chiesta
dalle parti solo qualora ricorra la circostanza
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attenuante di cui ai commi 1 e 2.
3. Della diminuzione di pena prevista dal comma 1
non si tiene conto ai fini della sostituzione della
pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria a
norma dell'articolo 53 della legge 24 novembre
1981, n. 689.
Attuale ART. 13
Rubricato: Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario
1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10quater, comma 1, non sono punibili se, prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo
grado,
i
debiti
tributari,
comprese
sanzioni
amministrative e interessi, sono stati estinti
mediante integrale pagamento degli importi dovuti,
anche a seguito delle speciali procedure conciliative
e di adesione all'accertamento previste dalle norme
tributarie, nonché del ravvedimento operoso.
2. I reati di cui agli articoli 4 e 5 non sono punibili se
i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono
stati estinti mediante integrale pagamento degli
importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso
o della presentazione della dichiarazione omessa
Testo in vigore
dal 22/10/2015
entro il termine di presentazione della dichiarazione
relativa
al
periodo
d'imposta
successivo,
sempreché il ravvedimento o la presentazione siano
intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto
formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche
o dell'inizio di qualunque attività di accertamento
amministrativo o di procedimenti penali.
3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado, il debito tributario sia
in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche
ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13-bis, è dato un
termine di tre mesi per il pagamento del debito
residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il
Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una
sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga
necessario, ferma restando la sospensione della
prescrizione.
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ART. 13-BIS
Rubricato: Circostanze del reato
1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti
di cui al presente decreto sono diminuite fino alla
metà e non si applicano le pene accessorie indicate
nell'articolo 12 se, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, i debiti
tributari,
comprese
sanzioni
amministrative
e
interessi, sono stati estinti mediante integrale
pagamento degli importi dovuti, anche a seguito
delle speciali procedure conciliative e di adesione
all'accertamento previste dalle norme tributarie.
In vigore dal
22/10/2015
2. Per i delitti di cui al presente decreto
l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444
del codice di procedura penale può essere chiesta
dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui
al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte
salve le ipotesi di cui all'articolo 13, commi 1 e 2.
3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono
aumentate della metà se il reato è commesso dal
concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza
fiscale svolta da un professionista o da un
intermediario finanziario o bancario attraverso
l'elaborazione o la commercializzazione di modelli
di evasione fiscale.
NON
PUNIBILITÀ
PER MANCATO
SUPERAMENTO
DELLA NUOVA
SOGLIA
Con riguardo al reato di omessa IVA la Cassazione ha riconosciuto la portata
retroattiva della riforma recata dal D.Lgs. n. 158/15 anche in relazione alla
nuova soglia di punibilità (Cass. n. 3098/2016).
La riforma dei reati tributari:
 ha innalzato da 50 mila a 150 mila euro per ciascun periodo d’imposta
la soglia minima di rilevanza penale per il caso di omesso versamento
di IVA.
Secondo la Cassazione, nei procedimenti già in corso alla data di entrata in
vigore del D.Lgs. 158/2015 (22 ottobre 2015) l’imputato deve essere mandato
assolto con la formula “il fatto non sussiste” se non risulta integrata la soglia di
150 mila euro per ciascun periodo d’imposta. E ciò per il principio del favor rei.
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La formula assolutoria “perché il fatto non sussiste”
Cass. pen. Sez. 3
è da utilizzare in ipotesi di mancata integrazione
n. 3098/2016
della soglia di punibilità nel delitto previsto dall'art.
10-ter D.Lgs. n. 74/2000 vuoi perché, essendo stato
contestato un fatto integrante la soglia, lo stesso è
invece
risultato,
a
seguito
dell'accertamento
processuale, sotto-soglia oppure vuoi perché la
soglia di punibilità è stata elevata a seguito della
declaratoria di incostituzionalità della disposizione
che la prevede (C. cost. sent. n. 80/2014) o, ancora,
vuoi perché tale elevazione sia da attribuire allo ius
superveniens (D.Lgs. n. 158/15).
RIFERIMENTI
NORMATIVI E DI
PRASSI
-
D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come riformato dal D.Lgs. 24/09/2015 n.
158, ARTT. 10-ter, 13 e 13-bis;
-
Decreto del Ministero delle Finanze 13 giugno 2000: Modalità di
documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari;
-
Circolare del Ministero delle Finanze n. 154/E del 4 agosto 2000.
- RIPRODUZIONE RISERVATA -
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