La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 21 ottobre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Boom di licenziamenti per giusta causa (Piccolo, 2 articoli)
Carrefour ai sindaci: se ci impedite di aprire chiederemo i danni (M. Veneto)
Sindacati all’attacco sulle aperture festive: «Aziende arroganti» (Piccolo
Supermercati contro la Regione (Gazzettino)
Dalla sanità alle Uti, test per la Regione (Piccolo, 2 articoli)
Flick: le Speciali hanno fallito. Serracchiani: il Fvg è virtuoso (M. Veneto)
Dipendenti regionali senza buoni pasto, scatta l’interrogazione (M. Veneto)
L’Austria crea una barriera anti-profughi (M. Veneto)
La partecipazione del Friuli alla rinascita dell’Italia (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 11)
Trenkwalker, Settanta lavoratori interinali sono senza stipendio (M. Veneto Udine)
Uti, sindacati divisi su posticipo e protocollo d’intesa (M. Veneto Udine)
Pensioni integrative per i vigili urbani grazie alle multe (M. Veneto Udine)
Scuola, protesta Cgil dal prefetto (M. Veneto Pordenone)
Per due giorni lo sciopero del pane (Gazzettino Pordenone)
IdealScala, più vicini i fondi coop per ripartire (Gazzettino Pordenone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Boom di licenziamenti per giusta causa (Piccolo)
di Marco Ballico - Il caso Monfalcone, quello dei tre operai trovati a dormire durante il turno
notturno, non è isolato. I licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, in tempi di
Jobs Act, sono in aumento. A livello nazionale si è passati in due anni da 35 a 46mila, ma il vero
boom è l'incremento dal 2015 al 2016 (+28%). Un trend che riguarda anche il Friuli Venezia Giulia.
Nel dettaglio delle cifre raccolte dalla Regione sui dati diffusi dall'Inps, alla voce "licenziamento
giusta causa" si registra un incremento del 27,2% (da 375 a 477) dal primo semestre 2015 al primo
2016 e addirittura del 61,3% (da 163 a 263) a quella "licenziamento per giustificato motivo
soggettivo", sempre nello stesso periodo. La spinta del Jobs Act sta perdendo valore. Da gennaio ad
agosto di quest'anno le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono calate in regione di quasi il
40%, più che nel resto d'Italia, un dato in parte conseguenza della forte accelerazione di fine 2015,
determinata dalla possibilità per le imprese di usufruire di una decontribuzione più vantaggiosa.
Fatto sta che la dinamica del lavoro ne ha risentito. E pure i licenziamenti sono in fase di decollo. A
sentire il sindacato il motivo è legato proprio alla riforma del lavoro di Matteo Renzi, quella che ha
cancellato l'articolo 18. «Sicuramente il Jobs Act consente all'azienda di licenziare con meno paura
- dice senza mezzi termini il segretario regionale dell'Ugl Fvg Matteo Cernigoi -. Tra l'alto con la
reintegrazione che è ormai prevista solo per i casi di scuola». A leggere le tabelle anche Manuela
Troisi, legale udinese che cura cause di lavoro per la Cgil, ritiene che un effetto Jobs Act ci possa
senz'altro essere. I licenziamenti per giusta causa incrementati negli ultimi mesi risultavano invece
costanti, se non in calo, negli anni precedenti (erano 985 nel 2010, sono diventati 911 nel 2014). Lo
stesso per i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo: 403 nel 2010, 311 nel 2014. «Posto
che le differenze più significative si notano nel confronto tra primo semestre 2016 e primo semestre
2015, si può ipotizzare che le cifre si riferiscano ad assunzioni effettuate con i contratti a tutele
crescenti in vigore dal marzo dello scorso anno - osserva Troisi -, anche se non è certamente detto
che tutti i tempi indeterminati siano stati contrattualizzati con le nuove regole». L'impressione, in
ogni caso, «è che in buona parte si possa trattare di scelte di natura puramente economica,
strumentali ai costi ridotti consentiti dalla nuova normativa che prevede una riduzione ai minimi
termini del risarcimento del danno in caso di licenziamento illegittimo e la reintegrazione nel posto
di lavoro come una ipotesi del tutto residuale». Non manca la lettura della Regione. L'assessore al
Lavoro Loredana Panariti invita innanzi tutto a non sottovalutare i flussi di assunzioni tra il 2015 e
il 2016. «È difficile dire che siamo fuori dalla crisi - osserva -, ma al tempo stesso non si può non
rilevare l'inversione di tendenza durante il 2015 per quel che riguarda l'occupazione, al punto che
l'aumento delle assunzioni ha superato quello delle cessazioni». Quanto all'incremento dei
licenziamenti per giusta causa, «le maglie più larghe per le aziende a seguito dell'abrogazione
dell'articolo 18 hanno senz'altro inciso, proprio come ci aspettavamo. L'andamento è peraltro
relativo a un tempo breve, che non consente valutazioni definitive. Ci riserviamo dunque un
approfondimento». Una prima idea, tuttavia, c'è già: «Purtroppo temiamo che in larga parte i
licenziamenti riguardino la componente femminile, in particolare per quel che riguarda i casi di
ritorno dalla maternità». Sotto esame da parte della Regione anche il perdurante boom dei voucher:
quasi 4,3 milioni nei primi otto mesi dell'anno in Fvg, con una crescita del 29,9% rispetto allo
stesso periodo dell'anno scorso (quasi 1 milione in più). «Ho sempre sostenuto che questo strumento
dovrebbe servire a fare emergere lavori di breve durata, non continuativi - dice Panariti -. Speriamo
che la stretta dell'obbligo di comunicazione all'Inps almeno 60 minuti prima dell'inizio di ciascuna
prestazione possa favorire la riduzione di un utilizzo realmente esagerato. Non dimentichiamo
nemmeno che chi viene pagato con i voucher non esce dalla disoccupazione».
Castro: «È il prezzo delle ristrutturazioni»
di Piercarlo Fiumanò - Maurizio Castro, ex top manager di Electrolux in Italia, è un grande esperto
di politiche del lavoro e relazioni industriali. Maurizio Castro, assunzioni e dimissioni in calo,
licenziamenti e voucher in crescita. I recenti dati sul lavoro hanno creato un allarme generale..
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L’unica leva per aumentare il tasso di occupazione nel breve periodo è una vera crescita economica
che in questo momento nel nostro Paese è assente. L’operazione Jobs Act, grazie all’incentivo
economico ad assumere, ha reso più agile il mercato del lavoro ma non ha risolto le debolezze
strutturali della nostra economia. Così come gli 80 euro non hanno rilanciato in modo stabile i
consumi. Considero la soppressione dell’articolo 18 una riforma virtuosa che può produrre benefici
nel lungo termine. Temo tuttavia che dovremo aspettare il 2017 o il 2018 per vedere più
disinvoltura nell’assumere da parte delle aziende. Oggi si licenzia chi è estraneo alle ragioni
produttive dell’azienda. Anche qui pesano molto le nubi della crisi sull’economia. Soltanto nei
primi otto mesi del 2016 sono stati utilizzati 96,6 milioni di voucher. Sta affiorando una nuova
economia sommersa? I voucher dovevano servire a mettere in regola giovani, donne, pensionati che
fanno lavori saltuari. Invece in questo Paese c’è sempre qualcuno che si muove in modo
opportunistico al limite dello sfruttamento. Non è colpa della norma ma del solito vizio italico
all’illegalità. La grande industria intanto è a rischio di estinzione.. Paghiamo anche a Nordest un
costo del lavoro pari a quello della Germania, fra i più cari al mondo. L’Italia perde colpi sul fronte
della produttività e facciamo sempre più fatica a competere. Per effetto della grande crisi anche le
piccole aziende del Nordest, molto flessibili ma spesso poco efficienti, stanno affrontando pesanti
ristrutturazioni. Inevitabile che si paghi un prezzo elevato sul piano dell’occupazione. Bisogna
iniziare a prendere atto che è in questo Paese è necessario rifondare una vera politica industriale. Si
rafforza intanto una economia dei servizi che tuttavia si muove su dinamiche non molto chiare..
Non è estranea alle ragioni di questo declino una insufficiente cultura manageriale che cerca di
incorporare nella struttura dei costi quote di illegalità per stare a galla. Al contrario della grande
manifattura industriale, dove i contratti garantiscono diritti e protezione sociale, stanno nascendo
mestieri tipici della nuova era digitale (penso ai pony express che ti portano a casa la cena ordinata
online) che possono favorire fenomeni di sfruttamento. Dove non funziona il vecchio fordismo
industriale, manca una cultura normativa per regolamentare i nuovi mestieri.
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Carrefour ai sindaci: se ci impedite di aprire chiederemo i danni (M. Veneto)
di Michela Zanutto - La Grande distribuzione lancia la sfida alla Regione: il primo novembre banco di prova per la legge 4 del 2016 - sarà tutto aperto (tranne i negozi Coop Alleanza 3.0). E
avverte i Comuni, chiamati a controllare e sanzionare: «Se arriveranno le multe, ci rivarremo su di
voi», recita una missiva firmata dagli avvocati dell’ipermercato Carrefour di Tavagnacco. La legge
sul commercio fissa 10 chiusure festive obbligatorie. Entrata in vigore il primo ottobre, in attesa del
pronunciamento della Consulta dopo l’impugnativa del Governo, la prima occasione di testare il
sistema arriverà martedì primo novembre. Nel frattempo si affilano le armi. Perché la
multinazionale francese Carrefour ha inviato alle amministrazioni comunali chiamate a verificare le
chiusure, una lettera firmata dai suoi legali in cui avverte che, in caso di sanzioni, la catena di
supermercati è pronta a chiedere i danni alle amministrazioni, calcolati sull’incasso medio
giornaliero. Evidente che a un piccolo Comune tremano le gambe davanti a cifre a molti zeri. In
ballo non c’è tanto l’incasso della giornata festiva (è stato stimato che queste aperture rappresentano
più costi rispetto ai guadagni, ma rientrano nell’ottica di un servizio al cliente e schiacciano la
piccola concorrenza), quanto un braccio di ferro fra Federdistribuzione e la Regione. In mezzo
stanno i lavoratori che nella maggior parte dei casi non sono retribuiti per il lavoro straordinario.
Restano aperti il primo novembre i supermercati Despar, i Carrefour, il Bennet e l’Iper del Città
Fiera (ai negozianti del centro commerciale è lasciata libertà di scelta). In provincia di Pordenone
Emisfero, Famila e A&O (tutti Unicomm) tengono le serrande alzate, così il Tiare di Villesse (dove
la Coop però sarà chiusa). «Il mancato rispetto, già annunciato da molte aziende, della legge
regionale che impone la chiusura dei negozi in occasione del primo novembre e di altre nove
festività è l’ennesimo segnale di arroganza nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici. Arroganza
aggravata, nell’ambito di Federdistribuzione, dall’ostinazione con cui quest’ultima continua a
negare ai lavoratori, dopo 34 mesi di trattativa, il diritto al rinnovo del contratto, offrendo aumenti
risibili a fronte di crescenti richieste di flessibilità». I sindacati del commercio del Fvg replicano
così agli annunci già fatti da molte aziende della distribuzione, intenzionate a non rispettare il
divieto di apertura. «Ribadiamo con forza che le ricorrenze di carattere laico e religioso sono
l’espressione di sensibilità e valori unanimemente condivisi, nei quali tutti dovrebbero riconoscersi,
dalle istituzioni agli operatori economici», tuonano Susanna Pellegrini, Adriano Giacomazzi e
Matteo Zorn, segretari regionali di Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil. Che lanciano un
appello anche nei confronti degli enti locali: «Destano forte perplessità e preoccupazione dichiarano - posizioni come quelle espresse a Trieste dagli assessori al Commercio e al turismo, che
hanno sollecitato una moratoria nell’applicazione di una legge del cui rispetto i Comuni sono
responsabili, sposando nei fatti le tesi di una delle parti in causa». Filcams, Fisascat e Uiltucs
ricordano il loro giudizio positivo sulla legge regionale. «Il testo è scaturito anche dagli sforzi e
dalle pressioni fatte dai sindacati, da sempre contrari alla completa liberalizzazione degli orari
commerciali. Una posizione condivisa largamente anche dalle principali associazioni datoriali, tra le
quali la sola Federdistribuzione non vuole vedere ciò che ormai è evidente anche tra diversi suoi
associati favorevoli alle chiusure festive, come Unicomm, cui fa capo Famila, Emisfero e A&O».
Unicomm però nella logica delle liberalizzazioni il giorno dei Santi si piegherà davanti alla
concorrenza. Nel sottolineare che le dieci giornate di chiusura individuate dalla legge regionale
andrebbero implementate, «dal momento che la liberalizzazione delle aperture ha solamente
aumentato i disagi dei lavoratori, senza essere un fattore di crescita per l’economia», Pellegrini,
Giacomazzi e Zorn sono consapevoli dei problemi posti dal conflitto apertosi tra Stato e Regione,
rimesso al giudizio della Corte Costituzionale: «Ma siamo anche convinti - affermano - che siano
ormai maturi i tempi per arrivare a una nuova normativa nazionale sul tema». Una convinzione, la
loro, rafforzata anche dai più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di lavoro festivo: «Il
Tribunale di Rovereto è tornato sul tema e ha sancito che lavorare nei giorni festivi non è un
obbligo per i dipendenti», sottolineano.
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Sindacati all’attacco sulle aperture festive: «Aziende arroganti» (Piccolo)
«Il mancato rispetto, già annunciato da molte aziende, della legge regionale che impone la chiusura
dei negozi in occasione del 1° novembre e di altre nove festività è l’ennesimo segnale di arroganza
nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici»: i sindacati del commercio del Fvg replicano così
agli annunci già fatti da molte aziende della distribuzione, intenzionate a non rispettare il divieto di
apertura. I sindacati attaccano anche Federdistribuzione «per l’ostinazione con cui continua a
negare ai lavoratori, dopo 34 mesi di trattativa, il diritto al rinnovo del contratto, offrendo aumenti
risibili a fronte di crescenti richieste di flessibilità». «Ribadiamo con forza che le ricorrenze di
carattere laico e religioso sono l’espressione di sensibilità e valori unanimemente condivisi, nei
quali tutti dovrebbero riconoscersi, dalle istituzioni agli operatori economici», sostengono Susanna
Pellegrini, Adriano Giacomazzi e Matteo Zorn, segretari regionali di Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e
Uiltucs-Uil. Che lanciano un appello anche nei confronti degli enti locali: «Destano forte perplessità
e preoccupazione – dichiarano – posizioni come quelle espresse a Trieste dagli assessori al
Commercio e al Turismo, che hanno sollecitato una moratoria nell’applicazione di una legge della
cui applicazione i Comuni sono responsabili, sposando nei fatti le tesi di una delle parti in causa».
Filcams, Fisascat e Uiltucs ribadiscono per l’ennesima volta il loro giudizio positivo sulla legge
regionale. «La legge – ricordano –è anche scaturita dagli sforzi e dalle pressioni fatte dai sindacati,
da sempre contrari alla completa liberalizzazione degli orari commerciali. Una posizione condivisa
largamente anche dalle principali associazioni datoriali, tra le quali la sola Federdistribuzione non
vuole vedere ciò che ormai è evidente anche tra diversi suoi associati favorevoli alle chiusure
festive, come Unicomm, cui fa capo Famila, Emisfero e A&O». Nel sottolineare che le dieci
giornate di chiusura individuate dalla legge regionale andrebbero implementate, «dal momento che
la liberalizzazione delle aperture ha solamente aumentato i disagi dei lavoratori, senza essere un
fattore di crescita per l’economia», Pellegrini, Giacomazzi e Zorn dicono di essere consapevoli dei
problemi posti dal conflitto apertosi tra Stato e Regione, rimesso al giudizio della Corte
Costituzionale: «Ma siamo anche convinti – affermano – che siano ormai maturi i tempi per arrivare
a una nuova normativa nazionale sul tema». I sindacati chiedono che Governo e Parlamento
facciano dietrofront sulla deregulation del settore, «prendendo spunto da leggi come quelle
approvate dalla Regione Friuli Venezia Giulia».
Supermercati contro la Regione (Gazzettino)
testo non disponibile
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Dalla sanità alle Uti, test per la Regione (Piccolo)
di Diego D’Amelio - Sanità, Uti, immigrazione. La campagna elettorale che si sta concludendo a
Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Codroipo e Nimis parla molto degli aspetti strettamente locali
ma, visti i temi principali del dibattito e il numero di elettori chiamati alle urne, il suo esito
costituirà un termometro non irrilevante per misurare il clima politico in Friuli Venezia Giulia, dopo
la débâcle del centrosinistra alle consultazioni di giugno. I pronostici sono incerti e nessuno si
sbilancia, ma parlamentari ed esponenti di spicco della politica regionale concordano sul fatto che il
voto rappresenti un test probante sulla sintonia fra giunta Serracchiani e opinione pubblica, tanto
più che riforma della sanità, modifiche all'assetto delle autonomie locali e nodo dell'integrazione dei
migranti saranno piatti forti della corsa alle Regionali del 2018. Il senatore Francesco Russo (Pd)
teme di «pagare il prezzo di riforme complesse: temi su cui nell'Isontino si discute molto e che
orienteranno la campagna del 2018. Sarà un banco di prova dopo il deludente turno di giugno e
prevedo un testa a testa. Peserà anche la mancata fusione tra Monfalcone e Ronchi, per l'incapacità
della politica di spiegare i vantaggi di sinergie che dovrebbero allargarsi fino a Trieste. Il risultato
dirà al centrosinistra su cosa puntare nella strategia per le regionali, che al momento non è definita
in termini di leadership e contenuti». Il capogruppo della Lega alla Camera, Max Fedriga, invita a
«non collegare queste elezioni con le regionali perché ora le scelte riguardano le comunità locali. Le
riforme della giunta regionale restano comunque un nervo scoperto al centro della campagna
elettorale, come per l'aumento dei costi generato dalle Uti, il modello fallimentare dell'accoglienza
diffusa, la qualità della sanità targata Serracchiani. Noi offriamo un'alternativa credibile: a Ronchi
batteremo una sinistra divisa, a Monfalcone faremo il miglior risultato di sempre». Per il deputato
dem Giorgio Brandolin «la riconferma a Monfalcone è fondamentale dopo la batosta di giugno.
Fincantieri, centrale a carbone, aeroporto, autostrada, ferrovia, immigrazione sono temi di livello
almeno regionale: adesso e nel 2018 saremo giudicati sulla capacità di dare risposte». Concorda la
consigliera regionale Ilaria Dal Zovo (M5s): «Questi nodi non potranno restare fuori dal programma
regionale, ma è evidente che si sta sgretolando la prospettiva di centrosinistra, che paga il suo modo
di governare la Regione». A suonare la carica per il cambio al vertice è Rodolfo Ziberna (Fi):
«Stavolta corriamo per vincere. Il centrosinistra è un pugile alle corde: dopo le ultime
amministrative e il fallito referendum per la fusione, Serracchiani si è fatta vedere poco in
campagna elettorale per non mettere la faccia su una nuova sconfitta in una Monfalcone invasa dai
"Bangla". Quando prendi Trieste e Pordenone, se ti affermi anche a Monfalcone, Ronchi e Gorizia,
ottieni un plebiscito difficilmente recuperabile». Ziberna cita non a caso Gorizia, dove è dato per
favorito per la candidatura del centrodestra a sindaco nel 2017: «Prima il programma e poi il
candidato, ma sono a disposizione». La disponibilità arriva sull'altra sponda anche dalla senatrice
Laura Fasiolo (Pd): «Lavoro per il territorio a Roma ma sono pronta a tornare se ci sarà un
appoggio unitario. Quanto alle prossime elezioni il clima è incerto, ma Altran ha lavorato bene in un
contesto difficile come è Monfalcone». Per il capogruppo dem in consiglio regionale, Diego
Moretti, «il test è importante anche in chiave futura: Monfalcone e Ronchi rappresentano il 20%
della popolazione della provincia di Gorizia e Codroipo supera i 15mila abitanti. Sono ottimista,
anche se a Ronchi c'è l'incognita di un candidato che stava nel centrosinistra e ora corre per un
centrodestra camuffato. A Monfalcone ce la faremo, ma sarà testa a testa come 5 anni fa». Agli
sgoccioli del mandato di presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta adotta uno
sguardo più ampio: «Ho detto a Debora che Monfalcone è la nostra Stalingrado: se non fermiamo il
centrodestra qui, non lo fermiamo da nessuna parte. Per ripartire in Regione va però messa in
campo una proposta nuova, che superi la dicotomia fra destra e sinistra: oggi il dibattito è se
vogliamo una società aperta oppure chiusa in difesa e a Monfalcone la destra si è compattata
sull'immigrazione, seminando odio. Qui si anticipa un nodo chiave della campagna del 2018 e se
vincesse la Lega le sue parole d'ordine potrebbero diventare faro della coalizione di centrodestra».
Serracchiani: «Evitata la crisi di Fincantieri»
A sostegno della candidata del Pd Silvia Altran ieri si è spesa la presidente della Regione e numero
due nazionale del partito Debora Serracchiani, l'unico "big" che in sostanza ha effettuato un
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passaggio a Monfalcone per il centrosinistra, del resto alle prese con un forte dibattito interno sul
referendum costituzionale. Nell'incontro con il sindaco uscente e i candidati della lista Pd, presente
anche un componente delle Relazioni esterne e con gli enti locali di Fincantieri, Serracchiani si è
concentrata però sui temi locali per sottolineare l'importanza di «scegliere l'esperienza e la
competenza, perché amministrare vuole dire essere responsabili e fare i conti con la realtà». Per
sostenere la propria tesi la governatrice del Friuli Venezia Giulia ha citato ieri il "patto per il Nord"
siglato dai governatori di Veneto, Lombardia e Liguria in cui «gli immigrati compaiono nella
misura in cui servono alle industrie di quei territori». In una replica indiretta sui temi caldi, per il
centrodestra e la sua candidata Anna Cisint, della campagna elettorale monfalconese, la presidente nel sottolineare il costante e «schietto» rapporto con l'amministrazione comunale uscente - ha tenuto
innanzitutto a puntualizzare come «rispetto alla riforma della sanità su Monfalcone sono state
effettuate scelte importanti». Una su tutte quella di «portare nell'ospedale di San Polo il reparto
materno-infantile con la chiusura del Punto nascita di Gorizia con cui è stato però avviato un lavoro
in sinergia, permettendo di trasferire sul territorio il percorso nascita». A fronte delle esigenze della
città, legate anche a una forte presenza industriale, è stato potenziato, dopo oltre un anno e mezzo di
attesa, il personale medico del Pronto soccorso. Tra gli investimenti programmati ci sono invece
una nuova Tac e, «nei prossimi anni», anche la Risonanza magnetica, in sostituzione di quella
acquistata dai monfalconesi 13 anni fa con uno sforzo collettivo. Dalla presidente della Regione ieri
è venuto anche l'impegno a «potenziare ulteriormente il Centro regionale unico amianto, che dovrà
diventare un'eccellenza non solo per il Friuli Venezia Giulia, ma per tutto il Nordest». «Al Crua la
Regione da subito ha inoltre deciso di destinare quanto eventualmente ricevuto come parte civile nei
processi amianto», ha ricordato Serracchiani, annunciando che la prossima settimana incontrerà,
«assieme al sindaco», il nuovo direttore dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone Roberto
Olivari. «Quando mi sono insediata, era in atto una forte crisi dell'azienda - ha ricordato la
governatrice - evitata anche grazie al rapporto costante e anche aspro con la società, che poteva
decidere di chiudere uno stabilimento in Italia e poteva essere anche quello di Monfalcone».
Comunque il più grande e il meglio infrastrutturato tra quelli che la società possiede a livello
nazionale. In atto c'è ora invece un tavolo per affrontare le questioni legate alla viabilità di
collegamento con lo stabilimento che stanno comunque per trovare soluzione, secondo la
presidente, che ieri rispondendo a una richiesta di un candidato ha garantito anche un impegno per il
controllo della rumorosità dello stabilimento. Sul tema dell'immigrazione comunque ieri qualcuno
degli esponenti del centrosinistra presenti all'incontro ha sollecitato un'attenzione particolare da
parte della Regione, ricordando come il 20,5% dei 28mila residenti della città sia straniero, un dato
che non ha pari in Fvg. Il sindaco uscente e candidata del Pd Silvia Altran dal canto suo ha
ringraziato la presidente per l'incontro «concordato in tempi molto brevi». «Sono qui come
presidente della Regione e nel mio ruolo politico - ha detto Serracchiani - perché credo che un
territorio come quello di Monfalcone abbia bisogno di amministratori competenti e onesti». L'invito
lanciato ieri, insomma, è quello di preferire la continuità amministrativa. Laura Blasich
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Flick: le Speciali hanno fallito. Serracchiani: il Fvg è virtuoso (M. Veneto)
di Martina Milia - Si parte subito dal nodo spinoso dell’Autonomia e della Specialitá. E almeno su
quella, Giovanni Maria Flick, presidente emerito corte Costituzionale, e Debora Serracchiani,
presidente della Regione, sono d’accordo: la riforma costituzionale non tocca in alcun modo le
regioni a statuto speciale. Una ragione che spinge Flick a votare no – «le Speciali sono quelle che
più avrebbero bisogno di un correttivo visto che le motivazioni per la Specialità sono venute meno»
– e che invece rafforza la posizione di Serracchiani. «Lo strumento dell’intesa, introdotto per la
prima volta – sottolinea Serracchiani –, è un’opportunità che ci consentirà di fare un riadattamento
di una Specialità che qui è virtuosa». Sala gremita a Pordenone – con tanti rimasti fuori dalla sala –
per il dibattito sul referendum costituzionale organizzato dai Cittadini per il presidente e moderato
da Bruno Malattia. Alla fine i presenti hanno anche votato: 118 sì, 61 no. Bicameralismo Per
Debora Serracchiani è arrivato il momento di cambiare e la Camera delle Regioni è stato il mantra
della sinistra italiana: «Abbiamo sempre immaginato un luogo fisico per discutere delle dinamiche
dei territori e questo consente di superare il bicameralismo paritario. Si poteva fare di più e meglio?
Sempre, ma con questa scusa è vent’anni che il Paese non fa nulla. Ci sono voluti 800 giorni per
approvare il collegato agricolo: non ce lo possiamo più permettere». Flick evidenzia che si toccano
anche i principi della prima parte della Costituzione riducendo i poteri delle Regioni ordinarie e
sottolinea come si passi da un bicameralismo perfetto a uno “mal fatto”. «Mi preoccupa che si pensi
che basti cambiare le leggi per cambiare le cose: le leggi sul finanziamento della politica o ad
personam, venivano approvate in tre giorni. Sono contro un’eliminazione del bicameralismo
perfetto con un bicameralismo a metà con una composizione su cui avrei molto da dire. Manca
ancora la legge su come sarà indicato il corpo elettorale». Costi della politica «Nel primo mese e
mezzo di elezione come giunta – rivendica Serracchiani – abbiamo ridotto del 40% l’indennità dei
consiglieri, abolito del 90% i fondi ai gruppi, abolito i vitalizi. Qualunque taglio ai costi della
politica è benvenuto, altrimenti non si fa mai nulla. Questa riforma, fatta per rendere più efficiente e
competitivo il Paese, fa anche risparmiare. Se le Regioni hanno moltiplicato i centri di spesa vuol
dire che non hanno usato bene i loro poteri». E a chi oggi dice che si poteva fare di più e meglio in
questa riforma, Serracchiani chiede: «Perchè non avete fatto voi le riforme?». Ma Flick non incassa:
«Non diamo alla Costituzione le colpe della politica perchè per 70 anni ha portato avanti questo
Paese. E la riforma, che ha molti errori, non migliorerà la politica. È vero che il meglio è nemico del
bene, ma qui il bene non lo vedo, vedo solo la voglia di cambiare a tutti i costi». Non è così per
Serracchiani: «È un’opportunità che non possiamo perdere perchè non si farà una riforma in cinque
mesi. Non siamo tutti costiuzionalisti, ma siamo tutti cittadini e abbiamo diritto di scegliere il Paese
che vogliamo. E in Fvg dobbiamo votare Sì anche per mantenere la Specialità».
Dipendenti regionali senza buoni pasto, scatta l’interrogazione (M. Veneto)
I ritardi nella distribuzione dei buoni pasto ai dipendenti regionali sono al centro di una
interrogazione presentata dai consiglieri Rodolfo Ziberna e Paride Carfnelutti. Per ovviare alla
problematica suggeriscono «al fine di una seria ed efficace spending review di erogare in busta paga
a tutti i dipendenti regionali una indennità pari all’ammontare dei buoni». La convenzione con
l’Agenzia aggiudicataria è stata aggiudicata il 4 febbraio scorso e nel frattempo la Regione ha
presentato un interpello all’Agenzia delle entrate per verificare la possibilità di erogare un’indennità
sostitutiva in attesa della firma del contratto. «Dopo un anno e mezzo di sperimentazione questo è il
terzo grave ritardo e ogni volta di più mesi - sottolinea i consiglieri regionali - per cui i dipendenti
non stanno ricevendo né l’indennità mensa, né i buoni pasto».
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L’Austria crea una barriera anti-profughi (M. Veneto)
di Davide Vicedomini - Due semplici prefabbricati in legno poco distanti da dove una volta c’era il
valico. A Passo Monte Croce Carnico, in territorio austriaco, spuntano i centri di identificazione,
prima accoglienza e assistenza dei profughi. Entreranno in funzione solo nel caso in cui i flussi
migratori dovessero intensificarsi dall’Italia. Un’ipotesi che la polizia austriaca prende seriamente
in considerazione. «Attualmente – spiega Rainer Dionisio, portavoce della polizia carinziana – non
ci sono controlli fissi al confine con l’Italia. Continueranno ad esserci controlli nell’ambito delle
cosiddette Agm (Ausgleichmassnahmen “misure di compensazione”) così come già avveniva in
passato. Si tratta di accertamenti da parte della polizia all’interno del territorio austriaco o anche in
prossimità del confine con periodicità non regolare. La polizia carinziana, però, è preparata anche
per l’eventualità che giungano disposizioni di controlli permanenti ai valichi. In questo momento
non vi sono disposizioni al riguardo, né alcuna data effettiva per la loro applicazione. Una possibile
vigilanza al confine dipenderà dai fenomeni migratori, per i quali attualmente non se ne vede la
necessità. Prendiamo tuttavia in considerazione la possibilità che la situazione possa rapidamente
modificarsi». I container sono apparsi lunedì scorso. Un’ipotesi che sembrava già concreta a giugno
quando la rotta balcanica era sotto pressione. Poi più nulla fino a pochi giorni fa quando alcuni
operai hanno messo piede al confine, tra lo stupore dei residenti. La neve ha ritardato i lavori che si
concluderanno nel fine settimana. Del caso il sindaco Massimo Mentil non era informato. Lo ha
saputo ieri mattina e si è subito messo in contatto con il primo cittadino del comune di Mauthen che
ha confermato che quei due container ospiteranno i richiedenti asilo in transito per la loro
identificazione, registrazione, ristoro e assistenza sanitaria e trasferimento in centri di prima
accoglienza o addirittura per respingerli direttamente alla frontiera se sarà raggiunga la soglia
massima fissata per quest’anno per l’Austria, che è di 37.500 persone. «Questa via è poco trafficata
e difficilmente sarà frequentata dai richiedenti asilo – dice Mentil –. Capiamo che l’Austria abbia
voglia di tutelare il proprio territorio. Ma mi meraviglio che nessuno ci abbia avvisato. I confini non
sono più geografici ma psicologici. E se questo è il modo di fare allora va a cadere il significato di
Stati Uniti di Europa. Cercheremo di capire nei prossimi giorni se gli austriaci avranno serie
intenzioni. Non prevediamo però che ci saranno almeno nel breve termine grandi cambiamenti». (ha
collaborato Marco Di Blas)
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La partecipazione del Friuli alla rinascita dell’Italia
di SERGIO MATTARELLA
Il 22 ottobre 1866 fu scritta una pagina decisiva per l’unità d’Italia. Il plebiscito sancì l’ingresso di
Venezia, delle province venete e friulane e di quella di Mantova nel Regno d’Italia, stringendo un
patto costituzionale. A completare l’aspirazione risorgimentale mancavano ancora Roma e il
territorio pontificio. Mancavano anche Trento e Trieste - le altre due Venezie - che divennero
italiane solo dopo le sofferenze della Grande Guerra. Senza Venezia e le Venezie, senza la loro
storia e i loro popoli, il nostro profilo e la nostra identità sarebbero rimasti incompleti. Figure come
i Martiri di Belfiore, Daniele Manin, Ippolito Nievo, Niccolò Tommaseo, rimangono indelebili. Il
1866 porta all’unificazione del Paese il senso di un processo storico non più reversibile. Per l’Italia
e gli italiani, che finalmente si costituivano in Stato, rappresentò l’ingresso nella contemporaneità.
Si riconnetteva una storia comune - nella diversità e originalità delle esperienze - e questo comune
destino offriva nuove opportunità di crescita, di cultura, di emancipazione. Da italiani, i diversi
popoli della penisola acquistano rinnovata dignità in Europa e nel mondo. Il Paese intero deve
molto alle genti di queste contrade - al loro patriottismo, alla loro industriosità, alla loro vocazione
internazionale - e alle testimonianze delle civiltà di questi territori, al loro umanesimo. Grazie, a
nome di tutti. Dal canto loro le Venezie e Mantova hanno trovato, nell’Italia che hanno contribuito a
far nascere, quelle conquiste di libertà che tutto il popolo attendeva, sancite infine, dopo la
Liberazione, nell’ordinamento repubblicano, fondato sulle autonomie. Teatro del lungo e
sanguinoso conflitto della Prima guerra mondiale, questi territori hanno pagato un prezzo alto, che
ha gravato sulle già dure condizioni di vita di tanta parte delle popolazioni, spingendo molti a
scegliere, nella speranza di una vita migliore, la via dell’emigrazione, con un grande contributo allo
sviluppo di Paesi lontani. E’ stata la stagione della Repubblica - con le sue regole democratiche, con
la sua scuola che ha sconfitto l’analfabetismo e diffuso l’istruzione, con la solidarietà tra i territori,
con le capacità imprenditoriali che è riuscita a valorizzare - a permettere, in pochi lustri, a queste
terre una crescita straordinaria. Le piccole e medie imprese in particolare e l’agricoltura di questi
luoghi sono state protagoniste di un boom economico e sociale e sono diventate un modello, in un
sistema di grandi eccellenze. Un esempio che ha restituito molto alla nostra collettività nazionale.
Una lezione che ricorda il valore della fedeltà alla propria memoria, ai principi su cui si fonda la
nostra civiltà, al diritto che rende possibile il progresso e la libertà dei cittadini e delle formazioni
sociali. La vita di una comunità, attraversa - come quella delle persone, di ogni famiglia - vicende
alterne, momenti di espansione e difficoltà. La dura crisi economica che ci siamo trovati ad
affrontare in questi anni ha aperto ferite e la situazione internazionale ci ha posto davanti a problemi
inediti. Ciascuno deve saper fare la propria parte per affrontarli: interlocutori pubblici - Stato,
Regioni, Comuni - e soggetti privati, collettivi e individuali. Alle spalle abbiamo insegnamenti e
valori a cui attingere: se saremo uniti, se saremo coesi anche con i nostri concittadini europei,
saremo forti. Il tempo nuovo ci chiede capacità innovativa, umanità e solidarietà; ci chiede di non
deflettere dalla comprensione reciproca e dall’integrazione sociale, di ridurre le diseguaglianze che
indeboliscono le stesse possibilità di progresso per tutti, di avere uno sguardo lungo e aperto su ciò
che accade intorno a noi. Dobbiamo saper far tesoro di ciò che ci unisce. Il mondo ammira la qualità
italiana. Una qualità che si basa sull’essere, il nostro, il Paese delle mille città d’arte, delle
molteplici università, dei mille mestieri e, al tempo stesso, di apprezzate imprese capaci di portare
sui mercati internazionali il frutto del nostro lavoro e del nostro modo di operare. E tutto questo nel
XXI secolo, quello della globalità, nel quale, anche per questo, contano proprio le radici.
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CRONACHE LOCALI
Trenkwalker, Settanta lavoratori interinali sono senza stipendio (M. Veneto Udine)
Trenkwalker lascia anche a Udine 70 lavoratori interinali senza stipendio. L’agenzia, che è nel
pieno di una crisi nazionale, mercoledì ha improvvisamente chiuso i battenti (riaprendo
regolarmente ieri) dopo che non erano stati pagati i salari di settembre, in scadenza il 15 ottobre. A
Udine l’ufficio è in via Marangoni. Ci lavorano due dipendenti (regolarmente stipendiati il primo
del mese) e gli interinali sono 70, impiegati in diverse aziende della provincia. Per loro la busta
paga di settembre non è ancora arrivata e c’è molta incertezza. «Consiglio a tutti di recarsi
comunque al lavoro – spiega Francesco Buonopane, segretario della Filcams Cgil di Udine –,
perché i somministrati paradossalmente sono i lavoratori più tutelati in questi casi poiché risponde
in solido chi riceve la prestazione». Intanto a cercare di riportare un po’ di luce in una questione
fumosa, pensa l’amministratore unico del Gruppo Trenkwalder Italia, Peter Zehentleitner: «Vorrei
fare chiarezza sulla situazione economica del Gruppo Trenkwalder Italia. Nelle ultime settimane, si
sono sviluppate dinamiche di oggettiva difficoltà per l’accesso al credito bancario, circostanza di
cui sono sinceramente rammaricato, che ci ha impedito di far fronte con la consueta puntualità
all’esecuzione dei pagamenti dei nostri lavoratori, il cui adempimento non è mai stato né è in
discussione», assicura. La situazione sarebbe dunque in corso di definizione, poiché sarebbero nel
frattempo stati identificate nuove linee di credito per una società che «nell’ultimo trimestre ha
registrato performance molto positive e introdotto nel settore tecnologie rivoluzionarie», ricorda
Zehentleitner. (m.z.)
Uti, sindacati divisi su posticipo e protocollo d’intesa (M. Veneto Udine)
Sindacati divisi, ieri, sulla firma del protocollo d’intesa relativo alla costituzione dell’Uti Friuli
Centrale, che contempla alcuni passaggi sul trasferimento del personale. E divisi anche sulla
richiesta – che sarà fatta alla Regione – di posticipare l’avvio dell’Unione territoriale al 1º gennaio
2018 (anzichè 1º gennaio 2017). Ieri in sala giunta si sono riuniti i rappresentanti sindacali (Cisl,
Cgil, Uil, Sapol Cisal, Csa e Rsu) dei lavoratori dei settori coinvolti nel passaggio alle Uti e
appartenenti ai comuni costituendi l’Unione. Il protocollo d’intesa non è stato firmato da Sapol
Cisal perchè il documento è stato ritenuto «inutile», dal momento che «il passaggio del personale
non è oggetto di contrattazione e può essere superato da quello che deciderà la Regione». Sul fronte
del posticipo dell’avvio dell’Uti, invece, hanno manifestato la propria contrarierà Uil e Cisl.
D’accordo, invece, tutte le altre sigle sindacali che hanno proposto la proroga non soltanto per la
polizia locale, ma per tutti i settori coinvolti nel passaggio all’Uti (informatici, statistica, vigili,
ambito socio assistenziale, economato, in tutto oltre 200 persone).
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Pensioni integrative per i vigili urbani grazie alle multe (M. Veneto Udine)
di Giulia Zanello - Un’integrazione alla pensione dei vigili grazie al “tesoretto” accumulato con le
multe. Si parla di circa 700 euro all’anno per ogni dipendente in servizio dal 2010 al 2016 (periodo
in cui sono state accantonate le risorse del fondo previdenziale) che in totale porteranno nelle tasche
degli agenti della polizia locale – qualora abbiano lavorato per tutti gli anni indicati – circa cinque
mila euro ciascuno da sommare alla pensione. Nasce così il bando per l’aggiudicazione della
gestione del servizio di previdenza complementare per il personale della polizia locale, che sarà
pubblicato sul sito dell’amministrazione comunale (www.comune.udine.org.it) e ci si potrà
candidare sino al prossimo 21 novembre. «Il codice della strada, all’articolo 208, consente agli enti,
come in questo caso il Comune – spiega l’assessore comunale al Personale Cinzia Del Torre –, di
riservare una quota degli incassi derivanti dalle sanzioni per attivare un fondo comunale per la
previdenza integrativa della polizia locale che i dipendenti potranno incassare quando andranno in
pensione». Tutti i vigili che nel periodo 2010-2016 hanno prestato servizio al comando – compresi
quelli andati in quiescenza prima del 2016 ma dopo il 2010 – potranno beneficiare dell’integrazione
e di anno in anno sarà l’ente a decidere se destinare o meno i fondi. Dal prossimo anno saranno per
esempio le Uti a valutare la possibilità (e non solo per il comune di Udine) e sarà possibile farlo
sino al 2025, anno in cui scadrà la gara. «C’è voluto molto tempo – osserva Del Torre – prima di
mettere a punto il bando perché sono poche le esperienze analoghe di altri Comuni italiani e la gara
per affidare l’incarico era piuttosto complessa e con caratteristiche molto particolari. Tuttavia –
conclude –, i fondi sono stati sempre accantonati e nulla si è perso, nonostante i ritardi». Con il
contratto collettivo decentrato integrativo risalente al 2010 era stata attivata la previdenza
complementare per il personale della polizia locale. Successivamente, i vigili avevano optato per un
fondo pensionistico di tipo assicurativo, decidendo quindi di non aderire al Fondo Perseo Sirio (un
fondo nazionale per la previdenza complementare per tutti i dipendenti delle pubbliche
amministrazioni), preferendo invece che fosse costituito un fondo solo del Comune. L’importo
accantonato in questi anni, dunque i “fondi certi” stanziati, ammonta a 330.909,09 per il periodo
2010-2016 (al netto del contributo di solidarietà), mentre la parte “presunta”, raccolta nel periodo
2017-2025 (al netto contributo solidarietà) e la cui attivazione - come detto - è subordinata
annualmente alla decisione dell’amministrazione e all’individuazione della relativa copertura
finanziaria, a 425.454,55 euro. Per questo motivo l’importo presunto dell’appalto calcolato sui nove
anni sarà pari a 756.363,64 euro. «Considerato che si valuta sufficientemente probabile – si legge
nella determina del Comune – che negli esercizi futuri verranno destinati annualmente i fondi di cui
in oggetto, e pertanto, per questioni di economicità di gestione, si ritiene opportuno prevedere
nell’importo complessivo dell’appalto anche un importo futuro pari a 425.454,55 euro utilizzabile
in un periodo massimo di 9 anni», è stata aperta la procedura di gara per l’aggiudicazione
dell’appalto stesso, che sarà affidato alla ditta che avrà presentato l’offerta economicamente più
vantaggiosa. Molto soddisfatto il sindaco Honsell: «è una categoria di lavoratori molto importante e
svolge una funzione anche molto logorante».
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Scuola, protesta Cgil dal prefetto (M. Veneto Pordenone)
di Chiara Benotti - Bandiere rosse della scuola in Prefettura a Pordenone: ieri mattina il sindacato
Flc-Cgil ha presentato l’elenco delle doglianze. La pioggia non ha fermato l’assemblea all’aperto e
una ventina di amministrativi e tecnici ha incontrato la Prefetta Maria Rosaria Laganà. «Se non
stacchiamo la spina, le procedure amministrative saranno aperte fino alle 22 – ha dichiarato Mario
Bellomo –. Le 42 segreterie scolastiche pordenonesi sono sotto organico, come del resto gli uffici
dell’ex Provveditorato. E intanto, aumentano i carichi di lavoro». Chi si ammala non è sostituito
nelle segreterie e nemmeno nei laboratori tecnici. «La situazione è al limite del collasso operativo in
alcuni istituti – ha rincarato la dose Bellomo –. Ringraziamo il prefetto, che farà da portavoce del
profondo disagio dei lavoratori. Torneremo al tavolo dell’ufficio governativo per denunciare la
situazione dei bidelli e degli insegnanti». I problemi sul piatto dell’autunno “caldo”: il blocco
contrattuale fino al 2018, l'addio ventilato agli scatti di anzianità, il congelamento degli stipendi per
buona parte della carriera a scuola, il saccheggio del fondo d’istituto, l’utilizzo delle ferie forzate, il
taglio economico per la malattia dei lavoratori, la trattenuta del 2,5% per il Tfr, la cancellazione del
primo gradone stipendiale per neo-assunti dal 2011. Ai tagli in organico di amministrativi e bidelli
(una ventina nel pordenonese calcolati dal 2015) si aggiungono i mal di pancia sul meccanismo di
premialità degli insegnanti. «Il bonus 2015-2016 per i docenti più bravi – ha proseguito Bellomo –
non è ancora stato pagato in molte scuole. Chiediamo di voltare pagina e bloccare questo sistema
che ha scontentato il 99% degli insegnanti. Le risorse vanno incanalate nel rinnovo contrattuale».
Sotto accusa è finita la riforma della “Buona scuola”. «Il prefetto ci dia una mano – è stato l’appello
degli amministrativi –. A Roma devono capire il disagio dei lavoratori scolastici».
Per due giorni lo sciopero del pane (Gazzettino Pordenone)
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IdealScala, più vicini i fondi coop per ripartire (Gazzettino Pordenone)
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