Reggia di Caserta. Boom di visitatori, ma la dimora reale resta

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27/10/2016
Reggia di Caserta. Boom di visitatori, ma la dimora reale resta sporca. E a pulire il parco
arriva la Us Navy
Caserta. «Ora che torni in Francia raccontalo alla mamma che la nonna ti ha portato in un posto che... Altro che
Versailles». Ci fosse stato Mauro Felicori, il guru della rinascita della Reggia di Caserta, la signora sarebbe già su
Facebook, fotografata davanti alla fontana di Diana e Atteone insieme al marito, al figlio e ai due nipotini residenti
Oltralpe, magari con l’hashtag #orgoglioCaserta. Versailles, però, è ancora lontana. Nonostante il miracolo Felicori, il
filosofo bolognese inviato un anno fa dal governo per tamponare l’emorragia di visitatori e rilanciare l’immagine della
dimora reale. La Reggia chiuderà il 2016 con un incremento di visitatori, e di incassi, del 30% rispetto al 2015. La cura
Felicori consiste in somministrazioni massicce di post su Facebook con l’hashtag #fiduciaCaserta, in una vasta
operazione di marketing – dallo spot Carpisa con Penelope Cruz, ai prodotti con il logo della Reggia, alla caccia al
tesoro con buono spesa nel megastore in palio – un’attività instancabile che ha creato il paradosso del primo dirigente
accusato di stacanovismo dai sindacati. Una mano l’hanno data anche due visite del premier e la Regione che ha
regalato i concerti di Pappano e Oren. Oggi il palazzo reale di Caserta viene considerato un simbolo della rinascita
culturale, consacrato dalla Rai nella prima puntata del suo «Viaggio nella bellezza». In 12 mesi di gestione Felicori
sono stati risolti tanti annosi problemi ma il lavoro da fare, e non soltanto per l’infaticabile direttore, è ancora tanto. Se
si staccano gli occhi dalla meravigliosa facciata, il lungo vialone d’accesso liberato da chioschi e venditori – ne sono
rimasti un paio, ambulanti in bicicletta a prova di fuga – appare un lembo di hinterland qualsiasi con le uscite dei
sottopassaggi dai parcheggi imbrattate di scritte, le grandi aiuole laterali piene di erbacce. La biglietteria sembra quella
di una stazioncina, il ticket per Reggia, Parco e Giardino Inglese è di 12 euro, nemmeno una brochure. La guida, una
decina di pagine mappa compresa, costa 1,50 euro, l’audioguida 4 euro ma non comprende Terra e Motus, la
collezione contemporanea che Felicori ha rimesso in mostra nei locali dismessi dall’Aeronautica. La Reggia è in pieno
restauro, transenne e barbacane ovunque. È uno stretto corridoio tra le transenne l’accesso alla toilette – un unico
servizio per tutto l’edificio, chiuso il bagno per i disabili, guasti tre wc su cinque dove nei giorni di punta si creano file
vergognose per un luogo d’arte. Sul marmo lucido dello Scalone d’Onore risaltano carte, cicche, cenere e soprattutto
guano e piume d’uccelli: la doppia volta affrescata con la Reggia di Apollo è residenza dei piccioni, le loro piume,
come le molliche di pane di Pollicino nel bosco, disegnano tutto il percorso negli Appartamenti reali. La sporcizia della
rampa non scoraggia due coppie di visitatori che, seduti gli uni di fronte agli altri si fanno foto e si scambiano battute,
più che altro battutacce, sul sesso dei «rispettivi» leoni ai quali sono appoggiati. E la scena non desta alcuna
impressione tra i custodi, circa 45 persone in servizio per ogni turno di sorveglianza. Ci sono mozziconi di sigaretta
perfino davanti alla Cappella Palatina. La visita degli Appartamenti reali segue il solito copione della «malacultura» di
alcuni nostri musei: scarse o nulle informazioni – nemmeno una didascalia nella Sala del Biliardo, in quella dedicata ai
ritratti della famiglia Murat per la quale c’è però una app sponsorizzata, nella camera da letto di Murat, non una parola,
se non per il modellino, sulla «sedia volante» il primo ascensore utilizzato dai Borbone – custodi che, come i
carabinieri, stanno sempre almeno in due, quando non in gruppo, seduti sulle panche per i visitatori, lasciando il
controllo di tante sale alla videosorveglianza. Intanto a novembre i volontari della Us Navy dedicheranno due mattinate
alla pulizia del parco. 2,50 euro e una navetta costeggia la via d’acqua, si vedono i pesci nuotare nelle vasche in cui
fino all’estate del 2015 si facevano i tuffi e dove il direttore ha sognato le bracciate della Pellegrini. I mezzi sono due,
partenze
ogni 20 minuti per il Giardino Inglese, lunedì ad uno è scoppiata una gomma e i turisti sono rimasti in attesa, a monte
e a valle, senza che nessuno spiegasse loro cos’era successo. Oltre la caffetteria nell’edificio centrale, l’altro punto di
ristoro è all’ingresso del Giardino Inglese: sulla mappa è segnato come ristorante ma è poco più di un chiosco. Quanto
al Parco regna ancora «il voluto disordine naturale» e non solo, con il quale Maria Carolina d’Austria volle fosse
disegnato: nessun custode all’ingresso nonostante il regolamento ne vieti la visita non accompagnati, nessuna
indicazione all’interno, viali pieni di buche e scivolosi, il Cripto portico del Bagno di Venere, antro oscuro alla Indiana
Jones come lo definisce un gruppo di turiste. I turisti, dunque. «Da quando la Reggia ha maggiore visibilità, grazie a
Felicori, i turisti sono aumentati. Ne vengono di più ma il problema – commenta un gruppo di custodi – è che poi vanno
via delusi. E le lamentele, sempre le stesse, sull’accoglienza, i servizi, la sporcizia, non le affidano solo a Facebook
ma anche a noi». E se davvero arriveranno al milione promesso dal direttore? «Ci sono altri tre anni, ce la possiamo
fare, la rinascita della Reggia è solo all’inizio. Bisogna vedere però alla fine di tutta questa promozione che cosa
saranno diventati i nostri musei, contenitori in cui nessuno si preoccupa di preservare e conservare?». (Gaty Sepe – Il
Mattino)