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Gli sciiti che dicono no a Teheran | 1
venerdì 28 ottobre 2016, 15:30
Gli sciiti che dicono no a Teheran
Dagli Houthi in Yemen, a Muqtada al-Sadr in Iraq, fino al Libano: ecco gli sciiti che non stanno con l’Iran
di Monica Mistretta
'Non siamo stati noi'. Le forze sciite degli Houthi hanno sorpreso la comunità internazionale quando hanno
negato a più riprese il proprio coinvolgimento nell’attacco missilistico che, tra il 9 e il 12 ottobre, ha sfiorato un
cacciatorpediniere della marina americana al largo dello stretto di Bab el-Mandeb, in Yemen. Una mossa inattesa,
perché, con questa smentita, gli Houthi hanno puntato inesorabilmente il dito contro l’Iran, loro principale
sostenitore nella lotta al Presidente dello Yemen Abd Rabbih Mansour Hadi, appoggiato dall’Arabia Saudita. Una vera e
propria presa di distanza dall’Iran che ha suscitato parecchi interrogativi. L’Amministrazione americana ha chiuso la
partita accusando Teheran di aver avuto un ruolo nell’attacco, senza scagionare del tutto gli Houthi. Il 13
ottobre un cacciatorpediniere della marina statunitense ha lanciato missili a salve su alcune postazioni radar controllate dal
movimento sciita sulla costa dello Yemen. Pochi giorni dopo, il 20 ottobre, è scattata una tregua di 72 ore: l’Arabia Saudita
ha ceduto alle pressioni dal Segretario di Stato americano John Kerry e dalla sua controparte inglese, Boris
Johnson, e ha sospeso i bombardamenti sullo Yemen. Il 23 ottobre i bombardamenti sono ripresi, ma la
situazione adesso ha preso una piega diversa. Gli Houthi hanno allentato la tensione con gli Stati Uniti. Nel tentativo
di creare un canale di dialogo, il 15 ottobre le autorità del movimento sciita hanno rilasciato due ostaggi americani trattenuti
in Yemen. Non sono disposti a giocarsi tutto per conto dell’Iran e dei suoi interessi regionali. Sono sciiti, ma
vogliono che si sappia che non obbediscono a Teheran. E non sono gli unici. In marzo, l’imam sciita iracheno
Muqtada al-Sadr ha guidato le proteste popolari contro il Governo di Baghdad tenendo testa a Teheran per
quasi due mesi. L’obiettivo del capo del movimento sadrista non era solo il Primo Ministro, Haider al-Abadi, sostenuto
dall’Iran, ma soprattutto l’ingerenza di Teheran in Iraq. Il suo nemico numero uno è il comandante iraniano Kassem
Soleimani, capo delle forze Quds e delle Unità di Mobilitazione Popolare irachene, le milizie sciite che oggi combattono alle
porte di Mosul. Pur potentissimo e alla guida di un suo esercito personale, Muqtada al-Sadr ha dovuto
temporaneamente cedere di fronte a Teheran. Dopo le proteste di marzo, per qualche mese, è stato costretto a uscire
dalla vita politica: tra smentite e conferme, c’è il dubbio che abbia trascorso il suo periodo di ‘congelamento’ proprio in Iran.
Ma adesso è tornato. In luglio è apparso in pubblico in uniforme accusando l’Iran di aver spedito kamikaze in Iraq
allo scopo di organizzare attentati e creare disordini per mantenere il potere nel Paese. Accuse durissime
dell’imam sciita, un tempo vicinissimo a Teheran. In questi giorni la situazione è più tesa che mai visto che, secondo
l’agenzia iraniana 'Fars News', Kassem Soleimani si troverebbe proprio a Mosul, in Iraq, per coordinare gli attacchi
delle Unità di Mobilitazione Popolare contro l’Isis. Una notizia che non è sicuramente piaciuta a Muqtada al-Sadr e ai
suoi sostenitori. In Libano il dissenso sciita all’Iran è guidato dal movimento Amal. Il leader, Nabih Berri, ha
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/gli-sciiti-che-dicono-no-a-teheran/
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parecchie divergenze con Hassan Nasrallah, Segretario generale di Hezbollah, sostenuto da Teheran. A differenza degli
sciiti di Hezbollah, quelli di Amal si sono categoricamente rifiutati di sacrificarsi partecipando al conflitto siriano al
fianco di Bashar al-Assad e del Corpo delle guardie rivoluzionarie dell’Iran. E adesso per la campagna presidenziale
libanese sostengono Suleiman Frangieh in opposizione a Hezbollah, che ha puntato tutto sul generale Michel Aoun.
Lo scorso marzo queste divergenze si sono trasformate in scontri di piazza tra i sostenitori dei due movimenti. Ma le
tensioni, anche quando esplodono, vengono tenute in sordina a livello ufficiale: pochi giorni fa, il 24 ottobre, le
leadership di Amal e Hezbollah si sono incontrate a Beirut e hanno rilasciato un comunicato congiunto smentendo qualsiasi
tipo di dissenso tra le due organizzazioni, di fatto divise sul candidato alla presidenza libanese. Non importa se le falle che
contraddicono i comunicati ufficiali sono tante. Tra le più chiaccherate, quella che ha toccato il popolare sito sciita Janubia: lo
scorso febbraio Hezbollah, stanco delle critiche, lo ha accusato nientemeno che di essere al servizio di Israele. Gli sciiti non
sono un blocco unico, non lo sono mai stati. Ma adesso sta emergendo un vero e proprio terzo polo che va oltre
la lotta tra sciiti e sunniti che infiamma il Medio Oriente dal 2011: gli sciiti che non obbediscono più a Teheran. Non
stanno con l’Arabia Saudita, ma neanche con l’Iran. Si muovono con cautela e cercano nuovi alleati.
di Monica Mistretta
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