La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – lunedì 18 aprile 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Serracchiani rilancia: «Cittadinanza italiana ai figli degli stranieri» (M. Veneto)
A4, Roma decreta il via libera (Gazzettino)
Infortuni sul lavoro, la Regione investe nella prevenzione (M. Veneto)
«Togliere l’asticella se si vuole che ci sia la partecipazione» (Piccolo)
La nuova ambulanza viaggia "alla cieca" tra Trieste e Gorizia (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Scatta il “premio ghisa” per gli operai della Ferriera (Piccolo Trieste)
Portorosega nel degrado, la Regione va all'attacco (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Centrale, i “paletti” del Consiglio comunale (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Alla Selex di Ronchi commessa da 1 milione per i simulatori di volo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Autisti esclusi dal progetto terminal» (M. Veneto Udine)
Coopca, in assemblea la rabbia dei soci (Gazzettino Udine)
La Regione taglia gli uffici, via al trasloco dei dipendenti (M. Veneto Udine)
Giudice di pace in affanno. Per ora evitata la paralisi (M. Veneto Pordenone)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Serracchiani rilancia: «Cittadinanza italiana ai figli degli stranieri» (M. Veneto)
UDINE «Non possiamo ascoltare la voce di chi alza i muri e di chi vuole chiudere il Brennero. Il
Brennero è un problema di tutta Europa e non possiamo rimanere inermi. I governi socialisti europei
devono battere un colpo». Il vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani, presidente della Regione,
intervenendo ieri al quarto Congresso nazionale del Psi, a Salerno, ha sottolineato con forza la
contrarietà alla decisione assunta dal governo di Vienna. Si allo Ius soli E rimanendo in tema di
migranti, la presidente Serracchiani ha ribadito il suo sì allo ius soli (espressione giuridica che indica
l’acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati
sul suo territorio indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori) «per i figli dei migranti che vivono
in Italia e parlano addirittura i nostri dialetti». E il tema dell’immigrazione è stato uno dei punti più
dibattuti durante la tre giorni di congresso, al punto che il Psi ha deciso di convocare un’assise
straordinaria. Psi: Mastricht da ripensare Il Psi ha proposto congresso straordinario per discutere sulla
doppia crisi che sta attanagliando l’Europa: l’ondata di migrazioni e l’emergenza socioeconomica. È
stato il riconfermato segretario nazionale, Riccardo Nencini, ad affrontare la questione nella sua
relazione conclusiva quando, appunto, ha sottolineato la necessità di «rivedere il trattato di Dublino e
gli accordi di Maastricht». Una proposta avanzata in questi giorni ai rappresentanti socialisti di tutta
Europa giunti al congresso del Psi di Salerno. In tutto erano otto delegazioni estere, tra cui quelle di
Spagna, Francia, Belgio ed Israele. No unanime alle barriere Negli interventi dei 700 delegati, ma
soprattutto di ospiti e di rappresentanti di partiti, che sostengono il governo, è stato posto l’accento
sulla necessità di affrontare con decisione e fermezza il grave problema dei migranti. È stato anche
ribadito come sia inefficace e controproducente alzare barriere alle frontiere. Lo hanno sottolineato,
oltre alla Serracchiani, il sottosegretario agli Affari esteri, Benedetto Della Vedova, e il segretario
nazionale della Cgil, Susanna Camusso. Il referendum di ottobre Nel corso del dibattito è stato anche
ribadito che sulla politica interna il Psi farà la sua parte come forza di centrosinistra per sostenere il
referendum costituzionale che si terrà il prossimo ottobre. «Con il superamento del patto del Nazareno
e la nascita di una permanente coalizione degli opposti - ha detto Riccardo Nencini - il governo deve
darsi un’identità politica più forte e un programma per i prossimi seicento giorni. Insomma serve un
secondo tempo del Governo, con il presidente del consiglio non più solo leader del suo partito, ma di
una coalizione di forze che si prepara a confrontarsi con gli elettori». Invito a rivedere la Fornero E
sempre dal riconfermato segretario Nencini è giunta nella giornata conclusiva di ieri la proposta di
rivedere la legge Fornero. «Tassando il gioco d’azzardo - ha precisato meglio il segretario - si potrà
ricavare un miliardo e 400 milioni di euro, necessari a far fronte ai nuovi pensionati». Dal congresso
del Psi è giunta anche la proposta al presidente della Repubblica di nominare Marco Pannella senatore
a vita. L’Italicumn e la lucertola Infine una curiosità: mentre Serracchiani stava affrontando il tema
delicato dell’Italicum, non proprio entusiasta per la nuova legge elettorale, improvvisamente è
impallidita interrompendosi e guardando verso il basso ha detto: «Quella è una lucertola...». «Le
lucertole portano fortuna», le ha detto la presidente del congresso. Serracchiani ha preso coraggio e ha
proseguito: «Se la lucertola porta fortuna non facciamole del male, ci porteremmo sfiga da soli...», ha
ribadito Serracchiani proseguendo l’intervento. (d.pe.)
A4, Roma decreta il via libera (Gazzettino)
Maurizio Bait TRIESTE - Il Governo italiano ha recepito con decreto legislativo tre importanti direttive
europee in tema di concessioni e appalti, una delle quali - la numero 23 del 2014 - permette
l’affidamento in house a soggetti completamente pubblici di concessioni autostradali e rappresenta il
passaporto normativo per la concessione di lungo corso (fino al 2038) alla Regione Friuli Venezia
Giulia e per suo tramite ad Autovie venete. Per inciso, viene del tutto superata la Legge Obiettivo,
varata in epoca berlusconiana, che tuttavia ha permesso al progetto della terza corsia di assumere
consistenza effettiva. In verità il Governo, con la piena coscienza che la direttiva 23 era di per sé
applicabile sull’intero territorio nazionale senza la necessità di aspettare il recepimento
nell’ordinamento nazionale, ha già sottoscritto con la Regione Friuli Venezia Giulia un protocollo che
affida alla Regione il compito di rendere Autovie del tutto pubblica (o in alternativa istituire un
soggetto societario diverso) e concede un termine indefinito affinché ciò sia realizzato, tenendo
presente che la scadenza della concessione ordinaria attuale (31 marzo 2017) dovrà assai probabilmente
subire una proroga di fatto di fronte alla ristrettezza dei tempi disponibili.
Nelle nuove norme sugli appalti, fra l’altro, si prescrive una diversa configurazione operativa per la
figura del cosiddetto contraente generale, ossia l’impresa appaltatrice che si fa carico anche della
progettazione. È proprio il caso del terzo lotto della terza corsia A4, che sarà contrattualizzato
all’associazione d’imprese Rizzani de Eccher e Pizzarotti e che, fin da inizio estate, potranno avviare i
lavori preliminari di cantiere fra Alvisopoli e Gonars (con il nuovo ponte sul Tagliamento) mentre, con
l’altra mano, definiranno il progetto esecutivo che la struttura del commissario A4 Debora Serracchiani
sarà chiamata a validare. Quanto allo stralcio del quarto lotto della terza corsia Gonars-Snodo A4-A23
di Palmanova, si è tuttora in attesa di una valutazione da parte della Corte dei conti sullo
spacchettamento del lotto, affidato provvisoriamente da anni alla Cooperativa muratori e braccianti
(Cmb).
Già, ma che fine ha fatto il piano finanziario di Atovie venete, ossia il documento decisivo capace di
"innescare" le risorse da mettere in gioco, compreso il maxi-prestito da 300 milioni reso disponibile
dalla Cassa depositi? Dopo il via libera del Ministero delle Infrastrutture, attualmente giace sui tavoli
del Nucleo di valutazione del Cipe, chiamato - a Trieste si confida in tempi non omerici - ad accendere
il disco verde definitivo all’ingresso in scena delle ruspe e del lavoro.
Infortuni sul lavoro, la Regione investe nella prevenzione (M. Veneto)
UDINE Entrerà in vigore giovedì la nuova legge regionale “per la sicurezza dei lavori in quota e per la
prevenzione di infortuni conseguenti al rischio di cadute dall’alto”, infortuni che rappresentano una
delle principali cause di incidenti gravi e assai spesso mortali. «Nell’ambito delle politiche per la tutela
della salute – ricorda l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito –, la Regione dedica grande
attenzione alla prevenzione degli infortuni. E poiché per numero di casi le cadute dall’alto sono
superate solamente dagli incidenti stradali, la riduzione di questi infortuni attraverso rigide norme di
sicurezza (in termini di accorgimenti da adottare) diviene ora un obiettivo prioritario, in considerazione
degli elevatissimi costi sociali: vite umane spezzate, spese in cura e riabilitazione, costi previdenziali e
giudiziari, mancata produttività». Il tema riguarda naturalmente l’edilizia, sia nelle costruzioni sia nelle
manutenzioni, e coinvolge operai ma anche proprietari e inquilini, impegnati in attività banali quali ad
esempio la pulizia di tetti e grondaie. E se appare sempre più necessario accrescere la cultura della
prevenzione e della sicurezza, ecco che sono le scuole il terreno fertile dove piantare questi germogli.
Da qui l’impegno della Regione a investire in formazione, informazione ed educazione, anche verso le
giovani generazioni. Aspetti sui quali si svilupperà già dai prossimi giorni una capillare campagna di
sensibilizzazione. Per quanto poi concerne le malattie professionali, il cui andamento appare in
aumento, Vito evidenzia come l’amministrazione regionale abbia voluto in particolare invertire una
tendenza al rallentamento nel censimento della presenza di amianto.
«Togliere l’asticella se si vuole che ci sia la partecipazione» (Piccolo)
di Marco Ballico UDINE «Impossibile farcela», sentenzia Paolo Feltrin quando viene resa nota
l'affluenza delle 19. Non che ci fossero troppi dubbi nemmeno prima. Il tema trivelle, spiega il
politologo e docente di Scienze politiche all'Università di Trieste, «non era sentito come l'acqua, 5 anni
fa». E poi la politica ci ha messo del suo: chi non voleva il referendum «ha avuto buon gioco». Più in
generale, secondo Feltrin, la vittoria dell'astensionismo, una delle tante nelle partite referendarie del
Paese, «è un'ulteriore conferma che lo strumento va rivisto». Come? «Togliendo o almeno abbassando
il quorum». Professore, esaminando l'affluenza già significativa delle 19, è quanto si aspettava? Siamo
andati appena oltre le previsioni. Ma la sostanza non cambia. Le cause? Innanzitutto politiche. Non
sorprende, ad esempio, che il dato più alto si riscontri in Basilicata, regione dove sono aperte inchieste
proprio sul tema affrontato dal referendum. Affluenze più elevate che altrove si riscontrano anche in
Veneto e Puglia. Nel primo caso, oltre al peso della sinistra Pd, si verifica una sorta di voto di
opposizione da parte di una Lega che delle trivelle ha fatto una bandiera. In Puglia a trascinare gli
elettori è stato invece il governatore Emiliano. Sono voti di valenza prevalentemente politica. Dove
invece la politica non c'entra, cosa rileva? Che il voto sulla costa adriatica è più alto di quello sulla
costa tirrenica. E che, come tradizione, al Nord si vota molto più che al Sud. Il risultato del Fvg? In
linea con le attese. La politicizzazione in Fvg è inferiore a quella del Veneto per la minor presenza di
Lega e sinistra Pd. La politica che non voleva il referendum è stata abile a depotenziarlo? Senz'altro.
D'altro canto il sistema è questo. Se si vuole che i referendum siano partecipati, è necessario togliere il
quorum. Solo così i grandi schieramenti si troverebbero obbligati a correre. In presenza di regole
immutate, si continua a giocare tutto sulla partecipazione al voto. Anche il referendum sull'acqua era
esterno alla politica, molto di movimento, ma la questione era più popolare. E l'affluenza è stata ben
più alta. Se non si toglie il quorum, questo tipo di referendum è ormai inutile? In Italia non si è mai
fatta una riflessione seria, se ne parla solo al momento della chiamata alle urne. Sarebbe invece
opportuno fare un ragionamento sul numero delle firme per promuovere i referendum e pure
sull'asticella della partecipazione. La materia va sicuramente studiata. Renzi può cantar vittoria? Dal
suo punto di vista direi di sì. Ha ottenuto ciò che voleva. I suoi guai emergeranno, eventualmente, alle
amministrative. Un passaggio complicato, il vero banco di prova di Renzi. Più del referendum di
ottobre sulla riforma costituzionale? Non sarebbe facile spiegare una doppia sconfitta in primavera a
Roma e Milano. Diciamo che Renzi può giocare sulle tre scadenze. La prima, il referendum sulle
trivelle, l'ha chiusa positivamente. Credo che la sua strategia, a fine autunno, sarà chiedere una
valutazione complessiva. Credo anche che lui punti a vincere due a uno. Ma a ottobre la partecipazione
sarà più alta? Sì, perché tutti saranno interessati alla più alta mobilitazione. E poi non c'è il quorum e
dunque si giocherà solo sul sì e sul no. Gli italiani sono oggi un popolo di astensionisti? Quello delle
trivelle, argomento minore, non è un esempio che fa troppo testo. Delle grandi democrazie occidentali,
quella italiana è anzi una di quelle che vota di più. Non dimentichiamo poi che il voto è un dovere solo
nei Paesi autoritari. In democrazia c'è anche il diritto di non andare a votare.
La nuova ambulanza viaggia "alla cieca" tra Trieste e Gorizia (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Mandati allo sbaraglio, senza conoscere la toponomastica locale, senza
avere mappe stradali e neppure l’aggiornamento dei navigatori satellitari installati a bordo. Il rischio di
perdersi o di impiegare troppo tempo per soccorrere le persone è molto alto. Gli autisti della nuova
ambulanza posizionata a Santa Croce, pensata per servire anche il territorio Isontino e Monfalconese,
hanno sottoscritto una dura lettera rivolta al Commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero
sanitaria di Trieste Nicola Delli Quadri e ai vertici del 118 con richieste specifiche. Sono una ventina,
complessivamente, gli operatori che hanno firmato il documento. Il servizio, come noto, è partito già da
alcune settimane ma, stando alla lettera, senza la strumentazione adeguata per consentire al personale di
muoversi agilmente, con sicurezza e con la dovuta rapidità tra le strade della zona. Un problema di non
poco conto per chi, come gli operatori delle ambulanze, deve garantire prontezza di intervento e una
capacità di azione in pochissimi minuti. Le richieste, da quanto si è saputo, erano già state portate
verbalmente e con insistenza all’attenzione del management ospedaliero, ma senza ottenere risposte.
Non scritte, almeno. Di qui la decisione di prendere carta e penna, con tanto di firme il calce, e spedire
la lettera al commissario Delli Quadri e ai dirigenti responsabili del servizio di emergenza. Gli autisti,
ripercorrendo il documento, non conoscono con precisione la nuova area in cui si sono ora chiamati a
prestare soccorso; circostanza che potrebbe incidere negativamente sull'efficienza, come fanno notare.
Gli operatori sono mandati allo sbaraglio? L’interrogativo, leggendo quanto riportato, è legittimo. Il
personale, nelle premesse, afferma di aver «preso atto» dell’attivazione della seconda automedica a
Santa Croce, sull’altipiano carsico, e di aver visionato «l’istruzione operativa» che prevede una zona di
intervento estesa fino al centro di Monfalcone. Un nuovo servizio che, tuttavia, deve fare i conti con «la
scarsa conoscenza del territorio in cui si va a operare e il mancato aggiornamento dei navigatori
satellitari», puntualizzano i venti sottoscrittori della lettera indirizzata ai vertici ospedalieri. Oltre
«all’assenza di qualsiasi supporto cartografico». Come dire, si viaggia alla cieca, con il pericolo di non
sapere dove andare quando chiama la gente. L’attivazione di un’ambulanza a Santa Croce, fanno sapere
invece fonti sindacali che nutrono dubbi anche sui benefici in termini di costi dell’intera operazione, è
avvenuta di pari passo con la soppressione di un mezzo nell’Isontino. Di fatto, stando così le cose, la
Regione avrebbe tolto un’automedica a Monfalcone, zona densamente popolata, aggiungendola nel
paesino carsico. E il nuovo mezzo si trova a servire anche la parte più scoperta e sconosciuta.
CRONACHE LOCALI
Scatta il “premio ghisa” per gli operai della Ferriera (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana Le rappresentanze sindacali di Siderurgica Triestina, la società che gestisce la
Ferriera di Servola, hanno siglato con l’azienda il primo contratto integrativo dell’era Arvedi. La bozza
è stata firmata da Cristian Prella e Christian Riosa della Failms, Franco Palman e Giuseppe Spallino
della Uilm e Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Per ora non da Thomas Trost di Fiom-Cgil che solo
recentemente ha sostituito nelle rsu Tiziano Scozzi. L’accordo deve ora essere approvato
dall’assemblea dei lavoratori che si riunirà probabilmente domani. Al di là della questione ambientale e
della sicurezza, punto fondante dell’integrativo è il premio di risultato. In questo ambito il parametro di
produzione è stato individuato nella media di tonnellate al giorno di ghisa liquida per un valore lordo
massimo di 1.300 euro nel 2016 e di 1.800 nel 2017. Il parametro di presenza sono invece le ore
effettive lavorate ordinarie con valore lordo massimo di 1.200 euro sia quest’anno che il prossimo. In
particolare nel primo semestre del 2016 una produzione giornaliera di ghisa liquida di almeno 1.250
tonnellate porterà a un premio di 100 euro al mese, nel secondo semestre una produzione giornaliera di
1.350 tonnellate equivarràa un premio di 116,7 euro. Si stabilisce anche che il valore massimo del
premio, riferito al parametro di produzione, è uguale per tutti i dipendenti: impiegati e operai a
prescindere dalle categorie di inquadramento. Ha diritto al premio di produzione il personale che sia
stato presente in almeno il 75% delle giornate lavorabili in ogni semestre e la liquidazione dell’importo
avverrà con cadenza semestrale. Il premio di presenza viene calcolato a partire dal valore annuo
massimo fissato in 1.200 euro. Tolte le ferie, le festività e i riposi, le ore lavorabili in un anno sono
1.832 e se fatte tutte portano a un premio di 1.200 euro che sarebbero 0,655 all’ora. L’importo
giornaliero del premio di presenza (8 ore lavorate) è 5,240 euro. Il premio di presenza sarà erogato con
cadenza mensile a tutto il personale (operai e impiegati) indipendente dalla tipologia contrattuale di
assunzione. Ad alcuni operai potrà essere inoltre corrisposto il premio polivalenza che equivale a 85
euro lordi mensili. Vuole premiare lo sforzo e il supporto alla realizzazione dei processi produttivi e di
riorganizzazione aziendale da parte di quei dipendenti «che con motivazione e coinvolgimento
svolgono ruoli professionali derivanti dall’integrazione di diverse mansioni e/o da mansioni superiori
rispetto alla propria categoria di inquadramento dimostrando sia disponibilità alla crescita che
flessibilità operativa e capacità di acquisizione di nuove competenze professionali». Preliminarmente,
azienda e rappresentanti sindacali hanno ribadito in maniera forte l’attenzione alla sicurezza sul lavoro
e agli aspetti relativi alla salute e all’ambiente e hanno deciso di istituire una Commissione sicurezza
sul lavoro composta dai Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in carica e da tre rappresentanti
aziendali. La Commissione dovrà riunirsi con cadenza perlomeno bimestrale.
Gli abitanti non mollano su polveri e fumi
L’associazione Nosmog continua a dare battaglia sulla Ferriera e nel corso di una conferenza stampa la
presidente Alda Sancin e il segretario Adriano Tasso hanno messo nel mirino soprattutto due questioni:
le maglie considerate troppo larghe della recente Autorizzazione integrata ambientale emessa dalla
Regione che hanno sarcasticamente ribbattezzato “Autorizzazione integrata aziendale” e il fatto che le
polveri «se mai fosse vero che sono calate in quantità, sono cresciute in concentrazione».
«Contrariamente all’Aia precedente - fa rilevare NoSmog - nella nuova non viene fatto esplicito divieto
all’uso contemporaneo dei due altoforni consentendo di fatto l’eventuale inserimento del secondo nel
ciclo produttivo. Quanto ai videomonitoraggi, a fronte delle reiterate richieste per una serie di stazioni
in continuo, viene imposto di installare quattro impianti privati che effettueranno delle riprese a
singhiozzo, cioè con frequenza delle immagini di 15 secondi. Quanto alla rete deposimetrica, i
deposimetri in zona vengono ridotti da 11 a 7. La verifica degli idrocarburi policiclici aromatici nelle
polveri dei deposimetri che era mensile diventa trimestrale e dopo i primi due anni sarà semestrale».
Nosmog fa quindi riferimento al 5 ottobre, data di entrata in funzione dell’”aspirapolvere” della
cokeria. «Da tale data - accusa l’associazione - si nota l’aumento della concentrazione di benzopirene
che nel deposimetro di via Ponticello supera quella della Portineria operai. Il fenomeno si nota anche
sulla sommatoria degli idrocarburi policiclici aromatici. Ciò rende le attuali polveri più nocive di quelle
analizzate nei mesi scorsi». Quanto alla cronistoria dei rilevamenti, NoSmog sottolinea che la
situazione del 2015 risulta essere la peggiore, superata solo dal lontano 2008, nonostante l’avvicendarsi
delle gestioni. Per il benzopirene si sostiene che anche nel 2015 non è stato rispettato il limite posto a
salvaguardia della salute umana che è stato superato del 25%. Tornando alla nuova Aia, per la
centralina di via San Lorenzo in Selva è stato stabilito l’innalzamento dei limiti. NoSmog riporta una
frase della Conferenza dei servizi: «Per la centralina mobile di monitoriaggio dell’area industriale posta
in via San Lorenzo in Selva l’obiettivo di qualità dell’aria ambiente per le Pm10 è posto a 40
microgrammi per metrocubo come media annua e 70 come media nelle 24 ore da non superare più di
35 volte all’anno». Ancora: il controllo diossine al camino E5 che per la vecchia Aia avrebbe dovuto
essere mensile, diventa semestrake. Nel nuovo decreto inoltre non si fa riferimento alle normative sul
rischio di incidente rilevante (ex legge Seveso) né all’adempimento di un piano di sicurezza esterno. In
sostanza la nuova Aia, secondo NoSmog «autorizza una struttura collocata nel cuore della città ad
emettere una quantità di Co2 pari a quella emessa da mille auto Euro 5 che ogni ora facessero una
ventina di chilometri su e giù per Servola». (s.m.)
Portorosega nel degrado, la Regione va all'attacco (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Giulio Garau Blitz della Regione in posto per “toccare con mano” il degrado dello scalo e dare un
segnale che è venuto il momento della svolta. Annunciata una cabina di regia unica e soprattutto
attivato proprio per questo, dopo la sua istituzione a febbraio scorso del “servizio Navigazione e Porti”.
È ormai diventato un travaglio senza fine il progetto dell’escavo del canale di ingresso del porto di
Monfalcone, dopo la scoprate di un’area inquinata di amianto nella cassa di colmata che deve ospitare i
fanghi dragati la superficie disponibile è stata ridotta. Come “via d’uscita” ora dovrebbe partire entro la
primavera un intervento di profonda manutenzione per togliere i “mammelloni di fango” che rendono
difficoltoso l’approdo delle navi che pescano di più su certe banchine. Ma poi ci sono anche gli accosti
1,2 e 3, quelli famosi con gli scogli sotto la banchina nuovissima appena realizzata, che obbligano le
navi ad accostare a 3 metri di distanza (ci sono appositi distanziatori) e impediscono l’operatività. Ma
ci sono ancora aperti da oltre due anni gli scavi, con buche molto grandi, per realizzare l’impianto di
raccolta delle acque reflue, a causa del fallimento delle imprese che hanno vinto gli appalti al massimo
ribasso. E proprio quest’ultimo nodo, a pochi giorni dall’apertura della Conferenza dei servizi per
avviare il progetto dell’escavo, è stata la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso in uno scalo
ormai alla deriva e senza gestione. E così l’assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro,
nei giorni scorsi, senza avvisare preventivamente nessuno, ha fatto un vero e proprio blitz in porto, per
rendersi conto di persona della situazione. Una visita lampo, seguita da un incontro con gli operatori,
durata nemmeno due ore in una giornata uggiosa e carica di pioggia. Nonostante questo l’assessore ha
preteso di verificare di persona approdi, banchine e pure i cantieri con le buche (almeno 4) ancora
aperte che danno allo scalo un’immagine di grande degrado. E al termine del blitz a diversi presenti è
apparsa in maniera evidente l’irritazione e lo sconforto dell’assessore Santoro rispetto alla situazione
dello scalo. «Abbiamo tutti il comune interesse che lo scalo di Monfalcone abbia una prospettiva per la
soluzione delle sue criticità, grandi e piccole, in tempi brevi - ha commentato Santoro - superando gli
stalli che procedure complesse possono far emergere; proprio per questo da febbraio la Regione ha
istituito il servizio Navigazione e Porti con l'intento di condurre una cabina di regia unica che metta a
servizio della portualità regionale competenze specifiche e dedicate». Obiettivo della visita, come detto
rilevare, «assieme a tutti i portatori di interesse che operano nel Porto, lo stato di avanzamento dei
progetti di infrastrutturazione logistica in corso, i cantieri aperti, gli aspetti ferroviari, le potenzialità e
le criticità delle varie aree operative». Al sopralluogo, dove l’assessore Santoro ha voluto portare con
se pure la direzione centrale Infrastrutture della Regione, erano presenti rappresentanti di Capitaneria di
Porto di Monfalcone, Provveditorato alle Opere Pubbliche, Azienda Speciale per il Porto, Consorzio di
Monfalcone, Compagnia portuale e altri concessionari. Al termine l’assessore ha voluto anche fare una
breve riunione con tutti i presenti per mettere i puntini sulle i e soprattutto avviare concretamente una
possibile agenda dei lavori. Tra le questioni in ballo anche il prossimo piano regolatore del porto che
attualmente è in “gestazione” in Regione. Ma c’è anche un prossimo snodo in vista, tra poche
settimane: quello del passaggio (dal primo maggio) della manovra ferroviaria del raccordo del Lisert
dagli attuali gestori, Compagnia portuale e Coracfer, al nuovo “gestore unico”, la Logyca Ultimo
miglio ferroviario. Un fronte cruciale per lo sviluppo del porto di Monfalcone che attualmente naviga
senza bussola ma che in futuro, quando passerà la Riforma, sarà inserito nell’Autorità portuale unica
del Fvg.
Centrale, i “paletti” del Consiglio comunale (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Riapertura dell’Autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio della Centrale termoelettrica,
attivando una revisione che tenga conto delle Bat, le migliori tecniche disponibili, che verranno
indicate dalla Commissione europea. Agire presso la Regione e i Ministeri competenti, coinvolgendo
anche i parlamentari del territorio, affinchè sia definito un percorso di abbandono del carbone
attraverso l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili e di bonifica del sito dell’impianto con la
ricollocazione dei dipendenti. E assoluta contrarietà all’utilizzo di rifiuti o biomasse quale combustibile
per la Centrale. È questo in sintesi il mandato affidato dal Consiglio comunale al sindaco Silvia Altran,
attraverso l’ordine del giorno approvato all’unanimità, giovedì scorso in aula. La lunga discussione è
stata incentrata su due documenti, uno presentato dalla maggioranza, l’altro da Sel, con il consigliere
Giovanni Iacono («noi avevamo con forza in questi mesi chiesto questa votazione»). In sostanza, ciò
che emerge dal documento approvato all’unanimità è una ridiscussione completa in ordine alla
Centrale, per la quale, anche alla luce delle direttive europee date per prossime, vanno individuati
precisi percorsi in ordine all’uscita dal carbone, alle prospettive alternative, ponendo attenzione sulla
ricollocazione dei dipendenti. Il tutto, in linea con le indicazioni del Piano energetico regionale già
approvato, avvalendosi del dialogo con il ministero attraverso la Regione, per mettere in campo le
dovute azioni prima della scadenza dell’Aia del 2025. Nel documento si ricorda che il Consiglio
comunale si è già espresso chiaramente in merito alla volontà politica dell’abbandono progressivo della
combustione di carbone come fonte di energia. Si prende atto della situazione normativa attuale a
livello nazionale e dell’incontro sul tema delle autorità locali con il ministro Galletti, avvenuto a marzo.
Prendendo in debita considerazione il monitoraggio che sta portando avanti l’Osservatorio Ambiente e
Salute della Regione, si evidenzia la necessità di una legge regionale sul danno sanitario. Quindi,
ricordando i principi cardine del Per e gli esiti della Conferenza di Parigi sul superamento delle fonti
fossili e in applicazione del principio di precauzione, si osserva: «La proprietà attuale della Centrale di
Monfalcone non ha fino ad oggi mostrato di voler effettuare investimenti che non siano solo quelli
dell’installazione dei Denox, già peraltro imposta dall’Aia previgente al nuovo decreto legislativo 46
del 2014, o di produzione in parte a biomasse, nè di superare la produzione a carbone». Nè è
«assolutamente accettabile - continua l’odg - la proroga ex lege che consente la proprietà della Centrale
di proseguire la produzione a carbone fino al 2025, sia per ragioni strutturali sia perchè alla città non
deriva un beneficio di investimenti sul territorio, anzi cresce la preoccupazione di seri rischi alla salute
degli abitanti del territorio, già fortemente gravato dal fenomeno dell’amianto e di altri fattori di
rischio, quali il traffico pesante, e che vi è anche motivo di perplessità sul rendimento degli impianti, in
assenza di investimenti di ammodernamento del ciclo produttivo».
Alla Selex di Ronchi commessa da 1 milione per i simulatori di volo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Luca Perrino RONCHI DEI LEGIONARI Finmeccanica firma un contratto per la fornitura di 28
Eurofighter Typhoon al Kuwait, sulla base dell’accordo intergovernativo con l’Italia. Una commessa
che, proprio per la capocommessa, vale almeno 4 miliardi di euro. Di questi uno, anche se il valore è
riservato ed è frutto delle stime degli analisti, arriverà allo stabilimento Selex di Ronchi dei Legionari.
Qui, infatti, si svilupperanno i sistemi di simulazione per l’addestramento dei piloti di tutti i velivoli.
«Sicuramente è un’ottima notizia - commenta Flavio De Crignis della Rsu di via Stoppani - che appare
come la più certa risposta alle nostre capacità professionali. In questi anni abbiamo fatto vedere che
sappiamo venire incontro alle esigenze del mercato internazionale, sia con i simulatori di volo, sia con i
velivoli teleguidati. Il nostro auspicio - ha proseguito - è che, oltre a quella finanziaria, ci possa essere
anche una ricaduta professionale, visto che c’è bisogno di manodopera specializzata che sappia sempre
essere all’altezza della situazione». Un’altra carta da giocare, per Ronchi dei Legionari, quella della
fornitura del più avanzato aereo da difesa multiruolo di nuova generazione oggi sul mercato. È nella
costruzione degli aerei, in Italia, e nell’addestramento di piloti e personale di terra, in collaborazione
con Aeronautica militare italiana, che si concentra la quota più ampia del valore della commessa. Ma i
simulatori di volo, per l’ottimizzazione dell’addestramento del personale navigante, sono una cosa
importante e a Ronchi dei Legionari da anni si lavora su questi prodotti. «Siamo all’avanguardia continua De Crignis - e la strada intrapresa è quella giusta. Abbiamo sempre difeso questo stabilimento,
convinti del fatto che esso sia davvero un’eccellenza da sfruttare nel modo più adeguato. Anche con le
assunzioni». La commessa coprirà un arco temporale di circa 20 anni. Questo significa che i velivoli
verranno prodotti in Italia, che i piloti saranno formati sul nostro territorio nazionale e che le aziende
italiane, di Finmeccanica ma non solo, si aggiudicheranno la gran parte della commessa. Ronchi dei
Legionari, in questo caso, farà valere i suoi numerosi anni e la sua esperienza propri nel campo della
simulazione. Questo nuovo successo internazionale fa seguito all’ordine del Sultanato dell’Oman per
12 aerei, siglato a dicembre 2012 e costituisce un’ulteriore prova del crescente interesse per
l’Eurofighter Typhoon in tutto il mondo e nella Regione del Golfo in particolare, con il Regno
dell’Arabia Saudita e il Sultanato dell’Oman che hanno già ordinato questo velivolo da combattimento.
Di recente, sempre nella zona industriale ronchese, è stato progettato e costruito il simulatore
dell’elicottero TH500, che verrà utilizzato nei corsi di addestramento per gli allievi piloti dell’Arma
azzurra. Esso ha trovato posto nella base di Frosinone. E sulla base di Gioia del Colle esiste già un
simulatore tutto “Made in Ronchi dei Legionari”. Nell’immediato dopoguerra, quando le grandi
industrie erano state ridotte a un cumulo di rottami, per opera di un uomo che credeva nell’avvenire
dell’aviazione, Furio Lauri, nasceva la Meteor Costruzioni Aeronautiche. Era il marzo del 1947. La
Meteor iniziò nel 1959 a interessarsi di un nuovo avvincente settore, quello degli aerei senza pilota
RPV (remote pilot vehicle) costruiti in materiale composito, da impiegarsi come aerobersagli per
l’addestramento delle artiglierie terrestri e navali e per missioni di ricognizione.
«Autisti esclusi dal progetto terminal» (M. Veneto Udine)
di Cristian Rigo Per anni, inascoltati, hanno denunciato la situazione precaria in cui erano costretti a
lavorare al centrostudi, tra decine di studenti che si riversavano in strada e fermate che non
consentivano di manovrare nella massima sicurezza. Ecco perché gli autisti della Saf non hanno
nascosto il loro disappunto nel constatare che quando finalmente è stata completata quella che
dovrebbe essere la soluzione di tutti questi problemi, nessuno ha ritenuto di coinvolgerli nella
progettazione o quanto meno di chiedergli un parere. Secondo Claudio Caporale, Rsa della Filt Cgil, «è
incredibile che gli autisti abbiano saputo dal Messaggero Veneto che il terminal è stato completato ed è
ancora più incredibile che a tutt’oggi nessuno ci abbia coinvolto anche perché, a quanto pare, a breve ci
sarebbe l’intenzione di avviare una sperimentazione con nuove corse e nuovi orari di cui, ovviamente,
non siamo ancora stati informati». Caporale assicura di non voler mettere in discussione il progetto ma
le modalità che hanno portato alla sua realizzazione. «In occasione della prova che è stata effettuata nei
giorni scorsi - spiega - nessuno ha ringraziato gli autisti che per decenni hanno lavorato in una
situazione di precaria sicurezza che tra l’altro avevamo anche segnalato alla Prefettura senza peraltro
ricevere risposta». Nel documento era stata denunciata «l’insostenibile situazione del centrostudi nelle
ore di affluenza scolastica, in particolare negli attraversamenti pedonali di viale Leonardo da Vinci e in
prossimità degli stalli per la salita e la discesa degli studenti dove ogni giorno si assiste a situazioni di
estrema pericolosità sia per gli studenti che per gli autisti della Saf». Erano inoltre stati evidenziati
problemi di traffico e altre situazioni a rischio in prossimità dell’istituto Stringher. Ma, come detto,
l’appello degli autisti era caduto nel vuoto. «Quando finalmente si è iniziato a parlare di terminal
avevamo suggerito la realizzazione di corsie preferenziali riservate ai bus e anche la presenza di
telecamere in prossimità degli stalli per l’accesso degli studenti anche perché in caso di incidenti o
comportamenti sopra le righe (che in passato si sono verificati più volte) sarebbe molto più semplice
ricostruire l’accaduto. Non sappiamo però - aggiunge Caporale - se siano state realizzate o meno.
L’azienda ci ha convocato martedì ma ci sembra un po’ tardi per un vero coinvolgimento visto che
ormai i giochi sono fatti». Dal canto suo l’assessore alla Mobilità, Enrico Pizza assicura che «se
dovesse emergere la necessità di apportare delle migliorie c’è la massima disponibilità, fermo restando
il fatto che al test erano presenti insieme ad alcuni autisti anche il coordinatore e i vertici dell’azienda.
Il terminal studenti - sottolinea - è una soluzione di livello europeo a un problema di cui si parla da anni
e l’obiettivo è proprio quello di migliorare la sicurezza degli studenti e di conseguenza degli autisti». A
questo proposito mercoledì è in programma anche un incontro con i dirigenti scolastici di tutti gli
istituti del centrostudi.
Coopca, in assemblea la rabbia dei soci (Gazzettino Udine)
David Zanirato Erano oltre 300, ancora arrabbiati, sconfortati, in parte disillusi per tutto quanto hanno
patito in questi ultimi anni e soprattutto per quei 27,5 milioni di euro di risparmi andati in fumo. I soci
Coopca non vogliono mollare però e di fronte a quella che definiscono l'ennesima «beffa», ovvero la
convocazione dell'assemblea generale (prevista per il prossimo 22 aprile), si apprestano ad affilare le
armi, predisponendo un documento che respinga al mittente le richieste dei liquidatori.
«È quantomeno misterioso che gli stessi liquidatori prima nominati e poi disconosciuti dal Tribunale
siano gli stessi che chiedono di rivotare la messa in liquidazione della società - ha messo in luce Adeo
Cernuta, consulente del comitato, già attivo nella vicenda di Coop Operaie a Trieste - e poi sono
diverse le sanzioni da far pagare ai vari amministratori che si sono succeduti ai vertici di Coopca,
inadempienti per molte questioni di rilievo». Di fronte poi ai continui ritardi rispetto alle promesse di
rimborsi del mondo cooperativo, dal direttivo del Comitato Aiuto Soci Coopca è stata lanciata sempre
ieri una proposta per superare l'impasse che si è venuto a creare con l'interpello posto all'Agenzia delle
Entrate rispetto a chi debba pagare le tasse sull'atto di liberalità. «Per venire incontro ai prestatori di
Coopca suggeriamo - ha spiegato Emma Agricola, componente del direttivo - che il mondo di Coop
Alleanza 3.0 acquisti semplicemente il 50% delle somme portate al libretto dai singoli soci, lasciando
però loro i diritti sociali precedenti così riuscirebbero allo stesso tempo ad accertare i crediti come
inesigibili, non ci sarebbe nessun problema con l'Agenzia delle Entrate e i soci avrebbero qualcosa di
certo, un atto di acquisto senza condizionamenti e condizioni, magari rimborsabile anche a rate».
Presenti tra il pubblico anche i consiglieri regionali Luca Ciriani di Fratelli d'Italia e Barbara Zilli della
Lega Nord, i quali hanno ricordato le continue richieste avanzate alla Giunta regionale affinché
convochino al più presto i rappresentanti di Coop Alleanza 3.0 affinchè si faccia chiarezza sui percorsi
per gli atti di liberalità.
La Regione taglia gli uffici, via al trasloco dei dipendenti (M. Veneto Udine)
di Giulia Zanello La Regione punta al risparmio e razionalizza spazi e costi degli immobili. Tempo di
trasferimenti per dipendenti amministrativi e consiglieri regionali. In queste settimane, a Udine, sono
iniziati i traslochi per accorpare il personale - attualmente dislocato in diverse sedi, tutte di proprietà
della Regione - con lo scopo di riunirlo, al termine delle operazioni, nel quartier generale di via
Sabbadini. Da tempo l’amministrazione regionale ha avviato il progetto di riorganizzazione e
concentrazione degli uffici per consentire un maggior utilizzo – e “sfruttamento” – degli spazi del
palazzo di rappresentanza udinese. Risparmi, grazie alla minore manutenzione, migliore efficienza e
ottimizzazione sono dunque le premesse che hanno guidato la giunta Serracchiani, ancora nel marzo
del 2015 – ma se ne parla già da anni – ad approvare la delibera in cui viene definito il piano delle sedi
del capoluogo. L’accorpamento degli uffici, inoltre, intende rispondere meglio alle esigenze dell’utenza
esterna, nonché alienare e cedere gli immobili liberati, andando così a soddisfare gli standard relativi ai
metri quadri previsti per ognuno dei dipendenti, che dovranno stringersi un po’ per fare spazio a nuovi
colleghi. I primi a fare le valigie sono stati i dipendenti di via della Prefettura dove, fino a ora, hanno
trovato sede gli uffici dell’assessorato alle Finanze, patrimonio e programmazione, il servizio Demanio
e gestione immobiliare, assieme al servizio distaccato di Ragioneria. Dei 32 dipendenti, 12 si sono già
spostati in via Sabbadini, mentre la restante ventina lo farà nei prossimi giorni. Le stanze liberate
faranno così spazio ai consiglieri regionali – attualmente ospiti dell’immobile di via Poscolle – che,
entro l’inizio dell’estate, saranno trasferiti in via della Prefettura. Anche il presidente del Consiglio
regionale, Franco Iacop, assieme all’ufficio di gabinetto e all’intero staff, si sposterà da via Sabbadini e
raggiungerà gli altri consiglieri, in modo tale da riunire l’intero consiglio all’interno di un’unica sede.
Un’operazione che consentirà quindi il definitivo sgombero dell’immobile di via Poscolle, il quale
potrà così essere venduto o messo in affitto. Stesso discorso vale per via di Toppo dove, al civico 40, vi
è un appartamento di proprietà della Regione che attualmente conta quattro dipendenti. Gli uffici
verranno trasferiti temporaneamente in via Nievo in cui, al momento, si trovano alcune stanze della
direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili e ricerca e alcuni
organi del Consiglio regionale. In un primo momento questa sede sarà ancora utilizzata – confermano
dalla direzione competente – in attesa di capire quali saranno le funzioni che dalla Provincia
subentreranno alla Regione e richiederanno, in alcuni casi, lo spostamento di personale nel palazzo
centrale di via Sabbadini. L’idea è quella di far convergere tutto il personale regionale attualmente
dislocato nelle sedi di via Nievo, via Poscolle e via Di Toppo – in totale 53 persone – entro la fine
dell’anno in via Sabbadini, dove attualmente trovano “casa” oltre 500 dipendenti regionali, ma lo
spazio è sufficiente a ospitarne ancora. Successivamente si procederà a valorizzare, sulla base di stime
aggiornate, le tre sedi sgomberate che si aggiungono a quella di via San Francesco, vuota ormai dal
2008. A seguito del riassetto finale nell’area uffici della sede di via Sabbadini troveranno posto 573
dipendenti, ai quali si aggiunge la cinquantina di persone che presta servizio solo in alcune giornate
della settimana, avendo sede operativa in altri stabili regionali fuori città.
Giudice di pace in affanno. Per ora evitata la paralisi (M. Veneto Pordenone)
Ha rischiato di entrare in emergenza, con il così detto “congelamento” dei fascicoli affidati al
magistrato che è andato in pensione. Alla fine l’ufficio del giudice di pace di Pordenone ha superato
una situazione di crisi grazie all’arrivo di Anna Salice, già operativa nella sede di Portogruaro. Agli
inizi dell’anno la storica giudice Flora Bianchi, attiva soprattutto nell’ex ufficio di San Vito al
Tagliamento, è infatti entrata in quiescenza. A quel punto a Pordenone sono rimasti in pianta organica
solo due magistrati, la coordinatrice Raffaella Garofalo e Alessio D'Andrea, quest’ultimo responsabile
anche del settore penale di Portogruaro. La Garofalo avrebbe potuto sospendere le pratiche in carico
alla Bianchi, attendendo che il problema fosse gestito e risolto direttamente dal Ministero. Il che
avrebbe però comportato sicuri disagi all’utenza, con rinvii a data da destinarsi. Impossibile invece
distribuire i fascicoli ai due colleghi rimasti, già oberati da pendenze e nuove cause (dopo una serie di
provvedimenti deflattivi del Governo, il ricorso al giudice di pace al posto del Tribunale sta diventando
prassi sempre più comune tra avvocati e utenza). La coordinatrice si è quindi rivolta al presidente del
Tribunale, Francesco Pedoja, per trovare una rapida via di uscita all’impasse. La Salice, che fino
all’imminente chiusura di Portogruaro continua a occuparsi della stessa sede veneta, è stata quindi
“applicata” a Pordenone. Per ora si tratta di un provvedimento tampone che a breve dovrebbe trovare
conferma in un atto ministeriale. Ma nel frattempo quelle due righe interne firmate dalla Garofalo e da
Pedoja e che affidano alla Salice anche i fascicoli della Bianchi stanno facendo respirare tutti. Nessun
disguido ai cittadini e servizi puntuali, in altre parole. Entro qualche settimana dovrebbe infine essere
archiviata la parentesi di Portogruaro, iniziata nel settembre 2013 con il passaggio di competenze a
Pordenone. Le nuove vertenze penali che riguardano il territorio del Veneto orientale saranno radicate
direttamente in riva al Noncello. Quelle già in corso verranno invece discusse da D’Andrea nella sede
originaria sino ad esaurimento o sino alla materiale soppressione del presidio giudiziario. É quanto
accaduto due anni fa agli sportelli di Maniago, Spilimbergo e San Vito, accorpati all’organo provinciale
per ottimizzare costi e personale. L’acquisizione della porzione veneta di territorio ha comportato un
considerevole aumento di lavoro anche per i giudici di pace, impegnati in temi caldi quali
l’immigrazione, le sanzioni e i sinistri stradali e la maggior parte delle trasgressioni di natura
amministrativa.